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[CAPITOLO IX DA NON FARE]
Capitolo X
Il rapporto obbligatorio: caratteri fondamentali
L'obbligazione è quel rapporto giuridico in virtù del quale un soggetto (debitore) e tenuto ad adottare in favore di un
altro soggetto (creditore) una determinata prestazione, essa può consistere in un fare, non fare o in un dare.
L'obbligazione, dunque, indica la relazione tra due soggetti istituita e governata da una regola di diritto, è dunque il
paradigma di tutti i rapporti giuridici. Tale regola, in questo caso, attribuisce ad una parte il diritto di credito (lato
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attivo del rapporto), che consiste nella pretesa di una prestazione, all'altra l'obbligo (lato passivo) di porre in essere
quella medesima prestazione.
Il credito è un diritto soggettivo riconducibile allo schema dei diritti relativi (la realizzazione dell'interesse passa
sempre attraverso la cooperazione di un terzo). Il motore del rapporto obbligatorio è costituito dall'interesse del
creditore: la prestazione del debitore è infatti preordinata alla realizzazione di tale interesse. Tale dinamica risulta
scolpita nell'art. 1174 “la prestazione che forma oggetto dell'obbligazione deve essere suscettibile di valutazione
e deve corrispondere ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore”. Ci si potrebbe domandare
economica
perché l'obbligazione, anche se indirizzata al soddisfacimento di un interesse anche non patrimoniale, debba avere ad
oggetto una prestazione patrimoniale. In questo caso, infatti, il requisito della patrimonialità della prestazione deve
essere inteso non in senso oggettivo ma soggettivo: la valutazione della patrimonialità della prestazione deve essere
fissata dalle parti (non è detto che il risarcimento oggettivo di un danno sia uguale a quello valutato dal soggetto). A
ciò potrebbe obiettarsi che in questo modo si consentirebbe di considerare oggetto di obbligazione anche beni o servizi
non suscettibili di valutazione economica. Tuttavia, tale obiezione trova soluzione non sul piano del rapporto
obbligatorio ma su quello del titolo contrattuale dal quale questo deriva: quando sussiste una incompatibilità, essa
investe tutto il rapporto contrattuale nel quale l'obbligazione si iscrive, determinandone la nullità sotto il profilo della
illiceità dell'oggetto. Infatti, non esiste una disciplina autonoma e specifica delle obbligazioni in quanto esse
rispondono alle regole previste per il contratto.
Le fonti dell'obbligazione
1173 sono fonti delle obbligazioni il contratto, il fatto illecito, nonché “ogni altro atto o fatto idoneo a
Ai sensi dell'art.
produrle in conformità dell'ordinamento giuridico” (tutte fattispecie):
- Contratto: in questo caso il vincolo obbligatorio è conseguenza della volontà manifestata dalle parti. I contratti
non hanno solo effetti obbligatori ma non ci è contratto che non sia anche fonte di obbligazioni;
- Fatto illecito: al perfezionarsi della fattispecie prevista dall'art. 2043 infatti, sorgerà un'obbligazione
risarcitoria a carico del soggetto che ha causato la lesione e a favore del danneggiato;
- Particolari fattispecie: sono tutte quelle fattispecie dalle quali discende, per previsione normativa, una
ecc.…).
obbligazione (ad es. gestione di affari altrui, pagamento dell'indebito, obbligo di prestare gli alimenti
Di fatto ci si domanda se possa o meno configurarsi un rapporto obbligatorio anche in relazione ad atti e fatti
non previsti dalla norma: l'alternativa che si pone è dunque quella tra un sistema chiuso di fonti delle
obbligazioni, circoscritto alle ipotesi previste dalla legge, e un sistema aperto, improntato ad una regola di
atipicità. La giurisprudenza oggi è incline a riconoscere l'atipicità delle fonti delle obbligazioni. Un esempio
può essere fornito dalla figura della responsabilità da contatto che intercorre tra il medico dipendente di una
struttura ospedaliera e il paziente. Tra questi, infatti, non viene stipulato alcun tipo di contratto in quanto il
paziente negozia solo con la struttura presso la quale il medico svolge la propria attività. Dunque, in caso di
danno del medico nei confronti del paziente, la responsabilità ricadrebbe sulla struttura e solo in maniera
extracontrattuale sul medico. In questo caso l'ordinamento protegge il paziente grazie all'art. 1337, alla stregua
del quale le parti, durante le trattative debbono comportarsi secondo buona fede (il medico è tenuto a operare
nel rispetto degli standard di diligenza, prudenza e perizia propri dell'attività medico-chirurgica). In questo
caso, dunque, tra il medico ed il paziente si viene ad instaurare un contratto sociale. Dunque, si può affermare
che un fatto, anche se non espressamente elencato dell'art. 1173, sarebbe comunque idoneo a fondare
un'obbligazione.
Le obbligazioni naturali
Ai sensi dell'art. 2034 “non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri
prestazione sia stata eseguita da un incapace”. Si parla in questo caso di obbligazione
morali e sociali, salvo che la
naturale, cioè di un dovere apprezzabile sul piano morale e sociale ma che risulta estraneo all'ordinamento giuridico.
Essendo estranei all'ordinamento, le obbligazioni naturali, al contrario di quelle civili, non sono coercibili (non
obbligatorie, se non vengono rispettate non si ricorre a sanzione). L'unica rilevanza giuridica di questo tipo di 72 di 178
obbligazioni è sostanziata nella soluti retentio, ossia il fatto che ciò che viene spontaneamente prestato non debba
essere restituito. La causa dell'irripetibilità di tali obbligazioni trova giustificazione nel fatto che tale attribuzione
scaturisca da un dovere morale o sociale. Tale attribuzione patrimoniale di cui viene esclusa la ripetibilità si
concretizza in un vero e proprio negozio dispositivo, al quale risulterà dunque applicabile la disciplina dei vizi del
consenso. Dunque, la soluti retentio è esclusa qualora il tradens (colui che ha reso la prestazione) risulti incapace (la
capacità richiesta ai fini della irripetibilità di quanto prestato è non solo la capacità d'agire ma anche quella naturale),
ciò non avviene invece qualora la prestazione sia stata posta in essere con l'erroneo convincimento che essa fosse
giuridicamente dovuta. Infine, merita un'osservazione quanto previsto dall'art. 2034 co.2 dove oltre che di doveri
morali e sociali, si parla di ogni altro dovere “per cui la legge non accorda l'azione, ma esclude la ripetizione di ciò che
è stato spontaneamente pagato”. di fatto non vi è alcuna differenza tra questo tipo di doveri e quelli sociali e morali,
semplicemente le ipotesi del co. 1 rappresentano il genus, quelle del co. 2 le singole species. Secondo la dottrina si
devono distinguere le obbligazioni naturali tipiche (pagamento debiti di gioco) e quelle atipiche (pagamento interessi
ultralegali); le prime sarebbero previste dal comma 1 dell'art. 2034 e le seconde dal comma 2.
La regola di buona fede
L'art. 1175 dispone che “creditore e debitore devono comportarsi secondo le regole della correttezza”. La correttezza
rimanda al contenuto della buona fede in senso oggettivo (la buona fede in senso soggettivo consiste invece nello stato
psicologico di chi ignora di ledere l’altrui diritto; quello oggettivo è il generale dovere di correttezza e di reciproca
lealtà di condotta nei rapporti tra i soggetti). L'obbligo di correttezza impone uno standard di condotta improntato a
valori di lealtà, serietà e onestà. La norma non descrive in modo puntuale il comportamento da imporre o vietare alle
parti, ma lascia all'interprete il compito di individuare un parametro di correttezza. È questa una particolare tecnica di
costruzione di una fattispecie normativa, caratterizzata dal ricorso ad una clausola generale. Tuttavia, il ricorso a
questo tipo di clausola determina un ampliamento dei margini di discrezionalità del giudice, tale discrezionalità
comporta dei vantaggi (la clausola di correttezza offre un criterio di giudizio idoneo a far fronte anche ad evenienze
che sfuggono al regolamento negoziale) ma anche dei costi (non vi è certezza del diritto, la discrezionalità rende
sindacabile la decisione del giudice). Il raggio operativo della clausola della correttezza si lega sempre ad una lacuna
normativa (manca una regola applicabile al caso) o una lacuna assiologica (la regola applicabile non è adeguata al
caso). Dunque, la correttezza assolve ad una funzione integrativa del rapporto (l'obbligo di correttezza non è solo del
debitore ma anche del creditore. Ad egli viene infatti imposto un atteggiamento collaborativo). Ovviamente non è
possibile elencare tutti gli obblighi in cui può concretizzarsi la regola di correttezza in quanto essi dipendono dai
singoli casi; tuttavia, sono accomunati dal fatto che tutti concorrono a precisare le modalità di attuazione del rapporto.
Tra gli obblighi riconducibili alla regola di correttezza ricoprono un ruolo particolare gli obblighi di protezione: la
giurisprudenza ritiene che ciascuna delle parti sia gravata da un obbligo di cura diretto a preservare la persona e i beni
dell'altra parte. La lesione della sfera giuridica dell'altra parte non rappresenterà un fatto illecito bensì un
inadempimento del rapporto obbligatorio in essere. La caratteristica degli obblighi di protezione è la loro autonomia
rispetto al nucleo del rapporto, a differenza di tutti gli altri obblighi che invece presentano un carattere accessorio
rispetto all'esecuzione della prestazione principale (e quindi riferiti alla responsabilità extracontrattuale o aquiliana).
In sede di attuazione del rapporto, accanto alla funzione integrativa, la regola di correttezza, assolve anche ad una
funzione correttiva. In questo caso la clausola delle buona fede fonda un giudizio riguardo la corretta o meno
attuazione dell'obbligazione, giudizio a posteriori. Dunque, mentre per la funzione integrativa prevale una
considerazione statica del rapporto, considerato nel momento della predisposizione degli obblighi, nella funzione
correttiva prevale l'attenzione per il momento dinamico dell'attuazione del rapporto.
L'adempimento dell'obbligazione
Il momento centrale della vita dell'obbligazione è rappresentato dall'adempimento, cioè dall'esecuzione della
prestazione che ne costituisce oggetto. L'adempimento soddisfa l'interesse del creditore e estingue il rapporto
obbligatorio. Di fatto si contesta la natura giuridica dell'adempimento, esso è infatti stato considerato ora un fatto
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giuridico (evento naturale che produce conseguenze nel campo del diritto), ora un a