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Secondo Dante un uomo può vivere una vita degna solo se prende campo, se impara a riconoscere il
bene e il male e a difendere il bene; bisogna prendere delle decisioni, infatti Dio ci ha dato il libero
arbitrio, cioè la capacità di distinguere il bene e il male secondo il nostro intelletto ci ha dato la
possibilità di adattare il nostro comportamento alla nostra scelta. Per Dante quindi non c’è
possibilità di perdono o di comprensione per chi rinuncia al libero arbitrio; la viltà infatti non può
mai essere una cifra di comportamento, ma si può essere individui solo se si compiono delle scelte e
se si ha il coraggio delle proprie idee.
Dante, utilizzando un lessico comico, dal v. 22 fa un elenco delle percezioni sensoriali che ha in
quel momento e proprio in questo verso vediamo il ritmo triadico che Cicerone con le sue opere ha
reso universale. V. 24 Dante piange: egli non si vergogna di piangere o di avere paura perché il
pianto è un segnale di compassione, cioè la capacità di sentire con qualcun altro; ai v. 25/27
troviamo invece un ritmo binario, cioè ci sono due coppie a verso di elementi non omogenei fra
loro; v. 28/30 Dante inizia il procedimento del paragone e della similitudine e in questo caso si
tratta di una similitudine che di solito occupa uno spazio più ampio che il singolo verso. Qui per la
prima volta Dante utilizza un’immagine nota all’interlocutore; v. 31 la paura cinge la testa di Dante
creando un cerchio attorno alla testa. La grandezza di Dante risiede nella sua semplicità, risiede nel
fatto di trovare elementi noti a tutti per spiegare dei concetti profondi e utilizzare il linguaggio come
uno strumento di una semplicità assoluta; il realismo di Dante consiste nel portare la vita quotidiana
in un contesto che quotidiano non è; ci sono molti casi in cui per spiegare come si tengono gli occhi
e le pupille in un momento di luce improvvisa egli racconta che questo avviene come quando il
sarto infila l’ago e Dante procede con questo andamento analogico per tutta la Commedia (è più
difficile raccontare l’universo in termini quotidiani). V. 34/36 misero indica la commiserazione; i
primi vigliacchi furono quegli angeli che, quando dovettero scegliere se schierarsi con Dio o con
Lucifero fecero un passo indietro in attesa di attendere il vincitore e volendosi poi schierare con
Dio, ma furono cacciati dal Paradiso; v. 58/60 chi sia quello di cui parla Dante non si sa: alcuni
parlano di Celestino V, ma egli fu un monaco che venne eletto papa e che non se la sentì perché si
trattava di un peso troppo grosso, quindi doveva trattarsi di qualcun altro, ma in questo verso c’è
una nota dolente perché Dante si chiede perché nessuno in ambito laico contesta il potere del
pontefice. Forse Dante con questo verso voleva indicare tutti coloro che non avevano preso
posizione a difesa della comunità contro chi la danneggiava.
Nel quinto canto vi è il castello nobile del limbo in cui anche Virgilio si trovava prima di essere
chiamato da Beatrice, dove si trovano i grandi poeti; v. 85/90; v. 102 Dante cita i quattro più grandi
poeti dell’antichità di cui il quinto è Virgilio, mentre il sesto è Dante stesso: egli sta dicendo che fra
tutti i poeti della sua epoca e di quella precedente lui è il migliore. Per il quinto canto bisogna
parlare del “De amore” di Andrea Cappellano: egli scrive il suo trattato nel 1185, alla corte di Maria
di Champagne e si tratta di un trattato sulla natura e sulle modalità dell’amore che resterà fino al
600 il trattato più importante sull’amore. Egli parla di quale sia l’effetto dell’amore e dice che
l’amore rende virtuosi (anticipa in questo modo lo stil novo) e rende migliori i costumi, in più ti fa
quasi casto perché se sei innamorato pensi solo a quella persona; quindi l’amore non può albergare
in un cuore vile.
Ma in che modo si acquista l’amore? L’amore si acquista in cinque modi: per bellezza, per bei
costumi, per il saper ben parlare, per la ricchezza e se la donna si concede subito all’amante, ma per
Andrea Cappellano i veri modi con cui si acquista l’amore sono i primi tre.
Scrive Andrea che i principali comandamenti dell’amore sono 13:
1. fuggire come tempesta l’avarizia ed essere largo (Machiavelli nel “Principe” scrive che il
principe deve essere liberale e apparire grande, magnifico: il concetto di liberalità e di
magnificenza che è proprio del mondo cortese, rientra nel primo comandamento, ma
l’amante deve essere liberale anche negli affetti);
2. schifare sopra ogni altra cosa di dire bugia (l’amante non deve mentire perché la menzogna
fa crollare il rapporto di fiducia su cui si basa l’amore);
3. non dire male d’altrui (perchè chi parla male degli altri si mette in cattiva luce, il mal parlare
è una cosa che gli amanti devono rifuggire; quindi, se si ha un animo nobile, non si deve
parlare male nemmeno di presunti rivali né di nessun altro);
4. non mettere in voce gli amanti (cioè non parlare mai dei rapporti amorosi d’altri né del
proprio rapporto d’amore perché l’amore deve essere custodito);
5. non manifestare il tuo amore a più di uno (cioè bisogna comportarsi sempre in modo
decoroso perché se la donna fa la civetta e l’uomo il dongiovanni si rischia di far cadere
l’amore);
6. servare castitade al tuo amante (cioè essere fedeli);
7. non turbare con la tua saputa l’amore altrui che è compiuto (cioè non andare a raccontare in
giro di rapporti finiti sia d’altri sia del proprio alla propria amante; l’uomo deve quindi fare
in modo che l’amante creda che prima di lei ci sia il vuoto, la dimenticanza);
8. non voler amare femina che sia tua parente (nel Medioevo un grave peccato era l’incesto e
anche il rapporto tra cognati veniva considerato incestuoso, infatti il motivo principale per
cui Paolo e Francesca sono all’inferno è che il loro amore viene considerato incestuoso);
9. ubbidire in tutto li comandamenti delle donne (questo non vuol dire fare esattamente quello
che ti viene chiesto, ma andare incontro all’amante, essere amorevoli, ascoltare i desideri
dell’amante);
10. sempre ti pena di voler amare (questo significa che anche nei momenti di bassa, cioè nei
momenti in cui ti senti meno attratto, anche se costa fatica bisogna mostrarsi amorevoli);
11. sia cortese e gentile in tutte le cose (questo è un concetto che passerà nel dolce stil novo);
non distorre di fare sollazzi di amore secondo che vuole la tua amante;
12. e non divergognare di dare e di ricevere sollazzi d’amore (con questi ultimi due
comandamenti Andrea invita l’amante a non tirarsi indietro nel rapporto amoroso, ma di fare
quello che chiede la compagna);
Quindi quale tipo di amore viene prefigurato da Andrea Cappellano? Si tratta di un amore in cui
l’amante deve esercitare ogni forma di virtù per comandare in amore, anche se si prefigura la donna
come domina, come padrona, quindi entrambi sono messi allo stesso livello; quindi la donna è
signora per natura, ma l’amante può diventare signore nel rapporto se segue questi 13
comandamenti. Da qui emerge una concezione in cui l’amore è un dato naturale, supportato e
nutrito da un corretto comportamento, il tutto alla luce della gentilezza, della cortesia e
dell’amorevolezza; nel “Decamerone” di Boccaccio la concezione dell’amore è questa, mentre in
Dante vi è solo qualcosa di questa visione in quanto egli era un amante dell’ortodossia cattolica,
anche se vi sono punti che riguardano la gentilezza, la cortesia, la liberalità e l’amorevolezza. Nel
quinto canto Dante ci fa capire che al vizio di lussuria egli fu certamente “rotto”.
Circa la storia di Abelardo ed Eloisa: Abelardo nasce nel 1078 e morirà nel 1142; egli non è citato
come personaggio nella “Divina commedia”, ma è stato cmq fondamentale. Sappiamo infatti che è
stato il primo filosofo in Europa che diede vita, valore e mise al centro della sua speculazione la
ragione; egli era così bravo che da tutta Europa i più grandi intellettuali andavano a Parigi per
sentire le sue lezioni che teneva nel primo nucleo di quella che sarebbe diventata la Sorbona e che
da fatto venne fondata da Abelardo. Abelardo era bello, aitante e un genio, un innovatore, quindi
diventò ben presto inviso a quei filosofi che prima erano suoi maestri e incappò in Stefano Tempier
che prima dei tempi dell’inquisizione faceva l’inquisitore e che aveva già bruciato alcuni testi di
Tommaso d’Aquino ritenendoli eretici. A 34 anni Abelardo incontra una fanciulla nata nel 1194,
quindi aveva solo 14anni a già a Parigi era nota per la sua bellezza, intelligenza e cultura tanto che
riusciva a tenere testa ai principali allievi della scuola filosofica di Parigi; Abelardo se ne innamora
e chiede a Fulberto, presso il quale l’aveva conosciuta, di poterla educare. Egli a 34 anni era un
chierico, cioè era stato casto fino ad allora e i due scoprono insieme l’amore: a 17 anni Eloisa resta
incinta e Abelardo la spedisce in Inghilterra per proteggerla dove nasce il figlio. Abelardo quindi
chiede alla donna di sposarlo, ma lei rifiuta perché altrimenti non avrebbe più potuto insegnare
filosofia come chierico; di fatto poi il matrimonio segreto avviene, ma Abelardo prega Eloisa di
restare in Inghilterra per proteggerla. Fulberto, che viene detto essere lo zio della ragazza, ma forse
ne era addirittura il padre, temendo che Abelardo voglia disfarsi della ragazza lo evira e per la legge
del taglione anche lui venne evirato. Da qui i due non si videro più per molto tempo, ma si
scambiarono delle lettere, finché non si rividero e il loro amore durò fino al 1142, anno della morte
di Abelardo. Eloisa durante il periodo di lontananza fu anche badessa ed ella scrisse delle lettere in
cui diceva di non essersi dimenticata della bellezza dei momenti passati insieme, anche della
bellezza del rapporto fisico, insomma lei scrive che Abelardo era stato tutto per lei e in questo
Eloisa si mostra capace di più totale sentire.
La storia di Abelardo e Eloisa era nota anche a Dante, come anche la concezione dell’amore che
prende piede a Parigi e che si ritrova in Boezio di Dacia; infatti quando Dante a 20 anni, fa delle
soste frequenti a Bologna dove comincia ad assimilare la poetica dello stil novo in quanto Bologna
era legata a Parigi e da qui questa concezione dell’amore era arrivata subito. Lo stesso Guinizzelli
aveva assimilato qui tutte le norme fondamentali dello stil novo come quella del cuore gentile e del
fatto che l’amore