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IL DOLORE DELL'ARCHIVIO
Il dolore dell'archivio ha il rovescio della medaglia: é innanzitutto il dolore del tempo, tempo
perduto di cui la ricerca tramite il film ha di singolare che l'elaborazione di memorie legata
all'esperienza della proiezione raddoppia quella della realtà passata di cui l'archivio si
vuole testimonianza o redenzione.
Ci sono due tipi di archivi:
1) archivio privato di cui il film di famiglia é l'incarnazione
2) Archivio pubblico di apertura storica che l'attualitá ha a lungo rappresentato.
Nell'opera immensa di Gianikian e Lucchi ogni archivio , attraverso la rielaborazione che
fa, l'esaltazione che induce la sua trasformazione attraverso la camera analitica e il
movimento singolare che ne deriva, suscita una riflessione interna allo sfilare delle
immagini; in questa opera l'archivio, per quanto la sua origine sia privata, si avvera un
indice di storia, ogni piano o fotogramma diventa l'istante eternizzato di una meditazione
continuamente ripresa sull'insostenibile crudeltà di un secolo colonizzatore e guerriero.
Da lí nasce un dolore proprio che l'arte trasfigura in bellezza senza mai attenuare in
nessun dei film il suo valore di analisi e di testimonianza. In questo senso il passato si
converte in presente perpetuo, Il presente attuale-virtuale della proiezione secondo la
quale l'esperienza ha luogo. Da qui il pensiero paradossale che fa dire a questi cineasti in
archivi:" non utilizziamo l'archivio in quanto archivio, ma usiamo questi ready- mades
come faceva Duchamp, per parlare di oggi, dell'orrore che ci circonda."
Da qui la resistenza ingaggiata dai cineasti contro ogni idea di ri duplicazione dei loro films
in DVD, per preservare l'esperienza di questo divenire-presente dell'archivio durante il
tempo della proiezione.
Si pensi al modo in cui Resnais é stato cineasta che ha firmato, come dice Daney, "tre film
geniali, tre testimonianze irrecusabili della nostra modernità , tre manoscritti redatti in V.O
in ciò che Blanchot chiama " la scrittura del disastro" : nuit et brouillard 1955, Hiroshima
mon amour 1959, Muriel et le temps d'un retour 1963. Dancy dimostrava così ciò che era
successo a Resnais, una cosa terribile, di aver mostrato cioé come occorrerebbe contare
su un personaggio in più: la specie umana. Un archivio ogni volta si faceva garante, prima
le immagini dei campi, poi quelle della catastrofe nucleare, infine un falso-film amatoriale,
quasi innocente, che risveglia però in colui che lo ha girato il ricordo insostenibile di una
giovane donna sottoposta alle torture durante la guerra d'Algeria.
In queste riflessioni sul film di famiglia, Roger Odin sottolineava bene come delle immagini
banali si trovino innervate da parole del racconto in modo che, come dice Bernard,
secondo la linea dell'identificazione col personaggio, il racconto della tortura di Muriel,
diventa anche il nostro film, un film che ci coinvolge personalmente poiché siamo noi a
produrne le immagini.
Ma un altro tipo di dolore può nascere dal film di famiglia, come lo dimostra l'archivio
spiegato lungo tutto " Must read after my death" (M.Dews 2007) che questo realizzatore di
documentari ha avuto la fortuna di trovare alla morte della nonna, Allis all'età di 89 anni.
Sposata alla fine degli anni 50 con Charley, da cui ha avuto quattro figli ( per entrambi
erano seconde nozze) Allis sembra prendere l'iniziativa di rimediare all'assenza di 16
settimane l'anno del marito all'estero per lavoro, con registrazioni sonore e riprese che
potevano scambiarsi a distanza, ma che hanno continuato ad accumulare anche quando
la famiglia era riunita. Ma si trattava anche da parte dei genitori di costituire un materiale
che i loro figli avrebbero potuto visionare più tardi.
(...)
Alla morte di Allis i suoi eredi ebbero la sorpresa di scoprire il dossier "Must read after my
death" con 300 pagine di trascrizioni di nastri, accompagnate da 50 ore di giornali audio e
di lettere dettate da Dictaphone, e 201 films di famiglia.
Questo film di 75 minuti cerca di restituire , grazie a un materiale arricchito da molte foto,
lo svolgersi di 6 vite intrecciate che formano una famiglia. Si sviluppa secondo una linea
cronologica che si realizza frammentata in sede di montaggio. Il realizzatore ha scelto di
sottolineare i nomi di alcuni personaggi con dei cartoncini senza ricorrere a nessun
commento che doppierebbe l'immagine ordinandone il disegno. Uno spettatore ha
sottolineato la mancanza di una voce off come incompletezza di informazione. Formalmente
tutte queste immagini mostrano i tratti che R.Odin riconosce come distintivi
dei film di famiglia:
-l'assenza di chiusura
-lo sbriciolamento narrativo
-una temporalità indeterminata
-un rapporto con lo spazio paradossale
-un effetto di fotografia animata
-l'indirizzo della camera
-i salti
-le interferenze della percezione
Certo, infrangendo il cerchio iniziale dei loro destinatari presunti, tutti questi frammenti di
immagini e di parole hanno senso le une con le altre, secondo una cronaca in cerca di
verità attraverso la voce di Allis. Ma questo senza mai arrivare al punto di soddisfare lo
spettatore che chiederebbe al film di attenuare attraverso qualche presa di distanza la
pressione immediata dei traumi che lo fondano, dalla scelta iniziale delle registrazioni, fino
alla scoperta di un Nipote cineasta di confrontarsi con le immagini "delle peggiori ore dei
peggiori giorni dei peggiori anni" della sua famiglia.
(...)
Esiste una tensione viva, molto particolare che attraversa progressivamente lo spettatore.
É legata alla poca corrispondenza, agli ondeggiamenti tra ciò che il suono dice e ciò che
l'immagine mostra. Così Allis si rivolge al marito, allo psichiatra, ad un auditore
immaginario, mentre la camera si attarda su oggetti, corpi, decori, paesaggi, istanti di vita
quotidiana. Si produce così poco a poco una sorta di abbandono per chi si trova come tele
portato dal cerchio della famiglia all'interno di una comunità di spettatori anonimi. Come
cogliere le parole di Allis:" Avevamo un accordo, non avremmo letto le registrazioni degli
altri" e questi piani sfuocati, sovrimpressionati, di spiagge dove si scorgono figure agitarsi
e una donna e una bambina avanzare nuotando, forse Allis e la figlia Anne? O quelle
inquadrature di giocatori di Ping pong e tennis? O le parole di Charly che ritorna su tre
piani opachi su una siepe dai colori selvaggi davanti casa? O quella lunga inquadratura su
una capanna circondata d'acqua , tra foto in bianco e nero, che vanno dall'infanzia di Allis
al matrimonio di Anne? E che dire del violento alterco tra un figlio e il padre, poi tra questi
e la moglie mentre una camera si attarda sui mobili , i muri carichi di libri, di foto, su
pacchetti regalo ammassati? Si apre così una spaccatura nel film che gradatamente
esclude lo sguardo di se stesso fino ad una sorta di smarrimento. Come se l'autore-
montatore fosse stato guidato da una prescienza dell'effetto da produrre ...
É così successo, mi é successo in proiezione, che a un certo punto il film si é oscurato ,
come colpito da una macchia cieca che si interpone col suo svolgimento. I tratti propri del
film di famiglia, già sottolineati, contribuiscono molto a questo turbamento, producendo alla
lunga un disorientamento. Da aggiungere la pessima qualità del suono, attenuata dalla
presenza dei sottotitoli, ma solamente per una parte, perché essi hanno difficoltà a seguire
la voce così come noi a seguire la lettura. Si sottolineerà anche l'effetto depressivo indotto
poco a poco dalla musica. Così si accentua nello spettatore la parte invalutabile dei ricordi
personali, coscienti e incoscienti. Essa rinvia ciascuno al fatto che si esce da una famiglia
e che per quanto possa essere stata felice la vita , vi sia mescolata nevrosi e infelicità. Ma
si impone il sentimento che ogni vita é documentata e apre in se stessa una sorta di inferno
attraverso il Modo in cui, sostenendo forte il sentimento di realtà di un tempo retrospettivo, fa
emergere il tratto di ogni vita: la sua confusione, la sua illeggibilità. In una intervista recente
M.Foucault diceva dell'archivio per il quale si conosce la forza del suo gusto:" un incubo mi
perseguita dall'infanzia: ho sotto gli occhi un testo che non posso leggere, o di cui una minima
parte mi é decifrabile, faccio finta di leggerlo, so di inventarlo, poi il testo si imbroglia
all'improvviso, non posso più leggere niente, né inventare, la gola si chiude e mi sveglio".
Sarebbe la forza di MRAMD (titolo) : che l'inferno nel quale il film precipita diventi quello dello
spettatore di fronte al tempo perduto della sua vita. Questo sarebbe il dolore dell'archivio.
Vedendo qualche settimana più tardi " et si" 2010, di S.Lalou ho capito meglio questo
effetto attaccato al possibile dolore dell'archivio. Questo film prende la realtà al contrario:
fa dei membri della famiglia degli archivi viventi, di ogni deposito del passato l'istanza di
una genealogia in atto, attraverso una fiction che trasforma in attori i garanti supposti della
verità documentaria. É quasi impossibile raccontare Et si . Dato che é un processo più che
una storia , e un seguito di trasformazioni che la messa in gioco di questo processo
richiede. Diciamo che é un film che un figlio ,Serge, ha provato il bisogno di fare su suo
padre Jean-Claude; ma con quel padre come attore di un personaggio dalle virtù multiple
che appaiono reinventarsi insieme al filo di una ripresa di cui il film diventa lo sviluppo.
Ci sono tre personaggi principali:
1) il padre al quale il figlio spiega che il suo personaggio, il Gabriel del film, deve
condensare tre persone: se stesso, il vero Gabriel, e suo padre.
2) Simon che una prova di scene della sceneggiatura dá come nipote di Gabriel, ma che
diventa, mano a mano che il film va avanti, una sorta di figura di contrappunto e di figlio
metaforica, sostituendo il vero figlio occupato nella regia.
3) Meriem, una giovane donna algerina, che la sceneggiatura vuole come amore mitico di
Gabriel; ma Meriem diventa l'amore possibile di Simon nella lunga parte finale del film
ambientata in Algeria nella quale Meriem si trova dotata di una famiglia formata da
madre e nonna.
Il film é singolare perché i personaggi sono sempre investiti in lunghe conversazioni
apparentemente improvvisate ma in parte precostruite ( ciò accredita la presenza in voce
off del figlio regista) .
Tuttavia segue un ondeggiamento che costituisce l'essenza stessa d