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La civiltà della valle dell’Indo
Nella parte occidentale del subcontinente indiano, in quello che è oggi il Pakistan, è attestata a partire dal 2400 a.C., una
grande civiltà, i cui centri principali furono le città di Harappa a nord nel Punjab e di Mohenjo-Daro a sud, nel Sind. La
civiltà della valle dell’Indo o di Harappa, si sviluppò nell’alluvio del film Indo e fu contemporanea allo sviluppo della civiltà
sumero-babilonese della Mesopotamia, con la quale fu anche in stretti rapporti commerciali. E’ difficile dire se queste due
città costituissero le capitali di due regni separata e contrapposti o appartenessero a un unico organismo statale. I loro
edifici erano costruiti in mattoni cotti e disposti in base a piani urbanistici commessi che prevedevano, se non la
fortificazione della città, perlomeno la presenza di una roccaforte. A capo del dell’apparato statale vi era molto
probabilmente un re-sacerdote, che riuniva in sé il potere temporale e quello spirituale. La civiltà della valle dell’Indo aveva
connotati eminentemente urbani e le sue attività economiche si basavano sul commercio fluviale e marittimo e
sull’agricoltura. I prodotti principali erano grano ed orzo, ma anche il cotone era conosciuto e coltivato. Fiorenti erano
anche l’industria metallurgica della terracotta e dell’avorio. Il declino della prima civiltà indiana, si compì per ragioni non ben
chiare. Tra le cause immediate di distruzione larga parte sembra debba essere attribuita alle condizioni di vita, alle frequenti
inondazioni e terremoti, e all’invasione degli Arii, un popolo di origine indoeuropeo proveniente dall’altopiano iranico. Rovine di Harappa
Periodo Vedico
Gli Arii furono portatori di una cultura per tanti versi meno progredita, fondata prevalentemente sull’allevamento del bestiame e sull’agricoltura (cereali, orzo, riso). Questa
popolazione nomade di stirpe indoeuropea si era mossa dall’altopiano iranico verso il 2000 a.C. ed era penetrata nella parte nord-ovest dell’India, fino a occupare la valle
dell’Indo e a estendere in seguito la loro influenza anche nella pianura del Gange. Gli arii non usavano la scrittura, che comparve in India solo molto tempo dopo la loro
invasione, e scarsissime sono le testimonianze archeologiche della civiltà da essi create. Tutto ciò che sappiamo di questo popolo proviene da Veda, testi sacri induisti che
vennero tramandati oralmente per generazioni prima di essere messi per iscritto in sanscrito durante il I millennio a.C. I piu antichi sono i cosiddetti Rgveda, databili attorno al
1600-1500 a.C. e contenenti inni religiosi e mitologie divine, e i Brahmana, spiegazioni sacerdotali dei Veda risalenti al 1000 a.C. La società indiana era divisa in molte tribù
ognuna delle quali aveva a capo un re (rajah), aiutato nelle sue funziona da un’assemblea popolare (samiti) e da una di maggiorenti (sabha). Al re spettavano soprattutto
poteri giudiziari e militari, mentre le pratiche liturgiche e religiose ricadevano sotto la responsabilità dei brahmani (sacerdoti). Soltanto intorno al sesto secolo a.C. la storia
indiana si rischiara, prima di tutto perchè è quella l’epoca in cui visse il Buddha, la cui predicazione filosofico-religiosa rivoluzionò la storia dell’Asia. L’incubo di dover
affrontare la morte infinite volte prima di ricongiungersi all’anima del mondo poteva essere superato soltanto attraverso l’indicazione di una vita che conducesse alla felicità, o
almeno alla privazione del dolore; a questo scopo mirarono appunto, le dottrine del buddhismo e del jainismo, le quali sorsero in India tra i sec. VI e V a opera di Buddha e
Mahavira, i quali si rivolsero indistintamente a tutti gli uomini e predicarono il superamento dei mali del mondo e del ciclo delle reincarnazioni attraverso il comportamento
morale e l’ascetismo.
Le invasioni persiane e la spedizione
di Alessandro Magno in India
Il superamento della frammentazione tribale aria avvenne introno al 500 a.C., allorché emersero alcune formazioni maggiori (mahajanapada), organizzate in repubbliche
aristocratiche o in principati assoluti. Fra queste, la più importante fu il regno di magadha, nella pianura gangetica, i cui re furono i primi sostenitori del buddhismo. La prima
dinastia del Magadha che ebbe una fisionomia storica precisa fu quella dei Nanda che regnò dal 413 al 324 e che fece del suo stato la potenza egemone dell’India settentrionale
e della sua capitale Pataliputra (oggi Patna) la più grande e ricca città indiana del tempo. Le profonde lacerazioni che dividevano le tribù degli arii favorivano alla fine del VI
secolo i progetti espansionistici dei persiani, che contemporaneamente all’affermazione del regno di Magadha, invasero la regione dell’Indo, dell’Arachosia e del Gandhara
(odierni Pakistan e Afghanistan), che portarono all’occupazione del territorio e alla sua organizzazione in una delle venti satrapie al tempo del re Dario I. Il dominio persiano fu
tuttavia poco più che nominale, dato che si limitò alla richiesta di tributi e all’invio di truppe nella regione. Ancora più precaria fu la spedizione di Alessandro Magno di
Macedonia, che si presentò in India come l’erede dei sovrani achemenidi. Egli fondò colonie e lasciò governatori greci in diversi territori, ma appena dieci anni dopo, la sua
morte, avvenuta nel 323, il dominio greco sulla valle dell’Indo crollò. La fugace apparizione del re macedone contribuì tuttavia, ad aprire all’Occidente la conoscenza di un
mondo lontano, con il quale si avviarono traffici e rapporti commerciali, che proseguirono poi in età romana.
L’impero Maurya
Poco dopo la spedizione di Alessandro Magno avvenne un mutamento politico che portò al primo tentativo di unificazione di gran parte dell’India: il giovane Candragupta,
spodestò l’ultimo re Nanda del Magadha e fondò la dinastia dei Maurya, dal nome della famiglia di appartenenza, che continuò ad avere in Pataliputra la propria sede.
Affiancato dal fido consigliere Canakya, egli si preoccupò innanzitutto di recuperare al dominio indiano i territori della valle dell’Indo in mano ai macedoni, dopo aver sconfitto i
governatori lasciati da Alessandro nella regione. Affrontò anche Seleuco Nicatore di Siria, con il quale stipulò in seguito una lunga pace. Riguardo alla conquista del Deccan,
non si sa se sia stata opera sua o del figlio, e poco si sa della sua politica interna. Il suo primo successore fu Bindosara (o Bhadrasara) che dovette continuare l’opera
paterna, anche se le fonti sono molto scarse di notizie. Il regno Maurya raggiunse l’apogeo sotto il figlio di questi, Asoka. Sotto di lui l’impero Maurya si estese su tutta la
penisola tranne sull’estrema punta meridionale, che rimase indipendente sotto i regni di Kerala, Panda e Cola. Il buddhismo divenne religione di stato. Le numerose iscrizioni
che egli fece collocare in ogni parte dell’impero consentono di ricostruire non solo le sue esperienze religiose e la sua propaganda etica, ma anche la sua organizzazione dello
Stato. Questo aveva una struttura rapidamente centralistica: accanto al nucleo centrale del Magadha, direttamente controllato dal sovrano, il territorio era organizzato in
quattro vicereami, a loro volta suddivisi in province, che furono affidate a funzionari con compiti ispettivi, amministrativi e giudiziari (pradeshika). Le forze armate erano
numerose e ben organizzate. L’economia si fondava sull’agricoltura e sui commerci. Il regno di Asoka sopravvisse nei secoli grazie alle sue splendide forme artistiche. Si trattò
di un arte aulica, d’élite, limitata agli ambienti di corte e profondamente impregnata dell’influsso dell’arte persiana, da cui derivò l’uso massiccio della pietra nelle grandi
costruzioni architettoniche dei palazzi e dei templi. La scultura fu rappresentata dalle grandi colonne che portavano le iscrizioni di Asoka e da altre consimili, ma prive di
epigrafi. Subito dopo la morte di Asoka, l’impero maurya venne spartito e decadde, fino a esaurirsi intorno al 185 a.C., su un territorio sempre più ridotto intorno ai confini del
vecchio regno di Magadha. L’India ritornò alla condizione abituale di un endemico stato di guerra fra regni minori e al continuo succedersi di dinastie che stabilirono solo
effimere egemonie al nord del Paese (Shunga, e Kenva). La crisi interna dell’India aprì le porte alle invasioni straniere, la prima delle quali fu attuata da Demetrio di Battriana,
che nel 183 a.C. discese fino a Pataliputra. Il regno indo-greco di Battriana, già satrapia nord-orientale dell’impero seleucidico, si era reso indipendente verso la fine del sec. III
a.C. e aveva approfittato della crisi dei Maurya per espandersi in India; esso non giunse mai, tuttavia, a una compiuta sistemazione interna e nel corso del secolo successivo si
frantumò in alcuni regni minori, che crollarono nel corso del sec. I a.C. in seguito all’invasione dei Shaka (Sciti), collegata a piu profonde migrazioni in area centro-asiatica, che
fecero sentire i loro effetti anche nella storia cinese. Questi invasero l’India fra il 100 e il 50 a.C. e si stanziarono prevalentemente nei suoi territori centro-occidentali. Il regno
dei Shaka non superò, tuttavia, i limiti di una confederazione fra tribù, nella quale i principi e i governatori locali godevano di larga autonomia. La dominazione shaka fu
spezzata via nei primi anni dell’era volgare da un’altra invasione straniera di nomadi dell’Asia centrale, i Kushan, i quali fondarono uno Stato possente e di grande rilievo
culturale, che sopravvisse fino al 300 d.C. Esso raggiunse il massimo splendore al tempo del re Kanishka, vissuto probabilmente nel sec. II d.C., allorché il suo dominio si estese
a gran parte della pianura gangetica, mentre nell’Asia centrale giunse fino al Turkestan orientale. L’apogeo della potenza kubhana coincise nell’India settentrionale con un
periodo di pace e tolleranza religiosa e politica (il buddhismo conobbe una nuova espansione), alla quale si accompagnò anche un notevole sviluppo economico e
commerciale, sottolineato anche dalla copiatura di monete d’oro. L’arte vi creò forme nuove sotto l’influenza occidentale, particolarmente evidente nella sensibilità formale
ellenistica dell’arte buddhista del Gandhara. Mentre la mobilità sakha superstite aveva creato nell’India centro-occidentale il regno dei Kshatrapa, che sopravvisse fino
all’inizio del sec. V d.C. le regioni del sud, indipendenti dalla fine dei Maurya, video la formazione del regno di Andhra, che sotto la dinastia dei Satavahan estese il proprio
dominio sull’India centro-orientale, a partire dal sec. I a.C. e fino al 300 d.C. Questo fu per l’India del sud un periodo di grande floridezza ecomomica, evidente negli intensi
traffici commerciali con l’Occidente romano e con le isole orientali, e di una notevole fioritura artistica.