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DE CONIURATIONE CATILINAE
Si occupa della congiura di Catilina, la quale si colloca nel 63-62 a.C., è quindi
contemporanea a Sallustio. Nel 60 a.C. ci fu il primo triumvirato (non è un’istituzione,
è un accordo privato per la ripartizione del potere fra tre individui che sono privati
cittadini anche se poi rivestono delle magistrature, ma l’accordo lo fanno
privatamente). Catilina era un membro di una famiglia aristocratica ma decaduta che
si avvicina a Silla e al suo partito (dittatura di Silla 82-79 a.C.). Si arricchisce
notevolmente durante gli eccidi di età sillana. Nel 63-62 a.C. si fa promotore di un
tentativo di colpo di stato facendo leva sui veterani sillani, quindi sull’esercito che
aveva marciato su Roma e anche sugli strati più bassi della popolazione che si
trovavano indebitati. Promette la cancellazione dei debiti (tabulae novae) e promette
una ricompensa maggiore a tutti quelli che erano rimasti scontenti dalla distribuzione
di terre che erano conseguite alla loro honesta missio. Tenta invano di operare queste
sue riforme nella rivalità candidandosi per ben tre volte al consolato. Tutte e tre le
volte viene eliminato e a questo punto mette in atto la congiura. Era finanziato da
Crasso, Cesare (lui è vicino ai populares, Catilina è un ex sillano che si avvicina però al
partito di Cesare che incarna l’eredità mariana. C’è un cambiamento di posizione da
parte di Catilina. Anche questo va a giustificare il fatto che va a rivolgersi ai veterani
sillani scontenti). Nel momento in cui avvia la congiura viene però isolato sia da
Cesare che da Crasso, i quali non ritengono utile andare allo scontro armato. Questa
congiura vede scontrarsi gli eserciti dello stato romano contro gli eserciti dei veterani
sillani. Cicerone la sventa e fa condannare a morte Catilina e i veterani. Lo scontro si
radicalizza ancora di più e Catilina trova la morte in battaglia a Pistoia. Questa
decisione costerà molto cara a Cicerone perché nel 58 a.C. viene mandato in esilio da
Clodio per aver condannato a morte cittadini romani senza processo, senza consentir
loro il diritto di appello al popolo.
Sallustio scrive quest’opera su esortazione di Ottaviano negli anni 43-40 a.C. (nel 43 ci
fu il triumvirato tra Ottaviano, Marco Antonio e Lepido). Ottaviano voleva discolpare
Cesare dall’accusa di aver sostenuto Catilina. Deve ripulire l’immagine di Cesare (e
quindi anche di Ottaviano, suo erede) e togliergli l’ombra del sospetto per questa
declinazione monarchica che poteva essere letta nella congiura di Catilina. Ottaviano
deve smarcare la sua figura da qualsiasi legame con Catilina.
Proemio (Tav. 27): funzione pragmatica della storiografia, che infatti è funzionale
alla formazione dell’uomo politico. Fa una sorta di autobiografia dicendo per quale
motivo inizia ad occuparsi di storia dopo aver trascorso una vita politica attiva. Il
genere storiografico da lui scelto sono “brevi opere”, ribadisce di usare la brevitas.
Il ritratto di Catilina (Tav. 28) è una descrizione molto forte e vivida. È descritto
come grande nel male, una grandezza nel male, è estremo e smisurato. Sallustio
crede nell’equilibrio, nella moderatio, la virtus per lui viene sempre associata al
senso della misura, tutto ciò che è smisurato tende a diventare vizio. Avidità di
denaro e di potere. È un ritratto molto breve ma con pochi tratti dà subito l’idea. È
come se fosse un quadro in cui prende vita questo personaggio. Lo rappresenta
come un malvagio perverso ed essendo un sillano l’accusa è agli optimates (qui si
vede quello che sarà il partito sposato da Sallustio, che parte da una formazione
sillana per poi avvicinarsi a Mario e ai populares).
Il ritratto di Sempronia (Tav. 28) mostra una donna con virtù ammirevoli che
dovrebbe avere un uomo ma in quanto possedute da una donna queste virtù sono
viste come sinonimo di vizio e corruzione. L’attacco alla donna è sempre di
carattere morale.
BELLUM IUGURTHINUM
Anche questa monografia è stata scritta negli anni 43-40 a.C. e narra la guerra di
Giugurta (112-105 a.C.). Giugurta era figliastro di Micipsa, figlio di Massinissa (re della
Numidia. Aveva tre figli, Micipsa, Iempsale e Aderbale). Alla morte di Massinissa
restano tre eredi senza però un’effettiva divisione del regno, questo infatti crea caos e
un antefatto per lo scontro con Roma. I tre avevano sostanzialmente condiviso il
regno. Giugurta, alla morte del patrigno Micipsa, uccide Iempsale e nel 112 a.C.
Attacca Cirta, la capitale della parte orientale della Numidia retta da Aderbale. Questa
questione diventa un oggetto di preoccupazione per Roma perché oltre ad essere
assassinato Aderbale, vengono anche massacrati tutti gli abitanti di Cirta, città
densamente abitata da negotiatores italici e romani, quindi da cittadini romani. Il
massacro non può lasciare Roma neutrale, che nel 111 a.C. scende in guerra contro
Giugurta (a Roma avviene uno scontro tra pacifisti e interventisti. Prevalgono gli
interventisti in seguito alla pressione esercitata dai cavalieri. Evidentemente non c’è
molto accordo a Roma tra senato, la parte più conservatrice e il ceto equestre. Il fatto
che non ci fosse una compattezza decisionale si può capire dal fatto che le operazioni
di questi primi anni sono condotte con estrema lentezza tanto che il senato viene
accusato di essere corrotto). Nel 107 a.C. viene inviato a combattere contro Giugurta,
Quinto Cecilio Metello con Gaio Mario che a un certo punto prende il comando e pone
fine alla guerra Giugurtina che si conclude molto velocemente nel giro di due anni.
Furono fondamentali per la conclusione in tempi rapidi del conflitto le tecniche belliche
sperimentate da Mario, delle trattative diplomatiche e la riforma dell’esercito che
prevedeva l’arruolamento sistematico dei capitecensi (fino a questo momento
l’esercito è costituito da cittadini che vengono arruolati sulla base del possesso di
ricchezze e che possono pagarsi a proprie spese l’armamento. I capitecensi sono
coloro che non hanno altra ricchezza se non la propria persona. Questi, non potendosi
pagare l’armamento, fino a Mario sono esclusi dall’esercito. Con la riforma mariana
questi vengono arruolati, ora l’esercito non è più costituito da cittadini ma è un
esercito di mestiere, sono soldati di professione).
Qui Sallustio riflette molto sulla corruzione morale della nobilitas e in funzione anti
nobiliare viene esaltato Gaio Mario, l’eroe del partito popolare al quale poi si ispira
Cesare.
Proemio (Tav. 28): c’è una lunga digressione sulla corruzione dei tempi e quindi la
scelta di dedicarsi a un’attività dello spirito, eterna, più pregevole, che è quella
dello scrivere storia. Dice che tra tutte, l’attività più utile è di gran lunga è la
“rievocazione degli avvenimenti passati”. Aumenta il pessimismo sallustiano nei
confronti della politica dei suoi tempi e aumenta anche l’attacco contro la
corruzione dei suoi contemporanei.
Il ritratto di Mario (Tav. 29) è molto più ampio di quello di Catilina ma altrettanto
vivace. In questo ritratto vediamo affermata una nuova aristocrazia fondata non sul
diritto di nascita ma su talenti naturali che ha ciascuno e sulla tenacia che ognuno
esercita, quindi un’aristocrazia fondata sulla virtus. Di Mario sono esaltate le
qualità personali, il valore di guerra, la forza, l’onestà, ma anche la tenacia con cui
esercitò queste qualità. È una descrizione molto positiva. Contrappone l’austerità
dei costumi della tradizione italica con il lusso greco.
Il ritratto di Giugurta (Tav. 29) mostra una virtus corrotta in quanto è un
personaggio inizialmente ricco di qualità in cui però il seme della corruzione viene
gettato durante il contatto con i nobili romani. La responsabilità della negatività di
Giugurta viene attribuita al suo contatto con Roma. Per allontanarlo dalla Numidia
viene mandato in Spagna a combattere nella guerra di Numanzia, qui avviene il
contatto con Roma e inizia il suo processo di corruzione. Il suo ritratto inizialmente
è positivo poi, con l’impresa di Numanzia, comincia a diventare negativo.
LE HISTORIAE
L’ultima opera di Sallustio, successiva alle 2 monografie, sono le Historiae, sono
comunque una monografia perché coprono un periodo storico limitato, in particolare
gli avvenimenti che vanno dalla morte di Silla (78 a.C.) alla guerra di Pompeo contro i
pirati (67 a.C.). Critica la corruzione dei tempi moderni e la decadenza in cui vive. Fa
una rievocazione nostalgica della grandezza di Roma quando vigeva l’austerità dei
costumi e indaga sulla crisi della repubblica cercando di individuarne le cause (avidità
di denaro e sete di potere che avvelenano la vita politica). Per lui Il processo di
corruzione inizia con la distruzione di Cartagine (146 a.C.). A determinare le origini
della corruzione è la fine del metus hostilis, cioè della paura del nemico (questo
concetto ricorre in tutte e tre le opere). Inizia un processo di corruzione tanto che si
arriva alle guerre civili che insanguinano l’ultimo secolo della repubblica.
Tratti distintivi della storiografia sallustiana:
Il proemio si fa carico dell’intenzione programmatica dello storico
Brevitas
Funzione pragmatica della storia (storiografia come alternativa alla vita politica per
il bene dello stato).
Vicinanza degli avvenimenti che sono contemporanei o quasi a lui.
L’arte del ritratto: ritratti tratteggiati con pathos, come se fossero una
rappresentazione quasi drammatica dei personaggi stessi.
Moralismo: attenzione e giudizio che dà Sallustio sui i mores, sui costumi.
ASINIO POLLIONE
È di origine italica e vive nella seconda metà del I sec a.C.. È prima cesariano infatti
con Cesare attraversa il Rubicone nel 49 a.C., partecipa alla battaglia di Farsalo nel 46
a.C. e a tutte le campagne condotte contro Pompeo. Alla morte di Cesare si schiera
con Marco Antonio. Dopo il successo di Ottaviano esce dalla vita politica e si ritira a
vita privata. Costituisce la prima biblioteca pubblica a Roma nell’Atrium Libertatis.
HISTORIAE: va dal primo triumvirato (60 a.C.) fino alla battaglia di Filippi in
Macedonia, che vede la sconfitta definitiva dei cesaricidi Bruto e Cassio nel 42 a.C..
Restano solo 8 frammenti perché è un’opera volutamente oscurata e censurata.
L’impostazione antimonarchica e la critica di Cesare hanno determinato la
cancellazione quasi totale dei suoi scritti. Inoltre dopo di lui si impone la storiografia
retorica. Di lui