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La potestà esclusiva dello Stato rivista dalla giurisprudenza costituzionale - Il disegno costituzionale
rivela delle lacune circa l’organizzazione dei rapporti tra Stato e Regioni, e la Corte costituzionale si è occupata
di riscrivere i tratti mancanti al disegno costituzionale.
Innanzitutto la corte ha distinto tra “materie” e “non materie”, riferendosi a quelle etichette che in realtà
indicano obiettivi, scopi. La Corte ha però specificato che le materie non vanno intese in senso stretto, ma
nel senso che indicano una competenza del legislatore statale idonea a investire tutte le materie, cioè una
materia trasversale. È difficile, infatti, che una legge o una disposizione sia ispirata da un unico obiettivo:
spesso in una disposizione si intrecciano più interessi, e si sovrappongono più competenze. Il criterio
finalistico permette però di individuare la materia più direttamente coinvolta, attraverso l’impiego del
“criterio di prevalenza” cioè, valutando se il nucleo principale della disposizione in questione, ovvero gli
interessi perseguiti, ricada o meno in una determinata materia. In qualche caso però non è facile individuare
l’interesse dominante e quindi la materia. 26
La potestà concorrente e l’attuazione delle norme comunitarie - La Comunità europea ha una natura
“internazionalistica”, e ciò ha comportato per un lungo periodo l’esclusione delle Regioni dall’attuazione degli
obblighi comunitari, compito riservato allo Stato unico soggetto responsabile sul piano europeo degli
eventuali inadempimenti. Dopo la riforma del 2001 invece l’art.117 attribuisce alle Regioni il diritto-dovere
di attuare direttamente, nelle materie di propria competenza, le norme comunitarie e gli accordi
internazionali, rispettando le procedure previste dalla legge statale.
Nello specifico, la legge prevede che:
- Nelle materie di competenza concorrente, la legge comunitaria indica i principi non derogabili da
legge statale o regionale e tali principi prevalgono sulle disposizioni contrarie eventualmente già
emanate dalle Regioni o dalle provincie autonome;
- Nelle materie di competenza residuale, lo Stato, per porre rimedio all’eventuale inerzia delle
Regioni, può emanare atti normativi che si applicano alle sole Regioni che non abbiano adottato
la propria normativa di attuazione, e che perdono efficacia con l’entrata in vigore della normativa
di attuazione.
- Nelle materie di competenza esclusiva dello Stato, il governo esercita un potere di indirizzo e
coordinamento, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni.
Nel nostro ordinamento prevale il principio di cedevolezza e preferenza per la legge regionale. Se si prendesse
alla lettera il testo dell’art.117.3 Cost. si dovrebbe ritenere che nelle materie concorrenti lo Stato possa solo
emanare norme di principio, ma queste non potrebbero sostituirsi alle precedenti leggi regionali disciplinanti
la materia nel dettaglio. In questo modo si verificherebbe una conseguenza difficilmente accettabile, cioè
che lo Stato, emanando i nuovi principi della legge cornice, non abbia nessuno strumento per imporli alle
Regioni, prevalendo la norma speciale su quella generale. Le leggi regionali sarebbero dichiarate illegittime,
ma resterebbero in vigore fino alla sentenza di illegittimità pronunciata dalla Corte costituzionale. In questa
situazione, il Governo potrebbe colpire la Regione che fa una legge di adeguamento ai nuovi principi, ma
secondo il Governo lo fa in modo errato, e non potrebbe colpire invece la Regione che lasciasse inattuata la
nuova legge comune. Per porre rimedio a questa situazione, nella legislazione statale si è diffusa la prassi di
corredare le leggi di riforma con norme di dettaglio, che possono abrogare le precedenti norme regionali di
dettaglio. Le Regioni, se lo vogliono, possono sostituire le norme statali di dettaglio con proprie leggi.
L’interpretazione delle materie e la potestà residuale - Anche dopo la riforma del 2001, non si è ritenuto
necessario procedere con un apposito trasferimento delle funzioni amministrative, ci si è limitati invece a
emanare dei decreti di ricognizione dei principi fondamentali in tre materie concorrenti: professioni,
armonizzazione dei bilanci pubblici e banche di carattere regionale. La Corte si è mossa sul presupposto che
la riforma costituzionale non può revocare le attribuzioni già conferite alle Regioni in precedenza, e il risultato
è stato l’ampliamento dell’ambito delle materie esclusive e di quelle concorrenti. È stata introdotta la
categoria delle materie strumentali, cioè quelle competenze che non sono autonome, ma sono strumentali
rispetto agli interventi legislativi intrapresi nelle vere e proprie materie. La residualità, poi, rappresenta più
che altro una tecnica di individuazione dei livelli e degli ambiti di competenza: solo restringendo l’incidenza
di altri interessi sull’oggetto in questione si può stabilire se una materia sia di competenza residuale delle
Regioni.
Gli effetti del principio di sussidiarietà - Il principio di sussidiarietà consente allo Stato di attrarre compiti
che non siano adeguatamente esercitabili a livello regionale, e fa riferimento alle sole funzioni
amministrative. Autorizza lo Stato a emanare norme legislative che attribuiscono allo Stato stesso il potere
di disciplinare e svolgere quelle competenze amministrative che, in base al riparto costituzionale delle
funzioni, non gli spetterebbero. Ciò è tollerabile solo se le funzioni attratte siano proporzionate alle esigenze
unitarie che ispirano la legge e se la legge statale coinvolga la Regione interessata nella co-decisione degli
interventi. La Corte vigila sui presupposti dell’attrazione di funzioni e sulla proporzionalità tra strumento
predisposto ed esigenze di esercizio unitario delle funzioni e, controlla soprattutto che la legge Statale
preveda realmente il coinvolgimento della Regione. 27
La ripartizione della potestà regolamentare e l’autonomia regolamentare degli enti locali -
L’art.117.6 della Costituzione ha posto sullo stesso piano la potestà legislativa e quella regolamentare.
Testualmente, l’art 117.6 recita che “la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione
esclusiva, salva delega alle Regioni". Quest’articolo ha la funzione di regolare il concorso tra le fonti: se lo
Stato conferisce alle Regioni determinate funzioni in materie di sua competenza esclusiva, perde il potere di
disciplinare tali materie con regolamento.
Gli statuti delle Regioni ordinarie e il loro rapporto con le altre fonti - Prima del 1999 lo Statuto
regionale era approvato con una legge ordinaria rinforzata. La legge veniva discussa e approvata a
maggioranza assoluta in Consiglio regionale, e veniva trasmessa al Governo che la trasformava in una vera e
propria iniziativa di legge, senza però poter intervenire nel merito. Le Camere poi approvavano la legge, che
veniva promulgata da Presidente della Repubblica e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
Dopo la legge cost. 1/1999, lo Statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata
a maggioranza assoluta, e sono necessarie due deliberazioni successive con un intervallo minimo di due mesi.
Dopo la doppia approvazione, lo Statuto deve essere pubblicato per dare al Governo la possibilità di
impugnarlo entro trenta giorni dinanzi la Corte costituzionale, mentre entro tre mesi dalla pubblicazione un
cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti del Consiglio regionale può proporre
un referendum. Il referendum è “approvativo” o “sospensivo” perché lo Statuto non è promulgato se non è
approvato dalla maggioranza. Decorso il termine per l’impugnazione o per il referendum, oppure una volta
conclusi entrambi con esito positivo, il Presidente della Regione potrà promulgare lo Statuto e pubblicarlo
sul Bollettino Ufficiale. La Costituzione riserva agli Statuti la disciplina di alcuni importanti aspetti, come la
forma di governo regionale, i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento, il diritto di iniziativa
legislativa. Gli unici limiti imposti alle Regioni sono quelli derivanti dal rispetto della Costituzione: infatti, la
legge dello Stato non può incidere nelle materie riservate agli Statuti, che quindi funge da limite sia per le
leggi dello Stato, sia per le leggi regionali. Un limite esplicito dello Statuto è quello di non poter disciplinare
la materia elettorale (compito spettante alla legge regionale). Lo Statuto può disciplinare invece altri
contenuti eventuali, oltre a quelli necessari come anche la formazione degli atti normativi della Regione.
L’ordinamento differenziato delle Regioni speciali e i decreti legislativi di attuazione statutaria -
La legge cost. 2001 ha modificato gli Statuti speciali per riconoscere anche alle Regioni speciali una autonomia
nella scelta della propria forma di Governo. La riforma ha “decostituzionalizzato” le norme statutarie sulla
forma di governo, e ha previsto che con una legge regionale rinforzata la Regione possa definire le modalità
di elezione del Consiglio, del Presidente della Regione e dei componenti della Giunta, i rapporti tra gli organi,
l’iniziativa legislativa popolare, i referendum. La legge cst.2001 ha introdotto una nuova fonte legislativa, cioè
la legge statutaria, che ha competenza riservata nel senso che nessun’altra fonte può regolare quei contenuti
derogando alle disposizioni delle Regioni. Per quanto riguarda il procedimento di revisione degli Statuti
speciali, è prevista la collaborazione della Regione interessata. L’iniziativa può partire direttamente
dall’assemblea regionale, oppure, se il procedimento è avviato per iniziativa governativa o parlamentare, è
necessario che venga acquisito il parere dell’assemblea regionale. La legge costituzionale di revisione dello
Statuto (a differenza di quella di revisione costituzionale), non è sottoposta a referendum.
È stata poi introdotta la clausola di maggior favore: clausola che comporta che la Regione a Statuto speciale
possa giovare della riforma del titolo V tutte le volte in cui esse preveda che la potestà legislativa regionale
su una determinata materia sia più ampia di quella prevista dallo Statuto speciale.
Le potestà legislative delle Regioni speciali Gli Statuti speciali prevedono tre forme di potestà legislativa:
1) potestà esclusiva, piena o primaria, caratterizzata da un legame con la legislazione statale
rappresentato da due limiti specifici:
a) limiti dei principi generali dell’ordinamento giuridico;
b) limite delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, cioè è lo strumento di cui lo Stato
s