PERIODO PRECLASSICO
1. L’espansione imperialistica di Roma
Il diritto romano preclassico fiorì durante quello specifico lasso di tempo che si estende dalla metà del IV sec. a.C.,
fino alla fina del I sec. a.C. (per avere date più precise, dal 367 a.C., data in cui furono emanate le Leges Liciniae
Sextiae, al 27 a.C., data in cui a Cesare Augusto viene attribuito il titolo di princeps).
In questo quadro storico è opportuno ricordare la Lex Hortensia del 287 a.C., con cui, dopo un'ennesima secessione
della plebe sul Gianicolo, si ebbe la formale parità tra plebei e patrizi, in quanto i plebiscita ebbero valore automatico
di leggi, anche senza approvazione senatoria.
Il pareggiamento politico tra le classi vede l’affermazione di una nuova aristocrazia senatoria, la nobilitas patrizio-
plebea, che comprende, accanto al Vecchio patriziato, gli esponenti più ricchi della plebe che, potendo ora aspirare,
e di fatto ottenere le magistrature curuli, entrano a far parte del senato.
Più tardi, accanto alla nobiltà senatoria, si affermerà una classe, quella degli equites, caratteristica della fase
espansionistica romana, dedita ai commerci e agli appalti delle imposte sulle province che Roma verrà conquistando.
Il periodo successivo al pareggiamento delle classi vede l’inizio dell’espansione imperialistica romana, che è dovuta
inizialmente alla necessità di reperire nuove terre, ampliando la sfera dell’ager publicus.
È questa l’età delle prime guerre di conquista, successivamente alla quasi centennale guerra con Veio (477-396 a.C.),
terminata, dopo soste e vicende alterne, con la vittoria di Roma, l’acquisto di un notevole bottino, l’incorporazione di
parte del territorio veiente, la riduzione in schiavitù di masse di prigionieri di guerra.
Dopo l’esperienza del sacco della città ad opera di Brenno, re dei Galli (387 a.C.), i Romani avviarono una vigorosa
espansione nell'Italia centromeridionale, favorita anche dalla necessità di trovare nuove terre da distribuire alla
plebe romana e a una città sovrappopolata. Dapprima i Romani si scontrarono con le tribù dei Sanniti (343-295 a.C.)
e poi contro i Tarantini aiutati da Pirro (re dell'Epiro), che vennero sconfitti nel 275 a.C. a Maleventum (che da quel
momento fu ribattezzato Beneventum). Nel 270 a.C., con la vittoria sui Bruzi che detenevano fino a quel momento il
controllo di molte città della Magna Grecia della Calabria centrosettentrionale, anche le poleis greche vennero
annesse al territorio romano. Roma si ritrovò così a controllare un territorio che andava dallo Stretto di Messina a
sud al fiume Rubicone, presso Rimini, a nord.
Le guerre contro le diverse popolazioni italiche, contro i Galli, i Cartaginesi e i Macedoni, porteranno a consolidare il
dominio sull'Italia e a iniziare l'espansione in Spagna, in Macedonia e in Africa.
Data simbolo di questa espansione nel Mediterraneo è il 146 a.C., anno in cui, dopo un assedio durato tre anni e
altrettante guerre combattute nell'arco di più di un secolo contro Roma, cadde definitivamente Cartagine, la quale
venne completamente rasa al suolo e cosparsa di sale dalle truppe romane comandate da Publio Cornelio Scipione
Emiliano. Anche Corinto, città simbolo della resistenza greca alla politica di espansione romana, venne conquistata e
distrutta. Con queste due grandi vittorie, Roma abbandonò il ruolo di potenza regionale nel Mediterraneo
Occidentale per assurgere a superpotenza incontrastata di tutto il bacino, il quale d'ora in poi, non a caso, verrà
rinominato mare nostrum. 1
2. Le trasformazioni della società romana
Gli avvenimenti di questo contesto storico proiettano profonde trasformazioni anche nella società romana.
Anzitutto, la nascita del latifondo, con conseguente decadenza della piccola e media proprietà contadina.
I limiti della lex Licinia de modo agrorum del 367 a.C. vennere progressivamente aboliti.
La diffusione della schiavitù come forza di lavoro nei campi produsse l’espulsione progressiva del bracciante libero.
La schiavitù nasceva dalla prigionia di guerra: nel momento in cui l’uomo fu in grado, col suo lavoro, di produrre più
del proprio sostentamento, nacque la schiavitù, ossia egli venne risparmiato e ridotto in servitù: servus a servando,
dicono le fonti. È evidente che una volta innescato il meccanismo della conquista bellica (ad esempio, per accrescere
l’ager publicus populi Romani), il bisogno di mano d’opera servile poteva a sua volta essere una spinta per ulteriori
guerre ed espansioni.
Accanto alla guerra, soprattutto nei periodi di pace, fonte di schiavitù era anche la pirateria, fenomeno spesso
combattuto senza reale convinzione in quanto connaturato al sistema, proprio perché serviva
all’approvvigionamento della mano d’opera servile per le campagne. L’isola di Delo, nell’Egeo, rappresentava il più
grande mercato di schiavi nel mondo. Le fonti parlano di circa dieci mila schiavi venduti ogni giorno, e forse più.
Di poco inferiore ad esso era il mercato di Capua.
In questo quadro politico ed economico si avvertono per la prima volta i sintomi dell’inadeguatezza delle vecchie
forme organizzative.
Nel 241 a.C., al termine della prima guerra punica, con la conquista della prime province della Sicilia e della
Sardegna, si avverte la necessità della istituzione di un organo giurisdizionale che tuteli anche gli stranieri, i peregrini.
Così venne creato il praetor peregrinus, al quale spettava l'esercizio della giurisdizione nelle controversie tra cittadini
romani e stranieri, o tra stranieri. Tale magistratura fu istituita allo scopo di soddisfare le esigenze di tutela giuridica
nascenti dall'incremento dei rapporti economici e commerciali con gli stranieri, a seguito della sempre maggiore
espansione della presenza romana nel Mediterraneo, specie dopo la definitiva disfatta di Cartagine.
Attraverso le decisioni del praetor peregrinus il diritto romano non fu qualche cosa di applicabile solo rigidamente al
solo nucleo originario degli abitanti di Roma, ma divenne il diritto applicabile a tutti i territori di quello che nel
frattempo diventa l'impero romano ed anzi, di tutto il mondo civilizzato.
3. Mutamenti politico-organizzativi
In quest’epoca, come abbiamo visto, scompare l’antitesi tra gli organi plebei e l’organizzazione dello Stato romano.
I plebisciti vengono equiparati alle leggi; il tribunato della plebe, da magistratura ordinaria, finisce per integrarsi nel
sistema al punto che talvolta i tribuni appaiono come gli interlocutori privilegiati del senato.
Gli organi costituzionali tradizionali (senato, assemblee popolari, magistrature) restano in vita, con le modifiche
richieste dalla nuova realtà che preme sulla vecchia costituzione repubblicana.
Il senato diviene sempre più l’organo depositario della sovranità politica, e l’arbitro della politica internazionale di
Roma, che è divenuta ormai la più grande potenza imperialistica e schiavistica dell’antichità.
Un momento dell’organizzazione dei territorio conquistati, sia in Italia che fuori, fu quello della costituzione dei
municipi e della deduzione delle colonie.
Con il termine municipio si designava, nell'antica Roma e in particolare nella Roma repubblicana, una comunità
cittadina legata a Roma. Esse per lo più conservavano un certo grado di autonomia, mantenendo i magistrati e le
istituzioni loro propri, ma erano prive dei diritti politici propri dei cittadini romani: si distinguevano perciò dai
federati, che conservavano la propria sovranità, e dalle colonie.
I municipi da una certa età venivano rappresentati, nella loro attività giuridica privata e soprattutto processuale, da
curatores o syndici, organi stabili a base elettiva. Il senato municipale era costituito dai decuriones, e i magistrati
svolgevano gli stessi compiti dei magistrati romani.
Per quanto concerne la colonia romana, era una comunità autonoma, situata in un territorio conquistato da Roma in cui si
erano stanziati dei cittadini romani, legata da vincoli di eterna alleanza con la madrepatria.
Gli abitanti di una colonia romana erano cittadini di Roma e godevano quindi del riconoscimento di tutti i diritti legati
a questa condizione. L'amministrazione della città era controllata direttamente da Roma.
La conquista delle province che non potevano certo essere governate dal centro, fece sì che venisse prorogato per
un anno l’imperium ai consoli e ai pretori che uscivano di carica: proconsoli e propretori, inviati sul posto, divennero
così i governatori delle province, in quest’epoca sotto l’esclusivo controllo del senato. I governatori si servivano
dell’opera di alcuni ausiliari, ed erano in stretto contatto con gli appaltatori delle imposte, i publicani, evidenziando
così il carattere di Roma come capitale parassitaria. 2
4. Le modifiche nel sistema delle fonti: coesistenza e distinzioni di ordinamenti
A parte il vecchio diritto, in gran parte modificato attraverso la interpretatio prudentium (mores maiorum, dodici
tavole, ecc), le fonti vive di quest’epoca sono le leges publicae popoli Romani, a cui sono equiparati i plebisciti e le
pronunce del senato.
In questo contesto storico prende forma Il ius honorarium, un sistema di norme introdotte per colmare le lacune
dell'ormai obsoleto ius civile, sempre più inadeguato a regolare la crescente società di Roma in un periodo di grande
espansione geografica, militare ed economica.
La nascita del diritto onorario può collocarsi nel periodo successivo al 367 a.C. data di creazione della figura del
praetor urbanus, un magistrato dotato del potere di imperium e di iurisdictio (da iuris dicere, dirimere controversie),
che all'inizio di ogni anno, al momento di entrare in carica, soleva emanare un edictum nel quale esponeva ai cives
romani il suo programma, ed in particolare le regole in base alle quali avrebbe amministrato la giustizia.
Con Ius Honorarium s'intende però anche quella porzione di capacità giuridica di diritto pubblico, per un liber civis a
venir eletto Magistrato; ad esempio le donne ne erano completamente sprovviste.
Premesso questo, oltre a supplire le lacune del ius civile, il ius honorarium, talvolta, vi apportava correttivi, onde
impedire la rigida applicazione di norme ritenute non più accettabili in un mutato panorama storico politico.
Nei casi in cui il ius honorarium si contrapponeva al ius civile, questo non era formalmente abrogato, non avendone
il magistrato il potere, ma solo reso inoperante: in pratica il dualismo, si componeva con la prevalenza del ius
honorarium, poiché il magistrato rendeva il ius civile inattivo nel caso concreto.
Con il passare degli anni, avvenne sempre più di frequente che il nuovo Praetor si richiamasse all
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