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LA FORMA.

La volontà di un soggetto, così come l'abbiamo conosciuta e

definita, per produrre i suoi effetti sul piano del diritto ha necessità

di essere esternata e, quindi, portata alla conoscenza dei terzi.

La forma è proprio il mezzo attraverso cui ciò avviene.

Chiamiamo dichiarazione espressa quella che viene resa con ogni

mezzo esplicito, utile a far conoscere ai terzi i nostri intendimenti

(parole, scritti, cenni inequivoci etc.); definiamo invece

dichiarazione tacita, detta anche per facta concludentia, quella

che si concreta in uno o più comportamenti che, secondo il comune

modo di pensare, apparirebbero incompatibili con una diversa

volontà.

Altre volte la volontà negoziale può manifestarsi attraverso una

diretta realizzazione dello scopo: si pensi, ad esempio, al soggetto

che dopo aver fatto testamento, lo distrugga materialmente;

attraverso questo comportamento egli rivela la volontà di revocare e

annullare le disposizioni testamentarie già prese.

Ci si deve poi chiedere se anche il silenzio possa essere inteso quale

manifestazione della volontà negoziale. In linea di principio, per il

diritto “chi tace non dice niente”, ma non si può escludere che, in

taluni casi specifici, anche il silenzio possa porsi quale strumento

atto ad indicare l'esistenza di un volere del soggetto.

In alcune occasioni può essere un precedente accordo tra le parti,

ovvero la consuetudine, ad attribuire al silenzio questa valenza

positiva; in altre ipotesi il silenzio può essere considerato

manifestazione di volontà, purché sia accompagnato da determinati

comportamenti o determinate circostanze (tant'è vero che in questi

casi si parla di “silenzio circostanziato”).

In ogni caso va sottolineato che per il nostro ordinamento vige il

generale principio della libertà di forma: ciò è a dire che, salvo

eccezioni, i soggetti, nella loro autonomia, sono liberi di scegliere a

loro piacimento quale forma adottare per la realizzazione di un

negozio giuridico (verbale, scritta etc.).

In alcuni casi, peraltro, il legislatore ha ritenuto doveroso derogare a

tale principio, imponendo, per taluni negozi ritenuti particolarmente

rilevanti, l'adozione obbligata di una determinata forma: in tali

ipotesi si dice che la forma è prescritta ad substantiam actus, ed

in tal caso è considerata elemento essenziale del negozio: la

mancata osservanza di tale prescrizione comporterà, pertanto, la

nullità del negozio medesimo.

Naturalmente in tali frangenti la forma da adottare sarà quella

scritta, e potremo avere l'atto pubblico (artt. 2699 e seguenti cod.

civ.), ovvero la scrittura privata (artt. 2702 e seguenti cod. civ.).

E' evidente che i negozi per i quali il legislatore prevede la

necessaria adozione di una forma ad substantiam sono quelli di

particolare importanza, per ciò definiti atti solenni, per i quali è

fondamentale predisporre una documentazione che dia assoluta

certezza dei contenuti dell'atto stesso. Inoltre l'obbligo di redigere

tali atti per iscritto è utile anche al fine di richiamare gli stessi

soggetti alla massima attenzione circa il loro operato e le loro

decisioni.

In altri casi il legislatore può prevedere l'adozione di una forma

scritta ad probationem tantum: qui la forma non è imposta quale

elemento essenziale dell'atto e, quindi, la sua eventuale mancanza

non comporterebbe nullità.

In tali frangenti dunque il rispetto di tale forma servirà, e sarà

essenziale, solo se sorgerà la necessità di provare in giudizio

l'esistenza ovvero il contenuto dell'atto: la parte interessata,

infatti, avrà l'onere di fornire la prova circa l'esistenza e il contenuto

del negozio, e potrà farlo unicamente producendo il documento

scritto; non sarà infatti consentito alla stessa di utilizzare altri mezzi

di prova, quali le deposizioni testimoniali, le presunzioni etc.

Tipico esempio di negozio per il quale è richiesta la forma scritta ad

probationem è il contratto di transazione (art.1967 cod. civ.).

Si ritiene poi che la forma prevista per il negozio principale

condizioni la forma di tutti gli eventuali e possibili negozi accessori:

dunque, se per quello principale è prevista una forma scritta, anche

gli eventuali patti aggiunti, revoche, convalide etc. dovranno essere

redatti nella medesima forma, pena la loro nullità.

.*.*.*.*.*.

SEGUE: GLI ELEMENTI ESSENZIALI DEL NEGOZIO

GIURIDICO.

LA CAUSA.

Pur essendo indubbio che la causa rientri tra gli elementi essenziali

del negozio giuridico (si veda, a tacer di tutto, l'art. 1325 cod. civ.),

tuttavia della medesima il legislatore non ci fornisce una

definizione.

E' stato dunque compito della dottrina cercare di elaborare il

concetto di causa del negozio, tentando di darne una sintesi.

A tal proposito va sottolineato come due siano ancora oggi le teorie

più interessanti emerse dagli studi e dalle speculazioni dei

giurisperiti. Vediamole:

teoria soggettiva: secondo tale tesi la causa andrebbe

– individuata nello scopo che spinge un soggetto a stipulare un

negozio giuridico e ad assumersene le conseguenze;

teoria oggettiva: la causa andrebbe ravvisata nella funzione

– economico-sociale che il singolo negozio giuridico tende a

perseguire e soddisfare.

Semplificando, e di molto, la trattazione dell'argomento, che

meriterebbe ben altro spazio e approfondimento, possiamo dire che,

in concreto, la teoria oggettiva va senz'altro considerata

maggioritaria e prevalente.

Dal concetto di causa va tenuto assolutamente distinto il concetto di

motivo.

Il motivo, o meglio i motivi, possiamo definirli come le ragioni

intime e strettamente personali che inducono ciascuno di noi alla

stipula di un negozio. Essi sono decisamente soggettivi, spesso assai

differenti da individuo a individuo e, normalmente non vengono resi

noti ai terzi.

Si pensi ad esempio alle svariate ragioni che possono spingere un

soggetto all'acquisto di un abito: chi ne ha bisogno per un'occasione

particolare, chi per farne dono a un amico, chi solo perché lo trova

gradevole, chi perché è ingrassato o dimagrito e non riesce più a

indossare quello che ha in guardaroba etc.

Alla luce di tali brevi considerazioni, appare evidente quale sia la

differenza tra causa e motivi: tanto la causa è elemento impersonale

e oggettivo, tanto i motivi sono personali e soggettivi; tanto la causa

si presenta quale elemento tipico e costante di un certo negozio

giuridico (la causa del contratto di compravendita è sempre lo

scambio di una cosa contro un prezzo, non importa che io venda

case, frutta, scarpe etc.), tanto i motivi sono elementi atipici e

variabili, proprio perché appartenenti all'intimità di ogni individuo.

E' per tale ragione che, di regola, i motivi non hanno alcuna

rilevanza per la vita e le vicende che possono interessare il

negozio giuridico, fatte salve rare eccezioni che comunque

presuppongono che i motivi stessi siano stati resi noti sin dall'inizio

anche alla controparte o ai terzi.

Viceversa la causa, oltre ad essere, come già detto, un elemento

essenziale del negozio, rileva sotto molteplici aspetti; in particolare

essa è fondamentale per la distinzione di diverse categorie negoziali.

Distinguiamo, ad esempio:

negozi tipici: il legislatore, nel corso del tempo, ha

– individuato, proprio grazie all'esame della causa, i cosiddetti

tipi negoziali. Ovvero quei negozi di maggiore diffusione e

uso, cui ha deciso di dare non solo una definizione standard,

ma anche una disciplina specifica e autonoma. In particolare

se guardiamo ai contratti, sono tipici tutti quelli denominati e

normati dal codice civile;

negozi atipici: vengono così chiamati tutti quei negozi che

– non corrispondono ai “tipi” previsti e disciplinati dalla legge,

ma che sono il frutto dell'autonomia negoziale riconosciuta

dall'ordinamento ai privati. La validità e l'efficacia di tale

negozi atipici sono naturalmente subordinati ad alcuni limiti;

in particolare essi debbono in ogni caso rispettare i principi

generali dell'ordinamento e, comunque, devono essere atti a

realizzare degli interessi meritevoli di tutela. (artt. 1322 e 1323

cod. civ.);

negozi misti: sono negozi atipici, la cui causa è il frutto della

– fusione di due o più cause di altrettanti negozi tipici. Pensiamo

ad esempio al contratto di posteggio, la cui causa deriva dalla

fusione da un lato della causa del contratto di locazione (ti

loco lo spazio che verrà occupato dalla tua automobile), e

dall'altro dalla causa del contratto di deposito (io posteggiatore

ho l'obbligo di custodire la tua autovettura).

.*.*.*.*.*.

In linea di generale principio, un negozio in cui fosse assente la

causa non sarebbe suscettibile di produrre alcun effetto; altrettanto

in caso di causa illecita (ovvero di causa che violi i principi di

ordine pubblico, buon costume etc.).

Esistono però alcuni negozi, cosiddetti astratti, nei quali gli effetti

si producono a prescindere dalla causa stessa. I negozi astratti sono

un “numero chiuso”, ovvero l'autonomia dei privati non può creare

figure di negozio astratto diverse da quelle tassativamente previste

dalla legge. Tipico negozio astratto è la cambiale.

Si badi però che in questi casi la causa non è assente; al contrario

essa esiste ma, in determinate circostanze, può venire accantonata e

gli effetti del negozio si produrranno ugualmente.

.*.*.*.*.*.

Se in un negozio giuridico la causa fosse assente o venisse a

mancare, ci troveremmo dinnanzi alle ipotesi di difetto genetico o di

difetto funzionale della causa stessa.

Per difetto genetico si intende la situazione nella quale la causa del

negozio manchi sin dall'origine; tale difetto può essere totale o

parziale.

Quando invece la causa di un negozio è contraria alle norme

imperative, di ordine pubblico o di buon costume, si parla di

illiceità della causa stessa. Anche la causa illecita è motivo di

nullità del negozio.

LA RAPPRESENTANZA VOLONTARIA.

Abbiamo già avuto modo di parlare di rappresentanza quando

abbiamo affrontato il tema delle incapacità. Si ricorderà che i

genitori e il tutore sono stati definiti rappresentanti legali

rispettivamente dei figli minori e dell'interdetto.

In questi casi il potere di agire in nome e per conto di un altro

soggetto discende direttamente dalla legge; da qui l'uso

dell'aggettivo “

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A.A. 2013-2014
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SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher eugeniodiquattro di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Casnici Patrizia.