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IL SEICENTO

Il teatro del primo seicento – Rocco Coronato

I. Guerre tra teatri

Commerciante che in knight of the burning pestle interviene dalla platea per chiedere

che si mettano in scena non solo questioni legate alla nobiltà ma anche all’uomo

comune, è un ottimo esempio della sete di novità del teatro di inizio ‘600.

Tematicamente parlando il teatro di inizio ‘600 si rivolge a considerare con matura

sicurezza artistica lo stesso contesto londinese dove si svolge, che diventa fonte di

osservazioni comiche. Osserva anche se stesso con le sue guerre. Significativo che la

scena del knight si svolga nel + impo. Teatro di allora, il blackfriars e che la compagnia

di attori fosse di bambini, una delle compagnie di boy actors. Dopo aver superato la

guerra contro puritani ed altri nemici del teatro il teatro elisabettiano può guerreggiare

al suo interno. Della famosa war of theatres testimoniano alcune opere: cynthia’s

revels e poetaster di Jonson e satiromastix di John Dekker. Guerra = segno di

molteplicità: aumentano le sedi e le scene possibili grazie ai teatri nella city. Non meno

importante la corte, dove si sviluppa il genere raffinato del masque, mix di balli,

musiche, scenografie e poesia in cui eccelle l’opera di Ben Jonson, Beaumont e

Middleton. Elemento che contribuisce alla moltiplicazione = collaborazione tra autori,

segnata da un’elevata specializzazione dei talenti e coseguenti attribuzioni delle parti

a mani diverse. Molte opere rappresentano un doppio intreccio spesso affidato a due o

più autori separati, tant’è che spesso diventa complicato distinguere le varie parti ed

addirittura capire a chi attribuire prevalentemente l’opera.

II. Tre filoni principali.

Le fonti: Marlowe viene omaggiato o canzonato, ma praticamente non seguito. Domina

l’eclettismo shakespeariano nella selezione di fonti e argomenti, senza però la

superiore ambivalenza nella raffigurazione morale ed estetica dei personaggi. Più

evidente verso fine del periodo il richiamo alle fonti continentali, sia nel rispetto delle

unità drammatiche che caratterizza Jonson fino a sfiorare la pedanteria, sia

nell’adozione delle fabulae e del linguaggio stilistico rinascimentali, a parziale

svantaggio della tradizione retorica e didattica ancora presente all’artista di fine ‘500.

Sempre + spesso la scelta del genere comporta l’adozione dello stile e dell’intreccio

canonici. Si passa alle mode teatrali, alla creazione di sottogeneri che dominano la

scena per alcuni anni e poi passano la mano ad altre sperimentazioni. I tre filoni sono

evincibili dalle opere del tempo. 1° fase: (inizio ‘600 - 1616) aggregazione di generi

tragico – comici, sperimentazione nella tragedia e creazione di una commedia

domestica. 2°fase: maturità (sempre inizio sec. – 1625, Carlo I). commedie di Jonson e

tragedie di Middleton e Webster. Fino alla chiusura dei teatri (1642), segue la 3°fase di

proliferazione.

III. L’aggregazione per generi

a. La tragedia

Predominanza programmatica della tragedia, la forma più alta, dunque la più adatta a

provare lo status dell’autore moderno. Sono di questo periodo le tragedie di Jonson

basate su un’attenta traduzione e selezione delle fonti classiche, la sophonisba di

Marston e appius and virginia di Webster. Altro es. di closet drama (testo x lettura) è la

tragedy of Mariam di Elsabeth Cary, ispirata alla leggende ebraiche riferite da Flavio

Giuseppe. È soprattutto la tragedia domestica ad avere successo, tragedia domestica

nel senso stretto del termine, avente per soggetto un evento di cronaca nera; la prima

tragedia che aveva acceso l’interesse per questo genere e per i fatti di cronaca nera

era l’anonima Arden of Feversham alla quale ne seguiranno altre, pag. 93. È il periodo

delle grandi tragedie shakespeariane, in primis Hamlet: fiorisce il genere dellatragedia

di Vendetta dove però ‘analisi del male insito nel potere raramente ha tratti metafisici

o iperbolici come i personaggi marloviani. C’è piuttosto la ricerca della sensazione

immediata e di converso una psicologia contorta ed aggrovigliata, risolta

immancabilmente dallo spargimento di sangue o veleno. Spesso prevale la

rispondenza dei personaggi ai loro ruoli canonici e in questo alveo si inseriscono le

diverse sensibilità personali degli autori (es. la complessità strutturale del triplice

intreccio adottato da Tourneur, altri es. pag 94).

b. La commedia

A questa concentrazione di tragedie nei primi anni del ‘600 si contrappone

l’orgogliosa creazione di un canone comico nazionale che non deve più prendere in

prestito per intero le trame. La city comedy nasce traendo spunto dai costumi corrotti

e dagli eccessi puritani della Londra di inizio secolo. La trama tipica si basa sulla

rappresentazione dei meccanismi economici e sessuali di creazione e circolazione del

potere e dell’autorità. Inaugura il genere Dekker, ma ancora con un alone moralistico e

quasi nostalgico. All’argomento domestico ritorna Dekker in collaborazione con

Middleton in roaring girl, dedicata a una donna mascolina ma senza tutte le

implicazioni sessuali e travestitismo shakespeariani. Del potere della passione sui

sensi se ne occupa Marston in the dutch courtesain, con stili e tematiche affini

all’Aretino. Mobilità economica e ricerca di avanzamenti sono dedicate opere come

eastward ho! Di Jonson e altre a pag. 94.

IV. La maturità elisabettiana

Il successo della commedia si basa su una trama che è ambientata nella scena

sociale in cui vive l’autore elisabettiano, si situa nel periodo in cui compaiono le

maggiori commedie di Jonson, appartenenti al secondo e centrale momento: es.

volpone, 1607 (pag. 95). I legami con la city comedy si vedono già nella scelta dello

sfondo londinese, ritratto tramite i disordini e i rumori della scena urbana (Epicoene) o

tramite il babelico carnevale di voci e confusione (Batholomew fair). Anche nel caso di

volpone che è ambientato a Venezia, vengono riprodotti i meccanismi e gli intrecci

dell’imbroglio e della seduzione propri della city. Ammirevole nel caso di Jonson

l’unione tra i temi satirici locali e le fonti classiche e rinascimentali.

Grazie alla sapiente costruzione dell’intreccio, la linea incalzante delle azioni consente

di svelare le motivazioni profonde che si celano anche sotto i personaggi più

grotteschi. Jonson predilige la creazione di tipi o umori. Ma in queste commedie della

maturità l’unione tra i modelli esterni e il contesto inglese è così perfetta che

sembrerebbe che ognuno dei personaggi abbia ritrovato la sua lingua e il suo stile e

non che al contrario un’idea o uno stile si siano incarnati in loro. Questo è

particolarmente vero nell’accozzaglia di idioletti che animano il mondo carnevalesco di

bartholomew, ricapitolazione esemplare dello status ambiguo di licenza concessa al

carnevale, alle festività e in fondo, al teatro stesso. Epicoene: travestimento come

beffa ai danni di un vecchio desideroso di pace e silezio. Se il Tema della misoginia non

nuovo, in Jonson la potenza dell’azione teatrale non sta solo nella proliferazione di

personaggi e nella ricreazion dello spazio domestico e urbano, ma risiede nel sottile

dispiegarsi dell’intreccio fino al colpo di scena finale. Allo stesso periodo corrispondono

anche le due main tragedies di Webster: the white devil and the duchess of Malfi.

Entrambe hanno un’ambientazione italiana. Questo non è una fattore nuovo nel teatro

elisabettiano, ma prefigura il successivo orientamento principale della produzione,

spesso tesa a ricercare un elemento forestiero ed esotico. (trame delle tragedie pag.

95). Webster = gusto per l’oscurità fisica e morale, per il particolare truculento, per la

dissezione corporea e per la tortura fisico – psicologica. Tratti presenti in particolare

nella duchess, ma che si accompagnano a un’attenta introspezione psicologica e a

un’inconsueta perorazione della prospettiva femminile. Il contesto italiano consente di

proseguire la finzione e di additare la corruzione di solito addossata polemicamente ai

cattolici e alla loro ossessione per il veleno: ma in queste tragedie è tale il lavoro di

scavo psicologico che a stento capiamo la natura convenzionalmente esotica

dell’ambientazione. Orrore e torture sono segno di una corruzione morale difficilmente

riparabile. Ciò che Marlowe rendeva con la passione iperbolica e retorica dei suoi

personaggi ora diviene un eccesso di oscurità inspiegabile, un grumo che non può

sciogliersi in parole. I principali drammi di Middleton segnano un ritorno alla potenza

jonsoniana dell’intreccio (pag. 96).

L’occasione italiana serve a raccontare una questione anche domestica l’effetto

dell’arricchimento sulla virtù delle nascenti classi medie. Il dispiegarsi dei trucchi

tipicamente associati al teatro del ‘600 (masque finale segnato dall’avvelenamento in

primis) non fa dimensticare che la fonte d’ispirazione principale resta la city.

Capolavoro del periodo ed emblema del periodo The changeling di Middleton (trama

pag. 96). Nell’opera si ricapitolano tutte le fonti dell’eroe elisabettiano: ambientazione

mediterranea come luogo in cui si scatenano le passioni, l’arte comica di De Flores e

nel manicomio di Rowley, l’orrore e l’omicidio come simbolo icastico del male interiore,

la degradazione della donna.

V. La proliferazione

Poco prima della fine della grande epoca assistiamo a una proliferazione dei generi,

non di rado segnata dalla loro cristallizzazione. Segno di questa distinzione l’affermarsi

della tragicommedia, che nasce come contaminazione di generi ma che non tarderà a

strutturarsi con precise convenzioni di genere. Presenti. Cme negli altri generi, la

presenza di temi, elementi e trame ripresi dalla tradizione europea, resi però con una

marca più esotica, vicina all’ultimo shakespeare e a un gusto per l’avventura

romantica tipico dell’età carolina. Beaumont e Fletcher dominano lo stile tragicomico:

philaster e a king and no king vertono sulla regalità. Spesso la commedia si sposa a

una scelta di ambientazione esotica e alla selezione più corposa di fonti italiane e

spagnole (love’s pilgrimage e altre pag. 97). Infine esempi di Messinger e Ford (pag.

97). Conclusione del grande periodo elisabettiano e giacobiano: da lì a poco ci sarà la

chiusura dei teatri, 1642, anche se al Phoenix continueranno ad esserci

rappresentazioni clandestine e nel ’58,’59 verranno rappresentate delle opere

anticipatrici del nuovo gusto tipico della restoration.

Il teatro del secondo seicento – Francesca Saggini

I. Il con

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Publisher
A.A. 2013-2014
45 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/10 Letteratura inglese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Darcy di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura inglese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Crisafulli Lilla Maria.