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Germania, attraverso la distruzione del suo potenziale militare e gli accordi con gli
alleati sul suo futuro. Alle conferenze alleate di Teheran e Jalta, l’idea di una zona di
sicurezza sovietica in Europa orientale fu sostanzialmente accettata, e si discusse
solo delle sue modalità. Quello che Washington e Londra cercarono di limitare fu il
rischio che Mosca instaurasse un controllo unilaterale chiudendo l’area a influenze
esterne e imponendo una sovietizzazione dei nuovi regimi politici. Ci si accordò
quindi sulla suddivisione della Germania in zone di occupazione, sullo spostamento a
Ovest dei confini polacchi e sulla prospettiva di elezioni libere per formare governi
rappresentativi.
Gli Stati Uniti, attraverso Bretton Woods, intendeva stemperare i conflitti sociali e
nazionali, consolidare i regimi democratici e dare un fondamento duraturo alla pace.
La questione dell’accettazione del liberalismo politico ed economico non riguardava
tanto gli sconfitti, visto che gli Stati Uniti condividevano l’idea di eliminare la
potenza tedesca e giapponese e consentire una ricostruzione di quei paesi solo sotto
una vigile tutela internazionale; nei confronti della Gran Bretagna e della Francia, il
governo statunitense sapeva di avere in mano leve politiche e finanziarie. Il grande
interrogativo riguardava i sovietici. Roosevelt, infatti, riteneva che la cooperazione
con i sovietici fosse essenziale per la condotta della guerra e per questo fu pronto ad
accettare un ruolo preminente dell’URSS in Europa orientale.
Roosevelt aveva fiducia in un sistema collaborativo a guida americana, che
includesse i sovietici; Stalin credeva in un’inconciliabilità storica che rendeva la
collaborazione tra capitalismo e comunismo un’opzione temporanea e strumentale.
L’ideologia americana presupponeva una condizione naturale di pace minacciata
solo dall’aggressività delle dittature; quella staliniana, all’opposto, postulava il
conflitto internazionale come normalità. Di fronte al compito di ridisegnare l’intero
sistema internazionale, le due visioni finirono per fungere da fonti di divaricazione,
diffidenza e, infine, ostilità.
- Tra il 1945 e il 1947 gli ex alleati si trovarono intorno a diversi tavoli negoziali. Fu
qui che l’incommensurabilità delle due visioni divenne palpabile, tramutandosi in
diffidenza profonda e, infine, nella convinzione che la cooperazione favorisse i
disegni più pericolosi del rivale. Il nodo centrale fu l’assetto della Germania
occupata. Per i sovietici la priorità era di ottenere le riparazioni; per gli americani e i
britannici, invece, la priorità divenne la ripresa economica tedesca e volevano che le
riparazioni fossero liquidate solo dal surplus di una produzione ben avviata. Le due
logiche erano quindi contrastanti. Stalin non aveva intenzione di mostrarsi
malleabile, temendo che ciò passasse per arrendevolezza e un ruolo assai rilevante
in tal senso lo ebbe la bomba atomica. Infatti la bomba atomica americana rese
probabilmente l’URSS più cauta sull’uso della forza, per paura di scatenare una
guerra, ma la rese anche meno collaborativa e meno disposta ai compromessi, per
paura di apparire debole.
Nel marzo 1946 la tensione di accese. L’URSS tardava il ritiro delle sue truppe
stazionate in Iran durante la Seconda guerra mondiale. Truman inviò una flotta nel
Mediterraneo orientale, per segnalare a Mosca l’intenzione di non accettare le sue
pressioni sull’Iran. Ciò chiarì quanto Stalin temesse di giungere sull’orlo di una
guerra, ma la dittatura sovietica perseguiva un disegno espansionistico che andava
ostacolato invece che sottovalutato.
Forme di negoziazione continuarono, ma prevaleva l’inconciliabilità, che tra l’altro
chiuse la possibilità di porre sotto controllo le armi nucleari. Intanto la sfiducia degli
europei nell’efficacia del capitalismo era diffuso e ciò poteva spalancare la porta a
forme di influenza crescente ai partiti comunisti. Insieme all’incerta situazione
tedesca, ciò poteva gradualmente inclinare il continente verso una vicinanza
psicologica e politica con Mosca. Rivalità e determinazione, insomma, non parevano
sufficienti se dall’Europa emanava non quella miscela di coesione, fermezza e vigore
bensì il suo inverso. All’inizio nel 1947 Washington si andava convincendo che
bisognava invertire la tendenza.
- Nei mesi successivi il governo di Washington elaborò quindi la teoria del
contenimento e il suo strumento operativo, ossia il Piano Marshall. La strategia del
contenimento si ipotizzava che avrebbe potuto portare al crollo o al graduale
ammorbidimento del potere sovietico. Si trattava infatti di un regime privo di
legittimità e consenso; incapace di rispondere ai bisogni della popolazione. Ma la
funzione urgente del contenimento era quella di arginare la disgregazione in Europa
occidentale e negare opportunità di espansione a Stalin. La prima applicazione
operativa della teoria del contenimento era che bisognava rilanciare l’economia
della parte occidentale della Germania, integrandola in Europa, perché senza la
produzione e la domanda del paese non si poteva neppure immaginare una ripresa
continentale, che potesse opporsi alle pressioni esterne.
Il segretario di Stato George Marshall annunciò un piano straordinario di aiuti, di
durata quadriennale, indirizzato primariamente all’Europa occidentale, ma si
guardava con favore alla possibilità che qualche governo dell’Est intendesse aderire,
in modo da allentare il controllo sovietico, mentre non c’era alcuna intenzione di
offrire aiuti a Mosca. Per questo motivo, Stalin decise che non c’era più motivo di
esitare nella sovietizzazione dell’Europa orientale. Lo stato divenne totalmente
dominato da un partito comunista subordinato a Mosca e purgato degli elementi
non pienamente affidabili per Stalin. Si configurava quindi brutale forza difensiva da
un lato, capacità dinamica di costruire consenso dall’altro.
- Il fronte centrale della guerra fredda era ancora quello tedesco. Per gli americani,
un eventuale accorso per una Germania unita e neutrale costituiva un duplice
rischio: se debole essa sarebbe stata facilmente succube dell’influenza sovietica; se
forte e animata dal nazionalismo avrebbe potuto costituire una minaccia per tutti.
Bisognava dunque vincolare gli americani all’Europa per rassicurare i francesi,
controllare i tedeschi e dissuadere i sovietici. Si apriva così un duplice negoziato
attraverso l’Atlantico. Da un lato USA, Gran Bretagna e Francia si accordavano per la
formazione di una repubblica tedesco-occidentale demilitarizzata e sottoposta a
controlli internazionali. E dall’altra preparavano un progetto di alleanza
transatlantica che impegnasse gli USA alla difesa dell’Europa occidentale e ne
tutelasse gli equilibri interni rispetto alla ripresa della Germania.
Stalin aveva dunque buoni motivi per essere preoccupato e, oltre a intensificare gli
sforzi per costruire l’atomica sovietica, avviava un piano d’intensa espansione
militare. In contrapposizione alla repubblica tedesco-occidentale, i sovietici e i
comunisti tedeschi potevano controbattere difensivamente erigendo un loro stato
nella zona orientale. Berlino era sottoposta all’occupazione dei quattro vincitori, ma
era interamente circondata dalla zona d’occupazione sovietica, da cui dipendeva per
i rifornimenti e i servizi essenziali. Le truppe sovietiche bloccarono tutti gli accessi
terrestri alla città e cominciarono a interrompere l’erogazione di energia elettrica.
Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna scartarono l’ipotesi di sfondare il blocco con unità
militari, perché avrebbe scatenato una guerra. Il blocco si poteva aggirare per via
aerea: USA e Gran Bretagna avviarono un ponte aereo che cominciò a rifornire la
città del minimo essenziale ma divenne progressivamente più imponente.
In maggio nasceva sui territori delle zone occidentali d’occupazione una Repubblica
federale tedesca sostanzialmente sovrana sulle questioni interne ma disarmata e
sottoposta alla tutela dei tre alleati per la politica internazionale. In ottobre nella
zona sovietica nasceva una Repubblica democratica tedesca con un regime
comunista sostenuto e vigilato da Mosca. L’Alleanza Atlantica, un trattato di difesa
collettiva in caso di aggressione contro uno dei paesi aderenti. Per gli europei la
rilevanza del patto stava nel vincolare la potenza americana a difesa della loro
sicurezza, con il duplice scopo di contenere l’URSS e controllare il risorgere della
Germania. L’adattabilità ai mutamenti, l’intrinseca flessibilità e variabilità degli
assetti avrebbero dato all’alleanza un vantaggio determinante rispetto alle rigidità
dell’antagonista sovietico.
Nell’Europa orientale il segno distintivo era la rigida subordinazione gerarchica della
società allo stato, dello stato al partito comunista e di quest’ultimo al controllo di
Mosca. La mancanza di legittimazione popolare si traduceva in un’intrinseca
insicurezza del controllo sovietico, cui poteva sopperire solo l’uso o la minaccia della
forza.
All’Est la guerra fredda accentuò la subordinazione imperiale e l’irreggimentazione
di tipo sovietico, traducendola in un blocco tetramente chiuso e soggiogato dalla
psicologia dell’assedio; l’Europa occidentale fu invece il maggior beneficiario della
guerra fredda per stabilizzazione democratica, per la riabilitazione nazionale dei
paesi continentali.
Bipolarismo militarizzato, 1950-1956
Lo scenario strategico era passibile di mutamenti incessanti: trasformazioni politiche
in questo o quel paese, innovazioni delle tecnologie militari, difficoltà di gestione
della propria coalizione introducevano variabili continue, che bisognava prevedere e
gestire. E ciò in condizioni di grande incertezza intorno alle intenzioni dell’avversario
e alle effettive possibilità di padroneggiare l’antagonismo senza farlo travalicare in
guerra aperta.
Il Cremlino si trovava ora a gestire la metà decisamente più debole di un bipolarismo
fortemente asimmetrico. Mosca poteva però consolidare il suo controllo sui paesi
dell’Est, trasformandone i regimi in satelliti del blocco militare che essa stava
instancabilmente apprestando per far fronte all’antagonismo con l’Occidente. Nel
1949 due avvenimenti alteravano il terreno di confronto bipolare. I sovietici
facevano esplodere la loro prima bomba atomica; il partito comunista cinese
concludeva l’offensiva finale della guerra civile che l’aveva contrapposto alle forze
nazionaliste. Mao vedeva negli USA un nemico della rivoluzione e una minaccia al