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Nella Villa si trovava anche il Parnaso di Mengs

Considerato manifesto pittorico del nascente stileneoclassico, celebrazione dell'antichità e di Raffaello. Il cardinale è raffigurato nelle sembianze di Apollo Citaredo al centro, massimo mecenate e protettore delle arti. Il gruppo è molto equilibrato, anche nella scelta di colori e l'unico elemento meno pausato sono le due "danzatrici" a sinistra, ispirato ad affreschi classici come quelli della Villa di Cicerone a Pompei.

Il cardinale a un certo punto però esaurì le sue risorse finanziarie e dovette vendere il suo patrimonio, ragione per cui la collezione oggi è dispersa. Già nel 1728 però era stato costretto a una vendita, che aveva visto l'intervento di Clemente XII, aveva acquisito una parte per i Musei Capitolini.

Un altro passo significativo è la descrizione del torso del Belvedere, breve scritto pubblicato nel 1759 e poi rielaborato per...

Inserirlo nella "Storia dell'arte degli antichi". Il Belvedere è uno dei pezzi di antichità più celebri, di cui ancora si dibatte la datazione, che comunque tende verso il sito delle terme di Costantino. Il pezzo è uno dei capolavori del Museo Pio Clementino in Vaticano e dal 1433 stava prezzo Palazzo Colonna sul Quirinale e fu trasferito in Vaticano da Clemente VII.

Vasari dichiara l'interesse di Michelangelo nei confronti dei pezzi antichi, tra cui proprio questo torso, grazie a cui abbraccia una nuova monumentalità.

Quando Winckelmann scrisse il suo elaborato, la giudica come una statua ideale, che raccoglie le bellezze di tutte le statue antiche, accogliendo l'accordo di Mengs. Scrive: "si tratta, come è noto, della statua mutilata di un Ercole seduto e l'artista che lo fece è Apollonio".

La descrizione di Winckelmann si rivolge ai "valori ideali della statua, principalmente

Perché essa è di natura ideale". La modalità di approccio all'arte deve essere duplice, da un lato descriverne i valori ideali e dall'altro la bellezza. Un'importante altra riflessione è sulla necessità di poter vedere delle tavole con l'incisione dell'opera. Si accenna poi a un tema importante, per cui non è sufficiente dire che una cosa sia bella, ma bisogna indicarne la ragione della sua bellezza. Egli si distingue proprio per questo dai cosiddetti archeologi "eruditi" del secolo precedente, che si limitavano a classificare le opere. Paragona l'opera, monca delle parti più belle, a una "quercia abbattuta delle fronde, di cui rimane il nudo tronco". Per guardare l'opera c'è bisogno di uno sguardo profondo e tranquillo, riflessione presente anche in Bellori. La seconda parte della descrizione è un'evocazione della figura di Ercole, seguendo il filone

Dell'amitologia e della letteratura. Si stabilisce a Firenze tra il 1758 e il 1759 e intorno al 1760 esce un testo di carattere diverso dagli scritti precedenti, La descrizione delle pietre incise per il barone de Stosch, in lingua francese, maturata in un ambiente diverso, quello appunto fiorentino. Si tratta del catalogo della collezione di pietre del barone de Stosch, stilato in occasione della sua morte. Sono più di tremila gemme di origine etrusca che poi saranno acquisite da Federico II di Prussia. In virtù della buona conservazione, ne riesce a ricostruire lo sviluppo degli stili, offrendo anche una vera e propria bibliografia.

Quando arriva a Firenze, Winckelmann si accorge dell'arretratezza dell'ambiente colto, individuando la mancanza di studi sul greco. L'unico che avrebbe potuto tenere testa a Winckelmann sarebbe stato Anton Francesco Gori, morto però due anni prima. Conosce, forse per tramite del cardinal Albani, il nipote di Philip Stosch,

che gli commissiona lo studio. Giudica che i manufatti etruschi siano condotti con un segno pesante e rigido, collegando ciò allostato malinconico e alla cieca fiducia dei vaticini che permeava il mondo etrusco. C'è un'analisi anche formale delle gemme, che sono in gran parte a "forma di scarafaggio" e sono "striate con una tecnica a globuli", con un perno con testa tondeggiante. Individua tre periodi stilistici, fermándosi a una divisione tipologica precedentemente impostata anche dal collezionista, ripartendole in "egiziane" e "persiane", con soggetto "sagre degli dei e degli eroi", rappresentazioni storiche e ritratti, "giochi e feste", "navi e marine" e figure di animali. Una delle più famose è la Gemma Ansidei (Berlino) con i "Cinque eroi contro Tebe", in cui riflette sulla dimensione dei corpi, ancora troppo massiccia, anche se ha il merito di far

Risaltare la fisicità. La Gemma con Tideo appartiene a un secondo stile, in forme più armoniose determinate dall'osservazione della bella natura.

Le scoperte archeologiche saranno fondamentali per i suoi studi, soprattutto quelle delle città dell'area vesuviana di Pompei ed Ercolano. Riesce già a visionare a Dresda le tre Vestali provenienti da Ercolano, tra i pochi reperti provenienti da questa zona che circolano nel Nordeuropa. Lui le reputa direttamente provenienti dalla Grecia e la distinzione tra originale greco e copia romana sarà infatti decisiva nelle sue opere.

Tratta le opere attraverso resoconti e trattazioni di viaggio, affiancandole a osservazioni e curiosità sulla popolazione che incontra, soprattutto appunto quella napoletana. In molti casi Winckelmann accompagna anche molti giovani nobili nella visita a queste città.

Si reca in Campania in quattro momenti:

  1. 1758 → visita Portici, Caserta, il Palazzo di Capodimonte
e Paestum, accompagnato da un e uno ; 2) 1762 (anche se progettato già per il 1759, ha necessità di risparmiare soldi per far fronte al viaggio e non è ben visto dalla Reale Accademia Ercolanense) → uno dei suoi corrispondenti per le sue relazioni in queste occasioni è Giovan Ludovico Bianconi, che è alla corte di Dresda; 3) 1764 → qui sta già redigendo la Storia dell'arte degli Antichi; 4) 1767 I materiali di queste escursioni saranno raccolti in una lettera molto importante, la . Scritta al rientro a Villa Albani nel 1762 è una sorta di guida ragionata e una denuncia degli errori commessi dalla Reale Accademia Ercolanense. Vi sono le prime riflessioni sulla collocazione di Pompei, Ercolano e Stabia, che cerca di ricostruire attraverso autori classici come Strabone e moderni come il geografo Filippo Cluverio. Questo avviene per il fatto che i monumenti,

Per ragioni economiche che avrebbe comportato lo spostamento, non erano del tutto sterrati, ma indagati tramite delle gallerie. Si rende conto di avere a che fare con zone periferiche dell'Impero Romano, ma capisce la qualità di queste pitture, per cui immagina quella delle originali pitture greche. La disciplina scientifica a cui queste opere dovevano essere destinate era la storia dell'arte e non l'erudizione.

Già qui sono citate opere quali il teatro di Ercolano, il Tempio di Esculapio, il Campidoglio e l'Anfiteatro di Pompei. Appare inoltre la prima menzione del Commentarius di Giacomo Martorelli.

Dal paragrafo 31 sono esaminati alcuni aspetti pratici degli scavi, che riguardano le difficoltà incontrate, i costi, il metodo e i tempi, che per lui sono troppo lunghi. Critica fortemente l'ingegnere militare Joaquin de Alcuibierre, responsabile degli scavi delineato dai sovrani napoletani.

Tra le principali opere di cui tratta è il...

della Villa dei Papiri, così chiamata per uno dei trovati nella biblioteca della villa: è un esempio di villa di costruita su terrazze che apparteneva al suocero di Giulio Cesare, Lucio Calpurnio Pisone. Sui rotoli, seppur in gran parte bruciati, Winckelmann riesce a comprendere la scrittura greca e ipotizza che le opere raccontate nei rotoli fossero appartenuti a un filosofo epicureo, che oggi noi sappiamo essere Filodemo di Gadara. Esemplata sulla Villa dei Papiri è la , una delle sedi del Getty Museum tra Los Angeles e Malibù. Nel peristilio della villa erano probabilmente collocate le Danaidi in bronzo, di cui coglie l'importanza e descrive cogliendo il processo utilizzato. Una seconda lettera è quella intitolata , in cui ammette l'incompletezza della prima lettera, non pensata per la pubblicazione. Eccetto due osservazioni su Stabia, dove

Gli scavi non erano più in corso, si concentra su Pompei ed Ercolano. Elemento importante è che si accorga del fatto che non si tratta di affreschi ma pittura murale, per cui non su fondo umido ma su fondo asciutto. Il colore, infatti, scompare se si strofina con un dito bagnato: è una pittura dolce e compendiaria. Infine, è denunciata la pratica voluta dal governo di eliminare le pitture non considerate degne di essere conservate nel Museo.

Un aspetto molto importante di questi ritrovamenti è quindi quello della pittura, di cui fino a quel momento si sapeva poco. Alcune considerazioni sono nelle missive, mentre altre riflessioni sono raccolte nella Geschichte der Kunst des Alterthums pubblicata a Dresda nel 1764, in cui un capitolo è espressamente dedicato alla pittura degli antichi greci. Molte delle osservazioni contenute nell'opera sono tratte dalla riflessione sulle scoperte dell'area vesuviana, pitture che lui considera in parte.

come magnogreche e in parte come copie romane dall'originale greco. Si rende conto che queste scoperte rivoluzionino in profondità quello che fino a quel momento era conosciuto tramite fonti classiche. Il capitolo affronta anche una distinzione tra le pitture greche e quelle romane e una loro divisione in generi, nella maniera molto pragmatica a cui l'autore è abituato. Altro elemento fondamentale, anche se molto complesso, è la datazione. Le prime pitture descritte sono quelle di Ercolano, secondo Winckelmann provenienti a un tempio rotondo consacrato a Ercole e i cui soggetti sono: Teseo di ritorno dalla prova del Minotauro; La nascita di Telefo, Chirone, Achille, Pan e Olimpo. Egli le considera provenienti direttamente dalla Grecia o dalla Magna Grecia e sostiene che la maggior parte sia di età imperiale romana. La conferma di questa ipotesi è ricercata nei generi delle opere, nel loro stile e in iscrizioni trovate nella zona vesuviana. Scriveinfatti che "il primo che diede inizio a questo genere di pittura fu uncerto Ludio, vissuto ai tempi di Augusto" e che "gli antichi Greci non am
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
31 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/04 Museologia e critica artistica e del restauro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sezioneaurea di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della letteratura artistica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Squizzato Alessandra.