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BENEDETTO CROCE
Il giudizio di Croce è estremamente negativo, non lascia, infatti, spazio all’emersione dei giornalisti.
La storia del giornalismo è una storia improvvisata e le improvvisazioni richiedono uomini di pochi scrupoli
e di una scarsa sensibilità estetica, a differenza dell’artista e dello scienziato che possono permettersi di
indugiare e di meditare, il giornalista, non ha modo e non deve farlo, segue quindi che il giornalismo non
appartiene al mondo della bellezza e del pensiero, ma unicamente a quello degli espedenti pratici.
Una volta sparite le circostanze pratiche, gli scritti si rivelano difettosi per il loro stile di frasi fatte e belle,
con un linguaggio simile a quello dei burocratici, per l’accozzarsi di idee che spesso si contraddicono.
Queste scritture prive di originalità e profondità, possono essere considerati come dei soli documenti storici,
tuttavia ugualmente morti artisticamente, passati nell’oblio della memoria, a differenza dei testi letterari
come esprime nella metafora di origine petrarchesca Vi sono cose che si ricordano.. cibi che l’umanità
digerisce presto.
Il giudizio di Croce è estremamente negativo, non lascia spazio all’emersione dei giornalisti.
Definisce in modo generico gli articoli di giornali scritture prive di originalità e profondità che
manipolano giorno per giorno i pubblici fogli. Non c’è nulla di positivo nei cronisti, nel caso di
esporre idee non fanno altro che accozzarsi , pensano di distinguersi ma spesso si fanno
accalappiare nei sinonimi, e se trattano di argomenti storici li riferiscono senza esattezza e
attingendo da fonti impure.
OGGETTO :
La mancanza principale che Croce rivela ai giornalisti è quella di non avere modo e tempo di indugiare, di
soffermarsi, il giornalista non ha modo e non deve indugiare, come l’artista indugia nel sogno, come lo
scienziato nella sperimentazione, e per questo motivo il giornalismo non appartiene al mondo del pensiero,
ma appartiene al mondo degli espedienti pratici. C’erano del
Vi sono cose che si ricordano.. cibi che l’umanità digerisce presto.. Benedetto Croce richiama una metafora
che viene da lontano, da Petrarca.
• Intende la produzione giornalistica come termine dispregiativo di prodotti letterari di qualità
inferiore, scritture prive di originalità e profondità, ingegni superficiali ed incolti manipolano giorno
per giorno per riempire i pubblici fogli.
• Accozzarsi di idee che insieme si contraddicono;
• Lo stile è tutto un contesto di frasi e parole belle e fatte, un linguaggio analogo a quello dei
burocratici.
• La filosofia, l’arte, la storia del giornalista è improvvisata, e le improvvisazioni richiedono uomini di
pochi scrupoli e di una scarsa sensibilità estetica.
• Se l’artista, lo storico, lo scienziato possono meditare ed indugiare, il giornalista non deve e non ha
modo di farlo, è per questo che il giornalismo non appartiene al mondo della bellezza e del pensiero,
ma a quello puramente pratico, per questo escluso dai campi della narrazione storica, della scienza e
della letteratura.
• Sparite le circostanze pratiche, gli scritti si rivelano difettosi, e se si considerano come dei soli
cibi che l’umanità digerisce presto, e altri
documenti storici sono ugualmente morti artisticamente,
che le stanno più a lungo nello stomaco.
P. ISGRO’ n 21
Il giornalismo è la storiografia dell’istante, mentre la letteratura è la storiografia dell’eterno(Umberto Eco).
Lo scrittore usa una prosa elegante e ricercata, mentre invece il giornalista utilizza uno stile scarno ed
essenziale. L’uno può utilizzare il linguaggio dell’altro senza però tradire la propria funzione; se un
giornalista vorrebbe mai diventare uno scrittore e viceversa, deve saper dimenticare la propria essenza ed
essere in grado di abbracciare l’altra. Talvolta perfino nella loro funzione di ornamento, i libri hanno la
capacità di non farsi disfare dal tempo.
MARABINI (n 22)
Se da una parte la letteratura ha dalla sua la possibilità di andare cauta, la cronaca invece ha tutt’altra
esigenza, ha l’esigenza di essere dentro al tempo che scorre, e non ha la possibilità di procedere lenta, se da
una parte la cronaca ha del tempo l’immagine alta e globale, dall’altra la letteratura riesce soltanto a cogliere
l’immagine del tempo al dettaglio. Mentre il giornalismo precipita, la seconda ha il tempo di agire con
prudenza. Mentre uno annovera l’improvvisazione, l’altro invece cancella quest’ultima con la severità del
rigore. i libri hanno la capacità di non farsi disfare dal tempo.
PAOLO MONELLI (n 23-24)
Ridurre il divario tra giornalista e pubblico, deve tenere conto dei gusti del lettore.
Esigenza di vendere, lo scopo del giornale è sia quello di essere letto che di essere venduto;
Noi siamo legati ad uma triste fede che ci sgomenta e che si chiama vero, gli scritti sono misurabili col
metodo della realtà.
Il senso di esclusione che il riconoscimento non gli arriverà mai, e la frustrazione del mestiere che pratica, un
Giornalista,
tentativo di dare dignità al mestiere che praticava. Un giudizio positivo quello di Montale:
Monelli ha sempre diffidato della letteratura pura; e si è sempre mostrato convinto che un buon «servizio»
può valere quanto una bella poesia. A dir questo lo autorizzava la serietà della preparazione, il gusto del
linguaggio preciso e persino l’inclinazione a certa civetteria di accademico o di cruscante che non esclude
dalla sua prosa i più audaci imprestiti della lingua viva e dei dialetti. Si ebbe sempre, perciò, in Monelli un
buon letterato con le carte in regola come pochi, ma troppo impaziente e affaccendato per «fare della
letteratura»: uno scrittore tutto consumato nelle cose da raccontare e quasi insofferente della riflessione. (E.
MONTALE, “Letture”. Recensione a di P. MONELLI). Un buon articolo poteva
Nessuna nuvola in cielo
essere eguagliato all’importanza di una poesia. UN linguaggio preciso, un’eleganza che non esclude il
prestito della lingua viva, perciò Monelli fu un buon letterato, ma il difetto che Montale trova in Monelli è
quello di essere troppo affaccendato per dedicarsi alla letteratura. Capiamo quanto importanza desse ai suoi
lavori, nel momento in cui definisce i suoi articoli delle novelle che avremmo distillato, c’è materia pe poter
scrivere materia, romanzi ed altro, ma non può perché ha preso più sul serio la vita che la rima. Monelli si
descrive nel momento in cui si sta preparando per scrivere un articolo di giornale non c’è modo di fermarsi..
ecco la necessità del mestiere, si scrive e intanto si pensa che l’articolo deve andare in una colonna ecc, tutte
le barriere e i limiti per un giornalista. Eppure c’è un qualcosa di eccezionale, si dimostra un chè di antico
… , un’ispirazione da ciò che gli viene dagli studi, è qualcosa che aldilà della circostanza di cronaca, emerge
e porta con sé degli echi poetici. La definizione del dolce stil novo, il giornalista segue questa dettatura. In
Monelli rimane la frustrazione di non poter essere annoverato tra l’importanza dei letterati, eppure vi è in lui
un’illusione, l’invenzione di un nuovo genere, praticato da uno scrittore nuovo, uno scrittore vicino alla
gente, sia per la materia, ma anche per il modo in cui presenta il pensiero, da una parte dar valore al tempo
che vive e allo stesso tempo ricordare il tempo passato, che scrive in prima persona ma pensa in terza, al
contrario del letterato che pensa in maniera egoistica ma scrive in terza. Questa è la descrizione di un genere
per poter essere ammesso nel genere della letteratura, tuttavia non si potrà realizzare il suo desiderio. Invano
usciti dalla classe dei cronisti, invano aspirammo all’aristocrazia degli scrittori.
DINO BUZZATI
Una mole di articoli, racconti, romanzo, che dimostra da una parte la mole di insaziabilità, dall’altra come
abbiano in lui sempre convissuto le due anime del giornalista e dello scrittore. Il primo articolo è dedicato
all’amico
Quello che fin da subito ci fa capire che fin da subito in Buzzati le due anime convivessero e come il
giornalista coincidesse e viceversa, lo si può capire dalle prime righe in cui rivela come in effetti c’è uno
stretto rapporto tra le sue cronache e la sua produzione di narrativa fantastica, genere più praticato da
Buzzati. Buzzati spiega che c’è tutta una categoria dei suoi racconti che ha fatti legati alla cronaca, la
cronaca diventa materia del racconto fantastico. Ci spiega di avere scelto i migliori da pubblicare nei suoi
libri, ma altrettanti che non sono stati pubblicati. Spiega il suo modo di scrivere, quando c’era un fatto di
cronaca, magari lo riprendeva dopo 15 giorni e ne faceva un racconto fantastico, vediamo come ci siano
degli indizi che ci mostrano questi legami, sottili, ma che ci fanno capire quali parti di cronaca possono
esserci all’interno del racconto fantastico. L’importante è che trascorra un lasso di tempo che serva per far
decantare, per far scorrere via la parte più frettolosa di cronaca dalle narrazioni giornalistiche e farli
diventare narrazioni fantastiche. Buzzati mette subito chiaro come il giornalismo per lui non sia stato mai un
secondo mestiere, ma il punto più alto raggiungibile, ma soprattutto non è stato mai sfiorato dall’idea che la
pratica del giornalismo potesse in qualche modo nuocere allo scrittore, se si tratta di buon giornalismo non
c’è modo per cui possa nuocere lo scrittore, anzi certe esperienze di cronaca possono essere davvero
vantaggiose, per Buzzati i due lavori non sono mai entrati in competizione. Buzzati svela un altro degli
aspetti della sua scrittura, quella di essere estremamente vicina alla realtà, e vicina a quella dei giornali, e qui
che il Buzzati giornalista va incontro al narratore, la forza dei suoi racconti fantastici sta nella capacità di
essere plausibili ed evidenti, aggiungendo dei termini quasi burocratici, usato in un’accezione diversa da
quella di Croce, la semplicità delle parole utilizzate di Buzzati ne determina la loro forza. Quella che poteva
sembrare una fantasia folle, la divina commedia di Dante, trova il suo punto di forza anche dal suo essere
stata “cronisticizzata” di avere in sé alcuni elementi proveniente dalla cronaca spicciola, dalla realtà che egli
stava vivendo all’epoca.
Buzzati considera fondamentale la sua esperienza di giornalista per essere scrittore di fantasia. Ci sono tre
capisaldi della sua poetica. Buzzati vede nel giornalismo come una grande scuola di preparaz