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EUGENIO LA ROCCA
Potendo osservare numerosi frammenti di statue colossali di epoca ellenistica, la prima impressione che si coglie
è MONOTONIA, provocata da:
Volti freddi;
• Volti levigati;
• Labbra imbronciate;
• Occhi spalancati in un vuoto che non coinvolge lo spettatore;
• Assoluta uguaglianza.
•
In realtà, quello che ci è conservato, è una minima parte di quanto fu creato. Le teste conservate appartenevano a
statue colossali, che potevano raggiungere qualche metro di altezza, se non consideriamo anche le due grandi
opere fidiache:
Atena parthenos;
• Zeus di Olimpia.
•
Pochissime statue di culto sono state realizzate in oro o in avorio, con l’aggiunta di decorazioni in pasta vitrea e
in pietre dure e preziose. Altre statue erano realizzate con la tecnica ACROLITICA:
testa e arti in marmo;
• resto del corpo veniva realizzato applicando su una impalcatura di legno, un prezioso rivestimento di
• stoffe o di lamine di metallo di limitato spessore lavorato in superficie.
Il concetto di statua non comprende necessariamente e solo le grandi statue colossali che sono rinchiuse entro
un tempio:
in età arcaica, le statue di culto non erano di grande misura e non deve sorprendere, visto che esse
• dovevano essere trasportabili nelle processioni, spogliate delle vesti, lavate e rivestite in occasione di
determinate cerimonie. I templi, contrariamente, erano molto grandi, perché erano essi stessi un dono da
offrire al dio. Le statue di culto non erano adeguate a queste misure.
Solo in età classica, le statue cominciano ad assumere dimensioni maggiori, soprattutto in altezza. I due
• colossi fidiaci sono per definizione un’eccezione. Proprio la loro dimensione sconcertò i contemporanei, che
erano abituati ad un rapporto equilibrato tra la grandezza della cella e le statue di culto.
Nell’età ellenistica, la teatralità delle statue di culto si rafforza ulteriormente con un ragionato rapporto
• tra l’altezza e lo spazio che le conteneva.
Le opere veramente colossali non sono moltissime, tra esse ricordiamo:
Atena di Priene;
• Il gruppo di Apollo, Artemide e Leto di Klaros.
•
Osservando questi capolavori, possiamo chiaramente affermare che l’imitazione non si riduce mai ad un fattore
preciso e puntiglioso, e la più intensa espressività si può osservare anche in artisti di tendenza classica. Si opera
in questo periodo, anche ad un recupero della grande tradizione arcaica, sulla base dell’idea che le statue
arcaiche fossero più degne di venerazione. In questo caso, i modelli antichi non vennero copiati fedelmente, ma
reinterpretati secondo un’ottica che avrebbe avuto molta fortuna nel periodo successivo.
ESEMPIO: il più significativo è quello dell’Atena combattente in veste arcaica, ma rivista secondo una nuova
concezione, ossia con un nuovo manierismo che con l’arte arcaica non ebbe nulla a che vedere. La componente
arcaica si osserva nel richiamo della tradizione religiosa, che non è ancora contaminata da elementi nuovi, ma
rimane espressione di reali valori morali.
Gli dei rendevano evidente forme e abbigliamento attraverso il proprio mondo
fatto di fasti e opulenza, secondo dei canoni che ormai vanno oltre la tradizione classica.
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Apollo e Dioniso offrivano ai fedeli il miraggio di una felicità temporanea attraverso le festività pubbliche,
elargite da sovrani o cittadini con ingenti possibilità economiche, in cui tutti potevano vivere al di sopra del
proprio tenore di vita. Con Afrodite, divennero gli dei dell’ostentazione del lusso e presentarono numerose
caratteristiche fisse:
Acconciature leziose;
• Volti pieni e carnosi;
• Doppio mento;
• Sguardo languido e sensuale.
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Osservando queste statue di culto greche, i Romani di età tarda -‐ repubblicana non avevano la percezione di
qualcosa di sconosciuto, ma qualcosa di familiare. Lo conferma anche un episodio legato a Emilio Paolo.
L’episodio si colloca nel periodo della vittoria di Pidna e
riguarda il re Perseo. Quando costui giunse a Olimpia e
osservò lo Zeus fidiaco, potè rendersi conto di come il dio
fosse presente e, per questo motivo, ordinò un sacrificio
più ricco del solito. Questo atteggiamento di Emilio Paolo,
riflette la reazione dell’aristocrazia romana nei confronti
dell’arte e della religione greca nei decenni successivi alla
guerra punica.
In quell’epoca, per una gran parte della società romana, l’identificazione degli dei romani con quelli greci era un
fatto ormai acquisito. Per identificazione &nbs