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Estratto del documento

I diritti (e i vantaggi) di essere un cittadino. (il possedimento) di terra e di

case era più visibile discriminante tra un cittadino e un non cittadino. È tutto un

programma che un ipotetico decreto di assegnazione di beni a uno straniero dovesse

recitare “come agli Ateniesi”. Il cittadino, che anzitutto aveva il diritto di partecipare

alle assemblee e accedere alle magistrature, riceveva il misthós nei giorni lavorativi, e

nei giorni di festa. Una legge del 350 a.C. quest’ultimo

dal IV secolo a.C. il theorikón

fu rimpinguato dai residui di bilancio, i quali però andavano allo stratiwtikón (il fondo

di guerra) in caso di conflitto. Il cittadino era addirittura coperto da assistenza: malati,

orfani dei caduti ricevevano cure, denaro e in momenti critici (come tra 410 e 406

a.C.) anche i più poveri. Il cittadino poteva assumere un ‘avvocato’ (in realtà l’avvocato

propriamente detto non esisteva nell’Antica Grecia) o difendersi da sé; non poteva

essere torturato anche se incolpato di reati gravi. Infine poteva partecipare, gestire le

feste religiose anche dal punto di vista finanziario e condividere i pasti sacrificali.

di essere un cittadino: ‘autocertificazione’; situazione delle tasse:

Gli obblighi procedura dell’antìdosis;

eisphorà, i vari tipi di leitourghìa tra cui la trihrarchìa;

rapporto tra i ricchi e i poveri. Lo stato patrimoniale del cittadino non era sottoposto ad

alcun controllo specifico, ma era lo stesso cittadino ad ‘autocertificare’ la propria

condizione e una verifica poteva sempre venire dagli altri concittadini.

Il cittadino non era soggetto ad alcuna tassa diretta: i Greci l’avrebbero interpretato

come un segno di schiavitù. Però egli versava l’eisphorà (tributo) in base alla propria

ricchezza (in origine essa rimpolpava lo stratiwtikón). Altre tasse erano vari tipi di

leitourghìa (onere nel sostenere a proprie spese dei servizi pubblici) e tasse indirette

(portuali, dazi). Però le ‘liturgie’ erano assunte dai più ricchi; esse potevano essere

prese in carico una volta all’anno ma non per due anni di fila. Alcune liturgie sono la

(la coregìa, cioè l’organizzazione dei cori per le rappresentazioni teatrali), la

chorhgìa e l’estìais

gymnasiarchìa (spese per la partecipazione di una tribù a gare agonistiche)

(un pasto pubblico offerto ai membri di una tribù). Infine la trihrarchìa (trierarchia,

cioè l’allestimento di una trireme) era la leitourghìa più importante ma anche più

onerosa (migliaia di dracme!).

La trierarchia era obbligatoria, tanto che il convocato o finanziava o ricorreva alla

procedura dell’antìdosis, indicando direttamente qualcun altro tramite accusa in

tribunale: se l’accusato si rifiutava, il tribunale ricorreva allo scambio dei patrimoni,

secondo cui l’accusato era obbligato a passare i propri beni al convocato.

Riguardo alla posizione dei più ricchi nello Stato ateniese, lo storico marxista tedesco

Rosenberg [morto nel 1943] affermò che le sostanze dei residenti più facoltosi, fossero

essi Ateniesi oppure no, venivano prosciugate come il latte munto da una mucca.

Dunque, continua Rosenberg usando i tecnicismi storiografici nati dal marxismo, i

proletari (ossia i teti o nullatenenti) appoggiavano in pieno i capitalisti (i più ricchi)

nella politica di sfruttamento degli alleati o concorrenti, poiché era risaputo che

scorrevano dei veri e propri fiumi di denaro dalle tasche dei più agiati a quelle dei meno

Con l’ascesa dei teti, dopo le battaglie navali

abbienti. della IIGP, infatti Atene

intraprese senza scrupoli (ma anche senza risultati) due vere e proprie guerre

imperialistiche: una per strappare l’Egitto ai Persiani, l’altra per sopravanzare la

nemica Egìna e il potente Stato marittimo di Corinto requisendo il controllo del

commercio via mare.

Infine c’era l’onere militare, che era anche un diritto non a tutti concesso.

I diritti/doveri militari

la leva, l’efebìa, il giuramento.

I doveri militari del cittadino: Il cittadino aveva il diritto

ma anche il dovere di militare per la patria, dai 20 ai 40 anni mentre dai 50 ai 59 anni

come riserva. In caso di grave crisi della pólis anche schiavi e meteci potevano essere

arruolati. Il cittadino, raggiunti i 18 anni entrava nell’efebìa (da l’efèbo), un

éphhbos,

un’educazione militare –

periodo di 2 anni in cui riceveva ma anche letteraria e

musicale. Nel primo anno gli efèbi erano condotti per santuari, venivano posti di

guarnigione al Pireo e fatti allenare giornalmente. Nel secondo anno dovevano dare

prova delle loro capacità militari davanti al popolo riunito, e andavano nelle

guarnigioni di frontiera. Dopo 2 anni l’efèbo prestava un giuramento dopo cui doveva

procurarsi la costosa panoplìa (la panoplìa degli opliti). Il soldato era retribuito, tanto

più quanto più veniva spedito lontano.

A chi non era concessa la cittadinanza: le donne, gli stranieri, gli schiavi

I pochi cittadini e i molti esclusi. Nel 431 a.C. i cittadini ateniesi erano circa 45000

mentre alla fine della guerra del Peloponneso erano circa 25000. I figli erano 4 per

famiglia. I primi esclusi erano le donne, considerate inferiori giuridicamente perché

– inferiori. Poi c’erano gli stranieri e gli schiavi che

secondo Aristotele biologicamente

insieme rappresentavano la maggioranza della popolazione. In pratica 9/10 abitanti non

erano cittadini.

Gli stranieri: molti doveri e pochi diritti. La figura del pròsseno a tutela dello straniero.

Il métoikos (il metèco, cioè lo straniero che viveva stabilmente nella pólis) era tale

quando si iscriveva nel demo e versava il metoìkion, una piccola tassa annua. I meteci

avevano più doveri che diritti, come l’iscrizione e il tributo annuale ma anche il

pagamento dell’eisphorà, l’espletamento delle liturgie – inoltre non potevano avere

terre né case. Però avevano anche dei diritti: sebben non tutti, almeno alcuni potevano

accedere all’atéleia all’isotéleia

(esonero totale imposte), (uguaglianza di gravezze

pubbliche tra cittadini e meteci) e pure ai sacrifici (in cui però potevano sacrificare solo

3 buoi contro i 100 dei cittadini, buoi che non potevano mangiare dopo il sacrificio,

come facevano i cittadini). Essi avevano bisogno di un prostàths (patrono) per i loro

affari pubblici. Non solo non ci fu mai guerra tra cittadini e meteci, ma erano ben

considerati anche in virtù della ricchezza che apportavano ad Atene, cui collaboravano

con l’esercizio del commercio e del prestito – dato che non potevano possedere terre,

non potevano neanche coltivarle. Un meteco poteva arricchirsi moltissimo.

Una figura importante dii mediazione tra il meteco e il proprio Stato di appartenenza

era il próxenos (il pròsseno), che pur non essendo funzionario può essere paragonato

– –

al console di oggi. Il pròsseno faccio un esempio concreto era cittadino di Atene

che tutelava i diritti dei meteci provenienti dallo Stato straniero da cui riceveva la

cittadinanza, perché potesse rappresentare i meteci. Il pròsseno riceve dunque dei

privilegi dalla città straniera che rappresenta.

Gli schiavi: sommersi da gravosi doveri, sospinti dalla tenue speranza di libertà. Gli

schiavi erano 1/3 dei liberi. Non c’era nelle póleis quasi nessun lavoro in cui non

operasse anche lo schiavo. Si segnalano in particolare il lavoro nei campi e soprattutto

quello nelle miniere, in cui la pólis dipendeva completamente dal lavoro servile.

– –

Persino la scarna burocrazia esistente i dipendenti pubblici di oggi era occupata

dagli schiavi. Lo schiavo però poteva anche essere riscattato dal padrone con la

manomissione (si pensi alla manumissio romana), o poteva arrivare ad affrancarsi da

sé per meriti cumulati o con un pagamento in denaro.

Le istituzioni di Atene

I documenti storici fanno emergere i concreti spazi della vita pubblica

Quali sono le fonti storiche delle istituzioni politiche ateniesi; i siti più importanti: la

e l’agorà.

Pnùx Sono ovviamente molto scarse numericamente. Abbiamo le seguenti:

l’”Athhnaìwn la “Repubblica” e

Politeìa” del Vecchio Oligarca (o Pseudo-Senofonte),

“Le leggi” di Platone, “La guerra del Peloponneso” di Tucidide, le commedie di

Aristofane, le “Vite parallele” di Plutarco, gli oratori attici, i decreti riportati su testi

– questi ultimi sono stati rinvenuti soprattutto nell’agorà

letterari o epigrafici (a nord-

ovest dell’Acropoli) e sulla Pnìce, a ovest dell’Acropoli),

Pnùx (la la collina simbolo

della democrazia. Sulla Pnùx, tra 500 e 340 a.C., il dèèmos ci tenne le assemblee; dal

340 a.C. in poi esse furono tenute al teatro di Diòniso (a sud dell’Acropoli). Ciò che è

davvero notevole è che la nostra conoscenza della democrazia derivi dagli scritti di

parte oligarchica o dagli scritti di chi era almeno benevolo con la democrazia, come il

Vecchio Oligarca.

L’agorà: il fulcro della vita politica della pólis; storia e organizzazione degli spazi.

Anche se è sulla Pnùx che si riunivano i concittadini nelle assemblee essa era il

simbolo di Atene e degli Ateniesi, significativamente chiamati da Aristofane “il popolo

della Pnìce” –, è nell’agorà che si organizzava il resto della vita politica. Ad Atene e

non solo l’agorà è il centro dell’attività pubblica (sociale, perpetuando la memoria

popolare con i monumenti; giudiziaria, con gli archivi pubblici e con gli eliasti, ossia i

giudici popolari; politica, esponendo le leggi; religiosa, con templi culti altari e

archivi). Clìstene: 508 a.C.) l’agorà

Nel periodo pre-clistenico (riforme di era già presente e già

importante. Nel 500 a.C. venne riqualificata e modificata per tutto il V secolo a.C.,

‘óroi

facendo sgomberare le zone di case private, delimitando con (pietre di confine

che recitano: “Io sono un ‘óros dell’agorà”) e costruendoci i primi edifici. Verso il 500

a.C. fu la volta del bouleutèrion (la curia, sede del consiglio dei buleuti) e la stoà

(il portico del re era la sede del potere dell’arconte

basìleios re, davanti al quale gli altri<

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
89 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/02 Storia greca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher suntzu87 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia greca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof Poddighe Elisabetta.