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Griffin magari programmaticamente indirizzati a un pubblico adulto, ma di fatto intensamente fruite anche
da bambini e ragazzi, e del resto proposti dal piccolo schermo in fasce centrali della giornata. Iniziativa
giudiziaria a titolo esemplificativo è quella di una mamma umbra che denuncia un numero del popolarissimo
fumetto "Dragon Ball" in cui la piccola protagonista, per ottenere una sfera del Drago del Genio delle
tartarughe, accetta di mostrargli le proprie mutandine. Paradossalmente, si può parlare di ritorno alle origini,
dal momento che il fumetto non era nato come prodotto narrativo pensato per i bambini, ma piuttosto come
linguaggio per adulti non culturalizzati.
3.8 Il caso dei manga
Il loro successo ha finito per condizionare grafica, stile e montaggio del fumetto realizzato in
Occidente ("Witch"). Coniato nel 19º secolo dal pittore Hokusai quale titolo per la sua raccolta di disegni, il
sostantivo "manga" deriva dall'unione di due ideogrammi: "Man" (equivalente di "eseguito in maniera
rapida, corsiva") e "Ga" (disegno). Utilizzato come sinonimo di fumetto, ha una grafica piuttosto fredda,
flessuosa, ricca di segni che richiama vagamente lo stile liberty. Ne esistono di avventurosi, fantascientifici,
gialli, sentimentali, eroici, tutti in bianco e nero, con lettura da destra a sinistra partendo dall'ultima pagina,
secondo l'uso giapponese, mantenuto nelle edizioni italiane. Caratteristica di questi prodotti: l'abile
commissione di fantasia e realtà, con elementi fantastici che convivono col quotidiano, e insieme la
disinvolta attenzione alla sfera sentimentale. I contenuti, si riferiscono tanto alla storia e alla tradizione
nipponica, quanto alla realtà industriale tecnologica e urbanizzata del Giappone contemporaneo. Avvicina
mondi culturali diversi e previene l'instaurarsi di pregiudizi e stereotipi, esaltando i valori dell'etica
shintoista, come l'onestà, la lealtà, il coraggio, l'amicizia, la cortesia, la perseveranza, il senso dell'onore, la
dedizione al collettivo, il sacrificio di sé, la disposizione operativa nei confronti dell'amato, sia pure nel
contesto di una esasperata competitività. I disegni sono quasi sempre computerizzati, come i nippocartoons,
con personaggi dai caratteristici enormi occhi-finestra luccicanti e una monotona ripetitività delle
fisionomie. Particolarmente antiestetiche sono le troppo marcate espressioni dei volti, a significare
sentimenti ed emozioni. Taluni artifici tecnici non assicurano sotto il profilo estetico, e risultano disturbanti.
I manga poi, in talune loro espressioni, rischiano di incidere negativamente sulla sfera emotiva, in una vera e
propria aggressione percettiva (“Ken, il guerriero”).
3.9. La critica del fumetto
Si è imputato a lungo al fumetto di produrre uno stato di torpidità e pigrizia mentale; di
compromettere l'acquisizione di un'espressione corretta, fluente, sintatticamente e lavorata e lessicalmente
ricercata; di diseducare il senso estetico; di ostacolare la formazione dello spirito critico. Sono rimproverate
al fumetto il relativismo valoriale, la brutalità, la violenza, la scabrosità, la sensualità e la tendenza
all'erotismo, il rigido manicheismo e la pregiudizievole rappresentazione della donna in ruoli stereotipati. Il
fumetto nero era accusato di distorcere il senso etico e di fornire negativi modelli di condotta e di
identificazione. Da più parti poi si imputava al fumetto di distogliere la fanciullezza e l'adolescenza, di
concerto con la tv, da attività di più alto profilo formativo. "Topolino" è stato accusato di propagandare
valori e disvalori della società capitalistico-borghese e della middle class americana, finalizzati al
mantenimento dello status quo e alla perpetuazione dell'inequo assetto sociale.
3.10 La rivalutazione pedagogica del fumetto
La comprensione del fumetto comporta non semplici operazioni di decodificazione del testo, che
richiedono pregressa conoscenza delle tecniche di significazione di questa originale modalità espressiva.
Allorché, poi fa ricorso a tecniche narrative particolari, quella dei flash back, la dissolvenza, la digressione e
agli episodi collaterali, con apertura di un secondo o di un terzo fronte narrativo, o si operano raccordi
inusuali e inconsueti. Binomio parola-immagine si rivela fecondo, favorendo la memorizzazione e una
stabilità di ricordo ben superiore rispetto a messaggi e informazioni veicolati esclusivamente dal solo
linguaggio verbale o dalla sola immagine. Comunicare per immagini è congeniale al bambino, l'immagine
parla direttamente alla sua facoltà immaginativa. Di fondamentale importanza è la fattura del momento:
inadeguata integrazione fra testo scritto e immagine o un disegno e una grafica scadente, avviliscono la
lettura, alterano il gusto e mortificano il senso estetico, sedimentano pregiudizi linguistici e di vocabolario.
Effetti analoghi vengono sortiti da testi letterari non rispondenti a irrinunciabili requisiti linguistici, stilistici,
contenutistici, tecnici ed estetici. Nel paese del Sol Levante il fumetto non ha mortificato e coartato la
lettura, ma l’ha incoraggiata e incentivata. Da caldeggiare quindi, con Volpi e Marrone, l'ingresso
sistematico del fumetto a scuola in funzione didattica come proficuo riempitivo del tempo libero. La striscia
si presta, con la mediazione dell'adulto, ad una prima educazione al linguaggio iconico, con la scoperta di
inquadrature, "campi", "piani", sequenze, montaggi, segni convenzionali, ecc. Va poi riconosciuto al fumetto
il merito di aver concorso a debellare la piaga dell'analfabetismo. Sorprende l'inspiegabile silenzio delle
"Indicazioni per il Curricolo per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione" anche se va don
milaniamente ribadita la centralità della tradizionale lettura alfabetica (attività oggi a rischio di
marginalizzazione, se non di estinzione). D'altra parte, anche il fumetto per l'età evolutiva è prodotto
culturale da salvaguardare. Concludendo: occorre distinguere tra fumetto di qualità e striscia dozzinale e tra
fumetto di per sé educativo formativo e striscia che veicola messaggi con modelli negativi di condotta e di
identificazione.
4. Il fotoromanzo
Risultante dell'incontro tra fumetto e fotografia, il fotoromanzo può considerarsi anche trasposizione
e aggiornamento in immagini del tradizionale genere rosa. Utilizza fotografie o fotogrammi (in quest'ultimo
caso si parla più propriamente di cineromanzo) in parziale sostituzione del testo scritto. Dal fumetto si
distingue per l'impegno di fotografie in luogo di disegni; dal cinema per la staticità delle immagini e per
l'assenza del sonoro. Le trame e i contenuti hanno affinità col genere rosa, si rivolge a un pubblico di lettrici
di media o bassa cultura, di età compresa tra l'adolescenza e l'età senile.
4.1Breve storia del fotoromanzo
Il fotoromanzo nasce nel secondo dopoguerra in Italia, il 1946 è l'anno di nascita di "Confidenze" di
Liala, settimanale di novelle, racconti e varietà, che reiterava gli schemi di crescere e i topoi della letteratura
rosa. Viene poi esportato in Francia, Spagna, Germania e America latina. Negli anni ’60, il fotoromanzo
conosce un momento di grande fortuna, molti attori dello schermo transitavano per quest'esperienza prima di
approdare al successo del cinema. Il genere finiva per contaminare la stessa stampa periodica per ragazzine:
"Cioè", "Pupa", "Si" e persino "Il giornale di Barbie". Dalla metà degli anni ’80, il fotoromanzo conosce un
progressivo declino, soppiantato e surrogato dalle telenovelas e dalle soap-opera, che beneficiano come
canali di diffusione del mezzo televisivo, potendo contare sull'effetto fascination proprio delle immagini in
movimento. Ormai i fotoromanzi sono relegati ai margini degli interessi giovanili e adulti.
4.2. Contenuti abituali
Sono storie sentimentali, romantiche, lacrimose, patetiche, che hanno per protagoniste sognanti
ragazze di modeste condizioni sociali e lavorative, oneste e virtuose, destinate alla felicità a conclusione di
tormentate vicissitudini a sfondo amoroso sociale. Narrazioni emotivamente coinvolgenti e intensamente
partecipate dalle lettrici attraverso processi di identificazione e di immedesimazione. Il matrimonio è
esaltato come coronamento di una sofferta storia d'amore. Il linguaggio è povero, il lessico limitato, i
dialoghi sono infarciti di frasi fatte, di paronimi e più recentemente di neologismi giovanili. Specchio e
immagine della società che lo esprime, ha a lungo propagandato e rafforzato valori quali ordine, religiosità,
moralità, fedeltà, verginità, dominanza della figura maschile, subordinazione femminile, accettazione della
divisione sociale in classi. Recentemente, ha adeguato contesto, contenuto, linguaggio e ritmi narrativi a
quelli degli analoghi prodotti televisivi. Il fotoromanzo è considerato un sottoprodotto culturale destinato a
masse non acculturate. Tuttavia il suo residuo consumo risulta ugualmente distribuito in zone socio-
economicamente depresse come in regioni più evolute e non disdegnato da soggetti di sesso maschile.
4.3. Critica pedagogica
Va riconosciuto al fotoromanzo il merito di aver avvicinato alla narrativa almeno una se non due
generazioni di lettrici di modesta condizione socio-economica e di scarsa cultura: soggetti che forse non si
sarebbero mai spontaneamente accostate alla grande narrativa e forse neppure a quella di consumo. In
negativo, ha immerso le lettrici in un mondo fittizio, le ha distorte da un impegno sociale e magari anche
politico-sindacale attivo e militante, forse anche le ha allontanate dalle letture più impegnate. Negativo
anche l'accento enfatico posto sulla bellezza e sull'onnipotenza del denaro. Il bisogno di storie a forte
connotazione sentimentale è connaturale all'uomo di tutti tempi e di ogni latitudine, di età e di sesso, di razza
e di cultura.
5. Le video narrazioni: cartoons televisivi, telenovelas, soap-opera, pubblicità
5.1 L'intrattenimento televisivo
La televisione, nel contesto di una forte contaminazione tra vita dell'adulto e vita del bambino, ha
condizionato e plasmato l'immaginario infantile. Già qualche lustro fa, Postman, nel suo saggio “La
scomparsa dell'infanzia” (1984) segnalava che la formazione del bambino è ormai riconducibile per il 75%
alla tv e per il rimanente 25% alle tradizionali agenzie educative, formali e informali; denunciava la
"scomparsa dell'infanzia" come "classe sociale". La Winn ha parlato di "nuovo medioevo" in cui l'infanzia
sarebbe immersa a causa