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COMPOSIZIONE E CARATTERISTICHE FONDAMENTALI
La Costituzione è composta di 139 articoli, anche se 4 sono stati abrogati, e risulta essere divisa in 4
sezioni:
− Principi fondamentali (art.1-12)
− Parte prima, diritti e doveri dei cittadini (art. 13-54)
− Parte seconda, concernente l'ordinamento della Repubblica (art. 55-139)
− 18 disposizioni transitorie e finali, riguardanti situazioni relative al trapasso dal vecchio al nuovo regime
e destinate a non ripresentarsi.
Per quanto concerne le sue caratteristiche, essa si presenta come una Costituzione: "scritta", “rigida",
"lunga" e "democratica". Anzitutto appare "scritta", poiché la normazione è contenuta in un testo legislativo
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scritto; "rigida", poiché è necessario un procedimento parlamentare aggravato per la riforma dei suoi
contenuti (non bastando la normale maggioranza), ed inoltre le disposizioni aventi forza di legge in
contrasto con la Costituzione vengono rimosse con un procedimento innanzi alla Corte costituzionale;
"lunga", poiché non si limita a disciplinare l’organizzazione dello Stato e i diritti fondamentali dei cittadini
come accadeva invece per lo Statuto Albertino, ma detta numerose norme che riguardano i compiti dello
stato e i rapporti sociali ed economici (per esempio i diritti dei lavoratori, il diritto alla salute, la previdenza
sociale, il diritto allo studio ecc.); infine si presenta “democratica”, poiché è stata votata da un’Assemblea
Costituente, a sua volta eletta da tutti i cittadini (cosa che non avvenne per lo Statuto il quale fu concesso
dal sovrano ai sudditi). CAPITOLO III
PRINCIPI FONDAMENTALI E TRAGUARDI SOCIO-POLITICI
Il testo scaturito dal dibattito svoltosi in sede di Assemblea costituente configura un sistema costituzionale
radicalmente difforme da quello che aveva trovato espressione nello Statuto Albertino e negli sviluppi
successivi che esso aveva conosciuto. Si tratta di un sistema che, per vari aspetti, risente di modelli
sperimentati nelle costituzioni di alcuni stati liberaldemocratici europei, oltre che delle più recenti
esperienze costituzionali degli ordinamenti anglosassoni.
Anzitutto muta il fondamento di legittimazione dello Stato: secondo r art. 1.2 Cost. "la sovranità appartiene
al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". Il principio della sovranità popolare sta
a significare che, nel nuovo sistema costituzionale, nessun organo di governo vantare una legittimazione
autonoma all’"esercizio delle massime funzioni statuali, ma dovrà, invece, poter contare su una
legittimazione proveniente dall'unico soggetto (il popolo) che, in quanto titolare della sovranità, è in grado di
attribuirne l'esercizio ad altri soggetti.
In questo ambito si parla in particolare della categoria degli organi costituzionali, che sono nel nostro
sistema costituzionale, oltre al corpo elettorale, il Parlamento, il Presidente della Repubblica, il Governo, e
la Corte costituzionale.
Tutti organi che hanno un rapporto più o meno diretto con il popolo (sono cioè organi rappresentativi);
hanno il compito di determinare gli obiettivi della politica nazionale nel quadro dei principi costituzionali
(sono, seppure in misura assai diversa fra loro, organi titolari della funzione di indirizzo politico); infine, non
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possono, se non in casi del tutto eccezionali, essere sostituiti nell'esercizio delle loro funzioni (sono organi
indefettibili).
In questo quadro, il ruolo dello Stato si riassume in una funzione strumentale di garanzia, di pieno sviluppo
dei valori personalistici e comunitari dei cittadini e, più in generale, dell'intero consorzio umano: il
fondamentale art. 2 Cost. non a caso afferma che '"la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità…", facendo
riferimento quindi a tutti gli uomini, individuati come portatori di valori individuali e sociali preesistenti alla
stessa organizzazione statuale (d'altra parte, a conferma della tendenziale apertura universalistica della
nostra Costituzione, le disposizioni contenute nell’art. 11 Cost. non solo rifiutano la guerra come strumento
di risoluzione delle controversie internazionali, ma ipotizzano il superamento della stessa sovranità
nazionale). Ed il primo comma dell’art. 3 Cost. riprende e ribadisce con la massima precisione il principio
liberale della eguaglianza di tutti i cittadini, dotati di "pari dignità sociale", ed "eguali davanti alla legge,
senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e
sociali". Tale articolo racchiude in sé un messaggio rivoluzionario che trovava finalmente una completa
formalizzazione; bisogna a tal proposito ricordare, infatti, che proprio con l'avvento della Costituzione
repubblicana, o meglio con le elezioni relative alla scelta tra repubblica o monarchia, si applicò il suffragio
universale che diede alle donne la concreta possibilità di adempiere il proprio dovere civico alla pari degli
uomini.
Ma se l’elenco delle libertà garantite è assai più ampio che nelle antiche costituzioni liberali, in particolare
emergono ora come largamente tutelate quelle libertà collettive che in precedenza erano state ignorate, se
non addirittura osteggiate.
L'apertura verso i valori del pluralismo sociale non si ferma al riconoscimento, pur importante, delle libertà
associative, ma si traduce anche nell'attribuzione di veri e propri poteri ad alcune essenziali formazioni
sociali, di cui si riconosce un ruolo in certa misura incomprimibile (si pensi, ad esempio, alla famiglia, alle
comunità locali ed a quelle linguistiche, ai partiti, ai sindacati, alle confessioni religiose ecc.), Se l'ultima
parte dell'art. 2 Cost. affianca ai "diritti inviolabili" i "doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e
sociale" cui occorre di necessità adempiere, il secondo comma dell’art. 3 Cost. esprime con assoluta
chiarezza il superamento dello Stato liberale a favore dello Stato sociale, prescrivendo che "è compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando, di fatto, l'eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
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all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Tutto ciò comporta non solo l'individuazione di
tutta una serie di doveri ed anche di limiti alle situazioni di vantaggio, motivati dalla tutela di esigenze di
solidarietà (si pensi, ad esempio, ai vari limiti in materia di attività economiche), ma anche l'inserimento in
Costituzione, accanto ai classici diritti di libertà, costruiti come sfere di autonomia protette dalle
intromissioni di soggetti esterni, di numerosi diritti sociali, concepiti come diritti sociali, concepiti come diritti
ad un impegno dei pubblici poteri ad operare, in positivo, per il raggiungimento di condizioni di maggiore
giustizia e di più equo sviluppo. Ma ancora: la necessità di rimediare a situazioni di disuguaglianza di fatto,
non sanabili attraverso il libero confronto degli Interessi contrapposti, è alla base di alcune disposizioni
costituzionali che espressamente tendono a favorire i ceti sociali più deboli (basti qui ricordare, ad esempio,
il principio secondo il quale le Imposte si pagano secondo aliquote progressive, o la garanzia costituzionale
del solo diritto di sciopero dei lavoratori e non del correlativo diritto di serrata dei datori di lavoro, o la
disposizione secondo la quale la retribuzione del lavoro deve comunque essere "sufficiente ad assicurare a
se ed alla famiglia una esistenza libera e dignitosa").
Più in generale, va considerato che l'art. 1 Cost., definendo l'Italia come una "Repubblica democratica,
fondata sul lavoro", individua nel lavoro, inteso come contributo che ciascuno da al progresso materiale e
culturale della società, il valore sociale primario, il che non può non essere letto che come polemica
puntualizzazione rispetto ai sistemi statali in sostanza fondati sulla preminenza sociale dei possessori dei
beni.
In questo quadro, vanno letti anche quei principi che disegnano il rapporto tra lo Stato e l'economia o, in
altre parole, i principi della c.d.’~costituzione economica". Tra questi vanno ricompresi innanzitutto quelli
che toccano i rapporti di lavoro e, più in particolare, quelli che, ribaltando la precedente tradizione fascista e
prefascista, riconoscono non solo la libertà sindacale (art. 39), ma anche il diritto di sciopero (art. 40). In
secondo luogo, quelli che attengono da un lato alla disciplina dei diritti di proprietà e di libera iniziativa
economica, dall’altro la disciplina dell' intervento diretto dei pubblici poteri sull'economia. Quanto al primo
aspetto (diritto di proprietà e di iniziativa economica), in linea con le altre costituzioni degli altri Stati sociali
contemporanei, anche la Costituzione italiana, nel riaffermare la tutela di tali diritti, ne consente varie
limitazioni a fini sociali: così l'art. 42.2 riconosce e garantisce la proprietà privata, ma ne consente una
disciplina legislativa che ne assicuri la funzione sociale e ne favorisca r accesso al maggior numero
possibile di soggetti; così l'art. 41 afferma la libertà dell'iniziativa economica privata, ma contestualmente
non solo vieta che essa possa essere esercitata in contrasto con l'utilità sociale, con la sicurezza e la
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libertà e dignità umana, ma prevede anche che essa possa essere indirizzata e coordinata dalla legge.le
raggiungimento di fini sociali.
Quanto all'intervento dello stato nell'economia, la linea di fondo della nostra costituzione economica è quella
volta all'istituzione di un sistema misto, nel quale iniziative pubbliche e private, nell’ambito dei programmi
generali fissati dal legislatore, contribuiscano al perseguimento delle finalità di riequilibrio economico e
sociale indicate dall’art. 3.2 (art. 41). Un intervento dello Stato visto non come obbligatorio, ma come
facoltativo (là dove esso risulti di fatto necessario), così come confermato dal disposto dell’art. 43, dove si
afferma che, per fini di utilità generale, la legge riservare allo stato, ad enti pubblici o a comunità di
lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese.
L'assetto complessivo dei pubblici poteri che è stato scelto rappresenta il frutto del tentativo di costruire un
sistema capace di superare i limiti di una democrazia fondata solo sulla