Anteprima
Vedrai una selezione di 5 pagine su 17
La cornice del colloquio Pag. 1 La cornice del colloquio Pag. 2
Anteprima di 5 pagg. su 17.
Scarica il documento per vederlo tutto.
La cornice del colloquio Pag. 6
Anteprima di 5 pagg. su 17.
Scarica il documento per vederlo tutto.
La cornice del colloquio Pag. 11
Anteprima di 5 pagg. su 17.
Scarica il documento per vederlo tutto.
La cornice del colloquio Pag. 16
1 su 17
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

4. ANATOMIA DEL COLLOQUIO (PRIMA PARTE)

I PRELIMINARI DEL COLLOQUIO

Comprendono gli aspetti materiali e psichici del clinico che fanno parte della cornice del

colloquio e ne consentono lo svolgimento.

Se abbiamo ben chiari gli scopi del colloquio, le possibilità operative nostre e del nostro

ambiente, se abbiamo una stanza modesta, possiamo cominciare con il colloquio,

partendo dall’appuntamento.

APPUNTAMENTO- esso può essere fissato da noi e da altre persone. Può essere fissato

da terzi quando si ha a disposizione una persona affidabile in grado di prendere

appuntamenti senza combinare pasticci; è presente un agenda di lavoro organizzata del

gruppo istituzionale in grado di mostrare l’andamento futuro del lavoro; il gruppo

istituzionale lavora bene. Se tali prerequisiti non sono presenti è possibile dire a chi

risponde al telefono che i pz devono chiare in un orario stabilito da noi, in modo tale da

poter prendere noi stessi l’appuntamento.

L’appuntamento va fissato in momento in cui sappiamo di avere a disposizione una

relativa calma e basso tasso di stress, soprattutto se si stratta di un primo colloquio. È

meglio fissare l’appuntamento con qualche gg più in là che nel breve termine se non si ha

a diposizione la completa disponibilità. In genere sono necessari 45 min totalmente

dedicabili al pz.

Fissare un appuntamento è già una comunicazione al pz, poiché gli si comunicherà che lo

si sta prendendo in considerazione, soprattutto quando diamo una comunicazione precisa

dell’orario e del gg. Ma è anche una pre-presentazione, in quanto sia che si parli con il pz

direttamente o con i familiari, amici vi sarà un primo incontro comunicativo; tuttavia spesso

quando si prende un appuntamento i pz o familiari iniziano a parlare al telefono come se

già stessero facendo un colloquio, e tale comunicazione va ridotta al minimo dicendo

all’interlocutore ad esempio “possiamo parlarne meglio durante il colloquio..”.

Importante è lasciarsi dare un recapito telefonico, nel caso in cui l’appuntamento debba

essere spostato.

APPUNTAMENTO DA PARTE DEL PZ- Il pz può fissare un appuntamento da solo, o

facendoselo prendere dai familiari, amici. In questo caso è importante chiedere come mai

non l’abbia fatto il diretto interessato. I motivi sono molteplici: sta dormendo, lavorando, è

in vacanza, è contrario. Se i motivi ci appaiono futili si può chiedere a chi ha telefonato che

preferiamo essere richiamati dalla persona che deve affrontare il colloquio. Se i motivi ci

appaiono più accettabili si può fissare l’appuntamento, ma evitando le comunicazioni fatte

dai pareti sulla condizione psichica del pz per 2 motivi:

- sono frutto di una visione del pz e di sé

- il fatto che il pz venga presentato dai familiari è il risultato di una manipolazione

inconscia del z su di loro ed indirettamente su di noi.

Inoltre non si deve escludere la possibilità che il pz non ne sapeva nulla. Importante è non

trattare “male” i parenti, poiché in altro momenti potremmo avere il bisogno di parlare con

loro.

Il periodo che va dall’inizio alla fase libera compresa è quella che decide le sorti del

colloquio. Dura per quasi tutta la durata del colloquio, per una durata di 45-50 min in

corrispondenza alla curva dell’attenzione.

L’INIZIO E IL RICONOSCIMENTO

Un buongiorno ed una stretta di mano, uniti ad un indicazione precisa di dove si deve

accomodare il pz sono sufficienti e comportamenti ottimali. Indicare il posto che il pz deve

occupare gli evita un imbarazzo inutile.

Qui inizia il colloquio, dove vi sono 2 problemi: le informazioni preliminari e la scelta del

tipo di colloquio da compiere.

 INFORMAZIONI PRELIMINARI- sono le informazioni che attraverso la modalità con

cui si è fissato l’appuntamento o altri fonti si sanno del pz. Spesso queste info sono

inutili, o riguardano il malessere del pz espresso in termini generali, tuttavia nel

caso in cui ci sia stato comunicato qualcosa che riteniamo essere utile e notevole,

essa deve essere comunicata al pz, ma non la cosa in se per se solo il fatto che noi

eravamo a conoscenza di quell’informazione. Tuttavia in alcuni casi si deve avere la

responsabilità di tacere, e contenere il pz, quando si ha la sensazione che il pz non

sia in grado di contenere le tensioni.

 SCELTA DDEL TIPO DI COLLOQUIO- i colloqui si suddividono il liberi e guidati,

anche se il grado di libertà di un colloquio e difficile da definire, in quanto i

prerequisiti mentali insiti nel clinico durante un colloquio, le impressioni tra i

colloquianti ed altri fattori non rendono mai pienamente libero una persona e

tantomeno un colloquio. Nel COLLOQUIO LIBERO lo psicologo lascia parlare il pz

di sé e di presentarsi verbalmente. Tuttavia quando vengono meno le condizioni

generali per poter condurre una conversazione, vengono meno le condizioni per

condurre un colloquio libero. Pz che parlano in maniera confusa con poveri nessi di

significato tra le parole, difficilmente renderanno fattibile una conversazione; inoltre

persone confuse, gravemente depresse non sopportano cmq un colloquio libero.

Fatto accomodare il pz basterà una frase breve per invitarlo a parlare; essa deve

essere un invito e nulla più, non si deve stare ne completamente zitti ne parlare

troppo. Sonno ottimali un sorriso ed un dunque. Fondamentale è ricordarsi sempre

in questa prima fase che nonostante l’appuntamento, le info preliminari, la nostra

impressione emotiva, noi non sappiamo nulla del pz e dobbiamo seguire il nostro

scopo principale: capire come è fattala mente del pz.

Tutto questo periodo iniziale contiene un elemento fondamentale di RICONOSCIMENTO

tra pz e clinico. Come noi abbiamo avuto le nostre info iniziali, anche il pz ha avuto una

serie di info preliminari su di noi, anche se entrambi le info sono pervenute alle persone

pur non incontrandosi mai prima del colloquio. Nella fase iniziale le prime impressioni e

fantasie sono per la prima volta soggette a verifica ed hanno impatto sul pz.

LA FASE LIBERA DEL COLLOQUIIO

In questa fase dobbiamo saper utilizzare le nostre capacità di discrezione, tolleranza ed

empatia che comunicati tramite la mimica, la gestualità, sguardo, tono di voce sono

importanti perché creano nel pz la sensazione di potersi lasciare andare a parlare e a dire

qualsiasi cosa, anche perfida nei nostri riguardi ma che cmq gli permettono di presentare

la propria realtà psichica.

Durante la fase libera ci sono della aperture TIPICHE E ATIPICHE che il pz può utilizzare

nell’iniziare la conversazione.

APERTURE TIPICHE

1. Presentare il problema generale o i sintomi che lo hanno spinto a recarsi da noi.

Spesso si accompagna ad un mi imo di storia dell’evoluzione del sintomo, altre

volte vi è solo la presentazione del disturbo. Il SINTOMO è un comportamento

difensivo che l’io del pz ha faticosamente elaborato per evitare di essere allagato

dai contenuti inconsci non tollerabili. Alcuni pz dopo averci dato una descrizione del

sintomo tacciono, facendo intendere che adesso tocca al clinico fare qualcosa.

L’espressione diretta del sintomo può essere un’espressione di fiducia nel dire

subito ciò che si teme senza inganni o u gesto aggressivo, scaricando il contenuto

disturbante su di noi. Nella sua espressione inoltre può essere nascosta una

domanda implicita, cui sta a noi i compito di formularla. La presentazione del

sintomo in prima battuta accompagnata da uno stop del pz subito dopo sta a

significare un tentativo di separazione tra la sindrome psicopatologica e se stessi

come persone. Ma può avere anche il significato di un test che il pz ci sta

sottoponendo per vedere se ci interessiamo a lui come persona o se stiamo

ponendo le cose in termini medici.

2. Il pz inizia a raccontare la propria storia. Se il pz fa una piccola premessa in cui

indica dei fatti rilevanti che sono implicati nella causa, genesi, mantenimento del

disturbo essa ci aiuta. Ma ci sono anche premesse che sono utilizzate in termini

difensivi dalla vera comunicazione scottante, con la funzione di ritardala; e

premesse e racconti interminabili protratte fino alla fine del colloquio. Nei racconti

interminabili o cmq che sembrano poco rilevanti, l’elemento comunicativo è implicito

nel modo in cui il pz parla per presentarsi.

3. Il pz parla del proprio ambiente lavorativo, familiare, le amicizie, parlando anche

degli elementi materiali o elementi del proprio modo di vivere. Questa distinzione si

fa poiché questo modo nasconde problemi legati a questioni di identità, in quanto il

soggetto sin identifica con l’ambiente, o a questioni di segreto, in quanto il soggetto

parlando di qualcosa di veramente estraneo al clinico il pz testa che effettivamente

si trova con una persona con la quale solo lui avrà un rapporto.

Il pz usa queste aperture per testare il terreno prima di presentarsi direttamente, queste

modalità rappresentano anche esse PRESENTAZIONI.

Il fatto che ci siamo delle aperture tipiche fa imparare al clinico che deve tollerarle, in

quanto si presenteranno spesso, e hanno anche un elemento di curiosità perché ci fanno

notare che aperture simili nascondono realtà psichiche diverse.

APERTURE ATIPICHE- accadono meno frequentemente- la pz che chiede al clinico se lo

studi si trova in un quartiere malfamato visto che ha lasciato il figlio piccolo fuori in strada.

La fase libera riguarda il pz e non noi, poiché dobbiamo ascoltare, interrogarci sugli stati

emotivi che il pz ci suscita e sui ricordi che affiorano la nostra mente. Inoltre ci sono degli

elementi che dobbiamo cogliere durante questa fase:

-la tollerabilità o meno del pz da parte del clinico- non possiamo tollerale allo stesso modo

tutti gli esseri umani. Ognuno ha una propria struttura mentale se si trova bene o male con

una persona, a seconda di cause personali o del contesto. (C’è chi è sensibile al fascino di

una pz; o non si regge la noia che ne suscita un'altra): tuttavia nessuno è obbligato a

lavorare con un pz se non se la senta, ma con l’esperienza lavorativa la soglia della

tollerabilità si alza. Essa inoltre non dipende sempre da determinate categorie

diagnostiche, in quanto è una valutazione pre-diagnostica.

-la tolleranza della libertà di parola da parte del pz- il pz ha necessita di parlare, ma

secondo anche la regola della reciprocità dobbiamo restituirgli quanto ci ha detto. Il pz

chiede quindi un nostro intervento, anche se spesso lo chiede in tempi brevi e quando non

siamo ancora in grado di fornirglielo. Il momento nel quale lasciamo la parola libera al pz è

un momento sacro, nel quale una persona sente di

Dettagli
A.A. 2018-2019
17 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MarialuciaEvangelisti94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tecnica del colloquio psicologico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di L'Aquila o del prof Saliani Angelo Maria.