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In Inghilterra la nascita della magistratura avviene prima e più gradualmente,
e si afferma come contropotere nella tutela dei diritti; al contrario, in Francia lo
Stato centrale necessitò sempre di tenere le redini della magistratura. Da
questi due modelli emergono il giudice di tipo professionale, avvocato che
dopo tanti anni di esercizio va a ricoprire questo incarico; o il giudice di tipo
burocratico, col compito di garantire il principio di uguaglianza e
controbilanciare l’esecutivo: nasce come applicatore meccanico della legge,
come unico rappresentante della volontà generale (modello rousseauiano). Il
problema della magistratura concerne il raggiungimento di un’indipendenza
interna, in relazione ai magistrati superiori, ed esterna, nei confronti degli
altri poteri: si cerca di svincolarsi da un’ipoteca gerarchia, tipica del modello
francese, che riguarda ancora oggi il diritto amministrativo, in maniera tale che
ogni giudice sia un potere dello Stato; questa è una garanzia di pluralismo.
Una buona definizione di funzione giurisdizionale deve conciliare un profilo
soggettivo, attraverso il quale si dà rilievo alla natura del soggetto cui spetta
la decisione; e un profilo oggettivo, che non dà rilievo allo status di chi
decide ma piuttosto al fatto che la sua attività è caratterizzata da oggettività
giurisdizionale.
Pertanto la funzione giurisdizionale, che concerne l’applicazione del diritto
al caso concreto, si può definire come funzione statale diretta
all’applicazione della legge, attivata su impulso delle parti (passività del
giudice) per risolvere un conflitto o una controversia, esercitata ad opera di un
soggetto terzo (terzietà del giudice), vincolato solo alla legge, nel rispetto del
principio del contradditorio fra le parti, della pubblicità del procedimento e
della motivazione della decisione; sono così garantite l’equità del processo e
la libertà del giudice. Le parti in causa variano a seconda del tipo di
processo: nel processo civile sono attore e convenuto; nel processo penale
abbiamo pubblico ministero (Stato) e imputato; nel processo
amministrativo si ha il ricorrente e il resistente (pubblica amministrazione).
La funzione giurisdizionale si distingue da quella legislativa, che pone le
norme generali astratte, e da quella amministrativa, dove la pubblica
amministrazione ha il dovere di essere imparziale, ma è un’imparzialità
diversa, perché il giudice è terzo mentre l’amministrazione deve soddisfare un
interesse pubblico.
Espressione dell’esercizio della funzione giurisdizionale sono le sentenze, atti
definitivi con cui si risolve il giudizio, mentre le ordinanze e i decreti sono atti
interlocutori che non definiscono il procedimento ma ne regolano lo sviluppo;
sono decisioni definitive nel momento in cui si emanano ordinanze di
inammissibilità.
Dal punto di vista organizzativo l’ordinamento giudiziario italiano ha una
dimensione orizzontale e una verticale: nel primo caso troviamo una
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Marziantonio ©
diffusione sul territorio nazionale, con 29 distretti facenti capo ad altrettanti
corti d’appello, a loro volta suddivisi in circondari; nel secondo caso all’interno
di ogni singolo ufficio territoriale abbiamo un giudice di primo grado e un
giudice di secondo grado, al cui vertice è posta la Corte di cassazione,
che ha l’importante compito di esercitare la funzione nomofilattica, dire cioè
qual è l’interpretazione corretta (talvolta ricorrendo alla cassazione a sezioni
unite).
Per le cause in materia civile sono previsti: il giudice di pace, che decide da
solo, ha competenza limitata a cause minori e le cui sentenze possono essere
impugnate presso il tribunale; il tribunale, che a seconda dei casi può
decidere in maniera monocratica o collegiale, e le cui sentenze possono essere
impugnate presso la corte d’appello; la corte d’appello, giudice collegiale di
secondo grado.
Per le cause in materia penale sono previsti: il giudice di pace solo per reati
minori, le cui decisioni sono appellabili presso il tribunale; il tribunale, giudice
di primo grado a composizione monocratica o collegiale a seconda del tipo di
reato, le cui sentenze sono appellabili presso la corte d’appello; la corte
d’appello, giudice collegiale di secondo grado. Per i reati più gravi, tribunali e
corti d’appello sono affiancati dalla corte d’assise, le cui sentenze sono
impugnabili presso la corte d’assise d’appello; il ricorso in cassazione
contro le sentenze d’appello si limita alle sole questioni di legittimità, che non
coinvolgono il merito della questione controversa e le cui interpretazioni della
legge sono riassunte in massime.
Accanto ai magistrati con funzioni giudicanti esistono i magistrati con
funzioni requirenti: è il caso dei magistrati del pubblico ministero,
concentrati in uffici istituiti presso i corrispondenti uffici giudicanti: procura
della Repubblica, presso ogni tribunale; procura generale della
Repubblica, presso ogni corte d’appello; procura generale presso la Corte
di cassazione. Il p.m. ha anche funzioni in ambito civile.
In Costituzione si è optato in grossa parte per una giurisdizione a competenza
generale, mantenendo però alcuni istituti presenti nella tradizione, come i
giudici speciali. Tuttavia, l’art. 102.2 fa divieto di istituire giudici
straordinari, ovvero creati dopo l’accadimento del fatto da giudicare, e
giudici speciali, con competenze ritagliate in base alle materie in questione;
questo non esclude che vi siano delle eccezioni (giurisdizione amministrativa- il
Tar; giurisdizione contabile- Corte dei Conti; giurisdizione militare- tribunali
militari), ma nemmeno la possibilità di istituire sezione specializzate per
materia all’interno degli uffici di giurisdizione ordinaria. Tutto ciò si ricollega
all’art. 25, dove si ritrova il principio della precostituzione del giudice
naturale: nessuno può essere distolto dal giudice individuato dalla legge con
criteri predeterminati.
L’art. 103 delinea le giurisdizioni speciali; in particolare la giurisdizione
amministrativa entra in gioco con un potere amministrativo esercitato e ha un
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Marziantonio ©
assetto diverso dal civile e dal penale: come primo grado il Tar, e il Consiglio di
stato in secondo; in cassazione ci si può andare solo per motivi di giurisdizione.
All’art. 104 si affermano autonomia e indipendenza della magistratura
rispetto a ogni altro potere, principio rafforzato dall’art. 101.2 secondo cui i
giudici sono soggetti solo alla legge; inoltre, i magistrati sono distinti tra loro
soltanto per diversità di funzioni per l’art. 107.3. Con tali principi si
ribadisce la separazione dei poteri e la necessaria indipendenza del potere
giudiziario, anche a evitare che il p.m. possa essere accolto nell’orbita del
potere esecutivo; inoltre abbiamo una riserva di legge in materie di norme
sull’ordinamento giudiziario all’art. 108.1. Per evitare qualsiasi
condizionamento politico e garantire la competenza del magistrato è
necessario superare un pubblico concorso, come espresso all’art. 106.1: ne
consegue che i magistrati hanno il divieto di iscriversi ai partiti politici per
aumentare ulteriormente l’imparzialità; inoltre, vige il principio di
inamovibilità, specificato all’art. 107.1, secondo cui è il solo Csm a stabilire
le sorti dei magistrati: si è voluto evitare che il ministro della giustizia
potesse avere poteri sui magistrati, concedendogli solo poteri amministrativi
come l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia e la
promozione dell’azione disciplinare, ma non sarà lui a decidere.
Il consiglio superiore della magistratura fu istituito dal costituente per
evitare che la magistratura si costituisse in corpi separati e per garantire che
fosse autonoma rispetto all’esecutivo; le sue funzioni sono delineate all’art.
105 e all’art. 107.1, mentre il ministro della giustizia ha tre poteri delineati
all’art.110.
La composizione del Csm è stabilita all’art. 104:
tre componenti di diritto: il presidente della Repubblica, capo dello
• stato per sottolineare la non separatezza totale della magistratura dal
potere politico, che lo presiede; il primo presidente della Corte di
cassazione (a sezioni unite) e il procuratore generale della Corte di
cassazione.
membri togati: componenti eletti per due terzi da tutti i magistrati
• ordinari, due dei quali con funzione di magistrato di cassazione, quattro
con funzioni requirenti e dieci con funzioni giudicanti.
membri laici: eletti per un terzo dal Parlamento in seduta comune con
• maggioranza qualificata dei tre quinti, tra professori ordinari in materie
giuridiche e avvocati con quindici anni di esercizio.
I componenti elettivi durano in carica 4 anni e non sono immediatamente
rieleggibili; il vicepresidente del Csm viene scelto tra gli 8 eletti dal
Parlamento e a lui vengono delegate tutte le funzioni sostanziali dal presidente
della Repubblica. L’organizzazione interna del Csm opera attraverso
commissioni, fra cui quella per il conferimento degli incarichi direttivi e
la sezione disciplinare; il Csm dà pareri al ministro, sui disegni di legge
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