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Anche nei “Paradis artificiels” si presenta questo tema: la droga, in particolare
l’hashish, permette al consumatore di sviluppare la capacità di identificarsi con
gli oggetti che ha attorno; in realtà questo effetto viene visto come negativo da
Baudelaire, causa della diminuzione della creatività artistica.
La prosa è la forma di scrittura che permette al poeta di descrivere la sua
identificazione con il non-io; la poesia invece non è abbastanza “ondulata” per
riuscire ad esprimere questa fusione.
In particolare la fusione, l’identificazione di cui Baudelaire parla è quella con la
città, la metropoli di Parigi e la gente che vi abita.
I due elementi di cui abbiamo parlato danno questo come risultato:
essenza di ritmo + città di Parigi = TRADUZIONE DEGLI
e di rima e la sua STATI D’ANIMO
modernità
La traduzione degli stati d’animo è una delle ambizioni della poesia simbolista:
questo scopo è molto difficile da ottenere, in quanto il simbolista vuole
descrivere in modo preciso lo stato d’animo che sente, vuole farci vivere quel
preciso stato d’animo.
2. La struttura dell’opera
Lo stile de “Les pétits poèmes en prose” sono un miscuglio di triviale e di
classico che sfiora addirittura al raciniano.
Questa opera parte da quattro diversi progetti di titolo:
Poèmes nocturnes (1857-1861): questo titolo era stato scelto da
- Baudelaire in quanto molti dei testi che fanno parte di questa raccolta
sono ambientati di notte o al crepuscolo, momenti della giornata amati
da Baudelaire;
Poèmes en Prose (1861): comprendiamo da questo titolo la forma che
- Baudelaire sceglie, cioè la prosa;
Rêvasseries en Prose (1862): il termine che viene usato, “rêvasseries”,
- è un termine quasi negativo del termine “fantasticheria”; la fantasticheria
è un sogno ad occhi aperti che facciamo quando contempliamo qualcosa;
Le spleen de Paris. Poèmes en Prose (1864): questo è l’unico titolo
- che resta attestato dal 1864; è il titolo definitivo.
Come abbiamo già detto, questa raccolta è molto diversa da “Les Fleurs du
Mal” soprattutto per il fatto di avere struttura aperta: il testo non è infatti
legato, strutturato in modo così fisso come la raccolta precedente.
Inoltre questa raccolta contiene tre tipologie di poemetti:
rêverie: questo termine indica la totale assenza di storia, di intrigo; c’è
- solo spazio per la contemplazione;
anectode parisienne: questo termine fa riferimento alle scenette
- allegoriche che sì sono dotate di intrigo, ma in realtà questo è
un’allegoria, non un racconto; queste scenette allegoriche hanno una loro
morale; esse contengono anche espressioni molto triviali ed esplicite;
ironie et sarcasme: questo ci fa comprendere come la musicalità in
- questi poèmes non sia ottenuta tramite rime, allitterazioni o altro, ma
attraverso il parallelismo di immagini.
Le confiteor de l’artiste - pag. 107
In questa “Confessione dell’Artista”, Baudelaire afferma che l’Infinito è troppo
potente per noi da reggere: noi non riusciamo a reggere la sua potenza, e
quando questo si avvicina, soccombiamo necessariamente.
E’ quindi per noi inevitabile fallire: l’artista, per suo naturale compito, deve
comunque cercare di avvicinarsi all’Assoluto, ma con la prospettiva comunque
di fallire necessariamente.
La chambre double - pag. 110
Questo poème è un esempio di paesaggio d’anima: da una parte troviamo la
camera che è un luogo fisico; dall’altra abbiamo invece il campo semantico del
spirituale (metafora).
Successivamente entra in gioco l’anima che è descritta come simile all’anima:
l’anima nella camera fa un bagno di dolce far niente essa ”è qualcosa di
crepuscolare, di bluastro, di rosastro, di sogno di voluttà durante un’eclisse”.
L’anima è inoltre “aromatizzata”: come vediamo, entrano in gioco diversi sensi
e per questo si parla di sinestesia.
Tutto però in questa camera è estremamente vago e indefinito: anche i colori
dell’anima sono “bleuâtre” e “rosâtre”, colori quindi non ben definiti; entra in
gioco anche l’eclissi, momento di sospensione del tempo, quando sole o luna
non sono visibili.
Poi si parla anche dei mobili: i mobili di questa stanza sono “allungati,
prostrati, languidi” (climax), essi sembrano sognare e sembrano essere dotati
di vita. Queste sono tutte caratteristiche usate per soggetti vivi e umani: tutto
in questa camera prende vita.
Sui muri non c’è nessun quadro (che Baudelaire definisce “abominio artistico”)
e qui “tutto ha la sufficiente chiarezza e la deliziosa oscurità dell’armonia”.
L’arte è infatti, secondo Baudelaire, l’unica forma di creazione umana che ci fa
intravvedere l’Assoluto, ma si trova comunque un gradino al di sotto
dell’Assoluto, in quanto nessuna forma d’arte può portarci ad esso, ma può solo
suggerirlo.
Tutto è quindi sufficienza, in quanto basta a sé stesso: qui regna quindi una
“deliziosa armonia”.
La “serra calda”, di cui si parla poi, diventa simbolo dell’addomesticamento
della natura: l’uomo, attraverso la sua opera, è in grado di ricostruire
artificialmente ciò che la natura non è in grado di fare; l’uomo predilige il luogo
chiuso a quello naturale perché il luogo artificiale è migliore.
In questa stanza tornano quindi “rêverie et volupté”: esse tornano come un
ritornello, come un refrain, ma non devono suonare come un verso!!
La camera viene quindi accostata all’anima: l’espansione è il nucleo di questa
fusione tra anima e camera, perché la vita che si vive in questa camera ha
un’espansione verso l’infinito.
Questa è la parte del poème dedicata al SOGNO!!
A poco a poco il tempo inizia ad entrare inavvertitamente nello spazio (riga 43:
“minuto per minuto, secondo per secondo”): nello spazio eterno il tempo non
c’è, in quanto l’eternità è assenza sia di tempo che di spazio.
Questo tempo introduce la seconda parte del poème e quindi della stanza, cioè
la parte dedicata alla REALTA’.
Troviamo sempre i due aspetti di cui abbiamo parlato nella prima parte, cioè
l’aspetto materiale e quello spirituale, ma questa volta rivolgendoci alla realtà.
Questa volta però tutte le cose di cui si parla non hanno per niente a che fare
con l’infinito: si parla di mobili consumati, di odore fetido, di rancido, di odore di
muffa.
In questa seconda parte abbiamo infatti tutti gli antonimi, cioè i contrario di
quanto detto prima.
Qui infatti tutto è ben definito, il tempo è totalmente presente.
Comprendiamo quindi come mai questa camera è “doppia”: in quanto in essa
coesistono i due aspetti del sogno e della realtà (“rêverie et volupté”).
L’Assoluto è qualcosa di ineffabile, di indicibile: il compito del poeta è quindi
quello di dire ciò che l’Assoluto è.
Questa è però una contraddizione, un paradosso, in quanto l’Assoluto è
appunto indicibile: la poesia non fa quindi altro che girare attorno al concetto di
Assoluto.
Attraverso la descrizione della camera, si descrive un mondo in cui dell’arte no
si ha bisogno in quanto esso è già perfetto.
Les foules - pag. 127
Uno dei temi principali di questa raccolta è quella delle folle.
L’artista ha, secondo Baudelaire, per sua natura, un gusto per l’arte, cioè per la
funzione.
L’arte è elevarsi al di sopra della realtà e banalizzarla a punto di renderla
accessibile a tutti.
L’artista ha la naturale capacità ad identificarsi con gli altri e con le cose che lo
circondano: l’identificazione totale viene chiamata anamorfosi.
Le uniche cose invece di cui il poeta non parla sono quelle di cui non vale la
pena parlare, non perché egli non le sappia descrivere o non sappia
identificarcisi.
L’aspetto quindi fondamentale della personalità del poeta è la comunione che
egli riesce a stabilire con tutto ciò che lo circonda dalle persone agli oggetti: la
comunione è una vera e propria fusione con l’altro.
L’artista è l’unico che riesce a fare ciò e ad arrivare ad una comunione totale
con l’umanità: egli infatti “sposa la folla”.
Al contrario dell’artista, l’egoista conserva il suo io (lo tiene chiuso in una
cassaforte) e non vuole farlo uscire da sé perché questo entri in comunione con
gli altri.
L’egoista è colui che per sentirsi solo deve allontanarsi dalla folla: a differenza
invece dell’artista è che è in grado di sentirsi solo, di nascondersi alla folla,
anche stando al centro della folla stessa.
In chiusura di questo poème, Baudelaire afferma che solamente i fondator di
colonie, i pastori di popoli, i preti missionari esiliati ai confini del mondo,
possono forse avvicinarsi alla capacità dell’artista: essi, dice il poeta, ridono di
quelli che li compiangono perché sanno che la loro felicità è superiore a quella
di coloro che li compiangono, la cui felicità è invece effimera e scompare
presto.
Tutto ciò che abbiamo detto si riflette nella poetica, nella retorica, nella forma
scelta da Baudelaire: si manifesta così la corrispondenza tra forma e contenuto.
Le forme che vengono usate sono tutte forme che tendono a fondere insieme
elementi diversi:
Sinestesie;
- Allegorie;
- Metafore;
- Analogie;
- Etc..
-
L’invitation au voyage - pag. 143
Questo testo è la versione in prosa della versione in versi.
Questo poème è un altro esempio di paesaggio d’anima nel quale si parla di
un mondo perfetto, dove tutto si corrisponde perfettamente e dove c’è una
corrispondenza perfetta tra luogo e anima.
Questo paese descritto viene chiamato “paese della Cuccagna”: qui tutto è
bello, ricco, tranquillo onesto, qui tutti è felicità, e tutto assomiglia a quello che
Baudelaire definisce “mon cher ange”.
Queste righe vengono ripetute lungo tutto il poème e fungono da refrain, che
aspira a creare un’ipnosi nel lettore, giocando sula ripetizione a