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Gli arabi erano organizzati in due strutture: le tribù nomadi e le città dei sedentari, anche se avevano

comunque una base nella tribù e nel nord due erano le monarchie arabe, quelle dei La midi

nell’Iraq meridionale e quella dei Ġassanidi in Siria, alleate rispettivamente dei Sasanidi e dei

Bizantini.

ḫ Ḥ

I La midi erano una tribù sedentarizzata con capitale al- īra e i Sasanidi permettevano loro di

riscuotere tasse in cambio della protezione della frontiera orientale dell’impero iranico contro

nomadi e Bizantini. Nemici storici dei La midi erano i Ġassanidi, di origine sub arabica, che a

differenza dei loro avversari erano seminomadi e non avevano dunque una capitale fissa.

Un altro gruppo tribale di origine meridionale ma che si spostò poi verso l’Arabia centrale e

settentrionali erano i Kinda. Secondo la tradizione Imru’l-Qays, il più famoso poeta preislamico, era

figlio dell’ultimo re dei Kinda.

Al commercio carovaniero era connessa anche la vita delle tribù nomadi e di città e a sud di Yatrib,

il centro agricolo che con l’affermarsi dell’Islam verrà chiamato Madīnat an-Nabī (Medina- la città

del profeta), vi era la Mecca, retta dalla tribù sedentaria dei Qurayš, che divenne un importante

centro sviluppo da una parte, grazie al passaggio delle carovane, e di culto dall’altra, poiché diventò

meta di pellegrinaggio da parte degli Arabi che vi recavano per visitare la Ka’ba, un tempo in cui

era possibile adorare diverse divinità.

Solitamente le tribù erano guidate da un capo scelto all’interno del gruppo per saggezza, generosità

o coraggio e tutto era basato sul rispetto delle tradizioni, la cui violazione determinava scontri,

guerre o giornate campali. Se invece l’illecito avveniva all’interno del gruppo, il colpevole veniva

allontanato o addirittura ucciso. Chi veniva espulso, ossia il u’lūk, difficilmente sopravviveva da

solo e per garantirsi la sopravvivenza in un mondo tanto ostile, si univa ad altri errabondi come lui

oppure ad altre tribù.

Il contesto culturale

Le tribù arabe potevano essere di religione cristiana, ebraica o politeista. I Ġassanidi erano cristiani

monofisiti mentre i La midi erano convertiti al cristianesimo nestoriano mentre gli abitanti di

Yatrib e quelli della Mecca erano per la maggior parte politeisti.

La vita degli Arabi del VI secolo era condizionata dal movimento, tribale e commerciale, che

nonostante la diversità linguistica, religiosa e politica forniva occasioni di incontro. Gli incontri

avvenivano nelle città, nei mercati e negli accampamenti per motivi sociali, religiosi, politici ed

economici; inoltre le tribù erano solite riunirsi nei periodi di primavera e di abbondanza di piogge

ma anche in occasione di feste religiose e fiere. Altre occasioni di incontro erano le fiere che si

svolgevano in date e luoghi ben precisi e in queste occasioni si svolgevano anche manifestazioni

come la recitazioni di versi nella lingua koinè e “concorsi” tra poeti.

• Il luogo d’incontro tra mondo bizantino e Arabi era la corte gassanide, grazie alle sue

ricchezze, dovute al controllo delle vie carovaniere dalle quali passava il commercio

internazionale;

• Luogo d’incontro tra la cultura iranico-manichea, quella aramaico-cristiana e quella araba

era al- īra, ed è forse lì che si potrebbe essere formata la koinè poetica che sarebbe stata

alla base del ‘arabiyya e si sarebbe sviluppata la scrittura araba.

Dunque alla base del mondo arabo preislamico vi era l’organizzazione tribale, il senso dell’onore, la

solidarietà e il senso dell’ospitalità ed erano valori comuni a tutti gli Arabi e i capi delle varie tribù

erano scelti in base alla nobiltà di origine ma anche in base alla saggezza, al coraggio, alla

generosità ma spesso anche in base alla capacità oratoria. Chi aveva una grande capacità nel

manipolare il linguaggio, godeva di particolare prestigio e indovini, maghi,oratori e poeti erano i

manipolatori capaci di agire sulla mente e sui comportamenti di chi li ascoltava.

La produzione poetica e i poeti

Nonostante il termine ĝāhiliyya avesse un valore negativo e opposto all’Islam, gli Arabi musulmani

dei primi secoli riconobbero alla società preislamica alcune virtù fondamentali e apprezzarono la

poesia che le esaltava. La pazienza nelle difficoltà, il coraggio, l’ospitalità e la generosità, la

saggezza erano solo alcune delle virtù cantate dai poeti in una visione idealizzata della società, in

grado di far passare la realtà dura della quotidianità su un piano prettamente mitico, assicurando la

sopravvivenza di individui e tribù oltre la morte fisica. Questo genere di poesia è rimasta

nell’immaginario arabo per secoli, tanto da influenzare anche la poesia non araba e divenire la base

della lingua e dell’estetica araba e non solo.

La società araba era una società prettamente a tradizione orale, e per questo motivo, nutriva un

profondo rispetto per i poeti. Il poeta (šā’ir) era colui che percepiva la realtà circostante nelle sue

molteplici sfaccettature, spesso non colte dalla gente comune; era colui che creava un mondo prima

di lui inesistente e, infatti, il comporre versi non era semplicemente acquisire una tecnica bensì un

ǧ

dono temibile (in quanto ispirato alla realtà dei inn) e misterioso (in quanto il poeta era in grado di

manipolare la realtà e farla ricordare nel tempo creando immagini, avvenimenti e sentimenti).

L’oralità è dunque un modo diverso di concepire la composizione. Infatti il testo orale ha caratteri

peculiari che guidano il poeta nella composizione ma anche il pubblico nella ricezione e nella

memorizzazione, attraverso l’utilizzo di strutture ben precise, formule e ripetizione di suoni ma

anche un vocabolario convenzionale e paradigmi morfologici e sintattici. La composizione orale

non era improvvisata, bensì il poeta meditava a lungo prima di recitare i suoi versi sia per la

necessità tematica che per la necessità di organizzare e sistemare struttura metrica e formale.

In questo modo di comunicare veniva data grande importanza nel rapporto tra poeta e pubblico:

quest’ultimo infatti influenzava moltissimo le scelte poetiche non soltanto per la natura diversa del

pubblico ma anche per la sua disposizione d’animo. Per questo motivo vi erano numerose versioni

diverse della stessa poesia.

I poeti tribali non componevano per se stessi ma davano voce al gruppo di cui erano portavoce e dai

cui ottenevano garanzie di sostentamento e di gloria: i poeti erano coloro che conservavano la

memoria storica della tribù, i difensori dei diritti tribali e gli accusatori degli avversari. Dunque la

loro attività aveva anche una funzione politico-sociale in cui le motivazioni individuali erano

collegate a quelle collettive: la lode e la difesa della tribù era la lode e la difesa di stessi così come

la lode del capo (sayyid) era quella della tribù.

Solitamente un poeta era accompagnato da un giovane incaricato di imparare a memoria i suoi

versi, il quale li avrebbe recitati dopo la morte dell’autore: in questo modo la poesia ha potuto

essere diffusa e trasmessa per secoli. Questi giovani non si accontentavano di recitare a memoria le

poesie altrui ma spesso divenivano poeti loro stessi e facendo tesoro degli insegnamenti ricevuti,

componevano versi che altri avrebbero poi tenuto a memoria e recitato. ǧ ṣ

Esistevano due tipologie di composizioni poetiche con scopi e forme diverse: il ra az e la qa īda:

• ǧ

Il ra az (scrosciare, produrre rumore- si rifà al ritmo cadenzato dei versi) era una

composizione di pochi e brevi versi e privi di cesura di 3 piedi e caratterizzati da un ritmo e

una musicalità particolari, dal ripetersi frequente della rima. In origine era molto simile al

ǧ

sa ’, una forma di prosa rimata e ritmata e che, come questa, fosse utilizzato dagli indovini

per emanare oracoli. ḥ ǧ

Secondo alcune ipotesi proprio i versi di lode (madī ) e di invettiva (hi ā) sarebbero stati il nucleo

centrale da cui ebbe origine la composizione delle poesie più complesse. I poeti, non soddisfatti di

attaccare gli avversari con pochi versi, avrebbero cominciato a dilungarsi e il poeta nemico

rispondeva utilizzando lo stesso metro e la stessa rima. Così facendo a queste brevi poesie

monotematiche inizialmente formate da madih + fahr + higa (che venivano chiamate qit’a)

sarebbero stati poi aggiunti altri temi, così da arrivare alla creazione di poesie molto più complesse

come le qaside. Secondo altri,invece, le tematiche principali non sarebbero state l’encomio e

l’invettiva bensì il tema amoroso (ġazal), nato alla corte dei lahmidi.

• ṣ

La qa īda è composta da versi che, divisi in due emistichi (sadr e ‘agz), nei quali spesso il

secondo dipende sintatticamente dal primo, terminano tutti con la stessa rima. Inoltre essa è

strutturata secondo una metrica quantitativa basata su particolari combinazioni di vocali e

consonanti. È formata da una serie di piedi (8, ossia 4 per emistichio composti da 5 o 7

lettere) e metri diversi il cui ritmo è dato dall’alternanza di sillabe brevi e sillabe lunghe.

La prima sezione si apre solitamente con il ricordo degli accampamenti, le tracce e i resti dopo la

partenza a cui viene aggiunto il preludio amoroso (nasib) nel quale il poeta si lamenta per la

violenza della passione, la sofferenza per la separazione dalla donna amara. La seconda sezione

invece si apre con il rahi, la tematica del viaggio: il poeta monta a cavallo e si lamenta delle fatiche,

delle veglie e delle marce, delle fatiche della cammella e del cammello per poi cominciare l’elogio

(madih) del signore, nel quale lo incita a compensarlo e a mostrarsi generoso, elevandolo al di sopra

dei suoi simili. La qa īda poteva finire anche con l’elogio del poeta stesso (fahr).

In realtà la struttura della qa īda non è affatto così rigida, proprio per il fatto che i poeti spesso e

volentieri si sentivano liberi di seguire il proprio stato d’animo; per questo motivo talvolta alcuni

temi sono assenti per lasciar spazio ad altri.

I vari temi della qa īda vennero classificati da Ibn Qutayba nel IX secolo, il quale era un

grammatico ed un dottore della religione e della giurisprudenza:

• ‘atlāl: tematica dei resti, delle rovine e del passato. È la parte iniziale caratterizzata dal wasf,

ossia dalla descrizione del luogo anche attraverso il ricordo e degli animali;

• Nasib:è il preludio amoroso;

• Rahil: è la tematica del viaggio, l’elem

Dettagli
A.A. 2014-2015
6 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-OR/12 Lingua e letteratura araba

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher yasmina.sharafeldin di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura araba e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Giolfo Manuela.