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L’educazione alla base della società
La soluzione alla contraddizione è il governo, la politica. Analizza l’uomo in sé al di fuori della
società. Non è propriamente politico come Hobbes, non cerca soluzione. Il Governo trasforma il
negativo in uno strumento di funzionamento. Non lo Stato ma l’EDUCAZIONE. Il Governo si serve
dell’arte dell’educazione. Arte cioè regola per un’attività umana, ha lo scopo di sollevare l’uomo
dallo stato di natura.
Pagina 45, nota 5: l’educazione interviene sulle passioni, controlla i desideri, li tiene a freno e li
cela es. istinto sessuale. Nascondere quello che si sente veramente per far funzionare la società.
La cultura è il risultato dell’educazione che ha lo scopo di NASCONDERE LE PASSIONI per
garantire la convivenza umana. Soddisfare gli istinti ma con delle regole di civiltà es. matrimonio.
Arte nel senso anche di artificio che nasconde. La virtù è un vizio velato es. istinto sessuale ->
matrimonio. Gli impulsi vengono sublimati dalla società (ci ricorda Freud). L’educazione fa
dell’egoismo individuale qualcosa di utile alla società. La società si basa sulla
DEMISTIFICAZIONE, sull’IPOCRISIA e non si capisce più dove sta vizio e dove virtù. Il primo
istinto è quello di autoconservazione: l’amore di sé. Il secondo è il desiderio della lode, della stima
degli altri -> necessità di riconoscimento da parte degli altri. Messe insieme costituiscono
l’educazione. Non si sa cos’è vizio e cosa virtù ma si può descrivere il meccanismo. Non dice è
bene o male, non cerca soluzione, ma descrive, anatomizza. Il celare la passione la alimenta, c’è
uno scotto da pagare. L’uomo può essere reso socievole con l’educazione -> risoluzione
paradosso. Seconda parte del saggio: spiega cosa succede, ipotesi astratta per spiegare il
funzionamento utilizzando il metodo risolvente-componente. Governare non era sufficiente e allora
si è usata l’educazione. Il selvaggio si fa cittadino: processo storico di incivilimento collettivo (lo
riprenderemo con Vico). Lui non parla però in termini di popolo, di collettività ma in termini di
individui singoli come un uomo del ‘700. Il ‘700 è l’epoca dell’individualità, della riconduzione al
semplice, dei diritti dei singoli. La morale mette in discussione vizio e virtù, la morale si fonda
sull’ADULAZIONE (pag. 26) esempio bambini per spiegare loro qualcosa non si usa la forza ma si
cerca di far sì che essi vogliano la lode, la stima degli altri. Si lodano i bambini quando fanno
qualcosa di giusto, con ipocrisia per educarli. Si dice loro che altrimenti sono considerati dei
“selvaggi”. Alla base del comportamento umano c’è la PASSIONE che viene usata attraverso
l’adulazione e l’IMITAZIONE. Mandeville usa termini semplici. La società si fonda sull’inganno, 8
sulla riconversione del male in bene. Funziona, ma è pur sempre un inganno. Società raffinata,
colta ma da cui alcuni restano fuori, si sta notando che ci sono due poli: ricchi e poveri. L’egoismo
controllato crea la distinzione vizio/virtù. Bene, vizio, virtù sono trasformazioni dell’utile,
dell’egoismo. La società alimenta entrambi non solo la virtù. L’ultima parte del saggio è una difesa
alle obiezioni religiose che ovviamente gli erano state mosse. Lui separa morale e religione: la
religione non è capace di scalfire l’interesse egoistico. La distinzioni bene/male non è competenza
della religione. Non c’è messa da parte della religione ma distinzione tra campi. Fa esempi storici
come la religione egizia. Distinzione tra ciò che pertiene alla filosofia e ciò che pertiene alla
religione. Mette in discussione il modello tradizionale: l’uomo è buono in origine perché ad
immagine di Dio. Lui afferma: “la realtà è più complessa”.
Le sue considerazioni ci mettono in un paradosso: chi è virtuoso può essere di aiuto ad alimentare
il vizio e viceversa. Fu accusato di distruggere i valori e di scetticismo. Per lui tutti si comportano
spinti dalla passione, dalla autoconservazione che è istinto naturale. Alla base della morale c’è la
NATURA. Ma nella vita c’è anche l’arte dell’EDUCAZIONE. L’arte è opposta alla scienza,
opposizione pratica/teoria. L’obiettivo dell’educazione è il passaggio dalla natura alla civiltà, l’uscita
dalla barbarie primitiva.
Educazione = incivilimento. L’arte di educare non imita la natura perché la spinta di
autoconservazione porta all’aggressività, è una trasformazione della natura. Secondo M. l’obiettivo
dell’educazione è quello di nascondere le passioni ma non può eliminarle. L’uomo educato
nasconde le pulsioni egoistiche naturali in pubblico, non si comporta come vorrebbe. La distinzione
fondamentale che lui fa è quella morale/religione. La moralità dell’uomo deve essere studiata a
partire dalla natura, per se stessa e non in funzione di una finalità religiosa come la salvezza
dell’anima. Questo comporta che lui rivendica l’AUTONOMIA DELLA MORALE. Secondo il modello
tradizionale l’uomo è immagine di Dio e quindi si distingue dagli altri animali per la ragione che gli
fa distinguere bene e male e che è data da Dio. Il modello non regge più. Polemica contro questa
concezione: bisogna separare. Per spiegare il suo assunto non fa riferimento alla religione
cristiana ma a quella egizia che è naturalistica in quanto adora gli animali, gli oggetti ed è
un’assurdità eppure si affianca ad una civiltà raffinata con invenzioni e costruzioni -> non è la
religione che fonda la civiltà! -> distinzione tra campi -> religione svuotata da funzioni morali e
politiche. Dice una cosa per farne capire un’altra: il modello non sta in piedi. Dietro alla critica alla
religione pagana c’è l’attacco a quella cristiana: è meglio quella pagana. Condanna la pagana ma
in realtà ne dimostra la superiorità in quanto questa non faceva confusione tra campi come nel
cristianesimo. Bisogna capire che il ‘600 era stato un secolo di GUERRE DI RELIGIONE: il
cristianesimo non era pace, non poteva fondare la morale.
Pierre Bayle (1647, Rotterdam- 1706) nei Pensées aveva messo in dubbio che la religione fosse
una componente imprescindibile nella vita dell'uomo e che una pacifica convivenza potesse
svolgersi anche tra atei. Dello stesso avviso non era però Locke, che ritenne gli atei tra i pochi non
destinatari della tolleranza. Bayle è il riferimento per la critica alla religione cristiana, che in nome
di buoni principi fa violenze. La divisione c’era stata nel 1517 e da lì guerre (protestanti, cattolici
ecc.). Mandeville si sta inserendo in un orientamento di pensiero che vedeva male il nesso morale-
cristianesimo a causa delle guerre che ne denunciavano il limite. La separazione dei campi porta a
rivalutare le religioni più aderenti alla natura, quelle che non hanno mischiato politica. Il
Cristianesimo pretende di dire come deve andare il mondo e questa è ipocrisia. Chi critica le sue
favole è ipocrita e dovrebbe guardarsi allo specchio. Predicano il moralismo, la povertà ma non
praticano. La religione è un’espressione della società, non la costituisce. M. usa i temi di una
corrente di polemica contro la Chiesa, chiamata di “libero pensiero”, composta da persone che
fanno parte di quel mondo ma lo criticano.
Pag. 138 “La cura di tutti i governi è tenere a freno la sua ira per mezzo di severe punizioni
quando reca danno” —> La paura determina ira in seguito all’invidia e all’orgoglio; è alimentata
dagli stimoli dell’amore di sé, della moltiplicazione dei desideri, che sono appunto strettamente 9
legati all’amore di sé. Questo determina che maggiormente si amplia la società, tanto più
aumentano i desideri e, di conseguenza, aumenta il rischio di non poter soddisfare i desideri. La
paura quindi si diffonde, proprio perché è la conseguenza della messa a rischio della propria
persona. La passione è segno del corpo, anche per questo in passato veniva così disprezzata.
Quello che rimane è la passione, il soddisfare se stessi e l’impossibilità di farlo, incrementando
l’ira, la paura e anche la vergogna, poiché la paura è legata alla morte, quindi vi è la paura di
essere sopraffatti dall’altro e di morire o di essere riconosciuti come inferiori (causando vergogna).
L’educazione e l’arte intervengono sulle passioni, lavorandoci sopra. Questo modello si basa sul
tema dell’arte, senza la quale non si potrebbe costruire la società; esiste l’arte intesa come
prodotto dell’uomo. Shaftesbury non esprime, come Mandeville, il senso della guerra, il mondo
machiavellico (uomo immerso nel conflitto); lui descrive una immagine più irenica, di pace, alla
Erasmo: l’idea di una naturale di accordo e armonia (per Erasmo visione cristiane) che consente la
pace tra gli uomini. Tutti sono dentro questo senso universale del bello, di armonia e di ordine; è
naturale, come le passioni per Mandeville, e innato. Mandeville non usa mai il termine ”innato”,
poiché medico e vorrebbe dire intendere qualcosa di antecedente che non si sa da dove viene,
cosa che il medico puntualmente rifiuta, volendo guardare all’esperienza. Per Shaftesbury gli
uomini hanno un senso del bello, dell’ordine. I due quindi sono radicalmente diversi: uno
rappresenta il conflitto (società costruita sulla paura) e l’altro la naturale predisposizione al bene
(possibilità di accordo). Questa idea a Shaftesbury scaturisce da un presupposto di tipo platonica,
poiché presuppone, appunto, un innato senso del bello: il platonismo diventa il modello
dell’accordo. E’ platonico\neoplatonico perché vi è l’idea di una idea che abbraccia tutti, è innata,
non c’è di mezzo il corpo o lo studio dei corpi, è qualcosa che viene prima della realtà artificiale.
Entrambi i filosofi si basano sul sentire, su qualcosa a priori (le passioni per Mandeville e il senso
del bello per Shaftesbury). La filosofia di S. e di M. è una forma di platonismo, quindi, perché ha
un qualcosa di comune a tutti, tuttavia sorpassa tutto quello che elimina l’esperienza. Il corpo non
è importante, il senso del bello per S. e le passioni per M. partono dall’anima. Vi