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La fiducia nel metodo sperimentale e il rifiuto del razionalismo cartesiano
La fiducia nel metodo sperimentale (che emerge soprattutto negli Eléments de la philosophie de Newton) si accompagna al rifiuto del razionalismo cartesiano, e in particolare della tesi dell'innatismo, la quale non si concilia con la nozione dell'origine sensoriale delle idee e ostacola la laicizzazione della cultura. Anche il concetto di Dio ha il suo fondamento nell'azione combinata di percezione e ragione: di fronte alla constatazione della complessità del mondo, quale ci giunge ai sensi, è ragionevole credere all'esistenza di un artefice supremo. In ciò risiede, secondo Voltaire, la base universalmente condivisa di una religione naturale libera da ogni superstizione locale.
Religione naturale e religioni positive
Sebbene in alcune occasioni si dichiari cristiano - probabilmente per schivare le accuse di empietà che gli vengono rivolte dagli ambienti ecclesiastici - Voltaire non aderisce ai dogmi della religione positiva. La sua
conoscenza di tradizioni religiose diverse dalla propria gli impedisce infatti di assolutizzare le costrizioni imposte dalle religioni confessionali. Queste ultime gli appaiono basate su superstizioni locali, generatrici di dispute metafisiche, di sterili sofismi e di persecuzioni violente. Le affermazioni antigiudaiche di Voltaire, che risultano fastidiose a un lettore contemporaneo, vanno inquadrate nel contesto di tale rifiuto delle religioni rivelate. Perfino le Sacre Scritture non sono esenti da critiche: Voltaire si diverte a leggere la Bibbia e i Vangeli alla luce della fisica newtoniana e del senso comune, per individuarne le assurdità e le contraddizioni. Le sciocchezze riscontrate nel corpus di credenze proprio di qualsiasi religione positiva urtano contro l'uso della ragione. Voltaire arriva a negare il valore della metafisica, sostenendo che l'ignoranza umana circa la volontà divina rende inutile ogni dibattito teologico. Tanto più che simili dibattiti.finiscono per dividere gli uomini, anziché unirli verso l'obiettivo comune della convivenza pacifica e del rispetto reciproco. Nel suo Traité de métaphysique (pubblicato postumo), Voltaire contrappone le religioni positive a una religione universale, indotta contemporaneamente dall'istinto e dalla ragione. La religione naturale ha il merito di insegnare "il massimo di morale e il minimo di dogmi". Il deismo di Voltaire emerge ripetutamente nei suoi scritti e si traduce nella credenza in un "Dio remuneratore e vendicatore" che non chiede altro ai suoi sudditi se non il rispetto di una morale naturale. Quest'ultima costituisce il nucleo etico comune che ciascuna religione avvolge in una moltitudine di prescrizioni particolari. La fede in Dio esercita un importante ruolo di controllo sociale, in quanto il timore della punizione divina funge da freno morale contro i delitti segreti che sfuggono alla giustizia degli uomini: "se Dio non esistesse,"bisognerebbe inventarlo". E' per questo motivo che Voltaire rifugge dalle tentazioni dell'ateismo, distanziandosi con ciò dal meccanicismo biologico. Certo, rispetto all'ateismo il fanatismo è un male peggiore: "l'ateismo non serve da freno ai delitti, ma il fanatismo spinge a commetterli" (Dictionnaire philosophique). Tuttavia, in una società ben ordinata è auspicabile la diffusione di un profondo senso religioso quale si trova, ad esempio, presso alcune civiltà orientali (che Voltaire spesso idealizza).
Opportunismo politico e impegno civile:
Anche in materia di fede religiosa, Voltaire non perde d'occhio la questione dell'utilità sociale delle istituzioni. Lungi dall'abbracciare le visioni utopistiche proposte da alcuni suoi contemporanei come Rousseau o Montesquieu, Voltaire è un pragmatico e un opportunista. I suoi sforzi per il miglioramento della condizione umana tengono conto della
Ricco. Voltaire è inoltre consapevole del fatto che ciò che funziona all'interno di un contesto sociale non è necessariamente applicabile a contesti diversi. Così, una vaga approssimazione di eguaglianza democratica può essere raggiunta nei piccoli stati come Ginevra o San Marino, ma non in Francia. Pur elogiando il regime politico britannico nelle sue Lettres philosophiques, Voltaire si guarda bene dal proporre di sostituire il costituzionalismo all'inglese al modello monarchico francese. C'è da supporre che la sua cautela sia in parte attribuibile a questioni di opportunismo politico (Voltaire è maestro nell'arte di ingraziarsi i potenti), ma la riluttanza ad abbandonare il sistema assolutistico riflette altresì la sua fiducia nel potere consensuale generato da un'autorità centrale illuminata. A quest'ultima Voltaire chiede di farsi carico delle riforme sociali per le quali combatte, prima
fratutte il ridimensionamento del potere dei parlamenti. Va aggiunto che, nella Francia settecentesca, questi corpi intermedi svolgono una funzione prevalentemente giudiziaria e, lungi dal garantire l'equità legislativa, esprimono l'ideologia conservatrice dell'aristocrazia e del clero.
Voltaire drammaturgo: Anche a teatro Voltaire si premura di educare il pubblico ai principî cari all'illuminismo: in Alzire centrale il tema della tolleranza, Mérope tocca il problema della corruzione dei sacerdoti, mentre l'attacco al fanatismo viene ripreso in Mahomet. Tuttavia, se nell'ambito di altri generi letterari egli esibisce uno stile sottilmente dissacratore, nelle sue opere teatrali Voltaire non si discosta troppo dai precetti del classicismo. Riguardoso verso le aspettative del suo pubblico, Voltaire è autore di qualche commedia (tra cui l'Enfant prodigue e l'Ecossaise), ma soprattutto di diverse tragedie dallo stile
Voltaire è uno dei più importanti filosofi e scrittori del XVIII secolo. Le sue opere, caratterizzate da uno stile vivace e satirico, conquistano un grande consenso presso i suoi contemporanei. Il suo interesse per il teatro lo induce a seguire con cura l'allestimento delle sue opere, scegliendo per esse i migliori attori che il teatro francese può offrire.
Voltaire prende attivamente parte al dibattito sulla presunta immoralità del teatro difendendo questa istituzione in alcuni suoi scritti. Nel 1730 compone un poema in cui esprime la sua indignazione per la mancata sepoltura in terra consacrata della grande attrice Adriana Lecouvreur. Quasi trent'anni dopo, Voltaire entra in aperto conflitto con Rousseau a proposito del dibattito sul teatro a Ginevra: amante dichiarato del lusso (come emerge dal poemetto Mondain), oltre che propugnatore del principio della tolleranza, Voltaire non può certo condividere il moralismo dei detrattori del teatro. La polemica con Rousseau sfocia nella stesura delle Idées républicaines e dei Sentiments des citoyens.
storico:Voltaire è considerato un precursore dell'odierna storiografia. Sebbene lo studio della storia sia sempre al servizio delle tesi politiche che egli vuole dimostrare, Voltaire introduce alcune regole storiografiche riconoscibilmente moderne. In particolare, egli propone una storia filosofica che non si occupi esclusivamente delle gesta dei grandi personaggi, ma rievochi il contesto più generale in cui inquadrare gli eventi riportati.Così, accanto alla tradizionale storia delle guerre, bisogna affrontare la storia del commercio, delle istituzioni religiose, delle arti e delle riforme civili. Grazie allo studio delle società passate, di cui vengono messi a nudo pregi e difetti, diventa possibile correggere le debolezze della situazione attuale. Questi principî vengono messi in pratica nella principale opera storiografica di Voltaire, Le siècle de Louis XIV, in cui la grandezza del re Sole viene attribuita più al suo contributo.al progresso umano che non ai suoi successi militari. In polemica con Bossuet, Voltaire ritiene inoltre che lo studio della storia debba estendersi a civiltà diverse da quella europea.
I racconti filosofici: Con l'eccezione di due racconti giovanili, Voltaire si dedica al genere narrativo in una fase avanzata della sua esistenza. L'etichetta di "racconti filosofici" viene assegnata all'insieme delle sue opere narrative nel 1771, onde sottolinearne il carattere contemporaneamente fantasioso ed educativo. Le storie di Voltaire fungono infatti da spunto per la riflessione filosofica e rasentano spesso l'allegoria. Va peraltro notato che anche nelle opere più propriamente teoriche di Voltaire, quale il Dictionnaire philosophique, si trovano vari nuclei narrativi e abbozzi di dialogo impiegati a fini didattici. Risulta dunque difficile delimitare chiaramente i diversi generi di cui Voltaire si avvale per diffondere il suo pensiero.
L'ambientazione
dei racconti è spesso esotica, se non fiabesca. Le vicende di Zadig, di Candide e degli altri personaggi voltairiani si snodano tra la Babilonia, il