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GRANULOCITI

Morfologia e funzione

Cellule globose con nuclei polimorfici, cromatina addensata in blocchi e citoplasma con abbondanti granulazioni.

Si trovano in tre sedi:

compartimento midollare ­ granulociti maturi di riserva, pronti ad essere immessi nel circolo all’occorrenza

* compartimento ematico ­ granulociti circolanti

* compartimento tissutale ­ granulociti usciti dal circolo e migrati nei tessuti e nelle cavità; non sono più capaci di

* tornare in circolo.

Neutrofilo

Il più abbondante, ha capacità di movimento ameboide e di fagocitosi.

Ha vita breve (12­24h) e presenta un caratteristico nucleo polisegmentato (più vecchia la cellula, più segmentato.

è è

La cromatina addensata (scarsa attività trascrizionale, come dimostrano anche i pressoché assenti ribosomi e RE), i

è

nucleoli sono assenti.

Nel citoplasma sono presenti numerosi granuli, divisi in:

Granuli primari azzurrofili ­ grandi, densi, omogenei, pochi; contengono idrolasi come perossidi e fosfatasi acide e

* proteine ad azione antimicrobica.

Granuli secondari specifici ­ più piccoli e meno densi, alta concentrazione; contengono diversi enzimi specifici tra cui

* collagenasi e attivatore del plasminogeno; vengono secreti nello spazio extracellulare.

Granuli terziari ­ piccoli, contengono gelatinosi per la degradazione del collagene denaturato nelle sedi di danni

* tissutari.

Il citoscheletro ben sviluppato, in particolare i microfilamenti, utilizzati per il movimento e l’attività fagocitaria.

è

Il ruolo difensivo dei neutrofili prevede:

richiamo nella sede di infezione da parte di fattori chemiotattici generati dal legame anticorpo­antigene, quali prodotti

* dell’attivazione del complemento, dell’attivazione della coagulazione, di derivazione batterica, liberati da monoliti,

macrofagi e linfociti.

riconoscimento della particella estranea grazie al rivestimento di queste di anticorpi IgG e fattori del complemento

* fase di fagocitosi (vacuolo di fagocitosi+lisosoma) e degranulazione (contenuto enzimatico dei granuli rilasciato nel

* vacuolo)

attività antimicrobica ossigeno dipendente e ossigeno indipendente; la prima prevede il rilascio da parte dei granuli di

* NADPH­ossidasi, che utilizza ossigeno per convertire NADPH a NADP, portando alla formazione di superossidi e

successivamente di H2O2 (enzima superossido­dismutasi); il sistema ossigeno­indipendente uccide le cellule in

condizioni anaerobiche sfruttando proteine cationiche (impediscono la riproduzione dei batteri), lattoferrina (impedisce

ai batteri di utilizzare il ferro), lisozima (danneggia la parete dei batteri).

Eosinofilo

Ha azione di fagocitosi e vita media di 8­12 giorni; la maggior parte degli eosinofili sono localizzati nel midollo osseo.

Nucleo bilobato, con il lobi collegati da un sottile filamento di cromatina; non sono presenti nucleoli.

Nel citoplasma sono presenti gli organelli.

Presenta abbondanti granuli citoplasmatici con un corpo centrale contenente la proteina basica maggiore (ricca di zinco,

lisina, arginina) responsabile dell’acidofilia dei granuli, che si colorano giallo­arancio con eosina; nei granuli contenuta

è

istaminasi, che riduce gli effetti delle reazioni allergiche.

Sulla superficie presenta recettori per IgM, IgG, IgE, per il complemento e per l’istamina.

Viene attirato nel sito di infezione da fattori chemiotattici rilasciati dai mastociti e agisce fagocitando il complesso

antigene­anticorpo.

Basofilo

Ha azione secretoria, per esocitosi dei granuli, di sostanze coinvolte nelle reazioni di ipersensibilità sia immediata che

ritardata.

Il nucleo bilobato e privo di nucleoli.

è

Il citoplasma contiene granuli con GAG solforati (principalmente eparina), istamina e numerosi enzimi (colorazione

metacromatica basofila, come mastociti, che hanno granuli con eparina e istamina).

La membrana presenta recettori per le IgE, il cui legame con l’antigene stimola il basofilo ad esocitare i granuli.

Granulocitopoiesi

Compartimento proliferativo (progenitori e precursori) ­ durata della maturazione 5 giorni

Mieloblasto ­ nucleo grande e tondo, con cromatina dispersa e nucleoli; citoplasma basofilo per la ricchezza in

* ribosomi

Promielocito ­ dimensioni cellulari maggiori del mieloblasto, nucleo di forma variabile con cromatina a media

* compattazione e nucleoli meno evidenti; la basofilia del citoplasma si riduce e compaiono i granuli azzurrofili (primari,

con idrolisi e proteine antimicrobiche)

Mielocito ­ nucleo tondeggiante con indentature, nucleoli non distinguibili e cromatina granulare; citoplasma

* debolmente colorabile in cui appaiono i granuli specifici di ciascuna specie

Compartimento differenziativo ­ durata maturazione 7 giorni

Metamielocito ­ nucleo bilobato, Golgi e RER si riducono ed inattivano, i granuli specifici aumentano

* Granulocito maturo ­ la deformazione del nucleo si accentua in base al tipo cellulare, acquisisce l’attività ameboide e

* viene accumulato nel midollo oppure rilasciato nel circolo sanguigno, dove rimane per poche ore prima di migrare nei

tessuti; qui rimane fino alla degenerazione, quando fagocitato da cellule del sistema dei macrofagi (reticolo­

è

istiocitario).

MONOCITI

Morfologia e funzione

I monociti fanno parte del sistema monocito­macrofagico e sono i precursori circolanti del macrofagi stessi; questi simili

ai monociti, ma con maggiore capacità fagocitaria ed enzimatica.

Il monocito una cellula rotondeggiante, con nucleo eccentrico, voluminoso e reniforme: la cromatina disposta in

è è

aggregati collegati da sottili filamenti.

Nel citoplasma sono visibili tutti gli organuli e sono contenuti granuli di due tipi:

primari (comparsa precoce) contenenti fosfatasi acida, arilsulfatasi (per proteoglicani e GAG), perossidasi

* secondari (comparsa tardiva) da considerare lisosomi

*

La superficie presenta increspature visibili con microscopio a scansione e antigeni per il legame con anticorpi IgG.

Il monocito raggiunge la sede dell’infiammazione in risposta a stimoli chemiotattici, migra nel tessuto per diapedesi e

matura in macrofago, acquisendo maggiore capacità fagocitaria e contenuto in enzimi idrolitici.

Esistono diversi tipi di macrofagi tissutari: cellule epatiche di Kupfer, macrofagi alveolari, cellule dermiche di Langerhans,

cellule cerebrali della microglia, ostoclasti, ecc.

Le loro funzioni sono di:

fagocitosi e digestione, con processazione dell’antigene, esposizione e conseguente attivazione di linfociti T helper

* secrezione di mediatori chimici quali regolatori della risposta infiammatoria (TNF alfa), fattori di crescita e segnali di

* attivazione dei linfociti T helper per la stimolazione dei linfociti B

citotossicità

* funzioni tessuto­specifiche

* modulazione del sistema del complemento

*

Monocitopoiesi

Promonocito ­ stadio precoce del monocito, in grado di proliferare; ha un nucleo grande, con citoplasma abbondante e

* basofilo, povero di lisosomi, ma con Golgi sviluppato; l’attività mitotica in questa fase alta, mentre quella fagocitaria

è

e l’esposizione di recettori per le IgG sono scarse.

Monociti maturi ­ rilasciati in circolo, dove rimangono per 8­12 ore prima di migrare nel connettivo e normalmente

* trasformarsi in macrofagi

Macrofagi ­ voluminosi, con membrana increspata, maggiore attività fagociterai e numero di lisosomi, citoscheletro

* (soprattutto microtubuli e microfilamenti) più sviluppati, grande Golgi.

LINFOCITI

Morfologia e funzione

I linfociti sono presenti in sangue e linfa, negli organi linfoidi e in alcuni connettivi; sono in grado di ricircolare (quindi

possono uscire dal circolo e poi rientrarvi) e sono dotati di movimento ameboide che ne permette la diapedesi.

Sono distinti in piccoli e grandi linfociti, che si differenziano per le dimensioni cellulari, per la concentrazione (i piccoli

sono prevalenti), per la condensazione della cromatina (nei piccoli più addensata) e per il numero di granuli azzurrofili

è

(i piccoli ne contengono pochi).

linfociti NK

Cellule grandi, con nucleo indentato e citoplasma con molti granuli azzurrofili; uccidono cellule di cui non riconoscono

istocompatibilità self, come cellule modificate per trasformazione neoplastica o infezioni virali.

Presentano recettori per le IgG.

Linfociti B

Cellule capaci di riconoscere l’antigene nella sua conformazione naturale e responsabili della risposta immunitaria

umorale;

questa prevede l’attivazione di linfociti B presentanti lo specifico anticorpo complementare all’antigene e la selezione

clonale di questi, che danno vita a cloni detti plasmacellule secernenti anticorpi liberi.

Immunoglobuline

Gli anticorpi (immunoglobuline) sono glicoproteine composte da due catene leggere e due pesanti, che presentano una

parte costante (che determina il tipo di anticorpo e, mediante la regione Fc, lega recettori sulle membrane plasmatiche di

alcune cellule) ed una parte variabile (regione Fab), che presenta due siti di legame identici per l’antigene. Le catene

pesanti sono codificate da geni sul cromosoma 14, quelle leggere sui cromosomi 2 e 22.

IgG ­ 75% delle Ig plastiche, principale anticorpo prodotto nella risposta secondaria; durante lo sviluppo attraversano

* la barriera emato­placentare per l’immunizzazione passiva del neonato; attivano il complemento secondo la via

classica

IgA ­ sintetizzate durante la risposta immunitaria secondaria e sono presenti nelle secrezioni, dove impediscono

* l’adesione di antigeni a superfici mucose; formano dimeri legati da un polipeptide Join e attivano il complemento

attraverso la via alternativa

IgM ­ grandi, formano strutture pentameriche e sono secreti nella risposta immunitaria primaria

* IgE ­ si trovano legati con la loro porzione Fc a recettori di membrana di granulociti basofili e mastociti, che stimolano a

* secernere sostanza vasoattive (istamina, serotonina, fattore chemiotattico per richiamare gli eosinofili)

Linfociti T

Cellule in grado di riconoscere l’antigene solo se elaborato e presentato complessato al MCH da parte di cellule

presentanti l’antigene; responsabile dell’immunità cellulo­mediata.

è

Linfociti T citotossici

Riconoscono peptidi della degradazione di proteine estranee legate a proteine MHC di classe I.

Hanno infatti un recettore CD8 che si lega a queste proteine; il legame determina l’attivazione del linfocita, che prolifera

in cloni e cellule della memoria e distrugge la cellula bersaglio per induzione dell’apoptosi e per lisi grazie all’inserimento

di perforina nella membrana, che ne altera la permeabilità.

Linfociti T helper

Riconoscono i prodotti della degradazione di antigeni estranei quando legati a proteine MHC di tipo II.

Hanno infatti il recettore

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Publisher
A.A. 2014-2015
58 pagine
10 download
SSD Scienze biologiche BIO/17 Istologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ertedesco2 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istologia e embriologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Vivarelli Elisabetta.