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DIMENSIONI

Liberisti e critici credono che le dimensioni di un’azienda siano importanti e che

monopoli e oligopoli siano pericolosi.

Mercati perfettamente concorrenziali sono pochi. Difficile per i media.

Media differenti hanno condizioni di mercato differenti.

Alcuni (es. industria cinema) sono difficilmente penetrabili per alti costi .

Per quanto riguarda le dimensioni delle aziende mediali, anche in questo caso c’è una

contrapposizione tra due diverse fazioni, tra coloro che mettono in guardia dal rischio

monopolo o oligopolio (cioè dalla presenza di pochi attori concorrenti), e chi dice che il

libero mercato è l’unica garanzia nei confronti del monopolio. In realtà i critici

ritengono che il libero mercato di per se non sia una garanzia nei confronti del

monopolio, perché il libero mercato lasciato a se stesso, soprattutto nei mezzi di

comunicazione di massa dove sono necessarie ingenti quantità di risorse, il monopolio

è sempre in agguato. Bisogna comprendere bene la relazione tra necessità di denaro

per mettere in piedi un’impresa mediale e il rischio monopolio. Se in un mercato di

beni in cui sono sufficienti pochi soldi per potere attivare una impresa, questo fa si che

molte persone potranno fare impresa, poniamo il caso che il mercato è aperto

(produciamo qualcosa che si può produrre in casa) perché ci vogliono pochi soldi per

entrare nel mercato e offrire un certo bene, allora è normale che si vengano a creare

molte imprese che competono sul mercato, ma quando parliamo di beni o prodotti che

richiedono un’enorme quantità di denaro, chi si può permettere di fare un’impresa?

Solo poche persone possono permetterselo e ci saranno solo pochi attori che potranno

entrare nel mercato, investire e competere, quindi in questo caso il rischio è che ci sia

un solo attore o pochissimi attori e quindi che non ci sia un libero mercato totalmente

concorrenziale. Il caso dei media è un caso di questo tipo, gli economisti della politica

dicono che il libero mercato è una ipotesi astratta, perché non è tutti quanti dall’oggi

al domani possono aprire una emittente radiotelevisiva, o fare un giornale, c’è bisogno

di grandi capitali, grande organizzazione e una grande impresa, quindi il mercato è

libero in teoria ma in realtà è abitato da pochi attori particolarmente danarosi, per

questo esiste un nesso tra capitali richiesti e rischio di oligopolio o monopolio.

Il caso dell’industria del cinema è uno di questi casi, è un caso in cui sono richiesti

tanti capitali e non è un caso che negli USA il mercato dell’industria cinematografica

sia stato storicamente governato dalle grandi aziende dell’impresa cinematografica, di

Hollywood.

DIMENSIONI

I beni prodotti dai media sono simili ai “beni pubblici”.

Definizione.: “il bene è pubblico se il suo consumo da parte di una persona non

equivale a diminuzione offerta per gli altri”.

Produrre la prima copia di un film ha costi alti, i costi marginali sono bassi.

Economia di larga scala e di scopo (catena integrata) e moltiplicazione dei formati

(DVD, Merchandising, ecc.).

Hollywood: dal fordismo al post-fordismo.

Quale è la caratteristica del bene prodotto dai mezzi di comunicazione? Da un punto di

vista economico, il bene prodotto dai media è molto simile a ciò che vengono definiti

in economia, beni pubblici. (troviamo sopra la definizione). Si dicono beni non rivali,

cioè se x ha un bene (mettiamo caso una bottiglia), se lo possiede quella persona x,

un’altra y non lo può avere ma se un’altra persona y lo compra, x non avrà più quel

bene perché lo possiederà y. Gli oggetti sono spesso così. Ma pensiamo ad un altro

bene, ad esempio una idea, se io ho una idea e do l’idea a un’altra persona, entrambe

avremo un’idea, sono beni con caratteristiche diverse, per cui il possesso o il consumo

non crea un danno all’altra persona, perché non impedisce che anche l’altra persona

ce l’abbia, anzi c’è un arricchimento perché possiamo unire le nostre idee e diventa

qualcosa di più interessante. Fondamentalmente i beni prodotti dai media sono

materiali e culturali che hanno questa natura, non sono esposti alla rivalità. La

caratteristica di questi beni consiste nel fatto che il costo più importante riguarda la

produzione della prima copia, per scrivere una tesi di laurea o per fare un film, la

fatica, l’impegno e la spesa è concentrata nella realizzazione della prima copia, dopo

di che i cd costi marginali, cioè costi necessari per fare una copia in più di quel

prodotto sono molto bassi. Una volta che il film è fatto, che poi venga duplicato in un

milione di copie o venga proiettato al cinema o in tv alla fine non è un costo

importante, è un grande guadagno perché più persone riesco a raggiungere con il mio

film, più guadagno ho, mentre per la prima copia devo pagare il regista, gli attori, devo

girare il mondo. Sono queste quelle che vengono chiamate “economie di scopo” o “di

larga scala”, i costi di produzione sono tutti concentrati sulla primissima copia e

questo fa si che ci sia un effetto particolare che riguarda il versante della

internazionalizzazione dell’industria culturale.

INTERNAZIONALIZZAZIONE

Teoria dell’imperialismo culturale (Schiller)  DOMANDA FREQUENTE AGLI ESAMI.

Col tempo, lingua franca del capitalismo trasnazionale (Hardt e Negri).

Visione positiva (Nye): soft power e libertà.

Il caso CNN (primo canale all-news).

Teoria dello sconto culturale (Hoskins).

Il caso Al-Jazeera.

Cosa è la teoria dell’imperialismo culturale? L’imperialismo è una condizione di

dominio di una nazione su altre nazioni, per sfruttare le risorse di quella nazione che

viene sottomessa e colonizzata. Questo autore ha coniato questa espressione,

applicando lo stesso principio non al dominio militare ma al dominio culturale di alcune

industrie culturali su altre. L’imperialismo culturale a cui fa riferimento Schiller,

riguarda anzitutto la storia del cinema americano e poi di tutta la produzione

dell’industria culturale americana nei confronti del resto del mondo. Lui dice che ciò

che è avvenuto dagli anni 30 in poi è stato un lento ma inesorabile processo di

colonizzazione culturale, dell’industria americana che attraverso i suoi film e anche la

televisione, la musica, ha finito col colonizzare le culture degli altri paesi, detta

banalmente tutti quanti vogliamo essere americani perché a furia di vedere film

americani e leggere libri americani ci piacciono gli americani e non fruiamo più di

prodotti culturali autoctoni.

Questo è avvenuto per una serie di ragioni, che non sono immediatamente

individuabili ma le cui conseguenze sono abbastanza evidenti, cioè dice Schiller il

rischio dell’imperialismo culturale è una sorta di colonizzazione culturale, cioè la

perdita di valori, la perdita dei propri stili di vita, la perdita delle proprie caratteristiche

culturali e l’adozione di culture di altri paesi. A difesa di questo imperialismo sono

state definite delle regole di protezionismo, in particolare in alcuni paesi dove la difesa

della propria identità culturale è particolarmente sentita, la Francia sicuramente, ma

grazie all’impegno della Francia anche l’UE ha deciso di difendersi e per questo motivo

esistono delle direttive europee che stabiliscono che all’interno della diffusione

prevista dalle reti televisive dei media nazionali, i prodotti realizzati all’estero,

extraeuropei non possono essere più di una certa percentuale, perché senno si finisce

che il 90% della produzione filmica in tv è americana, questo è successo negli anni 80

e 90. La ragione per cui questo si era realizzato è molto semplice, cioè quei prodotti

erano molto convenienti, costavano poco e quindi le catene televisive preferivano

comprare questi prodotti dagli americani pagandoli molto poco piuttosto che produrli

ex novo loro stessi, l’esempio lampante sono le serie come Beautiful, Dinasty, Dallas.

Si chiamano soap poperas perché quando furono utilizzate per la prima volta in

America venivano utilizzate per pubblicizzare il sapone. Soprattutto quando nasce la tv

commerciale in Italia, alle reti Findes conveniva molto, hanno pagato pochissimo cose

che poi sono diventate di grande successo. Schiller è arrivato a dire, che il crollo dei

paesi dell’ex unione sovietica, secondo lui sarebbe riconducibile, più che a ragioni di

tipo militare o economico, al successo che lo stile di vita Americano ha avuto in quei

paesi. Per questo dice che l’imperialismo culturale è estremamente importante, perché

con la diffusione dei modelli di vita si possono creare aspettative e anche illusioni

(perché è chiaro che la vita di tutti gli occidentali non è come quella di Dallas). Prof

consiglia la visione del film “Goodbye Lenin” film degli anni 90, regista tedesco, mette

in evidenza la dipendenza culturale della Germania dell’est dalla Germania dell’ovest e

racconta il crollo della Germania dell’est attraverso i prodotti simboli, considerati

appunto il simbolo di un paradiso terrestre che possedeva solo la Germania dell’Ovest.

18° lezione – 03.12.18

INTERNAZIONALIZZAZIONE In questa immagine si vede un nemico del mondo occidentale, cioè un

Teoria dell’imperialismo culturale (Schiller).

comunista, freddato da un poliziotto che è alleato degli stati uniti

Col tempo, lingua franca del capitalismo trasnazionale (Hardt e Negri).

d’America, un filo-occidentale. Per la prima volta gli occidentali, gli

Visione positiva (Nye): soft power e libertà.

Americani in particolare, subiscono lo shock che si può avere quando

Il caso CNN (primo canale all-news). non si capisce il rispetto dei punti di riferimento, è ovvio che una

Questa forse è la foto più famosa.. si vedono i guerra sempre implica un processo di legittimazione della guerra..

Teoria dello sconto culturale (Hoskins).

Protesta di piazza Tienanmen, immagine simbolica che ha finito per rimanere impressa

soldati americani che stanno accompagnando quando un governo va in guerra la prima cosa che deve fare è dire

Il caso Al-Jazeera. un po’ come (in maniera diversa) il crollo delle torri gemelle. In Cina, c’è una protesta

dei bambini, in realtà questa bambina al centro perché si va in guerra? Perché è giusto, ci sono delle buone ragioni per

Nella lezione precedente avevamo cominciato a descrivere e a spiegare il senso di un

di

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
27 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Federica.R.97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Nicolosi Guido.