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Il dibattito su Molière e la sua opera
E vi è il dibattito sulla moralità, o immoralità, o amoralità di Molière, le ricerche biografiche che hanno aperto sfondi e prospettive, talvolta inquietanti, alla sua opera; le documentazioni di storia della cultura teatrale che offrono massicci apporti a una interpretazione storicamente cosciente del suo testo; il dibattito sulla lingua e lo stile di Molière, già accusato di povertà stilistica, poi assolto nell'Ottocento grazie alla dubitosa formula del realismo e del naturel e riaperto oggi a diverse suggestioni: componenti esegetiche che offrono tutte la loro chiave per questo autore centrale.
Una vigorosa modernità
Ma, venendo a noi e a un discorso di cultura viva, che cosa è ancora attuale, per l'uomo d'oggi, del più celebre autore comico del teatro moderno? Molto, è la risposta. Andare a vedere Molière non è un rito culturale, leggere Molière non è un atto di
pietà accademica, o un recupero storico su pagine polverose. La comicità molieriana, il dramma molieriano eccitano e scuotono realmente, e non solo per una dotta finzione, lo spettatore moderno. Quando il sipario della Comédie Française si apre sul monologo economico-farmaceutico del Malato Immaginario, una platea che scroscia dalle risa non obbedisce ad alcuna claque erudita; e l'ovazione che saluta la stralunata uscita del Misantropo all'inseguimento della sua tempestosa chimera di purezza morale è solo l'eco della commossa solidarietà (per miracolo d'arte, s'intende) di un pubblico scosso. Che cosa vive dunque ancora di Molière? Vorrei rifarmi a titolo d'esempio ad una delle sue commedie di maggior successo, e fra le più discusse (a partire dal 1662), l'École des femmes. Nella scuola delle mogli si narra come Arnolfo abbia educato la trovatella Agnese nel più perfetto isolamento dal mondo e nellapiù completa ignoranza per farne l'ideale delle mogli, docile e servizievole ornamento dell'onore maritale; ma basterà che il giovane Orazio e Agnese si scorgano perché il piano di Arnolfo vada in frantumi: la voce della natura sovrasta ogni educazione, l'istinto insegna ad Agnese gentili astuzie e parole di semplicità e fermezza incantevoli; un'agnizione finale chiude la favola, nella confusione di Arnolfo e nel trionfo dell'amore. La commedia dell'emancipazione femminile è un caposaldo di "Molière illuminista": tutto in quest'opera sembra fare dell'autore un libero pensatore, preso dalla preoccupazione del progresso dell'uomo nella dignità e della sua istintiva ribellione ad ogni tirannia sociale o dogmatica: il progresso civile della donna, una moralità fondata sulla consapevolezza e non sull'ignoranza, l'attacco alla religione come strumento di oppressione anziché.di liberazione morale, l'elogio della natura vindice delle storture impostele dagli uomini e pronuba di una sanità istintiva modellano alla perfezione l'immagine del libero pensatore, dell'allievo di Gassendi e del precursore degli enciclopedisti.
La lettura illuminista ha la sua forza. Tuttavia, se ci poniamo da un altro punto di vista, possiamo anche modificare notevolmente la prospettiva: poniamoci dal punto di vista della tradizione letteraria. La trama dell'Ecole des femmes non è stata inventata da Molière. La novellistica italiana, la commedia dell'arte, la narrativa spagnola già presentano trame estremamente prossime al testo di Molière: fra la Précaution inutile di Scarron (traduzione di una novella spagnola di Doña Maria de Zayas), le Notti dello Straparola, l'Astuta semplicità di Angiola (canovaccio di una commedia dell'arte) e l'Ecole des femmes iri incontri sono molti; ma, al di là di
riscontri specifici, se ci si pone in questa prospettiva appare chiaro che l'Ecole des femmes ripresenta una variante del tema, così diffuso nella novellistica o nel teatro rinascimentale, del vecchio innamorato balordo e beffato, dell'inutile precauzione; e in questo senso il trionfo di Orazio e Agnese non è che il perpetuarsi di uno schema che celebra il trionfo naturalistico e vitalistico, già tardo-medioevale e rinascimentale, per non dire addirittura dei modelli classici che vi presiedono. Se ci si pone sotto l'angolatura letteraria, acquista più rilievo la scena dell'agnizione finale, deus ex machina del lieto fine, che qualificare di rozza è forse trattare ancora con benevolenza. Semmai la novità di Molière è proprio all'interno del tema letterario, nell'avere genialmente mutato Arnolfo, non più vecchio zimbello, ma uomo di quarantadue anni nel suo pieno vigore (pur con la concessione aUn'epoca in cui più precocemente s'invecchiava), energico e sicuro, ma inevitabilmente sconfitto dalla natura; Arnolfo, che non è vecchio, che ama disperatamente Agnese, segna un'invenzione carica di pathos: il suo tragico silenzio finale e la sua fuga (anticipatrice della fuga di Alceste davanti al tradimento di Célimène) segnano una sconfitta umana di intenso lirismo.
Opposizioni e composizioni ideologiche
Ma forse Molière mette sali ideologici nuovi in un canovaccio tradizionale? Questa tesi presupporrebbe l'accettazione di un postulato non dimostrabile: che Molière "parteggi" per l'esito della propria storia, che la trama stessa sia il portavoce dell'ideologia. Ora questo presupposto è accettabile? Alla accettazione fa gravissima opposizione la commedia che Molière metterà in scéna dieci anni dopo, Les femmes savantes: la commedia forse più a lungo curata ed elaborata da
Molière. La storia di Filaminta e di sua figlia Armanda che per passione della letteratura preziosa, della filosofia cartesiana e delle scienze naturali perdono il senso della realtà, si comportano ridicolmente e finiscono beffeggiate nella loro arrogante vanità costituisce un testo di pura marca reazionaria in cui cultura e progresso femminili sono messi all'aberlina si direbbe con ottusa aggressività. Sembra di poter sottoscrivere l'opinione di Renan, che di quest'opera scriveva: "Allo stesso modo che le persone pie avranno sempre contro Tartuffe un motivo di risentimento abbastanza fondato, mi sembra che le persone serie proveranno sempre qualche pena ad approvare le Femmes savantes. Questo modo di presentare le cose migliori attraverso il loro lato ridicolo, questa preferenza accordata alla volgarità borghese sulla nobiltà intellettuale, talvolta forse affettata, ha sempre dei gravi inconvenienti... e io non mi stupisco che lesocietà distinte del 1672abbiano fatto tutti i loro sforzi per arrestare alla loro nascita queste pericolose opere". Se noi dovessimo accettare il concetto che le trame delle commedie costituiscono il portavoce dell'intenzione molieriana, dovremmo ammettere che Molière, illuminista quando scriveva l'Ecole des femmes, era reazionario quando scriveva le Femmes savantes. Mi sembra criticamente più fondato prendere atto della contraddizione, e anziché cercare di superarla con qualche acrobazia verbale, verificarla anche in altre sedi. Si potrebbe infatti sostenere che la posizione di Molière sta in un giusto mezzo, contro ogni estremo di ignoranza o saccenteria, nell'aura mediocritas, nel sentimento naturale. Ma ? a parte il fatto che questo "luogo medio" comincia a divenire di più difficile identificazione fra spinte opposte così contrastanti ? è sostenibile anche questa tesi? Vi è spazio per il luogomedio in quella che è sempre stata giudicata, tuttosommato, la più rappresentativa delle opere molieriane, Le Misanthrope?
Il dramma di Alceste, che odia il genere umano perché non corrisponde al suo ideale di purezza e perfezione morale, non è solo la storia del misantropo: in realtà tutta l'opera accomuna, amici e antagonisti, Alceste e Philinte, e svolge le parallele vicende dell'idealismo morale di Alceste e del pragmatismo morale di Philinte.
Nella grande scena iniziale le due concezioni sono poste fronte a fronte. Come non amarlo, Alceste e il suo eroico furore contro i vizi della natura umana? "J'entre en une humeur noire, en un chagrin profond / Quand je vois vivre entre eux les hommes comme ils font." "La sua disperata difesa della sincerità come purezza del cuore: "Je veux qu'on soit sincère, et qu'en homme d'honneur / On ne lâche aucun mot qui ne parte du cœur." Morbleu!
c'est une chose indigne, 1ère, infâme, / De s'abaisser ainsi jusqu'à trahir son âme. ”Un tale homme est l'homme de l'aristocratie morale, et en lui ? ben pocoilluminista ? rivive plutôt le mythe de la Renaissance des amitiés spirituelles: ”Sur quelque préférence une estime se fonde, / Et c'est n'estimer rien qu'estimer tout le monde./… / Je veux qu'on me distingue, et, pour le trancher net, / L'ami du genre humain n'est point du tout mon fait.”Justice et passion se mêlent dans le sentiment d'Alceste; mais ensuite son sentiment dépasse la mesure, et à l'exclamation de Philinte: ”Vous voulez un grand mal à la nature humaine!” la colère déborde et la rigidité d'Alceste menace un délire moral: ”Oui, j'ai conçu pour elle une effroyable haine. / ... / Non, elle est générale, et je hais tous les hommes, / Les« Uns parce qu'ils sont méchants et malfaisants, / Et les autres pour être aux méchants complaisants, / Et n'avoir pas pour eux ces haines vigoureuses / Que doit donner le vice aux âmes vertueuses. »
Di contro, la virtù trattabile, la ragionevolezza di Philinte ha parole non meno intense, di una saggezza umana non mediocre. Come non ascoltarle?
« Mon Dieu, des mœurs du temps mettons-nous moins en peine / Et faisons un peu grâce à la nature humaine; / Ne l'examinons point dans la grande rigueur, / Et voyons ses défauts avec quelque douceur. / Il faut, parmi le monde, une vertu traitable; / A force de sagesse on peut être blâmable; / La parfaite raison fuit toute extrémité, / Et veut que l'on soit sage avec sobriété. / ... / Il faut fléchir au temps sans obstination, / Et c'est une folie à nulle autre seconde / De vouloir semer de corrig