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INTRODUZIONE:

La critica della ragione pura si occupa solo della conoscenza, con l’esclusione del sentimento di piacere e

dispiacere né della facoltà di desiderare. La trattazione della conoscenza è solo della critica della ragion

pura, sia quando diciamo che una cosa è bella sia quanto dobbiamo supporre l’unità del molteplice della

natura, non significa che noi conosciamo la natura. Nella facoltà di desiderare, nel regno della morale, noi

non conosciamo perché la legge morale non passa attraverso i sensi (poiché esso sta nella cosa in sé).

Solo l’intelletto conosce: non conosce né la facoltà di giudicare né la facoltà di desiderare (legge morale).

L’intelletto prescrive leggi alla natura in quanto insieme dei fenomeni: non vuol dire che è il nostro intelletto

che dice alla natura cosa deve farsi  significa non che impone alla natura qualcosa, ma che scrive prima le

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leggi alla natura, in quanto insieme dei fenomeni (modo in cui la cosa appare a noi), noi conosciamo quindi

i fenomeni e la natura come ci appare.

La critica della ragione pratica si occupa dei principi riguardo la facoltà che riguarda il desiderare, ovvero la

ragione, non costituisce principi costitutivi oltre ai suoi.

La critica della facoltà di giudizio si tratta di vedere il principio a priori di questa facoltà.

Una critica della ragione pura sarebbe incompleta se la critica della facoltà di giudizio non fosse trattata

come una parte indispensabile  dice ciò perché nella critica della ragion pura egli parla della facoltà di

giudizio (nella logica trascendentale) dicendo che essa è una prestazione dell’intelletto, se essa ha un

rapporto con l’intelletto allora è opportuno concepire la critica della facoltà di giudizio come una parte della

critica della ragion pura, ma allo stesso tempo è una critica a sé stante. I principi a priori della facoltà di

giudizio non possono essere derivati da quelli dell’intelletto, deve fornire da sé un concetto. Esso non sta

né nel sensibile né nel sovrasensibile , questa facoltà deve fornire da sé un concetto mediante il quale non

deve essere conosciuta nessuna cosa.

Dire che una cosa è bella è una cosa diversa dal dire che la conosciamo o cosa è. Giudicando una cosa

bella noi non la conosciamo ciò non di meno noi sappiamo che la facoltà conoscitiva entra in qualche modo

in gioco in questi giudizi; se diciamo che una cosa è bella chiariamo una bellezza che richiama

l’universalità della conoscenza, i giudizi riflettenti si presentano come giudizi determinanti. Dire che la rosa

è bella non si definisce al concetto dell’oggetto ma alla rappresentazione di esso, riferendosi al sentimento

di piacere o dispiacere.

Kant distingue la filosofia in quanto filosofia della conoscenza (ragion pura) dalla logica: la logica

corrisponde alla deduzione metafisica dei concetti, all’uso dei giudizi esclusivamente analitici. La logica è

una buona parte della ragione teoretica ma con essa non conosciamo.

Divisione della filosofia in:

• Teoretica  filosofia della natura (conoscenza del nostro modo di conoscerla natura)

• Pratica  filosofia morale

La conoscenza riguarda il sensibile, la morale il sovrasensibile.

Il concetto della natura può rendere rappresentabili i suoi oggetti nell’intuizione, non come questi oggetti

sono in se stessi ma solo come esse ci appaiono. Non esiste alcun intuizione empirica commisurata alle

regole della ragione. L’agire pratico si fonda sulla cosa in sé senza conoscerla perché si conosce solo con

un’intuizione sensibile. Il sovrasensibile non lo possiamo conoscere, questo campo resta inaccessibile. Dal

punto di vista conoscitivo non possiamo rassegnarsi che il sovrasensibile è inaccessibile. Non è possibile

alcun passaggio dal sensibile al sovrasensibile, è inaccettabile che sia il sensibile ad influenza il

sovrasensibile, quindi è impensabile dire che il sovrasensibile si possa vedere. Non si può vedere la mano

di Dio in tutte le manifestazioni della natura, ma l’opera di Dio è quella di aver creato le leggi. Dobbiamo

pensare che il sovrasensibile abbia influenza sul sensibile, cioè che il concetto della libertà possa

condizionare il sensibile nel modo in cui pensiamo la realtà, dobbiamo pensare che la natura possa essere

rappresentata secondo il concetto della verità. Noi non saremo mai autorizzati a pensare con sicurezza che

la natura sia governata dal principio di libertà ma dobbiamo pensare che la natura sia governata dal

principio di libertà prima definizione della facoltà teleologica.

La libertà deve realizzare nel mondo sensibile lo scopo assegnato dalle sue leggi (del concetto di libertà),

la natura deve poter essere pensata secondo il principio di libertà. Siamo noi che comprendendo

ricomponiamo questo profondo abisso. 10

Ciò rende possibile il cambiamento da modo di pensare secondo le leggi della natura a quello secondo le

leggi della libertà. Il principio a priori della facoltà di giudizio non ha un campo specifico, è semplicemente

soggettivo. Tutte le facoltà dell’anima allora sono tre: l’ultima ha il compito di ricomporre il divario tra le altre

due.

La facoltà di giudicare è la facoltà di pensare che vede il particolare compreso nell’universale

se ci è dato l’universale si tratterà soltanto di determinarlo giudizio determinante  dall’universale arrivo al

particolare, è una facoltà logica che pertiene all’intelletto.  i giudizi determinanti non sono oggetto della

terza critica (Socrate è uno)

se ci è dato il particolare per risalire all’universale (se dico Socrate è bello: Socrate è il particolare

l’universale lo devo derivare dal concetto stesso, l’affermazione “è bello” si riferisce al soggetto, riflette la

posizione del soggetto)  giudizio riflettente  materia specifica della terza critica.

La legge dell’intelletto è quella della sussunzione cioè di mettere il particolare subordinato all’universale.

Solo che il molteplice della natura è talmente molteplice che tutte le volte non posso mettermi lì a

determinare l’universale, perché infiniti sono gli eventi della natura e infinite sono le leggi empiriche  devo

necessariamente presupporre l’unità del molteplice della natura come se essa fosse il risultato di un’infinita

applicazione dei giudizi determinanti altrimenti sarà il caos e lo scetticismo. L’intelletto elabora ciò che noi

di volta in volta percepiamo nella nostra esperienza, e la nostra esperienza non sarà mai in grado di venire

in contatto con l’infinità molteplicità della natura. La conformità a scopi della natura è l’unità del molteplice

secondo un unico scopo.

Venerdì 20 febbraio 2015

Data la divisione tra ragione teoretica e pratica, bisogna pensare che il sovrasensibile possa avere un

influenza sul mondo sensibile. La natura può essere pensata come fosse governata dal principio della

libertà, ma non è detto che lo sia.

Schiller in un’opera che resta incompiuta (Kallèa) afferma che la bellezza deriva da questo ragionamento di

Kant e la definisce come libertà nel fenomeno: si tratta di pensare il fenomeno e risolverlo semplicemente

nella sua apparenza. L’arte è sempre figlia del suo tempo ma guai se ne diventa l’allieva, l’arte deve essere

profezia.

Schelling dice siccome la libertà non può essere pensata che sotto l’attività illimitata, ma una tale libertà è

tale se si esercita contro qualcosa.

INTRODUZIONE:

il mondo degli eventi della natura è talmente molteplice che noi siamo costretti a penare l’unità del

molteplice della natura in un altro modo, dobbiamo presupporlo. La possibilità di unificare queste infinite

leggi empiriche in un universale della natura, se le chiamiamo leggi devono per forza rimandare ad un

universale. Il nostro intelletto è uno strumento finito, finché si parla di matematica e figure geometriche,

l’uomo è creatore come lo è Dio della natura, le cose matematiche valgono tanto per noi quanto per Dio.

Mentre le nostre figure geometriche rimangono astratte, Dio ha l’arte di far essere le cose. L’intelletto

umano è limitato perche conosce le cose solo dal suo punto di vista, allora bisogna passare da un’altra

strada. C’è bisogno di un principio che non sia dedotto dall’esperienza acneh perché deve essere piuttosto

questo principio a consentirci di avere un’esperienza, quindi questo principio può dare la legge solo a sé

stessa (riflettente). Le leggi empiriche devono essere considerate come se le avesse date a nostro

vantaggio un altro intelletto che non sia il nostro. Facendo un ragionamento secondo l’analogia bisogna

pensare ad una forma di intelletto che non sia il nostro (anche se Kant non lo dice è l’intelletto di Dio). 11

Adesso Kant dice che dobbiamo pensare “come se” qualcuno ci avesse dato un altro intelletto, ciò non

significa nulla a favore della reale esistenza di quell’intelletto.

Nella critica della ragion pura Kant avverte la limitatezza della facoltà conoscitiva umana ne fa una seconda

edizione dopo le critiche di idealismo ricevute. Da”vi sono molte leggi della natura che noi possiamo sapere

solo permezzo dell’esperienza ma non possiamo attraverso essa conformarci “ non possiamo conoscere i

nessi tra fenomeno e fenomeno, legge empirica e legge empirica, tra nesso della natura e nesso della

natura. Perché noi possiamo parlare in generale di intuizioni empiriche e non di singole esperienze, ci

vuole qualcosa che la singola intuizione empirica non può darci. Pensare la regolarità della natura come

conformità a scopi è come presentare un gigantesco giudizio a priori.

Poiché il concetto di un oggetto si chiama scopo: perché secondo Kant il concetto è ciò che l’oggetto deve

essere, quindi il suo scopo. Scopo viene dal greco (scopòs) è ciò a cui si mira. L’accordo delle cose si

chiama conformità a scopi della sua forma, allora il principio della facoltà di giudizio sarà il principio che

rappresenta la natura secondo questa conformità soltanto formale. Ai prodotti della natura non si può

attribuire qualcosa come un riferimento agli stessi prodotti che non sia accidentale.

Il principio trascendentale riguarda il nostro modo di conoscere gli oggetti

Fondamento di ri

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A.A. 2014-2015
19 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/04 Estetica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fudor di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Estetica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Gentili Carlo.