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L’OTTOCENTO
CONTESTO STORICO.
L’ottocento viene definito anche “Età Vittoriana”, dal nome della regina britannica
Vittoria di Hannover,salita al trono nel 1837 e che conferì al suo lungo regno un
periodo di stabilità e prosperità, naturalmente non privo di aspetti negativi. La
Regina Victoria (1819 - 1901), figlia del Duca di Kent, salì al trono all’età di 18 anni e
riuscì a mettere in buona luce l’immagine della monarchia con saggezza,
guadagnandosi il rispetto della popolazione. Il suo modello di vita era basato su
sobrietà e duro lavoro, in una parola sulla rispettabilità. Di conseguenza il Periodo
Vittoriano si basò più sull’apparenza che sui valori spirituali, sul conformismo e spesso
sull’ipocrisia. Per ciò che riguarda la politica, l’Inghilterra visse un periodo di
cambiamenti e sviluppo in tutti i settori. In questo periodo infatti la liberalizzazione del
commercio, insieme all'ingrandimento dell'impero coloniale, portò grande prosperità
allo Stato. Proprio per le condizioni favorevoli dell'economia, si diffuse l'ideologia
positivista, cioè la fiducia incondizionata per il progresso tecnico e scientifico portatori
di felicità. Gli uomini e le donne vissuti in quell'epoca imitarono l'esempio della regina
Vittoria: erano conformisti, seguivano norme di vita puritane (ad esempio ponevano
veto su argomenti come il sesso) ed erano soliti partecipare ad associazioni di
carità. Ma sotto questa apparenza di un periodo prospero e fondato su sani principi si
nascondeva una scomoda verità. Purtroppo il progresso economico toccò solo una
piccola parte della popolazione, ossia la classe media composta da commercianti e
banchieri, mentre la maggior parte, composta da operai e da disoccupati, versava in
condizioni drammatiche. La popolazione viveva in città sovraffollate in cui le più
basilari norme igieniche non venivano rispettate. I lavoratori si trovavano con sempre
maggior frequenza ad associarsi per richiedere che fossero concessi loro maggiori
diritti. Da questa contrapposizione, tra prosperità da una parte e povertà dall'altra,
nacque il termine "Victorian Compromise", per impedire che la frattura fra le due
nazioni sfociasse in una guerra sociale e ostacolasse lo sviluppo industriale. Le classi
dirigenti britanniche attuarono il "compromesso vittoriano", così, da un lato vi era il
rifiuto dell'imposizione di qualsiasi regola al mercato; dall'altra, la consapevolezza
delle condizioni disumane imposte alla forza lavoro contribuì all'adozione di riforme
per migliorare le condizioni di vita e di lavoro del proletariato. In quest'epoca di
puritanesimo e commercio d'oppio con le Indie, fra apparenze di purezza ed adulteri
all'ordine del giorno, Oscar Wilde acquistava un particolare ruolo di osservatore
esterno della realtà, commentando e parodiando il turbine d'avvenimenti che lo
seconda rivoluzione
sfiorava. Importante nell’ultimo periodo dell’800 fu la
industriale che va dal 1870 al 1914. Mentre nella prima rivoluzione industriale lo
sviluppo si concentrò soprattutto nell’Europa occidentale e in America, nella seconda
rivoluzione industriale, esso si diffuse anche nei paesi più periferici come il
Giappone e la Russia. Un’altra differenza fondamentale tra la prima e la seconda
rivoluzione industriale fu che nella prima le regioni più avvantaggiate furono quelle più
ricche di carbone e ferro invece,nella seconda, furono quelle sprovviste di materie
prime, ma ricche di capacità tecniche culturali che permisero le innovazioni
tecnologiche. Con l’affermazione dell’energia elettrica come motrice al posto del
vapore si affermarono di conseguenza le industrie produttrici di energia elettrica.
Fecero la loro prima apparizione una seria di strumenti, di macchine, di oggetti d’uso
domestico che sarebbero poi diventati parte integrante della nostra vita quotidiana:
la lampadina e l’ascensore elettrico, il motore a scoppio e i pneumatici, il
telefono e il grammofono, la macchina per scrivere e la bicicletta, il tram
elettrico e l’automobile.
CONTESTO LETTERARIO.
ROMANZO:
In quest’epoca il romanzo diventa critico e polemico in quel mondo che si cerca di
esprimere e rappresentare. Vi sono una serie di sottogeneri che assomigliano più ad
una “soap-opera” in quanto vengono pubblicati divisi in storie di uno o più capitoli nei
periodici mensili. Con l’aumento del numero di romanzi, vi è l’aumento del pubblico
che diventa sempre più critico nei confronti dei personaggi e dell’intreccio. Il romanzo
diventa ormai opera di consumo che oltre a dare insegnamenti morali viene visto
come un’opera d’arte. I romanzi venivano pubblicati in 3 volumi ad un prezzo fisso,
troppo caro per le classi meno abbienti. Le biblioteche circolanti raggiungono il loro
apice con Edward Mudie (1810-1890) che inaugurò le “Mudie’s Select Library” e che
fece anche da censore valutando lui quali opere fossero morali. Tutto ciò ad un prezzo
non irrilevante, infatti era più che altro la borghesia a prendere parte a ciò. Forme più
abbordabili di romanzo le dobbiamo a Charles Dickens (1812-1870) che pubblicava
mensilmente al prezzo di uno scellino per andare incontro alle classi meno agiate,
seguito da altri autori come Eliot, Thackeray e Trollope. Dunque la lettura del romanzo,
prima relegata alla classe più ricca, diviene trasversale, anche grazie alla diminuzione
dell'analfabetismo, in quanto via di fuga dalla realtà opprimente. Questo indirizzò gli
editori, come Mudies, a censurare e guidare i ceti bassi verso un tipo di letteratura per
loro appropriato. Anche se il romanzo borghese nasce nel 700, è nell’800 che
raggiunge il suo splendore. Tutto ruota intorno al concetto di realismo. Il racconto
seguiva sempre la storia di un/una protagonista giovane e ingenuo che,attraverso una
serie di peripezie, raggiungeva la maturità e il lieto fine. Si arriva così ad un
individualismo, ovvero il romanzo si concentrava più sul concetto dell’individuo e della
soggettività. Il narratore è onnisciente (spesso extradiegetico) che guida il lettore
verso le stesse conclusioni dell’eroe. Spesso gli intrecci sono manipolati appunto per
Jane Eyre
consolare il lettore e arrivare al lieto fine (come in di Charlotte Bronte). Il
lieto fine è il momento in cui,l’autore, dopo aver cercato il reale in tutta l’opera,
utilizza la finzione.
L'ottocento vede fiorire il genere noir, diretto discendente del romanzo gotico
romantico, che raggiunge un grande splendore dando vita a tanti sottogeneri:
(Sherlock Holmes
romanzo giallo di Sir. Arthur Conan Doyle) o la science fiction, A
romanzo del soprannaturale. Tra gli esempi di quest'ultimo abbiamo Dickens, con
Chstimas Carol, con la presenza di un fantasma con intento morale. Altri autori, che
Frankenstein
ebbero come prototipo (1818) di Mary Shelly, sono:
A strange case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde
-Stevenson: nel 1886
A picture of Dorian Gray
-Wilde: nel 1891
Dracula
-Stoker: nel 1897
Per le donne scrittrici pubblicare la verità era un vero e proprio ostacolo. Alle donne
borghesi che avevano possibilità di lettura, veniva celata questa verità, specialmente
con argomenti come l’eros. Molte donne come Marian Evans (George Eliot),
preferivano pubblicare con pseudonimi maschili e questo venne spiegato il primo
novembre del 1849 in una lettera scritta da Charlotte Bronte (Currer Bell) chiedendo di
non pensare a lei come donna, in quanto al solo pensiero viene giudicata male, ma a
lei come scrittrice. Vi era la paura di recare scandalo o di essere giudicate.
Molti autori, inoltre, cercando di denunciare una delle realtà più brutte, ovvero la sorte
dell’operaio e le sue condizioni. Erano costretti alla malattia, alla morte, all’ingiustizia
e alla povertà (anche bambini e donne). La società borghese temeva questa gente in
quanto aveva paura delle malattie perciò si tenevano lontani. Autori che denunciarono
questo argomento furono Charles Dickens e George Eliot.
Negli ultimi decenni del XIX secolo si fa sentire sempre di più quel rifiuto del
materialismo e della morale vittoriana arrivando a dar vita all’Estetismo. Gli artisti di
fine secolo rivendicano la libertà di ogni valore morale, sostenendo che bisogna fare
arte soltanto attraverso la bellezza, secondo la formula “arte per arte”. Il teorico di
questo movimento è Walter Pater (1839-1894), che era uno studioso e professore
Studies in the History of the
all'università di Oxford. Cerca di liberare l'arte in
Reinaissance (1873). Pater sostiene che non si possono trarre certezze dall'esperienza,
poiché essa è un incessante flusso di impressioni che sono assolutamente soggettive.
Lo scopo dell'uomo, condannato ad un'esistenza breve e precaria, è quello di colmare
ogni istante con la ricerca del bello per carpirne un momento di squisita bellezza.
Oscar Wilde (1856-1900), è stato il più famoso seguace di Pater. Nasce a Dublino e
studia al Trinity College. Divenne un brillante divulgatore delle idee di Pater, ma
travisandole in parte, o portandole ad estreme conseguenze. Egli sosteneva di
svincolare l'arte dalla morale e di fare della propria vita un'opera d'arte. Egli aveva
un'immagine rivoluzionaria, sia nel modo di presentarsi, nel comportamento e anche
nel modo di vestire. In quanto uomo del suo tempo, facente parte di una società
fortemente maschile, nella quale la divisione dei sessi era fortemente accentuata,
l'autore ebbe completa influenza sulla propria moglie condizionando la vita della
donna dalla moda fino alle idee. Nonostante ciò, egli provava una profonda devozione,
sia per la consorte, sia per i due figli che ella gli donò: due eredi maschi. Sotto questo
punto di vista, egli si dimostrò impeccabile. Wilde si macchiò più d'adulterio che di
omosessualità. Infatti, all'epoca, era il tradimento cosa estremamente comune,
specialmente nella vita dispersiva e libertina delle classi aristocratiche. Per una
moglie, poco importava che l'uomo l'avesse tradita con una donna o con un
rappresentante dello stesso sesso e, comunque, l'adulterio commesso da parte
maschile doveva essere accettato dalla donna, la quale doveva impegnarsi al fine che
la cosa non creasse scompiglio in pubblico o non si ritorcesse contro il nome della
famiglia, mantenendo un rigoroso silenzio. I risvolti per l'opinione pubblica erano poi
ben differenti. La