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DICHIARA ESSERE L'IN-Sè NOI ABBIAMO LA MISURA CHE ESSA HA STABILITO ALLA

QUALE COMMISURARE IL SUO SAPERE.

Un intervento aggiuntivo da parte nostra risulta superfluo, perchè concetto e oggetto, misura e ciò

che viene misurato, essere per un altro e essere in sé, sono già presenti nella coscienza stessa e così

siamo sollevati dal vero e proprio esame, così mentre la coscienza esamina se stessa a noi non

rimane che stare a vedere.

Come procede l'esame? Alla coscienza avviene che quello che in precedenza ai suoi occhi era l'in

sé, non sia l'in sé perchè si accorge che era un in sé solo per lei. Mentre la coscienza scopre nel

proprio oggetto che il suo sapere non vi corrisponde più ( perchè quella x è soltanto f(x) ), l'oggetto

stesso non tiene più; la misura dell'esame si muta. Quel primo oggetto le si muta e cessa di essere

l'in sé e ai suoi occhi diviene un oggetto tale da essere l'in sé soltanto per lei. Quest'ultimo essere

per lei dell'in sé è dunque il vero e questo nuovo oggetto contiene la nullità del primo ed è

l'esperienza fatta su di esso.

Questo MOVIMENTO DIALETTICO CHE LA COSCIENZA ESERCITA IN SE STESSA, NEL

SUO SAPERE COSì COME NEL SUO OGGETTO, IN QUAN TO DI QUI ESSA VEDE

SCATURIRE IL NUOVO OGGETTO VERO, è PROPRIAMENTE Ciò CHE VIENE CHIAMATO

ESPERIENZA.

La coscienza raggiungerà un punto in cui deporrà la sua parvenza di essere inficiata da qualcosa di

estraneo che è soltanto per lei ed è in quanto altro; arriverà dove l'apparenza diviene uguale

all'essenza e si riconoscerà essa stessa come spirito.

2.LA CERTEZZA SENSIBILE; ovvero il questo e l'avere-in-mente

Il sapere che è nostro oggetto immediatamente non può che essere anch'esso sapere dell'immediato

o dell'essente. Il nostro atteggiamento di fronte ad essere sarà altrettanto immediato cioè di

registrazione, siamo tenuti a non alterare nulla di esso per come si offre e quindi a tener distinto

quell'accogliere dall'atto del comprendere concettuale.

Il contenuto della certezza sensibile fa sì che essa appaia come la conoscenza più ricca, per la quale

non si distingue limite esterno o interno di spazio e tempo e come la più veritiera, perchè non ha

tralasciato nulla dell'oggetto che ha di fronte nella sua totale completezza.

Tuttavia questa certezza di fatto si dà a vedere come la verità più astratta e più povera. Di ciò che sa

non enuncia che questo: “esso è” e la sua verità contiene unicamente l'essere della cosa.

Io vi sono soltanto come puro questi e l'oggetto vi è soltanto come questo. Nè Io né la cosa hanno

qui il significato di un molteplice, è un aspetto che non riguarda la verità della certezza sensibile.

La semplice immediatezza costituisce la verità di essa.

→Però, in tale certezza del puro essere ricadono subito fuori i due deittici già nominati: un questi

come Io e un questo come oggetto. Se riflettiamo su tale differenza risulta che né l'uno né l'altro dei

due termini è nella certezza sensibile immediatamente ma essi anzi sono in quanto mediati. Io ho la

certezza per mezzo di qualcos'altro, la cosa, e questa allo stesso modo è nella certezza per mezzo

dell'Io. Registrando così come abbiamo detto di fare per la certezza sensibile ciò che troviamo in

essa, vediamo che l'uno dei due termini è posto come entità semplice cioè immediatamente,

l'oggetto; l'altro come termine inessenziale e mediato, che non è in sé ma per mezzo d'altro, l'Io,

cioè un sapere che sa l'oggetto solo perchè l'oggetto è.

IN SE'_ “OGGETTO” La verità della certezza sensibile è l'oggetto per come essa lo ha in sé.

→ Bisogna allora prendere in considerazione questo oggetto e vedere se il concetto dell'oggetto che

ne farebbe l'essenza corrisponde al modo in cui la presenza di esso si dà nella coscienza sensibile.

“Che cos'è il questo?” La figura che è propria del suo essere è l'”adesso” e il “qui”.

L'”adesso” che è viene trattato come un essente, ma esso si mostra piuttosto come un non essente

perchè di per sé l'” adesso” si mantiene ma come qualcosa che non è più, come un negativo in

generale. Questo “adesso” quindi non è qualcosa di immediato, bensì è un che di mediato, in quanto

permane e si mantiene, viene determinato tramite il fatto che altro non è. Lo stesso vale per il “qui”.

A una semplicità di tal genere, che è per negazione, noi diamo il nome di UNIVERSALE: dunque

l'universale è il vero della certezza sensibile.

Quando diciamo esso è, diciamo l'essere in generale; ma in tal modo non ci rappresentiamo

certamente il “questo”, bensì enunciamo l'universale→ parlando non ci esprimiamo affatto secondo

quanto intendiamo in questa certezza sensibile. Quando andiamo a vedere cosa “questo” sia così

come lo abbiamo-in-mente nella certezza sensibile, ne risulta che il suo vero è l'universale, ma

il linguaggio che esprime questo universale, questa sua verità, non ha niente a che vedere con

quello che intendevamo.

Non c'è la possibilità di dire un essere sensibile per come lo abbiamo in mente.

→Il “questo” viene a indicarsi così come semplicità mediata (dalla negazione), ossia come

universalità.

Con questo risultato si è invertita la situazione di partenza: l'oggetto che doveva costituire

l'essenziale, ora per la certezza sensibile è l'inessenziale e la certezza sensibile adesso si dà

nell'opposto, nel sapere mentre prima era questo ad essere inessenziale. L'oggetto è perchè Io so di

esso.

PER SE'_ “SOGGETTO” La verità della certezza sensibile è nell'oggetto in quanto mio, per

come esso è per lei.

La certezza sensibile è scacciata dall'oggetto, ma non la si è ancora levata, bensì è stata solo

risospinta nell'Io.

Cosa ci indica l'esperienza relativa a quest'altra realtà della certezza sensibile? La verità di essa

risiede nell'immediatezza dell'Io, nell'immediatezza del mio vedere, udire, e così via. Il dileguare

dell' “adesso” e del “qui” viene impedito dal fatto che sono Io a trattenerli. Tutto ciò che non

dilegua è l'Io come universale, il cui vedere non è un vedere ne di questo o di quello ma è un

semplice vedere, indifferente.

Io è universale al modo in cui lo sono l' “adesso”, il “qui” oppure il “questo” in generale.

Certo, ho in mente un Io singolo, ma allo stesso modo in cui non posso dire cosa intendo per

“adesso” e “qui”, così non sono in grado di dire cosa intendo per “Io”: dicendo “questo” come

qualcosa di singolo, dico invece ogni “questo”, dicendo “Io” come singolo dico in generale ogni

Io.

La certezza sensibile sperimenta il fatto che la sua essenza non sta né nell'oggetto né nell'Io e che

l'immediatezza di entrambi non è tale perchè quanto ho in mente è piuttosto un che di inessenziale,

mentre l'oggetto e l'Io sono universali nei quali le determinazioni da me intese non restano, né

permangono, non sono.

IN SE' E PER SE'_ “SOGGETTO-OGGETTO” In questo modo giungiamo a porre come

essenza della certezza sensibile la totalità di essa, non più uno dei suoi momenti. Dunque è solo

l'intera certezza sensibile a mantenersi salda in sé come immediatezza.

A mantenere questa immediatezza è il rapporto che rimane uguale a se stesso e in tale rapporto non

può penetrare alcuna distinzione.

Allora dobbiamo insinuarci nel medesimo punto del tempo e dello spazio, nell' “adesso” e nel “qui”,

dell'Io e farci indicare quella verità.

In questo far-segno noi vediamo un movimento del tipo: 1) indico l' “adesso” che è affermato come

il vero; però lo indico come qualcosa che è stato, come qualcosa di levato, allora levo la prima

verità, 2)come seconda verità affermo che esso è stato ed è stato levato, 3) ciò che è stato non è;

levo la seconda verità, nego la negazione dell' “adesso” e ritorno alla prima affermazione: l'

“adesso” è.

Nè l' “adesso”, né l'indicarlo costituiscono qualcosa di immediato e semplice, bensì sono un

movimento che ha in sé momenti diversi. L'indicazione stessa è il movimento che enuncia ciò che l'

“adesso” è in verità: un risultato, una pluralità di “adesso” raccolti insieme, e l'indicare è l'atto

attraverso cui si esperisce che è un universale. L'indicare della verità della certezza sensibile

nella sua totalità fa mostra di essere non già un sapere immediato ,bensì un movimento che va

dall' “adesso” o dal “qui” mentalmente inteso, attraverso molti “adesso” e molti “qui”,

all' “adesso e al “qui” universali.

► La dialettica della certezza sensibile non è altro che la semplice storia del movimento o

dell'esperienza che fa di essa: in ogni certezza sensibile non si sperimenta altro che quanto abbiamo

visto, ossia il questo come un universale; che è proprio il contrario di ciò che l'affermazione di un

questo sensibile garantisce essere esperienza universale.

La certezza sensibile parla del suo oggetto come una cosa effettiva, assolutamente singola, del tutto

personale, individuale. Ma se di qualcosa non si dice nulla oltre al fatto di essere una cosa-oggetto

dotata di realtà effettiva, di un oggetto esteriore, allora non si fa altro che enunciare il massimo

grado d'universalità, proclamandone perciò anche l'uguaglianza con tutte le altre piuttosto che la sua

propria.

L'oggetto così universale lo accolgo per come esso è in verità; invece di sapere qualcosa

d'immediato, prendo-per-vero: cioè percepisco.

3.LA PERCEZIONE; ovvero la cosa-oggetto e l'illusione

La certezza sensibile no

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A.A. 2014-2015
10 pagine
3 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/04 Estetica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher dalilagiuliana di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'estetica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Garelli Gianluca.