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L'Avemaria di Bobbio
L'Avemaria di Bobbio è una delle numerose novelle nate per mano dello scrittore Luigi Pirandello. Fu pubblicata, per la prima volta, sul "Corriere della Sera" il 21 febbraio 1912, successivamente nel 1915 venne inserita nella raccolta La trappola (Milano, Treves) e nel 1922 entrò a far parte del terzo volume delle Novelle per un anno, La rallegrata (1922, Bemporad). Pirandello era solito scrivere su degli appositi quaderni i suoi appunti che potevano riguardare scene, abbozzi di personaggi, contesti, piccoli scritti che poi venivano ripresi in un secondo momento e che andavano a comporre le novelle dell'edizione pubblicata; potremmo definirlo come un processo di "copia e incolla", secondo i dettami moderni, ma non è proprio così semplice: il passaggio dall'abbozzo all'edizione che possiamo definire "definitiva", secondo il concetto seppur molto difficile da definire di "ultima volontà d'autore".È un processo lungo, di graduale revisione dei testi, di modifica e di rimodifica, un gioco di varianti che si susseguono secondo un arco cronologico che andremo a definire in questa saggio breve. Uno di questi quadernetti è il cosiddetto Taccuino segreto, misteriosamente scomparso da sessant’anni e messo in salvo dal ministero dei beni culturali che lo ha acquistato ad un’asta depositandolo alla biblioteca nazionale di Roma. Il taccuino in questione risale agli anni della maturità di Pirandello in cui i testi, scritti durante questo arco cronologico, sono databili al 1912, anche se gli aggiornamenti furono continui, almeno fino agli anni Venti. Nel quadernetto si trovano raccolti abbozzi di prose, appunti filosofici e una sterminata collezione di idee che Pirandello utilizzava di volta in volta: ad esempio è già presente una sintetica versione in siciliano della novella La giara, così come degli abbozzi della novella L’Avemaria di Bobbio,
e scartafacci di Uno, nessuno e centomila. Le prime 8 cifrature (1r – 4v) del taccuino segreto, contengono appunti preparatori e provedi stesura dell’Avemaria di bobbio, qui intitolata semplicemente Bobbio. Le cifrature 1r – 2r, che parrebbero presentarsi come una meditazione filosofica a sé stante, sono destinate sia agli abbozzi della novella che ai Quaderni di Sefafino Gubbio operatore. Non avremo modo in questa sede di entrare nei dettagli e scrivere di tutte le cifrature e dei vari riferimenti al romanzo Si gira; analizziamo qui solo le cifrature e gli abbozzi inerenti alla novella in questione. Il taccuino segreto conserva tre abbozzi che ci permettono di risalire alla genesi della novella. Il primo, molto minuto e stringato, ci presenta il tratto filosofico-morale che caratterizza un anonimo personaggio: «Considerava il dovere come qualche cosa che gli fosse prescritto dalle sue relazioni con gli altri uomini, dalla convivenza, non nel senso che dovesseNell'amemoria "involontaria", una sorta di trigger freudiano che avrà modo di delinearsi nell'edizione del 1912. Ma Bobbio non accetta l'improvviso riemergere di un suo io sepolto sotto gli strati successivi della coscienza che il tempo ha depositato, anche se il sisma comporta effetti benefici: la scomparsa del mal di denti, al limite del miracolo, o almeno è ciò che accade nel "caso singolarissimo" raccontato nella prima parte della novella.
Per quanto riguarda invece il motivo della filosofia, il nome di Schopenhauer esce dalla penna del narratore subito, alle prime battute della novella, dove s'intavola il motivo dominante del mal di denti di Bobbio che sostituisce, rispetto allo scartafaccio, il motivo del cane. Così, mentre nell'abbozzo filosofico il personaggio in cerca d'autore aveva esclamato: "O filosofi, abbiate tutti un cane! E prima di affermare qualche cosa, guardate; guardate il vostro cane!"
Forse più d'un affermazione vi resterà allora nella penna" (c.1v). Il Bobbio chel'autore descriverà nella novella sosterrà parallelamente la necessità del mal di denti per tutti i filosofi: "Purtroppo Bobbio aveva in bocca più d'un dente guasto. E niente, secondo lui, poteva meglio disporre allo studio della filosofia, che il mal di denti. Tutti i filosofi, a suo dire, avevano dovuto avere e dovevano avere in bocca almeno un dente guasto.1 Schopenhauer, certo, più d'uno".
Per continuare l'analisi della genesi della novella, andiamo ad analizzare ora non più quella che in filologia moderna chiamiamo "edizione genetica", ma quella che chiamiamo "edizione filologica", ovvero il passaggio dallo stadio x della novella, in questo caso l'edizione del 1912 pubblicata sul "Corriere della sera", all'edizione che possiamo definire come definitiva.
pubblicata nella raccolta La Rallegrata, del 1922. Pirandello apporta, dall'edizione del 1912, all'edizione del 1922, diversi cambiamenti soprattutto per quanto riguarda tutto l'apparato "stilistico": la punteggiatura, adattata ad uno stile metrico meno colloquiale/comico, ma più inerente ad uno stile formale, cambiamenti considerevoli del lessico, dialettismi e arcaismi che vengono modificati e adattati all'italiano "standard", un italiano che stava volgendo verso una diffusione sempre più maggiore nell'Italia del Novecento, nonostante la sempre presente analfabetizzazione delle masse, e una trasformazione che deve tenere conto anche dell'influsso non solo del passaggio al nuovo secolo, ma anche del clima postbellico e fascista di quegli anni, movimento politico italiano nato nel 1919 mediante l'azione di Benito Mussolini. Dal punto di vista linguistico infatti il fascismo riveste grande interesse, perché ilregime si propose di disciplinare l'intero repertorio linguistico italiani, omogeneizzando le parlate locali, eliminando gli ostacoli che le si opponevano, puntando quindi verso una norma unica, uguale per tutti. Pirandello, varicordato, era interventista e soprattutto aderì al fascismo, seppur non al fanatismo del regime: infatti riservò sempre solo ironia e distacco davanti alle manifestazioni esteriori del regime. Qui non siamo ancora nel periodo fascista, ma dobbiamo comunque tenere conto1 Taccuino segreto, L. Pirandello. MondadoriAvemaria di Bobbio. L. Pirandello Corriere della Sera, 1912Avemaria di Bobbio, L. Pirandello, La rallegrata, 1922.Tutte le novelle IV (1910-1913), Pensaci, Giacomino!, La patente, Ciàula scopre la luna e altre novelle, a cura di Lucio Lugnani, Rizzoli.del pensiero pirandelliano e delle influenze culturali e autoriali, soprattutto per quanto riguarda la lingua.Ma analizziamo ora, alcune delle modifiche stilistiche che Pirandelloapporta tra le due edizioni. Ortografia Per quanto riguarda il livello ortografico troviamo: - la presenza di forme non univerbate come ad esempio le preposizioni articolate "su la": es. "su la guancia destra", "su la greppina", "su le labbra", presenti in entrambe le versioni della novella (1912 e 1922) così come nel taccuino segreto. - il grafema j per rappresentare la semiconsonante: es. "notajo"; nel taccuino segreto troviamo ad esempio "ajuto" (c. 3 r.), "projettiamo" (c.4.r) - casi di apocope dopo le consonanti r e n che vengono a trasformarsi dall'edizione del 1912 al 1922: ad esempio, nell'edizione del Corriere possiamo trovare "Se ne era", mentre, dall'altra parte, nell'edizione del 1922 troviamo "Se n'era". Molto frequente è il tipico troncamento in sintagmi [r, l, n + consonante], che conferisce un particolare ritmo allafrasedell’italiano centro-settentrionale.- presenza di plurali in ii: “studii filosofici” , “testimonii” (presenti in entrambe le edizioni).
MorfosintassiPer quanto riguarda la morfosintassi troviamo:- il participio passato “veduto” anziché visto, es. “d’aver veduto”.- cancellazione di che nelle completive: “pareva [che] si fossero”- modifica di “egli” e lui: es. “il fatto che egli/lui, come una feminuccia, aveva potutorecitare l’avemaria…” (nel passaggio dall’edizione del 1912 al 1922).- mancata risalita del clitico, propria dell’italiano settentrionale e letterario: mentrenell’edizione del Corriere, Pirandello mantiene una frase dichiarativa, senza presenza diclitico, es. “poteva credere che” (nell’edizione del 1912) oltre a trasformare nell’esempiofatto la dichiarativa in interrogativa, utilizza anche il pronome clitico tipico
dell'italiano settentrionale alla fine del verbo: "Come crederlo?" (1922)- ordine regressivo: nei sintagmi nome + aggettivo, l'ordine preferito è spesso q