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Giudicare l’ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo;
- questa competenza è stata attribuita successivamente, dalla legge
costituzionale 1/1953.
La Corte italiana è caratterizzata dal principio di collegialità, ossia le
decisioni devono essere prese da giudici presenti a tutte le udienze in cui si è
svolto il giudizio, fermo il quorum strutturale di undici: si vota poi a
maggioranza assoluta. Le udienze sono solitamente pubbliche, mentre la
camera di consiglio a porte chiuse viene utilizzata per discutere alcuni temi e
ovviamente per deliberare. Il presidente individua prima dell’udienza un
giudice relatore, che ha il compito di istruire la causa predisponendo il
materiale utile ai propri colleghi, e di aprire la fase deliberativa in camera di
consiglio; nomina anche un giudice redattore, colui che scrive la sentenza e
la manda ai propri colleghi (solitamente queste due figure coincidono).
Caratteristica (non necessariamente voluta dalla Costituzione) del modo di
intendere la collegialità nell’ordinamento italiano è che a differenza di altre
Corti non esistono opinioni dissenzienti o concorrenti: non è possibile né per
i giudici in maggioranza aggiungere e integrare le motivazioni delle sentenze,
né per coloro che sono rimasti in minoranza spiegare perché non erano
favorevoli.
Sono oggetto di sindacato davanti alla Corte solo gli atti normativi primari
(leggi e atti aventi forza di legge dello Stato; leggi delle regioni e delle province
autonome). Atti non sindacabili sono le fonti fatto (consuetudini) e gli atti
normativi secondari (regolamenti): dovendo essi rispettare la legge, sarebbe la
legge ad andare alla Costituzione e non lo stesso regolamento; anche gli atti
normativi di altri ordinamenti non sono sindacabili, poiché vanno davanti alla
Corte di giustizia dell’Unione europea. Con una sentenza di circa 25 anni fa, la
Corte costituzionale ha stabilito che rispetto ad alcuni principi fondamentali,
cosiddetti supremi, che caratterizzano l’ordinamento in maniera essenziale,
anche le leggi costituzionali e di revisione costituzionale sono oggetto di
revisione della Corte; una giurisprudenza più recente ha stabilito che siano
sindacabili dalla legge anche i decreti legge che manchino dei requisiti
indicati all’art. 77.
Il parametro è la norma di rango superiore il cui rispetto deve essere garantito
dalla legge: se alla Corte viene mandata una qualsiasi legge rispetto a che cosa
essa giudica, qual è il parametro del suo giudizio, il termine di raffronto?
Ovviamente le norme costituzionali, ma ci sono anche le cosiddette norme
3 Chiara
Marziantonio ©
interposte, norme fra la Costituzione e la legge della cui legittimità si dubita:
la Costituzione stessa dice al legislatore che esso deve rispettare le norme
interposte (leggi di delegazione all’art. 76 Cost.; norme di diritto
internazionale generalmente riconosciute all’art. 10.1; leggi statali che
stabiliscono i principi fondamentali nella materia di competenza regionale
concorrente all’art. 117.3; norme di trattati internazionali, a partire dalla
Cedu, all’art. 117.1.).
Quali sono i vizi in materia di legittimità costituzionale?
Possono essere di tipo formale, che attengono al modo in cui l’atto legislativo
è stato varato e ha fatto ingresso nell’ordinamento; oppure sostanziale, che
attengono al contenuto stesso dell’atto, e possono essere distinti in due
categorie: tout court, se il contenuto lede la disciplina di norme costituzionali, o
incompetenza, quando l’oggetto non rispetta l’ambito di competenza
assegnato dalle norme costituzionali. Altro tipo di vizio è quello di
irragionevolezza della legge, per cui la violazione del principio di
eguaglianza-ragionevolezza, una differenziazione o mancata differenziazione,
deve essere ben argomentata e motivata, non pretestuosa.
La modalità principale di accesso alla giustizia costituzionale si ha in via
incidentale, cioè quando la questione viene sollevata nel corso di un giudizio
(la normativa è la legge del ‘48 specificata da quelle del ’53); chiamiamo
giudizio principale quello nel corso del quale viene sollevata la questione
(giudizio a quo) e giudizio incidentale quello davanti alla Corte
costituzionale. Giudice a quo può essere qualsiasi organo con natura
giudiziaria: tutti i giudici ordinari e amministrativi (giudici di pace; Tar; Corte dei
Conti; Corte di cassazione; Consiglio di stato); ma anche altri organi che
svolgono funzioni giudicanti, anche se al di fuori dell’ordinamento giudiziario
(sezioni della Corte dei conti nel giudizio di parificazione del rendiconto
generale dello Stato e nell’esercizio delle funzioni di controllo; sezione
disciplinare del Csm; commissioni tributarie; collegi arbitrali, quelli individuati
dalle parti per non andare in tribunale); o la Corte stessa. Ricorrono per altro
due requisiti: uno soggettivo ossia l’esistenza di un giudice; e uno oggettivo,
ossia l’esistenza di un giudizio in senso tecnico.
Nel corso di un giudizio, la questione può essere sollevata su istanza di una
delle parti, oppure può essere sollevata d’ufficio dall’autorità giurisdizionale
davanti alla quale verte il giudizio; sia le parti che il giudice devono indicare
l’oggetto di dubbia costituzionalità e il parametro.
Il giudice che sospende il processo in attesa che la Corte decida, deve
accertare che ci siano alcune condizioni, per evitare un uso strumentale: la
rilevanza della questione di legittimità, che deve servire a definire la
risoluzione della questione stessa (è necessaria?); la non manifesta
infondatezza, ossia deve essere ragionevolmente seria e non pretestuosa
(sussiste un dubbio?). 4 Chiara
Marziantonio ©
Interpretazione = processo concettuale grazie al quale da un testo scritto
ricavo una norma.
La Corte costituzionale ha sancito sin dalla prima giurisprudenza che essa si
esprime su norme, non su disposizioni, quindi su come un testo deve essere
interpretato: è oggetto di sindacabilità il modo in cui un giudice interpreta una
disposizione; in una sentenza 356/1996, la Corte ha sancito questo principio:
le disposizioni di legge non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché
possibile darne interpretazioni incostituzionali, ma perché impossibile darne
interpretazioni costituzionali. Se i giudici di fatto continuano a interpretarla nel
modo illegittimo, la Corte ne prende atto e sancisce l’illegittimità costituzionale
della legge, dal momento che non le è riuscito indurre i giudici ad interpretarla
nell’unico modo che essa riteneva costituzionalmente legittimo.
Il giudizio in via incidentale prevede dunque una serie di passaggi:
Emissione dell’ordinanza del giudice a quo di rinvio alla Corte costituzionale e
- sospensione del giudizio in corso.
Notificazione dell’ordinanza alle parti e al pubblico ministero (se presente), al
- presidente del Consiglio dei ministri o al presidente della giunta regionale, ai
presidenti delle Camere o al presidente del consiglio regionale.
Pubblicazione dell’ordinanza in Gazzetta ufficiale e talvolta anche sul
- Bollettino Ufficiale delle regioni; questo di fatto sospende il processo in corso,
non gli altri processi nei quali la stessa disposizione serve ad arrivare a un
giudizio, nonostante la pubblicazione possa servire.
Costituzione innanzi alla Corte costituzionale delle parti del giudizio a quo o
- anche di altri soggetti portatori di un interesse qualificato, che presentano le
loro deduzioni, e intervento in giudizio del presidente del Consiglio o del
presidente della giunta regionale, entro 20 giorni circa.
Nomina da parte del presidente della Corte costituzionale di un giudice
- relatore e convocazione della Corte per la discussione; il termine di 20 giorni
non è perentorio ma indicativo, ordinatorio.
Sentite le parti affidano al giudice relatore, o a un altro giudice se egli è
- rimasto in minoranza, il compito di leggere la sentenza.
Altro modo di accesso alla Corte è il ricorso in via d’azione all’art. 127
Cost.: riguarda il ricorso dello Stato contro le leggi regionali se ritiene
eccessiva la competenza della regione, e il ricorso di ciascuna singola regione
contro lo Stato o contro le leggi di altre regioni se ritiene che sia stata toccata
la propria sfera di competenza; nel secondo caso la potestà è più limitata
perché deve riguardare la regione in prima persona.
A differenza del giudizio in via incidentale che ha carattere concreto, ossia
riguarda questioni relative all’applicazione di atti legislativi davanti a un giudice
effettivo, il giudizio in via d’azione ha carattere astratto, ossia riguarda
disposizioni valutate sotto il profilo del loro contenuto prescrittivo, a
prescindere dalla loro applicazione. Questo comporta un’ulteriore conseguenza:
il giudizio in via incidentale è indisponibile, chi rinvia alla Corte non può
5 Chiara
Marziantonio ©
decidere discrezionalmente ma se esistono i presupposti deve farlo, e una volta
mandato alla Corte non potrebbe ritirarlo; il giudizio in via d’azione ha carattere
disponibile, perché i soggetti possono rinunciare.
Inoltre, la Corte costituzionale può sospendere l’efficacia di un atto quando
ritenga che possa comportare il rischio di un irreparabile pregiudizio
all’interesse pubblico o all’ordinamento della Repubblica, ovvero il rischio di un
pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini (legge La Loggia);
tale norma è stata introdotta da una legge costituzionale del 2001, a
seguito della riforma del titolo V.
La Corte può pronunciarsi sostanzialmente con due tipi di decisione:
la sentenza, quando giudica in via definita, costituita di tre parti: il fatto,
- riassunto fedele della questione, compreso chi l’ha sollevata, che
valutazione ha fatto il giudice, cosa è stato ritenuto in udienza e la posizione
delle parti; il diritto, il ragionamento giuridico che la Corte formula a
sostegno della sua decisione; il dispositivo, (p.q.m.) seguito dalla
decisione. E’ solitamente affiancata dalla massima, una sorta di riassunto
della sentenza che ne facilita la lettura.
l’ordinanza, in cui esplica che la motivazione è succinta e pertanto non
- entra nemmeno in merito alla questione, come nel caso rilevi una
manifestata infondatezza o una irrilevanza.
In base al contenuto, le decisioni della Corte si distinguono in: processuali, in
cui il giudizio non tocca la questione di costituzionalità ma riguarda pronunce di
inammissibilità, quindi per difetto di irrilevanza o carenza di giurisdizione del
giudice a quo; di merito, in cui entra nella questione