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ADR.Gli interpelli
Nell'ambito della tax compliance, definibile quale incentivo al rispetto delle regole in materia fiscale ed adempimento spontaneo dei contribuenti agli obblighi impositivi, ha assunto un ruolo fondamentale la giurisprudenza, attraverso l'adeguamento del procedimento tributario ai principi dello Statuto dei diritti del contribuente. La prassi ha mostrato una convergenza di interessi nella correzione delle forme di violazione non intenzionale del precetto, dipendenti da un difetto di conoscenza da parte del contribuente, o dai caratteri della disposizione che lo pone; da questo ambito esulano invece le ipotesi più gravi di violazione del precetto legale, a cui l'ordinamento rimedia attraverso una corretta determinazione autoritativa dell'imponibile evaso. La disciplina degli interpelli ha come logica il rafforzamento dei doveri di reciproca collaborazione tra fisco e contribuente, affiancandovi misure volte a tradurre in atto il dovere di
Informazione gravante sulla amministrazione, anche in funzione della correzione di una dichiarazione fiscale errata. Tali interventi hanno lo scopo di soddisfare l'interesse del contribuente in buona fede di evitare di incorrere in violazione dei precetti di legge, o di porvi rimedio se già consumate, ma anche, e soprattutto, di suscitare l'interesse ad una efficiente riscossione dei tributi, perché l'adempimento spontaneo dell'imposta, che consegue ad una corretta dichiarazione, produce un regolare afflusso di risorse finanziarie senza ostacoli o ritardi. Congiuntamente agli istituti della tax compliance, l'ordinamento mutuava disposizioni adottate da modelli operativi di altri ordinamenti, in tema di cooperative compliance e di ruling internazionale, volte a promuovere una amministrazione collaborativa dei tributi, secondo modalità diverse e riservate alle esigenze delle imprese di maggiori dimensioni. Se nell'ambito internazionale
L'interesse dell'amministrazione è la prevenzione dell'illecito attraverso la precoce instaurazione di un rapporto costruttivo con il contribuente, per la grande impresa risulta essere, invece, la predeterminazione del costo fiscale, in vista di un recupero di margini di profitto su scale di grandezza e su scenari preclusi all'operatore privato. Nella macroarea della tax compliance dunque si può distinguere gli istituti di derivazione statutaria e di applicazione generale (aventi come referenti i contribuenti comuni, anche imprenditori), dagli strumenti di collaborazione riservati alle grandi imprese.
Il primo istituto volto a promuovere la tax compliance nei rapporti con la generalità dei ricorrenti è stato l'interpello, la cui origine si rinviene nella disciplina di contrasto dell'elusione fiscale; grazie ad esso il ricorrente ha acquistato il diritto di ottenere una valutazione preventiva di operazioni sospettate di elusività.
Al fine di ridurre le condizioni di incertezza sul trattamento di determinate condotte, dovute alla possibilità che l'amministrazione ne disconoscesse a posteriori gli effetti, per applicare un regime più oneroso intenzionalmente aggirato per ottenere un trattamento tributario non spettante. Con il c.d. interpello disapplicativo si sollecitava la disapplicazione di regole antielusive. L'istituto, con lo Statuto del contribuente, ha assunto una valenza generale di strumento per la soluzione di incertezze interpretative prodotte da leggi tributarie, consentendo al contribuente di sottoporre alla Agenzia delle entrate tali questioni in riferimento a casi concreti e personali; la risposta, scritta e motivata, vincolava l'agenzia con riferimento alla questione segnalata e la mancata risposta valeva come silenzio assenso. Nello Statuto, l'interpello ha dato contenuto alla regola che, ex artt. 23 e 97 cost., sottopone i rapporti tra amministrazione e contribuente ai.
Principi di collaborazione e buona fede, consentendo alla prima di porre fine alla situazione di incertezza, al secondo di essere esente da sanzione in caso di conformità a quanto stabilito nell'interpello medesimo. Gli interpelli antielusivo ed ordinario hanno tuttavia ricevuto una serie di adattamenti ispirati al perseguimento di scopi estranei e diversi rispetto all'originario campo di applicazione, alternandone la fisionomia e causando disorganicità disciplinari. Dopo il riordino della materia effettuato dal d.lgs. 156/2015 sono individuati 4 tipi di interpello:
- L'interpello ordinatorio e qualificatorio, destinato a risolvere incertezze sul significato di disposizioni tributarie e sulle qualificazione di condotte fiscalmente rilevanti
- L'interpello probatorio, volto a dimostrare, nei casi di legge previsti, la presenza delle condizioni e l'idoneità degli elementi probatori richiesti per l'adozione di determinati regimi
fiscali-l'interpello antiabusivo, finalizzato a stabilire se una certa condotta è contraria al divieto di abuso del diritto dell'art.10bis Statuto-l'interpello disapplicativo, atto ad accertare la mancanza di finalità elusive contrastate da determinate disposizioni, che il contribuente sia abilitato a non applicare.
L'atto con cui l'Agenzia risponde all'interpello deve soddisfare un interesse concreto del contribuente, in mancanza del quale può essere rifiutato; esso vincola l'Agenzia attraverso la prescrizione della nullità degli atti impositivi e sanzionatori difformi, inoltre non è impugnabile e può essere rettificato con salvaguardia degli effetti delle condotte già tenute. È opinione radicata che nell'interpello, ben diverso dalla attività di consulenza, avente ad oggetto anche questioni di carattere generale, la risposta si ponga tra gli atti di indirizzo rivolta all'esterno dell'amministrazione.
esplicando una normatività orientata al consenso del destinatario. L'anticipazione della risposta dell'Agenzia realizza una tutela avanzata della ragione fiscale, a fronte della quale la certezza del diritto è un effetto riflesso, utile a generare un ossequio volontario anche se non spontaneo del contribuente al precetto legale. La disciplina dell'interpello disapplicativo richiede altre precisazioni, che riguardano la posizione giuridica del contribuente e l'impugnazione. Il contribuente chiede all'Agenzia di accertare l'assenza delle condizioni di disapplicazione di norme tributarie che, al fine di contrastare comportamenti antielusivi, limitano deduzioni, detrazioni o crediti di imposta a favore del contribuente stesso; fatto ciò, egli è libero di attenersi alle prescrizioni ricevute, o di discostarsene, assumendone le conseguenze. L'Agenzia, in tal modo, riceve la segnalazione di una condotta potenzialmente abusiva, potendosottoporla acontrollo; tale tipo di interpello non risulta essere obbligatorio poiché ilcontribuente, a cui sia comunicata una risposta sfavorevole, può chiedere ladisapplicazione della norma nel corso dell'istruttoria che precedel'accertamento e anche nel giudizio. L'accertamento negativo delle condizionidi applicazione della disciplina antielusiva rientra tra le prerogative del giudicee, se l'omissione dell'interpello lo inibisse, vi sarebbe un contrasto con il dirittodi agire e difendersi in giudizio. La presunta obbligatorietà dell'interpello simanifesta anche su un piano procedimentale, perché l'omissione preclude uncontraddittorio altrimenti garantito, dovuto se è stata fornita risposta all'istanzaed il contribuente non la abbia rispettata esponendosi ad un successivo atto diimposizione. Il contraddittorio quindi non spetta a chi non abbia presentatol'istanza, perché in assenza dellastessa non si ha un atto pregiudizievolesuscettibile di essere censurato. Altro effetto dell'omissione si ha sul piano sanzionatorio, perché essa è punita come illecito amministrativo, con una logica contrastante con le finalità della tax compliance. La risposta della Agenzia vincola la medesima, pur essendo impugnabile assieme all'avviso di accertamento del tributo; risposta che potrebbe essere concepita come un elemento della condotta lesiva, di cui l'altro elemento sarebbe l'atto impositivo di contenuto difforme. Se il contribuente non si conforma alla risposta dell'Agenzia, segue il contraddittorio preventivo, cioè la richiesta di chiarimenti, le deduzioni di parte e infine l'atto di imposizione, eseguito senza pregiudizio per la successiva azione accertatrice, dunque parziale ed impugnabile. La disciplina ordinatoria contenuta nel d.lgs. 156/2015 non ha interessato quel tipo di interpello che l'investitore nazionale oestero può presentare per risolvere le criticità di un progetto industriale da attuarsi in Italia, inerente al settore della tax compliance di impresa, c.d. interpello sui nuovi investimenti.
Per quanto concerne i soggetti ammessi, la genericità del termine impresa che intenda effettuare investimenti nel territorio dello Stato di ammontare non inferiore ad un determinato importo, lascia alla amministrazione un certo qual margine di scelta. I soggetti di diritto italiano che esercitano l'impresa possono essere imprenditori individuali, società di persone e di capitali, trust, gruppi di società e raggruppamenti di imprese; sono compresi anche i soggetti che, pur non qualificandosi a priori come imprenditori, promuovono investimenti che abbiano come obiettivo un'impresa localizzata nel territorio dello Stato (per effetto dell'investimento acquistano tale qualifica mediante cessione di azienda). L'istanza quindi può riguardare il
trattamento del piano di investimento e le operazioni ipotizzate per la sua realizzazione, l'esistenza di una azienda, l'assenza di abuso o di elusione, le condizioni per la disapplicazione di norme antielusive e l'accesso a regimi o istituti dell'ordinamento italiano. Questo tipo di interpello, applicabile nei casi in cui non vi sia un problema di doppia imposizione internazionale, a differenza degli altri tipi di interpello è caratterizzato dall'oggetto, il quale consiste in una pluralità di atti e di operazioni collegate tra loro all'interno di un business plan, anche riferito a più periodi di imposta. Avendo una grande incidenza occupazionale, esso è finalizzato anche a soddisfare esigenze di tax compliance preventiva sul versante della pianificazione fiscale. All'istanza possono seguire richieste di informazioni, interlocuzioni ed accessi dei funzionari dell'Agenza nell'luogo a cui l'investimento è diretto.
Secondo le concordate modalità; la proce