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contratto. LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER INADEMPIMENTO

Azione di risoluzione e azione per l’adempimento

La risoluzione del contratto, in generale, avviene per anomalie del funzionamento del sinallagma, e dunque

per cause che si verificano dopo la conclusione. Precisamente il contratto si può risolvere:

 Per inadempimento

 Per impossibilità sopravvenuta

 Per eccessiva onerosità sopravvenuta

Quando una parte manca alle sue obbligazioni, l’altra può agire in giudizio per ottenere l’adempimento oltre

al risarcimento del danno, oppure può trovare preferibile sbarazzarsi del contratto, determinandone la

risoluzione.

Risolto il contratto, viene meno la causa giustificatrice delle prestazioni contrattuali. Esse, perciò, non sono più

dovute; quelle già eseguite vanno restituite secondo le regole relative alla ripetizione dell’indebito. Inoltre la

parte inadempiente è tenuta al risarcimento del danno.

Il risarcimento del danno viene valutato con riferimento all’interesse positivo: al vantaggio patrimoniale che

sarebbe derivato da un’esatta e puntuale esecuzione del contratto.

Importanza dell’inadempimento. Clausola risolutiva espressa

Non ogni inadempimento giustifica la risoluzione del contratto. Se si tratta semplicemente di una piccola

inesattezza della prestazione, o di un ritardo non grave, o dell’inadempimento di una prestazione accessoria di

scarsa importanza, la risoluzione è esclusa (art. 1455 c.c.); il creditore potrà agire solo per ottenere la

condanna del debitore a completare l’adempimento e a risarcire il danno.

Se le parti vogliono limitare l’ambito di questa valutazione giudiziale, possono inserire nel contratto una

clausola che ne disponga la risoluzione nel caso che una determinata obbligazione non venga adempiuta

clausola risolutiva espressa

affatto, o comunque non venga eseguita rispettando le modalità stabilite ( ). La

clausola sottrae al giudice il potere di negare la risoluzione ove non li ritenga sufficientemente gravi.

La risoluzione si verifica solo se, in seguito all’inadempimento, egli dichiara all’altra parte che intende valersi

della clausola risolutiva (art. 1456 c.c.). Termine essenziale

essenziale

Il termine per l’adempimento viene detto nelle ipotesi in cui la prestazione sarebbe inutile per il

creditore se eseguita dopo la scadenza. La volontà contrattuale delle parti può attribuire carattere di

essenzialità al termine.

Il mancato adempimento entro il termine essenziale determina automaticamente la risoluzione del contratto.

Anche qui, tuttavia, la legge tiene conto della possibilità che il creditore finisca per preferire di esigere

ugualmente la prestazione, anche se ormai tardiva. Ciò gli è consentito, alla condizione però che ne dia notizia

all’altra parte entro tre giorni (art. 1457 c.c.).

Diffida ad adempiere

Se il termine per l’adempimento non è essenziale, il ritardo del debitore può dar luogo alla risoluzione

giudiziale, ma solo se è sufficientemente grave (art. 1455 c.c.). La risoluzione non può venire pronunciata se il

debitore adempie prima che essa venga chiesta in giudizio.

Il creditore può intimare al debitore per iscritto di adempiere in congruo termine, avvertendolo che, in

mancanza, il contratto si intenderà senz’altro risolto.

Decorso inutilmente questo termine, il contratto si risolve di diritto (art. 1454 c.c.).

Resta però sempre fermo il principio espresso nell’art. 1455 c.c.: perciò la risoluzione non si verifica se la

prestazione inadempiuta è di scarso interesse.

Effetti della risoluzione

 Conseguenze fra le parti : la risoluzione elimina la causa giustificativa delle prestazioni contrattuali e perciò

obbliga a restituire ciò che si sia ricevuto in esecuzione del contratto. La risoluzione del contratto per

inadempimento ha effetto retroattivo fra le parti. Nei contratti ad esecuzione continuata o periodica non

v’è ragione di estendere l’obbligo di restituzione alle prestazioni eseguite nel periodo in cui il contratto sia

stato regolarmente adempiuto da entrambe le parti: perciò qui la risoluzione non retroagisce al momento

della stipulazione del contratto, bensì solo al momento in cui il contratto ha cessato di avere regolare

esecuzione (art. 1458 c.c.).

 La risoluzione e i diritti dei terzi : la risoluzione non è opponibile ai terzi, i quali abbiano acquistato prima

che sia verificata la risoluzione di diritto, o prima che sia stata proposta la domanda giudiziale di

risoluzione (art. 1458 c.c.). I terzi acquirenti sono tutelati in ogni caso, senza indagare se sapessero

dell’inadempimento oppure no. La risoluzione ha efficacia obbligatoria e non reale.

Risoluzione giudiziale e risoluzione di diritto risoluzione giudiziale

Il contratto può risolversi per effetto della sentenza del giudice, e in tal caso si parla di .

risoluzione di diritto

La legge ammette che l’inadempimento possa determinare una (cioè senza intervento del

giudice) nelle seguenti ipotesi:

 Clausola risolutiva espressa

 Termine essenziale

 Diffida ad adempiere

L’azione per la risoluzione giudiziale deve essere esercitata entro un termine di prescrizione. Invece con la

risoluzione di diritto si termina automaticamente una situazione nuova, che potrà poi venire giudizialmente

accertata in qualsiasi momento.

LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER IMPOSSIBILITÁ SOPRAVVENUTA

Le conseguenze giuridiche dell’impossibilità liberatoria;

il problema del rischio della controprestazione

Se la prestazione diventa impossibile per una causa non imputabile al debitore, l’obbligazione si estingue (art.

1256 c.c.) e il debitore va esente da ogni responsabilità per i danni.

Se si tratta di un contratto unilaterale, la liberazione del debitore svuota il contratto stesso di ogni contenuto, e

non vi sono problemi ulteriori.

Se invece si tratta di un contratto a prestazioni corrispettive, resta da stabilire se il contraente liberato conservi

il diritto alla controprestazione (rischio a carico del creditore), oppure no (rischio a carico del debitore).

La risoluzione per impossibilità sopravvenuta

Nei contratti a prestazioni corrispettive la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione

dovuta perde, di regola, il diritto alla controprestazione (art. 1463 c.c.).

La prestazione rimasta possibile non dovrà venire eseguita; se già eseguita, dovrà venire restituita secondo le

norme relative alla ripetizione dell’indebito.

Il contratto resta allora svuotato di effetti: esso è risolto per impossibilità sopravvenuta.

Contratti con effetti traslativi o costitutivi

Il principio che, attraverso il meccanismo della risoluzione per impossibilità sopravvenuta, pone a carico del

debitore il rischio della controprestazione, incontra un’importante eccezione nel campo dei contratti con

effetti reali.

In questi contratti l’effetto reale si verifica al momento del consenso, se si tratta di una cosa determinata (art.

1376 c.c.), e con l’individuazione se si tratta di una cosa determinata solo nel genere (art. 1378 c.c.). Può

accadere che la cosa perisca dopo questo momento, ma prima di venire materialmente consegnata

all’acquirente, diventando così impossibile eseguire l’obbligo di consegna, che pure grava sull’alienante.

Nondimeno l’alienante conserva il diritto al corrispettivo, se il perimento non gli è imputabile (art. 1456 c.c.):

il rischio è a carico dell’acquirente.

Impossibilità di prestare e impossibilità di ricevere

La risoluzione del contratto è esclusa anche quando l’impossibilità della prestazione sopravviene durante la

mora del creditore, o dipende dall’impossibilità, per il creditore, di dare la cooperazione che è a suo carico.

La mora del creditore non estingue il debito, ma gli aggravi derivanti dalla prolungata soggezione del debitore

al vincolo sono tutti a carico del creditore. Il creditore in mora non potrà dunque valersi della risoluzione del

contratto e resterà obbligato a pagare il corrispettivo. Questa regola opera anche quando la mora del creditore

sia incolpevole.

Ugualmente il creditore resta obbligato a pagare il corrispettivo se l’impossibilità colpisce la cooperazione che

è a suo carico. E a maggior ragione quando l’impossibilità della prestazione sia dovuta a una causa che gli sia

imputabile.

Risoluzione per impossibilità sopravvenuta e risoluzione per inadempimento

quando la mancata esecuzione della prestazione sia dovuta a una causa della quale il debitore debba

rispondere, l’altra parte può volere la risoluzione del contratto, ma può anche, se lo preferisce, mantenere il

contratto e agire per ottenere l’adempimento.

La legge esclude che la risoluzione per inadempimento sia necessaria e automatica: il creditore dovrà

chiederla in giudizio (art. 1453 c.c.), o dichiarare stragiudizialmente che intende valersi della clausola risolutiva

espressa, o provvedere alla diffida ad adempiere. Anche nel caso di termine essenziale il creditore può

dichiarare di preferire il mantenimento del contratto nonostante la scadenza del termine.

Quando invece sopravvenga un’impossibilità totale e liberatoria per il debitore, il mantenimento del contratto

no ha senso. Il creditore non può infatti pretendere la specifica prestazione che gli era dovuta, poiché questa è

divenuta totalmente impossibile; né può pretendere l’equivalente in danaro, perché si tratta di impossibilità

liberatoria. Il contratto è risolto necessariamente e di diritto.

Ulteriore differenza tra risoluzione per inadempimento e risoluzione per impossibilità sopravvenuta è che alla

prima, e non alla seconda, si accompagna l’obbligo del risarcimento del danno.

Impossibilità parziale o temporanea; inesattezza dell’adempimento

per cause delle quali il debitore non debba rispondere

Quando la prestazione è diventata solo parzialmente impossibile, per cause delle quali il debitore non debba

rispondere, l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della controprestazione, e può anche

recedere dal contratto qualora non abbia sufficiente interesse all’adempimento parziale.

Analoga possibilità di scelta è data nelle ipotesi in cui la prestazione di una parte manchi della qualità richiesta

o sia inesatta, per cause delle quali il debitore non debba rispondere.

L’impossibilità temporanea determina la risoluzione del contratto solo se perdura fino a quando, in relazione

al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenut

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A.A. 2013-2014
117 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Bonniexpress di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Carnevali Ugo.