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APPROFONDIMENTO SULLA PERIODIZZAZIONE
In linea di massima si suddivide la Storia Romana in base al regime politico che consentì il governo di quella (sempre più vasta)
entità politica in tre grandi fasi:
I. ETÀ MONARCHICA (753 a.C. – 509 a.C.)
Il 753 a.C. è la data varroniana e prevalente della fondazione romulea della città; il 509 a.C. è la data della cacciata dei
Tarquini da Roma, della creazione della prima coppia consolare e dell’inaugurazione del Tempio della triade capitolina.
Sono due elementi cronologici che la storiografia antica riteneva sicuri: il secondo più del primo. L’età monarchica è
generalmente suddivisa in due fasi:
il periodo della “monarchia latino-sabina”: 753 a.C. – 617 a.C. (cioè metà VIII secolo a.C. / fine VII secolo a.C.);
o il periodo della “monarchia etrusca”: 617 a.C. – 509 a.C. (cioè VI secolo a.C., la cosiddetta “Roma dei Tarquini”).
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È opportuno, comunque, tenere presente che Roma non nasce dal nulla e che nel corso del I millennio a.C. le civiltà
villanoviane e proto-laziali, ma anche proto-italiche, elaborarono culture e organizzazioni molto meno complesse di
quelle sorte in Egitto o in Mesopotamia o nel mondo egeo-anatolico, ma decisive per la formazione della città a ridosso
del Tevere. Tuttavia la comunità dei Romani non preesiste alla polis Roma: nasce con la fondazione della città, un evento
innovativo e traumatico. Si può dire che la monarchia sia dal punto di vista politico un’anticipazione del Principato; in
questo periodo Roma è caratterizzata dalla presenza di un Senato che nelle età successive non avrà la stessa valenza.
II. ETÀ REPUBBLICANA (509 a.C. – 31 o 27 a.C.)
La creazione, per elezione, di magistrati eponimi annuali e la “rivoluzione” politica che mise fine al regno della dinastia
dei Tarquini segna certamente già per gli antichi, e poi per i moderni, una cesura, una periodizzazione. Da allora, e per
quasi mezzo millennio, Roma fu una città governata da un Senato, da una serie di magistrature elettive annuali e di
assemblee cittadine (il cui peso e i cui equilibri di forza mutarono nel tempo). Sulla data della fine del regime repubblicano
a Roma si discute.
Alcuni storici fissano il passaggio dalla Repubblica al principato augusteo imperiale nel 31 a.C., quando, il 2
o settembre, la flotta di Ottaviano, erede di Cesare, vinse quella di Marco Antonio e Cleopatra nelle acque di Azio,
nell’Epiro, e rimase unico arbitro della politica di Roma e del Mediterraneo. La guerra si sarebbe conclusa solo un
anno dopo, nell’agosto del 30 a.C., con la presa di Alessandria.
Altri storici fissano, più opportunamente, il momento del passaggio dalla Repubblica all’Impero all’inizio del 27
o a.C. Alla metà di gennaio di quell’anno, nel corso di due decisive sedute del Senato, Ottaviano depose formalmente
e sostanzialmente i poteri straordinari assunti dopo la scadenza del triumvirato (32 a.C. – 28 a.C.), restituì la “res
publica” al Senato e al popolo romano, che gli riconobbero formalmente quella serie di prerogative su cui tutti gli
imperatori romani avrebbero retto l’Impero fino al V secolo, e gli offrirono il titolo di “Augustus”.
L’età repubblicana può essere a sua volta suddivisa in più periodi:
l’età alto-repubblicana va dal 509 a.C. al 367 a.C.: è l’età delle lotte tra patrizi e plebei, conclusesi con le leggi
o Licinie-Sestie del 367 a.C., che consentirono l’accesso al consolato anche a membri di famiglie plebee e la
formazione della “nobilitas” patrizio-plebea che avrebbe guidato l’espansione di Roma in Italia e nel Mediterraneo.
l’età medio-repubblicana va dal 367 a.C. al 133 a.C., detta anche età dell’Imperialismo: è il periodo dell’espansione
o di Roma in Italia e nel Mediterraneo, caratterizzato da enorme compattezza politico-istituzionale all’interno. Ma per
parlare di “fase espansionistica” di Roma, si deve considerare l’espansione all’interno o all’esterno della penisola
italica? In realtà si parla di espansione immediatamente dalla fondazione per l’allargamento a discapito delle
popolazioni vicine: ma come si stabilisce esattamente il momento di inizio dell’espansione romana? Questa ha
inizio, in senso più moderno, solo dopo essersi affacciata ed introdotta nel Mediterraneo, dunque nel periodo di
medio-repubblicano. Assumiamo anche che ella non stava solo dominando le popolazioni circostanti ma operava
inoltre un processo di unificazione dei popoli: nessun romano infatti parlerà mai di politica espansionistica, perché
per loro non significava altro che difendere i propri interessi. L’espansione avviene soprattutto a partire dalle guerre
puniche, decisive per il futuro assetto del Mediterraneo e per il destino egemonico di Roma, con le quali si assiste a
profondissime trasformazioni nel corpo civico dovute all’afflusso notevole di ricchezza e al potere acquisito dalla
classe dirigente romana in seguito alle vittorie militari. Anche l’economia romana subisce un’accelerazione decisiva.
l’età tardo-repubblicana va dal 133 a.C. al 31 o 27 a.C., detta anche età della “crisi della Repubblica”: con il tribunato
o di Tiberio Sempronio Gracco nel 133 a.C. e l’esplosione della questione agraria tutte le intense trasformazioni
accumulatesi nelle strutture della società romana negli ottanta anni precedenti producono una sanguinosa crisi
politico-istituzionale, aperta dall’assassinio del tribuno nel luglio 133 a.C. Da questo momento e per un secolo Roma
mantiene e amplia la sua egemonia ecumenica e non conosce difficoltà economiche, ma il suo apparato istituzionale
(non costituzionale, perché Roma non ebbe mai una costituzione scritta) si sfalda, e la compattezza del corpo civico
viene meno.
III. ETÀ IMPERIALE (31 o 27 a.C. – 476 d.C.)
Premessa – Esiste, riguardo alle espressioni “Repubblica” o “Impero” un’ambiguità terminologica. L’insieme di cose e
di persone che con termine modernizzante e spesso improprio definiamo “Stato romano”, i Romani lo chiamavano “res
publica”: questa “res publica” indicò sempre lo “Stato romano”, sia in età monarchica, sia in età repubblicana, sia in età
imperiale (ancora nel VI secolo d.C.); il termine non indicava per i Romani un regime politico-costituzionale, ma un
insieme compatto di cose, persone e istituzioni. Parallelamente, il termine “imperium”, difficilissimo da tradurre, ma che
i moderni hanno utilizzato nella forma “Impero” per indicare la fase politico-istituzionale che va da Augusto agli ultimi
imperatori d’Occidente, indicò sempre per i Romani il “potere” (“il comando”) di alcuni magistrati dotati di “imperium”
sui concittadini e, per estensione, il controllo che la “res pubblica” ebbe nel tempo su cose e persone esterne (quindi anche
l’Impero in senso spazio-temporale).
Ma la città di Roma costruì un suo vasto Impero, una sua egemonia sul mondo mediterraneo antico già in età repubblicana
(l’Impero come egemonia territoriale e politico-militare precede l’Impero come forma istituzionale). Pertanto le
espressioni “Repubblica” e “Impero” con cui i moderni, muovendo dalla cronologia degli assetti istituzionali, definiscono
i vari periodi, sono entrate da tempo nell’uso storiografico corrente, ma non corrispondono all’uso terminologico antico.
I Romani inquadravano correttamente l’età repubblicana come periodo dei supremi magistrati annuali e l’età imperiale
come quella della delega della guida della “res publica” a un singolo cittadino eminente, impiegando espressioni come
“principato” (soprattutto nelle fonti in lingua latina) o come “monarchia” (soprattutto nelle fonti in lingua greca).
La critica ha discusso e discute molto sulle date di inizio e di fine dell’età imperiale romana. Il 27 a.C. segna la nascita
del “principato”, la preminenza di un cittadino dotato di carisma e autorità sul restante corpo civico, una monarchia ad
alto contenuto carismatico, frutto delle guerre civili dell’ultimo secolo della Repubblica e della grande ingegneria politica
di Augusto.
Per la fine dell’età imperiale si è accolta la data della deposizione a Ravenna da parte del re sciro Odoacre dell’ultimo
imperatore romano d’Occidente, Romolo detto Augustolo (agosto 476): da un punto di vista della storia politico-
istituzionale quella deposizione segna una cesura. In realtà la questione della fine dell’Impero romano è molto dibattuta.
Prima di tutto va sottolineato che l’Impero d’Oriente, o almeno una parte di esso, continuò a vivere di fatto e di diritto
fino al maggio del 1453, quando il sultano Muhammad II prese Costantinopoli; poi va evidenziato il fatto che le
trasformazioni prodottesi in Occidente tra IV e VI secolo rendono incerte le periodizzazioni proposte in base a punti di
vista differenti (storia economica, strutture istituzionali, assetti urbani, vita spirituale e culturale, traffici commerciali,
ecc.). Ferma restando l’assunzione del 476 come data limite, a nostro avviso si dovrebbe parlare di più date chiave, tra il
V e il VII secolo, per la fine del dominio romano in Occidente: la metà del V secolo per la Gallia centro-settentrionale e
la Spagna (regni autonomi di Franchi, Visigoti e Burgundi); il 439 per l’Africa (invasione Vandala; poi il 644 per
l’islamizzazione), il 568 per l’Italia (guerre greco-gotiche, fine del regno Ostrogoto e invasione Longobarda). In Oriente
l’islamizzazione di Siria, Palestina ed Egitto (632 – 644) segnano un’altra cesura netta e definitiva per la storia romana
(e cristiana) di quelle regioni. L’età imperiale può essere suddivisa in più periodi:
l’età alto-imperiale va dal 31 o 27 a.C. al 180 d.C. circa: questa fase è detta anche Principato, dal sostantivo
o “princeps”, col quale i Romani indicavano Augusto e i suoi successori, e viene per lo più opposta al così detto
“Dominato”.
Il termine “Principato”, “principatus”, ha una sua aderenza al lessico romano antico; al contrario, il suo presunto
opposto, il “Dominato”, è un neologismo moderno che indicherebbe una forma di monarchia in cui l’imperatore è
più “monarchico” (= “dominus): il “Dominato” si situerebbe tra la fine del III e la fine del VI secolo d.C. (da
Diocleziano in poi). Anche “dominus” appartiene al ling