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Cicerone

Catilinaria II 9 Novembre 63 aC

1. Una buona volta, finalmente, quel Lucio Catilina, che imperversa nell’insolenza, che anela al

delitto, che empiamente prepara la distruzione della Patria e che minaccia col ferro e col fuoco voi e

questa città, dalla città lo abbiamo cacciato, lo abbiamo mandato via e con le parole lo abbiamo

inseguito mentre fuggiva. E’ andato via, è uscito, è fuggito, è sparito. Nessun’altra sventura per la

nostra città potrà essere preparata da quel mostro, quel prodigio, entro le nostre mura. Ed abbiamo

sconfitto senza lotta costui, unico capo di questa guerra interna. Infatti,quel pugnale non affonderà

più nei nostri fianchi, non avremo più paura né nel campo,né nel Foro,né nella Curia,né fra le pareti

domestiche. Egli si è mosso da dov’era poiché è stato espulso dalla città. Ora, contro il nemico,

senza alcun impediente, combatteremo apertamente una guerra giusta. Senza alcun dubbio

abbiamo condotto l’uomo alla perdizione ed abbiamo vinto magnificamente,poiché abbiamo spinto

questo ladrocinio < ad uscire > dalle insidie occulte all’aperta sedizione.

2. Da quanta tristezza ritenete che egli sia afflitto e prostrato,per il fatto che non abbia innalzato una

spada insanguinata,come avrebbe voluto,che se ne sia andato mentre noi siamo sempre vivi,che gli

abbiamo strappato l’arma dalle mani,che i cittadini siano incolumi,che egli abbia lasciato in piedi la

città? Ora, Quiriti, egli giace là prostrato e si sente colpito ed abbietto,e spesso volge indietro gli

occhi verso questa città,che egli lamenta gli sia stata strappata dalle grinfie,ma che a me sembra

rallegrarsi di aver vomitato ed espulso una peste sì grande.

3. E se c’è qualcuno,come era probabile che fossero tutti,il quale,nel momento stesso in cui la mia

orazione esulta e trionfa,mi voglia violentemente accusare di non aver catturato,piuttosto che

cacciato,un così mortale nemico,ciò non è per mia colpa, Quiriti, ma dei tempi.Sarebbe stato

opportuno che già da tempo Lucio Catilina fosse ucciso e condotto all’estremo supplizio,e questo

richiedevano a me sia le tradizioni degli avi sia la severità di questa carica della Repubblica. Ma

sapeste quanti sarebbero stati coloro i quali non avrebbero creduto a ciò che io denunciavo, quanti

coloro che, per stoltezza, non < le > avrebbero difese, quanti coloro che non < le > avrebbero

considerate, quanti coloro che, per disonestà, < le > avrebbero favorite (Catilina)! E, se io avessi

ritenuto che, con la sua scomparsa, ogni pericolo sarebbe stato allontanato da voi, avrei sopportato

non solo a rischio della mia impopolarità ma anche della mia stessa vita.

4. Ma poiché ritenevo che non < essendo stato > provato il fatto a tutti voi, se lo avessi condannato

a morte, come era dovuto, oppresso dalla riprovazione, io non avrei potuto perseguire i suoi accoliti,

allòra ho fatto sì che possiate combatterlo a viso aperto, una volta che aveste visto in faccia il

nemico. E certamente questo nemico, Quiriti, quanto io ritenga fortemente temibile al di fuori <

della città >, è opportuno che voi capiate dal fatto che a malincuore constato che < Catilina > sia

uscito dalla città accompagnato da pochi. Magari avesse condotto con sé tutte le sue forze! Ha

condotto via Tongilio,che aveva cominciato ad amare quando era ancora nella (toga)

pretesta,Publicio e Minucio, il cui debito (“denaro altrui”) contratto nelle bettole non poteva

apportare la sovversione della Repubblica; quali uomini,quanti debiti,quanti valenti,quanti nobili

lasciò!

5. E così io disprezzo profondamante quell’esercito in paragone alle legioni Gallicane e al reparto

scelto che Q.Metello ha comandato nei territori Piceno e Gallico e alle truppe che sono da noi

quotidianamente preparate: esercito composto da vecchi disperati, dalla borghesia agreste, da

bancarottieri di campagna, da coloro che preferirono disertare gli impegni assunti piuttosto che

quell’esercito; se a costoro io opporrò non solo lo schieramento del nostro esercito,ma anche l’editto

del Pretore,soccomberanno. Preferirei che avesse condotto con sé come soldati questi che vedo

volteggiare nel Foro, presenziare in Curia, venire addirittura in Senato, splendenti di unguenti,

fulgenti di porpora; se costoro rimarranno qui,ricordate che dovremmo temere non tanto

quell’esercito quanto costoro che lo abbandonarono. E ancor più devono essere temuti perchè sono

consapevoli che io conosco tutto quello ch’essi pensano e, ciò malgrado, non se ne preoccupano.

6. So a chi è stata attribuita la Puglia,chi avrà l’Etruria,chi il territorio Piceno,chi quello Gallico,chi ha

chiesto per sé le imboscate cittadine di stragi e di incendi. Essi si rendono conto che tutte le

proposte della notte precedente sono state a me riferite; questo l’ho già detto l’altro giorno in

Senato, lo stesso Catilina ne fu spaventato e fuggì. Che cosa aspettano costoro ? Sbagliano di grosso

se sperano che quella mia precedente indulgenza durerà in futuro. Ciò che io mi ripromettevo l’ho

conseguito,che cioè voi tutti vedeste che la congiura contro la Repubblica è giunta a compimento; a

meno che non vi sia qualcuno, simile a Catilina, il quale ritenga di non pensarla come Catilina. Non

c’è spazio per l’indulgenza, la situazione stessa richiede severità. Concedo ora un’ultima cosa:

escano, se ne vadano, per non consentire che il povero Catilina si roda da solo nel suo disegno.

Indicherò la via: è partito per la via Aurelia;se vorranno accelerare,lo raggiungeranno prima di sera.

7. O fortunata Repubblica se qualcuno avrà scacciato questa fogna della città! Per Ercole,già

eliminato il solo Catilina, la Repubblica mi sembrerà sollevata e ricreata. Qual male o

delitto,infatti,può essere pensato o elaborato che egli non abbia concepito? Chi potrà essere

trovato ,in tutta Italia, come avvelenatore, assassino, ladrone,sicario,parricida,falsificatore di

testamenti, frodatore, crapulone, dissipatore,adultero,o quale donna indegna, quale corruttore di

giovani, corrotto, disperato, che non dica di essere vissuto in grande familiarità con Catilina? Quali

stragi,attraverso tutti questi anni,sono state compiute senza di lui,quale orrendo stupro se non da

lui?

8. Ed invero ,quanto adescamento di giovani fu mai rinvenuto in alcun uomo pari a quello di costui?

Egli stesso amava alcuni in maniera oltremodo turpe, era scandalosamente schiavo dell’amore altrui;

ad alcuni, il frutto della libidine, ad altri, la morte dei genitori prometteva, non solo spingendo<li>

ma anche aiutando<li>. E con quanta rapidità aveva raccolto un ingente numero di uomini perduti

non solo dalla città, ma anche dal contado! Non solo in Roma, ma in ogni angolo d’Italia, non vi fu

alcuno che, oberato da debiti , < egli > non abbia chiamato a questo incredibile patto scellerato.

9. E,affinchè possiate comprendere le sue diverse attività in altro settore, nessuno nei ludi gladiatorii

è stato più pronto al delitto che non si dichiarasse intimo di Catilina; nessuno è stato sulla scena più

scurrile ed osceno che non ricordasse di esserne stato compagno. Ed egli tuttavia, abituato al freddo,

alla fame, alla sete, alle veglie notturne dall’esercizio di stupri e di delitti, veniva detto da quelli duri,

consumando le risorse della sua operosità ed i fondamenti della virtù nella libidine e nell’avventura.

10. Se i compagni lo avessero seguito ,se dalla città fosse uscito questo ammasso scellerato di uomini

disperati,o noi beati,o fortunata Repubblica, o illustre merito del mio consolato! Non hanno le

normali cupidigie degli uomini, né le audacie umane e accettabili; non pensano se non a stragi,

incendi, rapine. Dissiparono i loro patrimoni, vincolarono i loro beni; dapprima li abbandonò

l’impresa, poco dopo cominciò a mancare anche la fiducia; tuttavia quella che in loro abbondava, la

libidine, permane. Ma se avessero richiesto bagordi e meretrici solamente nel vino e nel gioco, essi

sarebbero stati, sì, senza speranza, ma tuttavia sopportabili; viceversa chi potrebbe sopportare che

uomini inerti tramino insidie a uomini fortissimi,uomini stoltissimi a uomini prudentissimi,uomini

ubriachi a uomini sobri,uomini addormentati a uomini vigilanti? Proprio quelli che, commensali nei

convivii, abbracciati a femmine impudiche, obnubilati dal vino, strapieni di cibo, cinti di corone, unti

di unguenti, debilitati dagli stupri, eruttano nei loro discorsi stragi di uomini perbene e incendi nella

città.

11. Io sono convinto che una qualche morte li condanni e che la pena prevista già da tempo per la

disonestà,la malvagità,il delitto,la libidine o sia già pronta o si avvicini a grandi passi. I quali, se il

mio consolato, poiché non li può sanare, avrà sterminato, non credo per breve tempo, ma per molti

secoli prolungherò < la vita > della Repubblica. Non c’è ,infatti,alcuna nazione che noi

temiamo,alcun re che possa muover guerra al popolo romano. Tutti i problemi esterni,per merito di

uno solo,per mare e per terra,sono risolti;resta la guerra civile, all’interno sono le insidie, il pericolo,

il nemico. Dobbiamo combattere contro la sfrontatezza, la follia, il delitto. A questa guerra mi

propongo, Quiriti, come condottiero, accetto l’odio degli uomini perduti; le cose che si potranno

sistemare, sistemerò con ogni mezzo; quelle che dovranno essere eliminate, non consentirò che

restino come un pericolo per la città. Perciò o vadano via, o si plachino o, se rimangono nella città col

medesimo disegno,si aspettino quel che meritano.

12. Ma ci sono anche taluni, Quiriti, i quali potrebbero dire che Catilina è stato da me cacciato in esilio.

Se io potessi dar seguito alle parole, caccerei in esilio proprio coloro che parlano così. L’uomo, senza

dubbio timido e assai moderato, non potè sopportare la voce del Console; egualmente, quando gli fu

ingiunto di andare in esilio, obbedì, andò via. Ieri, Quiriti, mentre fui quasi ucciso in casa mia,

convocai il Senato nella sede di Giove Statore e riferii tutto ai Padri coscritti. Venuto lì’ Catilina, quale

dei Senatori gli rivolse parola, chi lo salutò, chi lo considerò null’altro che un cittadino perduto non

meno che un nemico temibilissimo? Anzi, i titolari di quell’Ordine lasciarono vuoto e scoperto quel

settore dei seggi al quale egli si era avvicinato.

13. Qui,io,quel Console impetuoso che con le parole mando i cittadini in esilio,chiesi a Catilina se fosse

stato,o no,in u

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
6 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Alycia078 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura latina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Cupaiuolo Giovanni.