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Citiamo anche "Villa Schwob", opera di transizione, in cui alla struttura in cls si accosta l'uso del

mattone di rivestimento. Volumetrie curvilinee, aggetti prominenti, una grande vetrata verso il

giardino e un salone a doppia altezza: il tutto una "licenza" quasi manierista nell'accostarsi

all'architettura. Al centro del fronte verso la strada egli pone l'elemento più emblematico di tutta

l'architettura: una parete bianca e liscia, racchiusa da un triplice corso di mattoni e fiancheggiata da

oculi ellittici. Si tratta di un "piano cartesiano", secondo la simbologia che la pietra angolare sarà

quella su cui far poggiare il nuovo mondo, mostrato attraverso la cornice delle vecchie estetiche.

“Villa Schwob”

Trasferitosi a Parigi, nel 1917, egli entra in contatto con un pittore purista: Amèdèe Ozenfant. Con

quest'ultimo pubblica "Après le cubisme", un pamphlet in cui criticano la poetica cubista,

contrapponendovi il loro ideale di forme "puriste" (sintesi geometrica e volumetrica). Nel 1920

viene fondata, ad opera di Jeanneret, Ozenfant e Dermèe, la rivista "L'Espirit Nouveau", dal

carattere fortemente multidisciplinare. E' con l'esperienza di questa rivista che Jeanneret inizierà a

firmarsi Le Corbusier. Ed è significativo pensare che, con il ritorno a La Chaux-de-Fonds, egli mutì

anche la montatura degli occhiali. Prima esile e ricercata, secondo il modello ottocentesco, ora

spessa e massiva, fortemente innovativa. La volontà sia del cambiamento del cognome, sia della

mutazione della montatura risulta chiara: la volontà di porsi come un emblema perenne nella storia

dell'architettura, la volontà di far si che la sua immagine rimanga sempre impressa nella memoria

dei posteri.

Parliamo della "Maison Citrohan, il cui modello indiscusso resta quello dei muri portanti in cls di

Perret. Tuttavia Le Corbusier mutua l'uso dei nuovi materiali costruttivi con un inedito significato,

concependo ciascuno come pezzo di un più complesso assemblaggio, e tutti insieme come parte di

un "sistema logico" più generale, che partendo dalla singola cellula abitativa, giunge fino alla scala

urbana. La necessità di produrre la casa come una "machine à habiter". Nonostante tutti gli sforzi

teoretici effettuati, l' a priori per Le Corbusier resterà sempre e solo la forma estetica: infatti la sua

macchina avrà soluzioni di tipo formale, non tecniche.

“Maison Citrohan”

Con la casa-studio per Amèdèe Ozenfant, ma soprattutto con la Casa doppia per il banchiere Raoul

La Roche e per il proprio fratello Albert Jeanneret, entrambe a Parigi, Le Corbusier mostra il

graduale precisarsi di un abaco di elementi che giungerà a completa definizione soltanto negli

edifici successivi: i pilotis a sezione rotonda, la finestra disposta in lunghezza, gli spazi interni

quanto più possibile privi di vincoli, la rampa inclinata, il tetto piano utilizzato come terrazza-

giardino. La sintesi formale e cromatica appare invece già pienamente compiuta, conseguenza

dell'applicazione del purismo all'architettura: volumi netti, lineare, elementari o composti, al cui

programmatico candore si abbina l'uso di colori primari (oltrechè del bianco) per gli interni.

“Villa La Roche”

Il progetto della "Ville contemporaine" trova la sua teoretica applicazione a un caso concreto: il

"Plan Voisin" per Parigi, poi mai attuato. Si tratta, se pur in modo totalmente utopistico e sono

progettuale, della "manifestazione magnifica e potente dello spirito del XX secolo".

"Plan Voisin" per Parigi

Nella Villa Savoye costruita a Poissy, in Francia, tra il 1929 e il 1931, le Corbusier dimostra di

avere già messo perfettamente a punto il proprio innovativo linguaggio progettuale dei cinque punti.

La costruzione, di due soli piani fuori terra, ha una pianta rigorosamente quadrata e si regge su degli

esilissimi pilotis a sezione circolare.

Partendo dal basso si ha un portico coperto sotto al quale si può accedere direttamente in

automobile. Otre al garage con tre posti macchina vi sono i servizi di lavanderia e un piccolo

appartamento per l’autista. Dal portico, in diretto contatto con il verde del prato circostante, si

accede al primo piano mediante due rampe inclinate con dolce pendenza. Poiché tutta la struttura è

in calcestruzzo armato e sono solo i pilotis che reggono i solai, le pareti possono essere disposte in

piena libertà, secondo le esigenze di progettazione e di organizzazione dello spazio pensate

dall’architetto. Dal grande soggiorno rettangolare con ampie finestrature orizzontali a nastro si

accede a una singolare terrazza a “L”, invisibile da fuori in quanto chiusa su entrambi i lati esterni

dalle bianche pareti delle facciate. Un’ulteriore rampa, infine, conduce alla copertura piana del

tetto-giardino. Qui sono ricavati il solarium, lo stenditoio e il giardino pensile vero e proprio,

protetti dagli sguardi indiscreti da setto di muro sagomato con morbide forme, generate in pianta

dal rigoroso raccordo di cerchi ed ellissi.

Nel complesso la costruzione appare come un assemblaggio di volumi geometrici puri,

assolutamente estraneo all’ambiente circostante, dal quale emerge con voluta e singolare chiarezza.

La logica progettuale di Le Corbusier, del resto, sta proprio in questo suo creare gli ambienti

dall’interno, plasmandoli sulle esigenze di chi dovrà in seguito fruirne, senza interessarsi più di

tanto dei rapporti con l’esterno. Ciò non significa, comunque, indifferenza a tali rapporti.

L’architetto, infatti, nutre la precisa consapevolezza che se un’architettura obbedisce con rigore

razionale a tutte le necessità funzionali a essa connesse, non può essere in contrasto con l’ambiente

e il paesaggio circostanti. “Villa Savoye”

Parliamo anche del Padiglione svizzero per l'università di Parigi. I pilostis, in questa opera, si

riducono a vere e proprie colonne binate che consentono il sollevamento della struttura di un piano

rispetto al livello del terreno. Ciò fa conseguire un parallelepipedo rialzato e sollevato. In facciata si

evince il tentativo di ricercare proporzioni modulari. L'attacco a terra è giocato grazie all'uso

sapiente delle curve, già sperimentate a Villa Savoye. Il rigore geometrico è fuso insieme alle curve

rivestite in pietra, secondo l'idea che l'architettura sia un "gioco di volumi sotto la luce". Un

elemento che sarà sviluppato nel dopoguerra e che diverrà un elemento cardine della poetica di Le

Corbusier è il "rapporto armonico" (la volontà di ricondurre l'architettura ad un vero e proprio

spartito). Padiglione svizzero per l'università di Parigi

L'Unité d'Habitation de Marseille, conosciuta anche come Cité Radieuse, è un edificio civile di

Marsiglia, progettato dall'architetto svizzero Le Corbusier. L'edificio è il primo dei cinque analoghi

realizzati in Europa e rappresenta una delle realizzazioni pratiche delle teorie ideate dal celebre

architetto circa il nuovo concetto di costruire la città, nonché uno dei punti di arrivo fondamentali

del Movimento Moderno nel concepire l'architettura e l'urbanistica.

L'esterno

Localmente noto come “maison du fada” il complesso residenziale si estende su un'area di circa

3.500 metri quadrati e misura 137 metri di lunghezza per 24 metri di larghezza e può contenere più

di 3.000 abitanti.

L'edificio si sviluppa su 18 piani, per un'altezza complessiva di 56 metri e osservando il basamento

si può notare l’adozione di grandi pilotis di forma tronco-conica che, sorreggendo tutto il corpo di

fabbrica, sostituiscono i setti portanti. Inoltre, la loro funzione strutturale separa volutamente

l'edificio dal suolo e, soprattutto, elimina definitivamente la presenza di abitazioni penalizzate

dall’oscurità e dall’umidità derivanti dalla collocazione a terra.

L’arretramento degli stessi pilastri rispetto al filo dei solai consente, inoltre, il libero sviluppo della

facciata con l'impiego di ampie finestre "a nastro" lungo le pareti perimetrali a tutto vantaggio di un

ottimale livello di illuminazione interna, uno degli aspetti fondamentali dell'opera di Le Corbusier.

I prospetti delle facciate sono scandite da ripetuti moduli rettangolari costantemente caratterizzati

dalla presenza del colore in netto contrasto con l'uniformità cromatica del cemento armato che

caratterizza l'intera struttura.

L'interno

Come è noto l'edificio ospita anche aree dedicate a servizi solitamente dislocati nel contesto urbano

circostante, tuttavia la commistione di spazi comuni, zone commerciali e aree residenziali è

organizzata con razionalità, pur senza tralasciare la funzionalità.

Lo schema tridimensionale delle singole unità abitative

Al settimo e ottavo piano, un ampio corridoio interno, che percorre longitudinalmente la struttura

come una sorta di strada, consente l'accesso ai principali servizi utili alla collettività: una

lavanderia, un supermercato, un albergo con 21 camere, una biblioteca e poi svariati negozi,

ristoranti e uffici. Come per l'esterno, gli interni dell'edificio sono costantemente caratterizzati dalla

presenza del colore, utilizzato come elemento di arredo.

Al di sopra e al di sotto del settore centrale dedicato ai servizi vi è la parte residenziale dell'edificio,

composta da una successione di 337 appartamenti disposti trasversalmente rispetto allo sviluppo

dell'edificio.

Uno degli aspetti più rivoluzionari fu la nuova concezione della singola cellula abitativa, non più

contraddistinta dal contesto sociale di chi lo abita; analizzando la planimetria degli appartamenti è

interessante notare come Le Corbusier abbia concepito delle unità abitative tutte uguali e di

dimensioni medio-grandi, quasi fossero oggetti da assemblare in serie. Ciascuna di esse è del tipo

duplex, ovvero disposta su due livelli diversi collegati da una scala interna e gli ingressi sono

disposti lungo ampi corridoi interni dalle coloratissime pareti situati ogni due piani che, nella logica

progettuale di Le Corbusier, rappresentano le "strade" del complesso residenziale.

L'architetto concepì questi spazi abitativi applicando il proprio sistema denominato Modulor,

ovvero «una gamma di misure armoniose per soddisfare la dimensione umana, applicabile

universalmente all'architettura e alle cose meccaniche». Una rappresentazione del Modulor è

raffigurata su una parete dei locali presenti sul tetto dell'edificio.

Dettagli
A.A. 2015-2016
11 pagine
1 download
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/18 Storia dell'architettura

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gabriele.marella di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'architettura contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Marchegiani Cristiano.