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GLI STRUMENTI
Cristopher Hood sostiene che il Governo sia come un animale che fa uso di strumenti;
è attraverso l’uso di strumenti che il governo stabilisce un ponte tra un’aspirazione e la
sua realizzazione. Gli strumenti sono dispositivi ritenuti in grado di attivare specifici
meccanismi attraverso cui le persone sono indotte “a fare cose che altrimenti non
farebbero o di dar loro la possibilità di fare cose che altrimenti sarebbero per loro
impossibili”. Sono insomma i mattoni con cui vengono costruite le politiche pubbliche.
Secondo Hood gli strumenti possono essere distinti in base alla risorsa usata:
a) Con la risorsa autorità si possono imporre obblighi e divieti perseguendo la
regolazione;
b) Con la risorsa organizzazione si possono offrire determinati servizi (arrivando
alla gestione pubblica diretta);
c) Con la risorsa denaro si possono incentivare o disincentivare attività o
comportamenti da parte dei consociati o di gruppi di individui;
d) Con la risorsa comunicazione si possono approntare delle campagne di
sensibilizzazione per scoraggiare determinati comportamenti;
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Accanto a questi quattro comportamenti se n’è insinuato un quinto che prevede una
c.d. “spinta gentile” volta a spingere o pungolare lievemente i destinatari affinché,
senza accorgersene, assumano un determinato comportamento.
Orbene, seppur possa esserci una certa assonanza con i tipi di politiche di Lowi, si
evidenzia come le funzioni delle due classificazioni siano diverse. I tipi di politica di
Lowi mirano ad analizzare le parti interessate dall’attuazione delle stesse, evidenziando
chi eventualmente ne gioverebbe e chi invece subirebbe un pregiudizio; la
classificazione di Hood esamina invece i meccanismi che possono indurre i destinatari
a modificare un proprio comportamento.
Gli strumenti di Hood possono anche essere classificati dalla loro coercizione o
intrusione nella sfera privata dei destinatari. Strumenti come obblighi e divieti sono
estremamente intrusivi; al contrario strumenti comunicativi sono molto meno intrusivi;
la coercizione è invece nulla nelle politiche del non fare.
È bene, infine, evidenziare come gli strumenti con cui vengono affrontati i problemi
pubblici siano mutevoli a seconda del periodo storico e delle concezioni economiche e
politiche prevalenti. Chiaramente gli strumenti utilizzati dallo stato liberale sono
diversi rispetto a quelli utilizzati dallo stato sociale e così via.
- Regolazione. La fissazione di regole che stabiliscano obblighi, divieti e sanzioni
è una metodologia molto diffusa, perché non costosa sotto il profilo economico.
Il comportamento “vietato” infatti riceve spesso uno “stigma sociale”, venendo
considerato riprovevole. I cittadini sono quindi indotti ad astenersene anche
senza alcuna minaccia. Il meccanismo della riprovazione sociale tende a ridurre
al minimo la necessità della repressione.
La regolazione è onnipresente e influisce sui prezzi, sulle caratteristiche dei
prodotti e su tantissimi altri aspetti. Attraverso la regolazione, lo stato tenta di
incanalare i comportamenti di individui ed imprese in una certa direzione.
Attraverso questa le istituzioni utilizzano il c.d. bastone. In questo gruppo
rientrano anche le licenze e i permessi cui è subordinato l’esercizio di una
determinata attività. A tale tipologia di strumento vengono comunque mosse
alcune critiche: a) se le norme sono troppo rigide, l’effetto potrebbe essere
controproducente se applicate a casi anomali; b) possono essere soggette a
interpretazione e il loro significato originario può subire modifiche; c) nel caso
in cui i comportamenti illeciti siano difficili da individuare, la minaccia può
avere uno scarso effetto deterrente; d) se una norma non viene interiorizzata
dall’individuo, non scatta il meccanismo della riprovazione sociale con la
conseguenza che i costi di controllo aumentano; e) si pone il rischio “di cattura”
dei regolatori ad opera dei forti gruppi di interesse che riescono spesso a premere
sul Parlamento e sul Governo per ottenere norme a loro favorevoli a discapito
dei gruppi più deboli.
Utile, infine, richiamare l’esempio proposto dagli Stati Uniti, che hanno
introdotto la c.d. “analisi di impatto della regolazione” con cui in modo
preventivo viene valutato l’impatto di un nuovo regolamento (per capire
l’effettiva necessità dello stesso e capire se i costi scaricati su cittadini e imprese
siano effettivamente necessari). 15
- Gestione pubblica diretta. Attraverso questo strumento lo Stato entra in modo
diretto e in prima persona nella gestione di una determinata attività, con la
conseguenza che il servizio venga reso e fornito dallo stesso. Ciò avviene ad
esempio nel caso della sanità, delle pensioni, dell’istruzione etc. Per perseguire
questo obiettivo lo stato si avvale di una capillare organizzazione composta da
impiegati, funzionari, dirigenti e uffici ramificati su tutto il territorio. Tale
categoria di strumenti è naturalmente considerata come intrusiva dai neoliberali
e come non intrusiva dai socialisti, che in questo strumento vedono un
rafforzamento per le categorie più deboli.
Tale categoria è sempre esistita, subendo fasi alterne di espansione e regressione
a seconda del momento storico. Dopo la crisi del 1929 e anche dopo la Seconda
guerra mondiale, con le politiche Keynesiane, i governi fecero ampio ricorso a
tale modalità facendo espandere a dismisura il settore pubblico, portando
all’affermazione dello stato sociale o welfare state (mediante acquisizioni statali
e nazionalizzazioni); al contrario alla fine degli anni ’70 e inizio ’80, con
l’affermazione delle politiche neoliberali, si aprì un importante processo di
privatizzazioni (ossia di cessioni di aziende pubbliche a soggetti privati) e di
liberalizzazioni (ossia di ingresso di soggetti privati in settori in precedenza
pubblici). Negli ultimi 30/40 anni la gestione pubblica diretta è stata molto
ridimensionata in favore di uno stato snello che regola ma non gestisce.
L’erogazione di servizi pubblici viene tutt’oggi praticata (come nel caso
dell’istruzione o della sanità) ma a questa viene affiancata l’iniziativa privata
(scuole e cliniche private). Una via di mezzo cui si fa spesso ricorso consiste
nella c.d. esternalizzazione con cui lo stato finanzia un’attività gestita comunque
da un soggetto privato (ad es. le cliniche convenzionate).
- Incentivi e disincentivi. Costituiscono la carota che si contrappone al bastone
della regolazione. I policy maker, infatti, possono spingere affinché i consociati
si comportino in un determinato modo attraverso l’elargizione di incentivi
positivi o negativi. Tra i primi possono rientrare: a) i contributi a fondo perduto;
b) i prestiti agevolati; c) le esenzioni fiscali.
Gli incentivi positivi sono stati ampiamente usati perché ben visti (non ricadendo
i costi su una categoria determinata ma su tutti i contribuenti), tuttavia, a causa
dei loro ingenti costi sono stati sempre più spesso accantonati, soprattutto dopo
la crisi finanziaria del 2008.
Nella seconda categoria rientrano invece le tasse che possono colpire l’attività o
il bene di cui si vuole disincentivare l’utilizzo. Le tasse, al contrario delle
imposte che finanziano le spese generali dello stato, sono un prelievo legato ad
una specifica attività (ad esempio il pedaggio, la tassa sugli alcolici o sulle
sigarette etc). Una critica a tali disincentivi attiene la loro scarsa equità. Tale
strumento rischia infatti di colpire le fasce più povere e più deboli e non anche i
ricchi.
Tra gli strumenti più innovativi che si stanno affacciando per fronteggiare i
problemi troviamo le c.d. aste per i diritti (un esempio di asta si è verificato
quando l’unione europea ha deciso di vendere delle “quote” di emissione di Co2
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alle imprese obbligandole a pagare più quote nel caso di mancato abbassamento
di emissione) e voucher usati per finanziare un settore pubbico (come, ad
esempio, i buoni scuola in alcune regioni del nord).
- Nudge la spinta gentile. Consistono in una serie di strumenti che mirano a
modificare i comportamenti dei destinatari, non basandosi sulla loro capacità di
ragionamento riflessivo, bensì sulla tendenza di questi a reagire in modo veloce
e impulsivo (secondo il c.d. sistema automatico che si contrappone a quello che
in psicologia è chiamato sistema riflessivo e che richiede un’attenda
ponderazione di tutti gli elementi). La parola nudge è stata tradotta come spinta
gentile e consiste nel leggero colpo di gomito che viene dato per attirare
l’attenzione di qualcuno. Tra tali strumenti rientrano: a) l’opzione di default che
consiste nel reputare di default il comportamento che si vuole spingere; b)
seguire la corrente le persone tendono a seguire i flussi e i comportamenti
adottati dai più, pertanto, far apparire una condotta come quella più popolare può
portare alla sua assunzione; c) guadagni e perdite secondo la teoria psicologica
della prospettiva, le persone temono più le perdite di quanto desiderino maggiori
guadagni, pertanto, strategie comunicative efficaci dovrebbero porre l’accento
sulla possibilità di perdite piuttosto che da risparmi; d) disponibilità le persone
tendono a scegliere le opzioni più accessibili.
Le spinte gentili agiscono sull’architettura della scelta, facendo apparire come
più accessibile, come più popolare (o come di default) e con meno perdite una
determinata opzione, indirizzando verso di questa i cittadini. L’applicazione
delle spinte gentili ha avuto molto successo ora perché a bassissimo costo, ora
perché reputata non intrusiva. Tuttavia, sono state numerose le critiche mosse a
tale modello. In particolare, si è osservato come i nudge agiscano solo a livello
individuale, che i cambiamenti indotti non generano né trasformazioni ne
cambiamento degli individui (con la conseguenza che gli effetti sono meno
duraturi) e che l’induzione inconsapevole dei cittadini ad una scelta costituisca
invero un metodo estremamente intrusivo. Infine, si sostiene che tali spinte
gentili non siano per nulla adatte ad affrontare i grandi problemi della società
moderna.
Lo Stato può indurre i cittadini a modificare il proprio comportamento, oltre che con
gli strumenti summenzionati, anche attraverso la comunicazione. Senza usare il
bastone o la carota ma solo attraverso i sermoni. Si tratta, invero, di uno strumento da
molti definito debole, appunto perché privo di potere coercitivo o premiale. Tuttavia,
come sostenuto da Einaudi, le prediche non sono