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GLI ETRUSCHI
Tra il X e il VII sec. a.C. si assiste al progressivo affermarsi , nel cuore della penisola
italica, di un nuovo popolo: gli Etruschi. La loro raffinata civiltà è l’unica, tra quelle europee
di epoca preromana, a potersi paragonare, per grado di sviluppo e organizzazione sociale,
alle grandi civiltà dell’area vicino-orientale o egea.
L’Etruria, si estende inizialmente nel triangolo compreso tra l’Arno (a nord), il Tevere (a
sud-est) e il Mar Tirreno (a Ovest), comprendendo i principali territori dell’attuale Toscana
e quelli di Umbria e Lazio. In seguito, spingendosi, da ottimi navigatori quali erano, verso
le coste della Corsica, danno sviluppo ad Alàlia, l’odierna Alèria.
Presso gli etruschi ogni espressione artistica è profondamente connessa con
qualche esigenza di carattere religioso. Diversamente dai Greci, essi non arrivano mai
a considerare l’arte come libera attività dello spirito ma la vedono sempre legata a precise
necessità di ordine pratico e religioso. Gli Etruschi vedono nelle proprie divinità degli
esseri misteriosi, e in quanto tali, sempre potenzialmente nemici. Per questo essi
immaginano l’esistenza di un mondo sotterraneo dell’oltretomba, popolato da tremende
divinità infernali. Ecco allora che solo la presenza di una tomba decorosa e ben corredata
di utensili e offerte può mettere in qualche modo al riparo da questi demoni. Con questa
concezione pessimistica della vita e fortemente angosciosa della morte, la religione
assume un rilievo molto importante, diventa il tramite necessario per interpretare il
volere degli dei e per accontentarli. Di conseguenza anche la classe dei sacerdoti diventa
estremamente potente e stimata.
I primi villaggi etruschi sono costituiti da capanne a pianta circolare od ovale, e solo più
tardi, anche rettangolare. Le capanne hanno una struttura costituita da alcuni robusti pali
di legno verticali intrecciati orizzontalmente con canne e pali più sottili, in modo da formare
un graticcio a sua volta rivestito di paglia resa impermeabile con l’argilla. Anche il tetto è
realizzato con una semplice struttura di legno, e ricoperto di paglia impermeabilizzata con
l’argilla. Tale copertura è tenuta ferma appoggiandovi sopra dei grossi rami.
Queste semplici forme, in tutto simili a quelle
riscontrabili in Grecia, ci sono note attraverso le
urne cinerarie dette “a capanna”, oggetti in
terracotta o in bronzo che le raffiguravano. Nella
cosiddetta Urna “dell’Osteria”, dal nome della
necropoli di Vulci in cui è stata rinvenuta, sono
presenti numerosi dettagli, come le terminazioni
delle travi del tetto a forma di uccellini stilizzati,
vari pendagli appesi alla gronda e la rifinitura
della copertura e delle pareti con lavorazioni a
sbalzo con motivi geometrici.
Ciò che differenzia gli insediamenti etruschi da quelli degli altri popoli italici di età
preromana, è la loro particolare posizione geografica che non appare mai casuale, ma
sempre derivante da una scelta di carattere economico o strategico. Città come Vulci,
Tarquinia e Chiusi, ad esempio, sorgono su fertili pianori tufacei, ricchi di corsi d’acqua, e
la loro localizzazione è dunque ideale per le attività agricole e di allevamento. Altre città
vengono , invece, fondate su delle alture: la loro è una collocazione strategica, in quanto
rende possibile il controllo delle sottostanti vie di comunicazione marine, come nel caso di
Populonia, o terrestri come a Volterra.
La maggior parte delle città etrusche si è formata per accrescimento progressivo,
inglobando, spesso in modo anche casuale, preesistenti abitati. Gli insediamenti di nuova
formazione, sorgono solo dopo che i sacerdoti ne abbiano ricevuto il preventivo assenso
divino. Con un aratro viene allora segnato il perimetro esterno, solitamente
quadrangolare, tenendo conto dei dislivelli del terreno e dell’orientamento degli astri.
All’interno del perimetro vengono poi tracciate tre o quattro strade principali e una serie
di assi viari secondari, perpendicolari alle principali. All’interno dell’area così
determinatasi viene dunque a crearsi una serie ordinata di lunghi isolati. Ciascuno di
questi, che in seguito verranno chiamati dai romani insulae, viene poi edificato con grandi
case, anche plurifamiliari, che incominciano ad essere anche in mattoni e non più solo di
paglia, legno e argilla.
Questa impostazione urbanistica è diffusa soprattutto nelle nuove città di pianura. Non si
tratta di un’elaborazione originale degli Etruschi, essi infatti hanno ripreso questa tipologia
dai Greci, sostituendo alle motivazioni geometriche e proporzionali dei primi quelle
magico-religiose della propria cultura. In seguito anche i Romani adotteranno questo tipo
di forma urbanistica.
Le città etrusche sono generalmente circondate da mura difensive che assumono spesso
dimensioni ciclopiche. Realizzate a secco con elementi monolitici, esse costituiscono,
insieme ad alcune tombe e al basamento dei templi gli unici reperti architettonici etruschi
in pietra. Molto diffusi sono la pietra calcarea e il tufo, mentre ancora sconosciuto è l’uso
del marmo. Le pietre vengono sagomate a forma di parallelepipedo, ognuno di questi
elementi viene poi posto in opera a filari isodomi (uguali) cioè utilizzando blocchi della
stessa altezza e di uguale spessore disposti in modo tale che la giuntura tra gli elementi di
ciascun filare corrisponda circa alla metà del blocco sottostante e di quello sovrastante.
Tale tecnica costruttiva venne ripresa e migliorata dai romani che la definirono opus
quadratum.
L’ingresso alle città etrusche avviene per mezzo di porte aperte nelle mura di cinta,
solitamente quattro o sette. Inizialmente architravate, tali porte assumono anche
caratteristiche monumentali, in quanto vengono realizzate con strutture ad arco
semicircolare. La Porta Marzia e l’arco etrusco di Perugia, la Porta dell’Arco di Volterra
costituiscono esempi molto significativi di arco etrusco.
Se le città etrusche più recenti presentano alcune analogie urbanistiche con le poleis
greche, meno ne dimostrano per quanto riguarda l’organizzazione sociale e politica. Ogni
città, pur avendo una propria autonomia politica, militare e legislativa è governata da un re.
L’insieme delle singole città non arriva mai a costituire uno stato unitario. Con il tramonto
della monarchia il potere passerà nelle mani dei potenti proprietari terrieri e non si arriverà
mai allo sviluppo di forme di governo di tipo democratico.
Dell’ architettura religiosa etrusca sono giunte poche tracce fino a noi, dobbiamo quindi
accontentarci di modellini votivi in terracotta o di semplici resti di fondamenta. È questo il
caso del vasto basamento in macco, pietra diffusa nella zona di Tarquinia (Viterbo), della
cosiddetta Ara della Regina, ed è quello che
rimane di un grandioso tempio risalente alla prima
metà del IV sec. a.C.
Solo attraverso documenti storici di epoca romana
siamo in grado di ricostruire con esattezza le forme
e le caratteristiche dei templi etruschi, questi non si
sono conservati perché costruiti con materiali
deperibili come tetto e colonne in legno, pareti in
mattoni e decorazioni in terracotta. Vitruvio nei suoi
scritti descrive i templi etruschi nella loro forma,
dimensione e caratteristiche.
Il tempio etrusco, sulla base di quello greco, ha
pianta rettangolare ma è spesso collocato su un
alto podio (alto e massiccio basamento) in
muratura, non più accessibile da un crepidoma
perimetrale, ma attraverso un unica ripida
scalinata frontale, che ne individua subito
l’entrata rivolta ad Oriente. L’area del tempio è
divisa in due zone: una posteriore, coperta
solitamente composta da tre celle uguali o da una
centrale maggiore e due laterali minori; e una zona
anteriore porticata avente funzione di pronao. Le
celle, dedicate ognuna ad una diversa divinità,
sono accessibili dal pronao mediante un unico
ingresso ciascuna e all’interno sono poste le statue
delle divinità. Il tempio etrusco, a contrario di quello
greco che evolve con il tempo, rimane sempre lo
stesso, questo perché gli etruschi non lo vedevano
come la casa terrena degli dei, ma solo come un
luogo di culto dove potevano pregarli, interrogarli e
onorarli.
L’ORDINE TUSCANICO nel tempio etrusco il pronao ha sempre otto colonne disposte in
due file parallele di quattro colonne ciascuna. Nonostante un’evidente ispirazione all’ordine
dorico arcaico, presentano tali e tanti elementi di diversità da indurre Vitruvio a classificarle
come un’ordine a parte, quello Tuscanico.
Le colonne tuscaniche sono di legno, prive di scanalature e spesso vivacemente
policrome. A differenza di quelle doriche, non appoggiano direttamente sullo stilobate, ma
su una massiccia base formata da un plinto a pianta quadrata sormontata da un toro
solitamente della stessa larghezza del plinto. Il fusto è rastremato verso l’alto, ma risulta
privo di entasi. Il capitello è assai più modesto e meno
massiccio di quello dorico, l’abaco non sporge
dall’echino ed è a sua volta sormontato da delle travi
che ne costituiscono la trabeazione. Il tetto è molto
spiovente ed è del tipo a due falde e ricalca per forma
e materiali quello delle abitazioni etrusche. Gli unici
motivi decorativi sono gli acroteri e le antefisse,
solitamente realizzati in terracotta dipinta: la loro
funzione è sempre legata alla ritualità religiosa, come
nel caso dell’antefissa proveniente dal tempio di
Minerva a Veio che rappresenta una mostruosa testa
di Gorgone con funzione apotropaica, cioè di
protezione contro le divinità infernali.
Lo stretto rapporto tra etruschi e divinità li spinge a privilegiare soprattutto l’architettura
funeraria, in quanto è nel mistero della morte che gli dei manifestano la loro supremazia.
Ecco perché fin dagli inizi le tombe etrusche vengono costruite in pietra, e in quanto tali, si
sono conservate fino ad oggi. L’uomo così piccolo e debole in vita, ha bisogno dopo morto,
di un ambiente accogliente nel quale la sua individualità possa continuare a vivere. È per
questo motivo che la tomba assume le caratteristiche, la forma e le dimensioni della
casa. Essa doveva contenere bevande, cibi, utensili e arredi. Poiché la tomba, al contrario
della casa, è buia le pareti dovevano essere vivacemente decorate, spesso imitando il
cielo aperto, affinché la dolcezza delle decorazioni e la luminosità delle pitture contrasti il
buio eterno della mort