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LEZIONE DICIANNOVESIMA
Continuazione sulla Lettera sull'umanismo
Ricordiamo i temi della lezione precedente: Heidegger con il suo linguaggio preciso e rigoroso vuole
invitare i lettori a stare all'altezza del pensiero filosofico che non è assimilabile alle scienze. Le scienze
non pensano e con questo Heidegger vuole dire che esse mirano prettamente all'ente e a un'efficacia
pratica. La filosofia, invece, è caratterizzata dalla pietà del domandare e dell'ascoltare.
Inoltre abbiamo trattato della ridefinizione del termine azione con cui Heidegger si riferisce a un processo
con il quale si porta a compimento il riferimento dell'essere all'essenza dell'uomo. Non è l'uomo che agisce,
ma è l'essere che lascia essere nel pensiero e nel linguaggio la radice delle cose. Senza questo riferimento,
senza la quadratura pensiero – linguaggio – essere – uomo che disvela in senso dell'essere, l'uomo non è
tale, non esiste. L'esistenzialismo, così, come pensiero dell'azione dell'uomo non ha più senso per
Heidegger, mostrando così il netto distacco da Sartre. Se mai il pensiero è impegno dell'essere e seguendo
questa considerazione il pensiero non deve abbandonare il proprio elemento piegandosi all'empirico
tecnico: per essere filosofi bisogna sostare nell'elemento del pensiero che è lo stare in ascolto dell'essere. Si
può definire il senso della riflessione come un passo indietro (pag. 75) che si compie per mezzo di un
continuo domandare andando alla radice.
L'ultimo tema che abbiamo trattato la lezione precedente (Pag. 34) è quello percorso dalla domanda: come
ridare un senso alla parola umanismo? Heidegger affronta immediatamente la questione licenziando ogni
terminologia degli -ismi. Come seconda cosa ammette che se è necessario ridonare un senso ciò significa
che un senso di questa parola lo si è perduto e forse è importante chiedersi se valga la pena recuperarlo
(questione che richiama la stessa domanda che si pone Foucault ne Le parole e le cose in cui si chiede se
non è un bene che l'uomo tramonti). Ciò che però vuole fare Heidegger non è sbarazzarsi del termine ma
restituire alla parola un senso storico (Geschichtlich). Sostenendo che il termine umanismo è iscritto nella
storia della metafisica diviene automaticamente un nostro destino e un invio all'essere all'altezza di questo
pensiero anche per vederlo tramontare: stiamo “su” l'umanismo e “oltre” l'umanismo. L'umanità è da
intendersi in stretta relazione con il destino dell'essere in quanto esso la fa avvenire. Anche in Essere e
tempo l'esserci, non l'uomo, è quell'essere di cui ne va del proprio essere, solo che in questa seconda fase è
l'essere che fa avvenire l'umanità dell'uomo. Se l'umanismo è da intendersi in questa maniera, allora
confessa Heidegger che è un umanismo di specie strana e si chiede se si possa ancora chiamare così. (Pag.
78) In realtà Heidegger si vuole posizionare prima dei dualismi metafisici umano inumano, vuole fare un
passo indietro verso qualcosa di più originario. L'umanismo classico può essere definito come un “lucus a
non lucendo”, come un bosco nel quale non vi è luce. Il tentativo di Heidegger, invece, è quello di leggere
l'uomo non a partire da se stesso, ma dall'apertura della radura.
Ponendosi contro il principio logico di non non contraddizione, Heidegger non vuole militare per
un'illogicità, egli si vuole porre su un piano più radicale, cioè quello del domandare e del vero naufragare,
per cui non dobbiamo fermarci alle credenze del mondo. Egli, inoltre, sostiene di pensare contro i valori,
questo non significa il proclamarne un'assenza, ma è un lasciare essere le cose nella verità dell'essere. Il
valore attribuito a un qualcosa, infatti, è un trasformarla in un qualcosa che ho davanti, in un oggetto. E
dall'altra parte ogni valutazione è una soggettivazione in quanto si fa valere l'ente come oggetto solo a
partire dal proprio fare. Quando per esempio diciamo che il massimo dell'uomo è la sua libertà o la sua
dignità, lo rendiamo oggetto e lo degradiamo.
Ritorniamo a pag. 39-40. Prima di utilizzare il linguaggio e i nomi l'uomo deve farsi reclamare dall'essere.
Ma in questo richiamo all'uomo non c'è dunque una preoccupazione per l'uomo? La cura consiste nel
ricondurre l'uomo nella sua essenza, al suo essere umano. Così facendo però Heidegger pone in questione
l'humanitas dell'uomo e la sua essenza che risiede, a differenza dei diversi umanismi, nel meditare
sull'essere. Critica così tutte le specie di umanismo. Nel testo troviamo diversi rifeirmenti a Marx (Pag. 40)
e un altro a (Pag. 64) e al cristianesimo. Inoltre attribuisce una linea temporale antica agli umanismi che
risale all'humanitas romana e da cui discende il pensiero rinascimentale e quello della Francia
esistenzialista. Aveva probabilmente in mente proprio Pico quando parlava di questo tipo di humanitas.
Tutti gli umanismi hanno la loro pecca nel fatto di fondarsi su definizioni della natura, della storia, del
mondo, dell'uomo e dell'ente già prestabilite e presupposte. L'umanismo è così metafisica proprio in quanto
non compie un lavoro di sospetto verso i dati che sono presi come ovvi. Ogni umanismo è metafisico
quindi perchè da come presupposto l'uomo come animale razionale. (Pag 46) Non bisogna pensare l'uomo
a partire dall'animalitas, ma dalla sua humanitas che è essenzialmente l'essere chiamato dall'essere. L'uomo
ha il linguaggio perchè dimora nella casa dell'essere, non perchè sia un animale superiore, gli animali sono
privi di mondo perchè non hanno un linguaggio con cui dirlo.
Il tema fondamentale a cui Heidegger arriva e con il quale si distacca in maniera critica dall'esistenzialismo
è il discorso che fa sull'esistenza: “chiamo lo stare nella radura dell'essere l'esistenza dell'uomo”. I tre
termini rifondanti da Heidegger per la sua ontologia sono: e-sistenza, ek-stasi e radura. Con e-sistenzia si
intende l'esistere stando fuori, ma non è più il progetto che trascende gli altri enti, ma l'estatico dimorare
nella verità dell'essere. Con radura o Lichtung, termine che deriva da lichten che significa diradare, si
intenden in maniera figurata una radura che si apre nella foresta in cui la luce penetra: “è l'aperto per tutto
ciò che è presente e assente”. Non è però la luce che crea la radura, la luce presuppone la radura. È perchè
si dà la radura che la luce può penetrare. Solo l'uomo esiste nel senso che sta fuori da sé nella verità
dell'essere e solo così si può dire che l'essenza dell'uomo sta nell'esistenza, rimarcando così la lontananza
dall'esistenzialismo francese. L'esistenza non è stare in una situazione, ma stare nell'aperto custoditi
dall'essere. Heidegger riprende poi un termine fondamentale di Essere e tempo il ci (Da) dell'esserci. Il ci
dell'esserci è il carattere estatico che non è più da leggersi nel senso si essere qui in una situazione e nel
senso del progetto, ma viene sottolineato il carattere esclusivamente ontologico. Essere esistenzialisti è
quindi lo stare nell'estatico stare dentro nella verità dell'essere. Heidegger poi va ancora più al di là di
Sartre in quanto dice che non è l'esserci che progetta, ma è l'essere che getta il progetto dell'uomo come un
destino, inserendo l'uomo nel corso della storia dell'essere. (Pag. 52) Il progetto di Essere e tempo non deve
essere interpretato soggettivisticamente, ma esso è solo una diversa prospettiva di affrontare il problema
dell'essere.
LEZIONE VENTESIMA
La critica di Heidegger a Sartre risulta un po' ingenerosa, soprattutto per quanto riguarda le sue ultime
opere in cui si dimostrerà alla sua altezza. Heidegger si impegna in una “contesa amorosa” ed è
preoccupato a difendere il suo pensiero dai rapitori.
Ripresa,Continuazione e conclusione su la lettera sull'umanismo
L'esistenzialismo non è un umanismo perchè parlare di umanismo è un aver già deciso cosa sia la natura
umana, la storia e la dignità ed è un aver definito l'uomo a partire dall'animalitas, come un essere che è un
animale avanzato in quanto in possesso del linguaggio. In realtà l'uomo non ha il linguaggio. Noi non ci
chiediamo cosa è l'uomo (domanda classica) perchè con essa abbiamo già presupposto che l'uomo è
centrale. Se non è umanismo Heidegger spiega pure che non è anti-umanismo di valore nichilista. Se mai è
un oltreumanismo, ma bisogna essere cauti perchè non è quello di Nietzsche dal momento che in
Heidegger continua a essere importante la figura dell'uomo con la sua posizione non centrale, che non
dipende da lui in quanto richiamato dall'essere. Resta inoltre in Heidegger un elemento di finitudine umana
in quanto l'uomo non dispone dell'essere e del linguaggio, resta quindi un elemento di manchevolezza che
assimila Heidegger alla tradizione che comincia da Pico, ma che include anche Nietzsche.
“L'essenza dell'uomo è l'estatico stare nella radura della verità dell'essere”. L'uomo è il suo Ci nel senso
della radura essendo gettato dal getto dell'essere che è il suo destino destinante. Il Ci non è più l'apertura
dell'aver da essere nel progetto, in questo caso ne va del suo essere perchè il Ci ne va da essere nel
progetto. Il Ci qui designa l'esserci dell'uomo, la sua essenza che è nella dimora aperta e chiusa (velante e
diradante) della verità dell'essere che si dà nel linguaggio. (Pag. 50) “Il linguaggio è l'avvento diradante e
velante dell'essere”. Nella parola, nei segni c'è l'impegno dell'essere, non l'azione dell'uomo. L'uomo non
ha il linguaggio, ma nella parola l'uomo incontra l'impegno dell'essere. La domanda sul chi sia l'uomo lo
oggettiva rendendolo una semplice presenza che si ha di fronte, noi in realtà dobbiamo interrogarci
sull'uomo intendendolo come quell'apertura destinale epocale che ci permette di riferirci in termini
antropologici a quella forma del mondo che ha assunto la figura dell'uomo. In questo caso sembra che
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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