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Bronzo in una vasta area comprendente anche le regioni dell’Egeo. A sostegno di questa

tesi viene addotta l’esistenza di contatti tra l’ambiente miceneo e quello orientale,

riscontrabili sia a livello architettonico sia nella tradizione mitografica. Un primo punto su

cui si sofferma Tritsch riguarda la costruzione delle cosiddette “mura ciclopiche” della città

micenea di Tirinto, su cui regnava Preto: sul piano archeologico Tritsch rileva stringenti

analogie fra le mura di Tirinto e le fortificazioni anatoliche, in particolare quelle ittite, fatto

che suggerisce l’esistenza di contatti tra il mondo miceneo e il Vicino Oriente, per i quali un

ruolo fondamentale sarebbe stato svolto dalla città di Mileto, sorta di “avamposto”

miceneo in area microasiatica. Parallelamente sono rilevati elementi che rimandano a un

collegamento con l’Oriente anche dal punto di vista linguistico e mitico, partendo da

un’analisi dei Ciclopi come mitici costruttori delle mura di Tirinto: lo stesso termine Ciclopi

deriverebbe etimologicamente da una parola non greca ma orientale e al tempo stesso,

sulla base di un mito raccontato da Strabone, i Ciclopi sarebbero giunti a Tirinto su invito

del re Preto proprio dalla Licia, in cui si colloca l’episodio di Bellerofonte. Per Tritsch questo

mito trae fondamento dalla grande considerazione che i Greci nutrivano per le popolazioni

orientali come depositarie di una grande abilità architettonica. Connesso con la Licia nel

mito è anche lo stesso Preto che, scacciato da Tirinto dal gemello Acrisio, fu ospitato in

Licia dal re Iobate, che lo ricoprì di onori e gli diede in sposa sua figlia Antea. In seguito

Preto avrebbe riconquistato Tirinto alla testa di un contingente licio e ne sarebbe divenuto

re: «egli deve aver conosciuto molto bene la lingua licia e la “lettera di presentazione” che

6

scrisse al re della Licia per Bellerofonte deve essere stata verosimilmente in licio» . Un

written in the language known to the bearer but in a different one, in case the seal got broken or

removed and the bearer opened the letter”.

6 Tritsch 1969, p. 1225: “He must have known Lycian very well, and the credentials he wrote to the

Lycian king for Bellerophon must have been in reasonable Lycian”.

4

altro interessante parallelo con il mondo orientale offerto da Tritsch è quello delle “lettere

di credenziali” rinvenute in Asia Minore negli archivi delle città di Ugarit e Boghaz-Köi, per

mezzo delle quali i sovrani si interessavano al buon trattamento di un ospite inviato presso

un altro re e al tempo stesso lo presentavano. La lettera di Bellerofonte sarebbe quindi una

sorta di rovesciamento di questa prassi, ben attestata nel mondo orientale ma sconosciuta

sh@mata

in ambito greco. Anche questo avvalorerebbe la tesi che la menzione dei (termine

gra@mmata,

che secondo Tritsch è usato volutamente in luogo di metricamente equivalente)

faccia riferimento a una lingua orientale e, quindi, a una scrittura sillabica cuneiforme.

La teoria alfabetica è stata invece enunciata da Rufus Bellamy nell’articolo Bellerophon’s

7

Tablet del 1989 : la tesi di fondo consiste in una sostanziale polemica contro la teoria

oralistica, per affermare al contrario che la creazione dei poemi omerici e la struttura

stessa dell’esametro non possono prescindere dalla conoscenza di un sistema scrittorio

alfabetico. Per Bellamy è da respingere in toto l’idea che la società rispecchiata dai poemi

omerici sia illetterata, in quanto la documentazione epigrafica arcaica di VIII e VII secolo

rivela già un utilizzo maturo della scrittura alfabetica, compresa la capacità di comporre

sequenze esametriche. Queste non sono secondo Bellamy compatibili con una modalità di

composizione esclusivamente orale e che ignora del tutto l’alfabeto, in quanto solo

attraverso un sistema di scrittura che distingue precisamente i singoli fonemi è possibile

ragionare sulla quantità delle sillabe, in particolare per quanto riguarda l’allungamento

delle vocali seguite da doppia consonante: «in una condizione di esclusiva oralità, la

presenza di più consonanti non è individuabile. L’orecchio sente per lo più ciò che è

preparato a sentire, ed è noto tra i linguisti e gli insegnanti che un principiante illetterato

8

non riesce neppure a identificare le consonanti, tantomeno a contarle» .

7 R. Bellamy, Bellerophon’s Tablet, «CJ» 84, 1988-89, pp. 289-307.

8 Bellamy 1989, p. 304: “Under strictly oral conditions, multiplicity of consonants is not detectable.

The ear largely hears what it is prepared to hear, and it is notorious among linguists or reading

instructors that the illiterate beginner cannot even identify consonants, much less count them”.

5

Le considerazioni di Bellamy chiamano in causa anche il complesso problema della genesi

dei poemi omerici: tuttavia, anche ammesso che questa abbia previsto l’uso della scrittura

già in una fase molto antica, questo non implica necessariamente la corrispondenza tra

dato storico e finzione letteraria. Anche ammesso che il poeta dell’Iliade si sia servito della

scrittura quantomeno come “supporto” alla composizione orale, ciò non gli avrebbe

comunque impedito di alludere a un sistema scrittorio di altro tipo, tanto più all’interno di

un episodio con evidenti tratti orientali. Non è però da escludere del tutto neppure il

contrario (che cioè il poeta intendesse riferirsi alla propria lingua e al modo di scrivere da

lui conosciuto ed eventualmente usato), specialmente se si tiene conto del fatto che l’epica

arcaica assai raramente mostra di avere coscienza delle diversità linguistiche dei vari popoli

sh@mata

che in essa sono menzionati. L’unico dato che si può ricavare dalla menzione dei è

che il poema denunci la conoscenza di un qualche sistema di scrittura, ma non è cogente il

sh@mata lugra@

ragionamento inverso (Omero conosceva la scrittura alfabetica, allora i

sono segni alfabetici). sh@mata

L’indeterminatezza del termine potrebbe addirittura suggerire che il poeta stesso

non fosse più pienamente consapevole dell’esatto significato di un dettaglio appartenente

a una vicenda che potrebbe essere stata importata da un’altra tradizione culturale o

semplicemente ereditata per via orale.

In ogni caso, data la complessità del problema, appare riduttivo e forse fuorviante addurre

di volta in volta singoli elementi per comprovare un’interpretazione che talora appare

frutto di un convincimento aprioristico: interrogarsi sull’esistenza della scrittura e di un

tipo particolare di scrittura in Omero equivale a confrontarsi con gli aspetti più irrisolvibili

della questione omerica e pertanto il dibattito è destinato a restare sostanzialmente

aporetico. sh@mata,

Anche gli Antichi non erano in grado di fornire un’interpretazione univoca dei

come attestano le differenti tradizioni confluite nelle raccolte di scolii. Questi si dividono

sh@mata

tra commentatori che identificavano i come segni alfabetici a tutti gli effetti e

quelli che invece avanzavano l’ipotesi che si trattasse di pittogrammi sul modello dei

6

geroglifici egizi. L’esegesi antica, a differenza di quella moderna, nel commentare

l’episodio di Bellerofonte chiamava spesso in causa un altro passo dell’Iliade in cui vi

sarebbe testimonianza dell’uso della scrittura: si tratta di un celebre episodio del VII libro

in cui i principali comandanti achei devono estrarre a sorte il nome di uno di loro per

scontrarsi in duello con Ettore. Esortati da Nestore, nove eroi achei pongono nell’elmo di

Agamennone ciascuno un proprio segno di riconoscimento (Il. VII 175-176):

wçv eòfaq è, oié de# klh^ron eèshmh@nanto eçkastov,

eèn d è eòbalon kune@hj A

è game@mnonov A

è trei@dao.

“Così disse e ciascuno diede il suo segno di riconoscimento per il sorteggio

e lo mise nell’elmo dell’Atride Agamennone”.

Che anche in questo passo sia adombrato un accenno alla scrittura è un’interpretazione

klh^rov

che la critica moderna è concorde nel rifiutare, dal momento che il che ciascun

eroe pone nell’elmo sembra essere riconoscibile solo dal legittimo proprietario, come

dimostrano i versi 183-189:

kh^rux de# fe@rwn aèn è oçmilon aépa@nthj,

...

dei^x è eènde@xia pa^sin aèristh@essin èAcaiw^n.

oié d è ouè gignw@skontev aèphnh@nanto eçkastov.

èAll è oçte dh# to#n içkane fe@rwn aèn è oçmilon aépa@nthj,

oçv min eèpigra@yav kune@hj ba@le, fai@dimov Aiòav,

hòtoi uépe@sceqe cei^r è, oé d è aòr è eòmbalen aògci parasta@v,

gnw^ de# klh@rou sh^ma ièdw@n, gh@qhse de# qumw^j.

“l’araldo portando [il segno] tra la folla da ogni parte

partendo da destra lo mostrava a tutti i più forti tra gli Achei.

7

Ma loro non riconoscendolo scuotevano tutti il capo.

Ma quando giunse, portandolo tra la folla da ogni parte,

da colui che lo aveva gettato nell’elmo dopo averlo inciso, lo splendido Aiace,

egli tese la mano e l’araldo avvicinatosi ve lo pose,

e l’eroe, avendo visto il segno della sorte, lo riconobbe e gioì in cuor suo”. sh@mata

Uno scolio della tradizione esegetica al passo di Bellerofonte sostiene che i siano a

tutti gli effetti dei segni alfabetici e menziona come passo parallelo a questo proposito

proprio quello di Il. VII sopra citato:

sh@mata lugra@ : gra@mmata de# klh^ron eèshmh@na<n>to" “oçv min eèpigra@yav”

 “oié (H 175) (H

aòtopon ga#r tou#v pa^san te@cnhn euéro@ntav ouèk eiède@nai gra@mmata. tine#v de# wév par è

187)

Aiègupti@oiv iéera# zwj@dia, di è w§n dhlou^tai ta# pra@gmata.

La spiegazione addotta dal commentatore per il passo di Bellerofonte è che “è assurdo che

chi ha scoperto ogni arte non conoscesse le lettere dell’alfabeto”. La stessa tradizione

esegetica si pronuncia in modo analogo anche su Il. VII 175, a proposito del significato del

eèshmh@nanto:

verbo

eèshmh@nanto: gra@mmasin. kai# pw^v ouè ginw@skei oé kh^rux; eèqnika# ga#r hùn.

È interessante notare che l’esegeta antico parte sì dal presupposto che anche i segni

distintivi degli eroi greci siano lettere, ma subito dopo si interroghi sul perché essi non

siano compresi dal

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Publisher
A.A. 2013-2014
11 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/02 Storia greca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher amber_90 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura greca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Pagani Lara.