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Ogni società secerne del meraviglioso, che nasce grazie all’eredità lasciata da un meraviglioso
anteriore: si crea così una sorta di “eredità del meraviglioso”, che va accettata passivamente e non
ammette possibilità di cambiamento. Il cristianesimo a questo proposito ha avuto uno sviluppo
diverso, in quanto si estende su mondi con culture diverse, antiche, dunque il meraviglioso
cristiano è racchiuso in queste eredità antecedenti. Durante il cosiddetto Alto Medioevo (V- XI
secolo) assistiamo ad una vera e propria repressione del meraviglioso: se si va alla ricerca di
elementi folklorici appartenenti a questo lasso di tempo si resta, per così dire, a “bocca asciutta”.
Infatti è stata premura della Chiesa trasformare o occultare tutti gli elementi più pericolosi della
cultura tradizionale, quindi pagana. Il meraviglioso ricomparirà nella cultura dei dotti del XII e XIII
secolo grazie alla letteratura cortese, che rappresentando l’ascesa della piccola e media nobiltà e
della cavalleria si oppone alla cultura ecclesiastica legata all’aristocrazia; la letteratura cortese si
basa su una cultura orale di cui il meraviglioso è l’elemento importante, poiché si sposa bene con
la ricerca di un’identità individuale e collettiva del cavaliere idealizzato (le prove del cavaliere
passano per tutta una serie di meraviglie che possono aiutarlo, come certi oggetti magici, o che
deve combattere, come i mostri). Nell’arco di questi secoli molti studiosi si sono soffermati
sull’opera di Tzvena Todorov riguardo il meraviglioso, “La Letteratura fantastica” , in cui lo
contrappone al concetto di “strano”: lo strano può essere spiegato mentre il meraviglioso resta
senza spiegazione e suppone quindi l’esistenza di un “soprannaturale”. Il soprannaturale, nei
secoli XII e XIII si distingue in tre ambiti distinti grazie a tre aggettivi:
- Mirabilis: indica un meraviglioso di origini precristiane.
- Magicus: indica il soprannaturale malefico, satanico, poiché si riferisce alla magia nera
propria di Satana.
- Miracolosus: è il soprannaturale propriamente cristiano.
In una religione monoteista come quella cristiana, il meraviglioso(che presuppone sempre un
artefice soprannaturale) è creato da Dio e dai suoi intermediari, i santi i quali danno vita ai
“miracoli”. A lungo andare però si procede verso uno svuotamento del meraviglioso dovuto ad una
banalizzazione dell’atto miracoloso: nel momento in cui un santo compare sulla scena è
prevedibile che accadrà qualcosa di “miracoloso”. Ma la difficoltà di accettazione del meraviglioso
da parte del cristianesimo sta anche nel fatto che nella Bibbia ad esso non è lasciato molto spazio.
Nel Vecchio Testamento vi sono poche cose meravigliose, nel Nuovo Testamento vi sono più
miracoli che cose meravigliose.
All’interno della società medievale il meraviglioso è un contrappeso alla banalità e alla regolarità
del quotidiano: temi principali dei “mirabilia”sono l’abbondanza alimentare, la nudità, la libertà
sessuale, l’ozio; infatti una delle creazioni dell’Occidente medievale in questo campo è quella del
paese della Cuccagna. Il meraviglioso, in definitiva si orienta verso un universo animalista, di
mostri e bestie perché rifiuta l’umanesimo, una delle grandi bandiere del cristianesimo medievale
(l’uomo è fatto a immagine di Dio).
Possiamo distinguere due tipi di meraviglioso: il meraviglioso quotidiano e il meraviglioso politico.
Le apparizioni del meraviglioso si manifestano all’interno della quotidianità: negli “Otia Imperalia” di
Gervasio di Tilbury (testo del XIII secolo) l’autore racconta che in una città della valle del Rodano ci
sono i draghi che aggrediscono i bambini introducendosi durante la notte nelle case e prendendo i
bambini dalle culle li portano in strada o sulle piazze, dove il giorno dopo vengono ritrovati; le
tracce dei draghi sono impercettibili, segno che il meraviglioso turba il meno possibile la realtà
quotidiana. Forse per questo motivo l’uomo medievale non si è mai interrogato sul perché il
meraviglioso esistesse. Per quanto riguarda il meraviglioso politico, esso è stato sfruttato dai capi
sociali e politici del Medioevo come vanto per le proprie origini: è risaputo che molti vantassero la
presenza, nei loro alberi genealogici, di personaggi mitici. La più conosciuta tra queste è quella di
Mélusine, la meravigliosa donna medievale rivendicata come antenata da numerose famiglie; a
questo proposito Giraldo di Cambrai racconta, nel XIII secolo, l’ascendenza mélusiniana dei
Plantageneti, divenuti re d’Inghilterra. Giraldo afferma che la dinastia ha avuto come antenata,
nell’XI secolo, una donna- demone, nominata spesso da Riccardo Cuordileone come spiegazione
delle azioni della sua famiglia.
Infine vi sono tre diverse forme di recupero del meraviglioso: il recupero cristiano, il recupero
scientifico e il recupero storico. Per quanto riguarda il primo, si è tentato di canalizzare il
meraviglioso da una parte verso il miracolo, dall’altra verso un recupero simbolico; il recupero
scientifico si basa sulla volontà di alcuni scienziati di trasformare i “mirabilia” in fenomeni marginali
e veri. Il recupero storico invece si occupa di associare i “mirabilia” ad avvenimenti e date.
***
Il deserto- foresta nell’occidente medievale.
Nelle religioni eurasiatiche il deserto ha avuto una parte importante, poiché rappresentava i valori
opposti a quelli della città; nel cristianesimo medievale l’ideologia del deserto si trasformò
nell’ideologia della foresta. Nell’Antico Testamento il deserto è il luogo in cui il singolo uomo (con
Adamo) e l’intero popolo giudaico (con Mosé) sono messi alla prova; nel Nuovo Testamento Gesù
sa che il deserto è il luogo in cui risiedono Satana e gli spiriti maligni, che non mancheranno di
tentarlo non appena Egli vi entrerà. A partire dal IV secolo il deserto diviene luogo di eremitismo: gli
eremiti vivevano dell’essenziale ed erano strettamente a contatto con la natura desertica.
L’ingresso nel deserto è visto, secondo S.Girolamo, come un “secondo battesimo”. In Occidente,
un territorio temperato e senza grandi distese desertiche, l’equivalente del deserto verrà assunto
dalla foresta. La foresta occidentale però non è il luogo desertico auspicato dai monaci: essa era
abitata da cacciatori, carbonai e altri tipi di lavoratori che spesso si stabilivano definitivamente in
questo luogo e lo consideravano una semplice fonte di materie prime.
Il senso simbolico della foresta si espresse nella produzione dell’immaginario, nella letteratura
cortese e nelle canzoni di gesta. Nel “Tristan” di Béroul la foresta appare nel significato simbolico
di rifugio; Tristano e Isotta, per fuggire alle ire di re Marco, si rifugiano all’interno della foresta, dove
vivono indisturbati e cibandosi della cacciagione di Tristano. Il tema della foresta- deserto è trattato
nell’ “Yvain” di Chrétien de Troyes: Yvain diventa matto per non aver mantenuto la promessa fatta
alla moglie e si rifugia nella foresta; qui si fa arciere e mangia cibi crudi, finché non inizia la sua
reintegrazione grazie all’incontro con un eremita. Possiamo quindi comprendere come sia la
foresta che il deserto non sono luoghi di solitudine assoluta: vi si possono incontrare gli “uomini
selvaggi”, che vengono prima scambiati per animali.
Osservazioni su corpo e ideologia nell’occidente medievale.
Fra le grandi rivoluzione legate alla cristianità vi è quella sul corpo: assistiamo infatti al soppressa
di tutti quegli spazi legati all’esaltazione del corpo, come il teatro, il circo, lo stadio o le terme. Il
corpo è considerato la prigione dell’anima; il peccato originale viene inteso nel Medioevo come il
lancio di una sfida intellettuale a Dio e viene trasformato in peccato sessuale, il quale raggiunge la
punta massima nel corpo femminile. Da Eva alla strega medievale il corpo femminile è considerato
dimora del diavolo. Il peccato si manifesta con la malattia dell’anima, quindi con la lebbra,
considerata la malattia medievale per eccellenza. La salvezza del cristiano dunque passa
attraverso la salvezza del corpo e dell’anima.
I gesti del purgatorio.
Fin dalle origini i cristiani, pregando per i propri defunti, manifestano la convinzione che sia
possibile una remissione dei peccati dopo la morte. Tra il XII e i l XIII secolo si diffuse la nascita del
purgatorio e nello stesso tempo venne costituito un sistema di controllo ideologico dei gesti da
parte della Chiesa. Il cristianesimo dell’alto Medioevo considerava la gestualità come sospetta,
poiché il gesto fa pensare a due settori aborriti proprio dai cristiani: il teatro e la possessione
diabolica: i mimi e i posseduti dal demonio erano vittime o servi di Satana, poiché la milizia di
Cristo era discreta, sobria nei suoi gesti. La diffusione dell’idea del Purgatorio la si deve ad un
trattato di un monaco cistercense inglese, intitolato “Il purgatorio di San Patrizio”: il trattato
racconta del viaggio di un cavaliere irlandese verso il famoso purgatorio di san Patrizio, nell’isola di
Lough Derg; secondo questo racconto San Patrizio, per convincere gli irlandesi increduli, aveva
ottenuto da Dio l’apertura di un accesso all’aldilà in una cavità presente nell’isola. Chi vi
discendeva e vi trascorreva una notte subiva le pene del purgatorio e se resisteva ai demoni che lo
tormentavano e lo tentavano tornava sulla terra completamente purificato dai peccati e convinto di
andare nel regno dei cieli, poiché dopo aver vissuto quell’esperienza avrebbe continuato a pentirsi
e avrebbe vissuto una vita completamente priva di ogni peccato. Se al contrario si lasciava
condurre dai demoni era destinato all’inferno. All’interno di questo purgatorio ci sono da una parte
dei personaggi che manipolano gli altri (i demoni) , che impongono loro i propri gesti, e dall’altra
individui i cui gesti dipendono dalle azioni cui sono sottoposti. (gli uomini). Dall’avventura di Owein
possiamo dedurre che nel cristianesimo medievale la coppia spaziale alto-basso ha generato la
coppia gestuale salire-scendere e la coppia interno- esterno ha generato entrare- uscire; idealizzati
sono gli orientamenti dell’alto e dell’interno, poiché il cristiano mira all’ascesa e all’interiorizzazione.
I gesti di San Luigi: incontro con un modello e una personalità.
I gesti costituiscono un linguaggio de