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Fausta Garavini: realismo non nel senso letterario del termine, per il loro carattere di critica e metaletterarietà

Demolizione dell'eroe

Bénichou > Morales du Grand Siècle

Uno dei primi capitoli: La démolition du héros

Col volgere della metà del secolo, la corte si veste di nero, il sistema di valori che regge la società muta profondamente e questo anche per l'influenza enorme che in questo periodo ha il giansenismo.

Giansenismo: movimento di carattere religioso che progettava una riforma della Chiesa cattolica, nasce tra il 1617 e il 1635 e prende sempre più importanza nel secolo. È perseguitato dalla monarchia, la quale arriva a distruggere e a far radere al suolo il monastero di Port Royal, roccaforte di questo movimento.

Sul piano teologico, si rifacevano a Sant'Agostino, secondo il quale il peccato originale aveva definitivamente corrotto la natura umana, l'uomo con le sue forze non può

Arrivare alla salvezza. Se non c'è una grazia gratuita da parte di Dio, l'uomo non può salvarsi da solo. È una visione piuttosto pessimistica. Mentre l'uomo può attraverso le opere arrivare alla salvezza secondo alcune correnti della prima metà del secolo, secondo questa non può. La grazia non può conquistarla, è un dono gratuito di Dio. Sul piano morale, difendevano la morale più rigorosa, infatti se la prendevano col rilassamento dei costumi e in particolare coi gesuiti, promotori di una religione e di una morale estremamente accomodante (un peccato può esser perdonato se l'intenzione non era quella di far del male), non a caso i confessori del re erano gesuiti e il re perseguita i giansenisti, a differenza della morale eroica, ottimistica dei gesuiti, nascono i cosiddetti moralisti classici. Ad esempio, Pascal, autore dei Pensées, apologia della religione cristiana nelle intenzioni ma non

arrivò mai a completare la sua opera. Alla sua morte si trovarono una serie di appunti di maggiore o minor lunghezza, che i suoi amici di Port Royal pubblicarono postumi con il titolo Les pensées, che non era certamente il titolo a cui aveva pensato Pascal. Tutt'ora vengono studiati, molti studiosi hanno tentato di ordinarli diversamente, cercando di ricostruire le intenzioni dell'autore. Hanno un'impronta religiosa ma le riflessioni rimandano l'immagine pessimistica ma non del tutto perché la fede è ciò che può in qualche modo dare un senso alla vita dell'uomo. Poi ci sono La Rochefoucauld, che scrive Les maximes, La Bruyère e prima ancora Montaigne. Oggi il termine moralista si usa per qualcuno che prescrive norme comportamentali, invece nel XVII secolo era qualcuno che proponeva una morale descrittiva, si tratta di descrivere e indagare la natura umana universale, propongono una riflessione critica sull'uomo.

tutt'altro che rassicurante. Les maximes > Les vertus ne sont le plus souvent que des vices déguisés. Intende smontare e demolire i grandi valori del periodo eroico. L'unico movente è l'amour propre, l'amore di sé, l'egoismo, che muove tutto il resto, nonostante l'uomo creda di agire in nome dell'amicizia, amore, ecc. Vengono smascherati tutti i grandi valori eroici della prima metà del secolo, tutto ciò che si fa, lo si fa per interesse.

15/10/2019

5) Moralisti non moralizzatori: non è una morale prescrittiva ma descrittiva, descrivono e riflettono criticamente sulla natura umana e la società. Giovanni Macchia, critico italiano, ha dedicato un volume ai moralisti classici, osserva che nascono quando comincia a smarrirsi la fiducia nell'uomo, si sviluppa la moralistica classica col declino dell'umanesimo. I moralisti sono autori cristiani e tuttavia tendono a rimettere un po' in

causa quelle che sono le evidenze ammesse e riconosciute, si rivolgono verso il mondo in cui la manifestazione del divino non è mai data per scontata. Giansenismo: separazione radicale tra mondo umano e divino. Non c'è più un ponte tra uomo e Dio, c'è un abisso che separa il Dio (nascosto, di Agostino) e l'uomo, che non ha la possibilità di accedere alla grazia. L'uomo nasce già segnato dal peccato originale e predestinato alla salvezza (o meno), che è indipendente dalle sue opere. Pur essendo autori cristiani, non danno mai per scontata la presenza di Dio nel mondo. Il pensiero morale si concentra sul mondo umano dove all'uomo è dato di vivere. Però queste morali possono essere considerate mondane anche in un altro significato perché vengono elaborate e fanno riferimento a quei circoli della società colta dove si veniva elaborando la cultura. La cultura non è più una cultura libresca, pedante.

È qualcosa di non specialistico e al centro dei salons spicca l’honnête homme, che sa di tutto.

Prima vi erano trattati teorici, insegnamento di tipo tradizionale, perfettamente organizzati, ora la forma privilegiata è quella della scrittura discontinua, forme brevi e non sistematiche. Si guarda con sospetto ai trattati e si cercano altre forme che sono agli antipodi della tradizione sistematica del trattato. Questa scrittura riflette nella forma quello che è il disordine del mondo e consente la partecipazione del lettore, lo stimola.

Trattato → forma dogmatica VS Strutture del tutto innovative → sovversione dei modelli tradizionali

Pascal – Pensieri

Nati in vista di una creazione di un’opera più organica, apologia della religione cristiana, incompiuta. Gli amici giansenisti di fronte a queste note hanno tentato di ricostruire l’ordine che secondo loro Pascal voleva dare a queste riflessioni. Altri hanno diversamente ordinato.

questi pensieri.

Frammento 121

Se si vanta, l'abbasso; se si abbassa, lo vanto e sempre lo contraddico fino a fargli capire che è un mostro incomprensibile.

Il mostro è un essere duplice, composto da due nature, e l'uomo è di fatto un mostro perché conserva in sé qualcosa della sua originaria natura divina ma col peccato originale l'ha perduta, tuttavia ne conserva un ricordo. Per Pascal, l'uomo è insieme misero e grande: misero perché la sua natura è corrotta dal peccato originale, è grande perché è consapevole di essere misero.

La sua natura in parte divina fa sì che nulla di ciò che è umano possa soddisfarlo.

Divertissement, da divertere, tenere lontano da, distrazione

126

Divertimento.

Quelle volte in cui mi sono messo a considerare le diverse forme d'inquietudine degli uomini, i pericoli e i dolori a cui si espongono, a Corte, in guerra, e da cui sorgono tante liti, passioni,

imprese audaci e spessomalvagie, mi sono detto che tutta l'infelicità degli uomini viene da una sola cosa, non sapersene stare in pace in una camera. Un uomo che abbia abbastanza da vivere, se provasse piacere a restare in casa, non ne uscirebbe certo per andare in mare o all'assedio di una cittadella; e se non trovasse insopportabile rimanere in città, mai più si comprerebbe a caro prezzo una carica nell'esercito; e si cercano le conversazioni e gli svaghi del gioco perché non si sa rimanere piacevolmente a casa. Ma quando, avendoci riflettuto maggiormente, ho trovato la causa di tutte le nostre disgrazie, ho pensato che ce n'è una davvero autentica, che consiste nell'infelicità naturale della nostra condizione debole, mortale e così miserabile che niente ci può consolare quando ci pensiamo seriamente. Qualunque condizione possiamo immaginare, che contenga tutti i beni possibili, la regalità rimane il

più belposto del mondo, e tuttavia immaginiamo un re circondato da tutti i piaceri che può ottenere. Appena cessaogni distrazione, lasciato a meditare e riflettere su ciò che è, tutta la sua fragile felicità non servirà asostenerlo; cadrà necessariamente nei minacciosi pensieri delle rivolte che possono sopraggiungere, e infinedella morte e delle inevitabili malattie, così che se rimane senza quello che chiamiamo divertimento, eccoloinfelice, anzi più infelice dell'ultimo dei suoi sudditi che giochi e si diverta. H.Da ciò deriva che il gioco e la conversazione con le donne, la guerra, gli incarichi importanti, sono cosìricercati. Non certo perché racchiudano la felicità, né perché si pensi che la vera beatitudine consistanell'avere il denaro che si può vincere al gioco, o nella lepre che s'insegue; le stesse cose, se ce le offrissero,non le vorremmo.

Cerchiamo certo questa pratica esangue e monotona, che ci lascia pensare alla nostra infelice condizione, né i pericoli della guerra, né le seccature degli incarichi, ma la confusione che ci allontana dal pensarvi e ci distrae.

Ecco perché gli uomini amano tanto il rumore e il trambusto. Ecco perché la prigione è un supplizio così orribile, e il piacere della solitudine una cosa incomprensibile. E infine, il motivo più grande per cui la condizione dei re è una condizione felice, sta nel fatto che si tenta incessantemente di divertirli e di procurare loro ogni tipo di piacere.

Questo è tutto quello che gli uomini hanno saputo inventare per essere felici; e quelli che filosofeggiano su tutto ciò, dicendo che la gente è proprio priva di ragione se passa tutto il giorno a correre dietro a una lepre che non vorrebbe comprare, non conoscono affatto la natura umana. Non è la lepre a difenderci dai pensieri della morte.

E delle miserie che ci circondano, ma la caccia. A. E così, quando li si rimprovera di cercare con tanta foga ciò che non potrà appagarli, se rispondessero, come dovrebbero qualora ci riflettessero, che in tutto ciò cercano un'occupazione violenta e impetuosa che li allontani dal pensare a sé, e che è per questo che si prefiggono uno scopo attraente che li affascini e li seduca ardentemente, lascerebbero i loro avversari senza replica. Ma non è questo che rispondono, perché non conoscono se stessi. Non sanno di cercare la caccia e non la preda. Essi pensano che se ottenessero quella carica, in seguito si riposerebbero piacevolmente, senza accorgersi dell'insaziabile natura della loro cupidigia; credono in perfetta buona fede di cercare il riposo, mentre non inseguono che l'affanno. Obbediscono a un segreto istinto che li spinge a cercare fuori di sé il divertimento e l'occupazione, che viene dalla coscienza.

delle loro continue miserie. Macè anche un altro istinto segreto, un ricordo della grandezza della nostra prima natura, che li rende consapevoli di come la felicità risieda
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A.A. 2019-2020
51 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/03 Letteratura francese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Cate2909 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura francese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Mariotti Flavia.