Riassunto esame Istituzioni di diritto privato, prof. Carnevali, libro consigliato Istituzioni di Diritto privato, Trimarchi
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INVIOLABILITA’ FISICA: ledere l’integrità fisica della persona altrui costituisce atto
illecito;
LIBERTA’ FISICA DI MOVIMENTO e LIBERTA’ DI FARE O NON FARE: tutto ciò
deve avvenire nell’ambito del rispetto dei diritti altrui. Tali libertà danno origine a ben
noti problemi di diritto pubblico. Per quanto riguarda il diritto privato ciascuno può
impegnarsi contrattualmente a svolgere un’attività personale, ma a tutela della personalità
umana la legge ammette vincoli precari o di breve durata. Per esempio il lavoratore può
recedere il suo contratto qualora lo desideri, l’unico obbligo è quello del preavviso;
LIBERTA’ DI RELIGIONE, DI PAROLA, DI OPINIONI POLITICHE: ognuno è libero
di credere a ciò che vuole. Per il diritto privato sono previste alcune sanzioni e rimedi: dalla
responsabilità civile di chi organizzi o partecipi a un boicottaggio contro appartenenti a un
particolare gruppo religioso, alla nullità del licenziamento a causa di particolari idee politiche
del lavoratore, inoltre, si considera illecito e privo di effetti il negozio che tenda ad
influenzare l’esercizio di tali libertà con remunerazioni o altri incentivi;
DIRITTO AL NOME: la legge consente di agire in giudizio contro colui che contesti il
diritto all’uso del proprio nome ed anche contro chi ne usi indebitamente
cagionando danno. Danno che può essere di natura patrimoniale o non. In tale sede si
potrà chiedere che venga eliminato il fatto illecito ed, inoltre, un risarcimento danni. La
sentenza potrà essere pubblicata in giornali per togliere la confusione che è scaturita.
Analoga sentenza è utilizzata anche per lo PSEUDONIMO: art. 9 cod. civ;
DIRITTO ALL’ONERE: tutelato contro l’ingiuria e diffamazione;
DIRITTO ALLA RISERVATEZZA DELLA VITA PRIVATA: per ciò la costituzione
garantisce a ciascuno l’inviolabilità di domicilio e la segretezza della corrispondenza e
ogni altra forma di comunicazione.
La legge distingue in base all’art. 43 cod. civ:
DIMORA: luogo in cui la persona si trova attualmente, anche per breve tempo;
RESIDENZA: luogo in cui la persona ha la dimora abituale;
DOMICILIO: luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e
interessi.
DIRITTO ALLA VERITA’ PERSONALE: lesa quando si diffondono sul conto di una
determinata persona notizie non vere tali da alterarne la sua immagine agli occhi del
pubblico.
Quando una persona non è più comparsa nel luogo del suo ultimo domicilio o della sua
ultima residenza e non si hanno più notizie di essa il tribunale può nominare un curatore per
la conservazione del patrimonio di tale persona: art. 48 cod. civ.
Passati due anni dall’ultima notizia il tribunale può dichiarare l’ASSENZA e immettere nel
possesso temporaneo del patrimonio coloro che ne sarebbero stati gli eredi: art. 49 e 50
cod. civ. Ma questi, pur potendo usufruire dei profitti dei beni, dovranno conservare il
patrimonio in caso di ritorno dello scomparso.
Dopo 10 anni dall’ultima notizia il tribunale può dichiarare la MORTE PRESUNTA: art.
58, 60 e 61 cod. civ. Quindi gli eredi acquisteranno la vera e propria proprietà del
patrimonio e il coniuge potrà contratte un nuovo matrimonio.
Se dopo tutto ciò la persona dovesse tornare o se ne prova l’esistenza recupererebbe il suo
patrimonio nello stato in cui si trova: art. 66 cod. civ. e il nuovo matrimonio diventerebbe
nullo. Capitolo 7
PERSONE GIURIDICHE: enti i quali sono soggetti di rapporti giuridici e per ciò ad essi
spettano gli stessi diritti e doveri delle persone fisiche. Tuttavia non è possibile porli sullo
stesso piano, in quanto le persone giuridiche sono lo strumento delle persone fisiche e sono
costituite da quest’ultime per realizzare i propri interessi. Lo Stato stesso è una persona
giuridica!!!
Le persone giuridiche vengono costituite per realizzare interessi di carattere generale, quindi
è necessario che un ente si faccia portatore istituzionale di tali interessi. Altre volte può
trattarsi di uno scopo non di carattere generale, ma, comunque, per il quale non bastano le
forze di un singolo, ma occorrono le attività e i mezzi materiali coordinati di più persone.
Nel diritto privato quando si parla di persone giuridiche si fa riferimento a:
ISTITUZIONI: hanno uno scopo prestabilito nell’atto costitutivo ed è prevalentemente
immutabile. Tale scopo ha per lo più un carattere generale, o, comunque, riguarda una
particolare categoria di persone. Ma in qualsiasi caso ai beneficiari non spetta di dominare
l’ente. Fra le istituzioni ritroviamo:
1. FONDAZIONI: creata da una o più persone con un atto pubblico o tramite
testamento (art. 14 cod. civ.) per attuare la destinazione di un patrimonio a un
determinato scopo. Questo può essere di natura culturale, scientifica, assistenziale.
Tale scopo, come si può vedere, persegue finalità esterne ed è questa la caratteristica
fondamentale delle fondazioni in particolare e delle istituzioni in generale.
L’atto costitutivo contiene le denominazione dell’ente, l’indicazione dello scopo,del
patrimonio e della sede e le norme sull’ordinamento e amministrazione e deve,
anche, determinare i criteri e le modalità di erogazione delle rendite, art. 16 cod. civ.
Una fondazione ottiene la personalità giuridica con il riconoscimento
amministrativo, concesso o meno con gli stessi criteri delle associazioni (vedi di
seguito).
Tutti i fatti principali che riguardano la fondazione devono essere pubblicati sul
REGISTRO DELLE PERSONE GIURIDICHE.
Nell’atto costitutivo della fondazione si ritrovano, inoltre, le modalità con cui
devono essere nominati gli amministratori, se ciò non avviene allora sarà l’autorità
amministrativa a designarli in base all’articolo 25 comma 1 del codice civile.
Quest’ultima inoltre controllerà l’attività di tali amministratori per assicurare che il
patrimonio venga effettivamente utilizzato per lo scopo stabilito e non per interessi
interni alla fondazione. Inoltre annulla tutte quelle deliberazioni contrarie o non
previste nell’atto costitutivo, all’ordine pubblico e al buon costume e può sciogliere
l’amministrazione, nominando un commissario straordinario qualora gli
amministratori non agiscano secondo lo statuto o lo scopo scelto: art. 25 cod. civ.
Come già detto lo scopo da raggiungere è stabilito dall’atto costitutivo e
difficilmente può essere mutato. Ma se lo scopo si esaurisce oppure diviene
impossibile o di scarsa utilità o, ancora, il patrimonio diviene insufficiente, l’autorità
governativa può TRASFORMARE la fondazione, pur non allontanandosi troppo
dallo scopo iniziale: art. 28 comma 1 cod. civ. Tuttavia ciò non può accadere
quando i fatti che vi danno luogo sono considerati , nell’atto di costituzione, causa
d’estinzione. Un’altra soluzione può essere quella della FUSIONE con altre
fondazioni che abbiano uno scopo analogo. Infine, la fondazione si estingue per i
motivi designati nello statuto, oppure in caso di raggiungimento dello scopo e nella
sua impossibilità: art. 27 comma 1 cod. civ. sempre se l’autorità governativa non
ne ordini la trasformazione;
COMITATI: gruppo di persone che raccolgono presso terzi fondi destinati ad uno scopo
annunciato. Per esempio i comitati promotori di opere pubbliche, mostre: art. 39 cod. civ.
Come in tutte le istituzioni lo scopo annunciato costituisce un vincolo che grava sui
fondi raccolti.
Qualora il comitato ottiene la personalità giuridica diviene una vera e propria
fondazione: art. 41 cod. civ. In assenza di ciò delle obbligazioni assunte non
risponde solo il fondo raccolto, ma anche i componenti personalmente e
solidalmente. Tuttavia, i fondi possiedono una certa autonomia, in quanto non
appartengono più a coloro che gli hanno donati e non appartengono nemmeno ai
singoli componenti. Chi si occupa del patrimonio del comitato diviene
personalmente e solidalmente responsabile di esso.
Nel caso in cui i fondi non siano più sufficienti allo scopo o questo non sia più
attuabile, o raggiunto lo scopo si abbia un residuo di fondi l’autorità governativa
stabilisce la devoluzione dei beni se questa non è stata disciplinata al momento della
costituzione: art. 42 cod. civ.
CORPORAZIONI: gruppi che gestiscono personalmente la propria organizzazione e
dispongono liberamente del patrimonio comune. Generalmente si tratte di enti con il fine di
perseguire interessi personali o comunque interni a loro. Fra questi troviamo:
ASSOCIAZIONI: organizzazioni collettive private, formate da più persone che perseguono
uno scopo comune di natura ideale (culturale, religioso, politico) o comunque diverso da
un’attività economica.
Nasce per effetto di un accordo: ATTO COSTITUTIVO redatto in forma pubblica
(art. 14 e 2699 cod. civ.) e dovrà indicare la denominazione, il patrimonio e la sede.
Tutti elementi sottoposti al controllo dell’autorità governativa. Inoltre in questo
momento si stabiliscono le regole di funzionamento dell’associazione: STATUTO.
In Italia la libertà di associazione è garantita dalla costituzione all’articolo 18.
L’unico limite imposto è quello della laicità. Anche se c’è piena libertà di associarsi
ogni associazione può decidere se accettare o meno un nuovo membro in base ai
requisiti dettati dallo statuto. Inoltre un associato può sempre recedere
dall’associazione se non ha assunto l’obbligo di adesione per un tempo determinato,
a meno che non vi sia una giusta causa (art. 24 comma 2 cod. civ.). Qui la legge
impone alcuni limiti. Infatti l’impegno dell’adesione a vita è considerato nullo.
Annullabile è anche l’adesione per tempi troppo lunghi, 30 anni. Infine un simile
impegno è sempre nullo nel caso di associazioni di carattere religioso o politico: art.
1418 e 1343 cod. civ.
Un’associazione può escludere un proprio membro. Tuttavia l’esclusione deve
essere deliberata dall’assemblea e per motivi gravi. Essa potrà venire impugnata, ma
l’autorità giudiziaria potrà controllare solo se l’esclusione sia avvenuta secondo i
criteri dettati dallo statuto e la presenza di motivazioni discriminatorie o
un’esagerazione di motivazioni: art. 23 e 24 comma 3 cod. civ.
Cessata l’appartenenza all’associazione l’escluso non può pretendere che gli venga
liquidata una quota del patrimonio sociale in base agli art. 24 ultimo comma e 37
cod. civ.
Anche le associazioni, come le istituzioni, ottengono la personalità giuridica con il
riconoscimento da parte dell’autorità amministrativa. Ciò avviene quando vi è la più
netta separazione tra il patrimonio dell’ente e le persone ad esso appartenenti. Il
controllo dell’autorità amministrativa sarà sempre presente anche dopo il
riconoscimento. Infatti essa dovrà esaminare e approvare le modificazioni dell’atto
costitutivo e dello statuto.
Gli atti più importanti delle associazioni dovranno essere pubblicati nel registro delle
persone giuridiche
Ciò che comporta il mancato riconoscimento è esclusivamente una riduzione del
controllo dell’autorità amministrativa su di queste e delle differenze rispetto alla
responsabilità per i debiti e la pubblicità, nelle quali è inferiore.
L’organo principale dell’associazione consiste nell’ASSEMBLEA DEGLI
ASSOCIATI. Essa delibera in base al principio maggioritario. La convocazione, le
presenze per la validità degli atti e le maggioranze necessarie sono stabilite dalla
legge secondo gli artt. 20 e 21 cod. civ.
Tutte le deliberazioni dell’assemblea possono essere impugnate dinanzi all’autorità
giudiziaria. La quale dovrà tutelare gli interessi dei singoli, senza però ledere quello
dell’associazione.
Importante è il DECENTRAMENTO.
Per ciò che concerne l’estinzione, come tutti gli enti finora analizzati, si estingue
quando lo scopo è stato raggiunto o è divenuto impossibile o, ancora, i mancanza di
tutti gli associati (art. 27 cod. civ.). Inoltre vi è l’estinzione per decisione
dell’assemblea degli associati (art. 21 cod. civ.).
Prima della vera e propria estinzione c’è una fase definita LIQUIDAZIONE, nella
quale si portano a termine i rapporti giuridici pendenti e si pagano i creditori. I beni
rimanenti verranno devoluti secondo le disposizioni dello statuto o quelle
dell’assemblea. In mancanza sarà l’autorità governativa a gestire la cosa. Esaurita la
liquidazione l’associazione sarà estinta: art. 30 e 31 cod. civ;
2. SOCIETA’: l’unica differenza rispetto all’associazione consiste nella diversa
natura dello scopo: alle società si partecipa per scopi economici il che dà diritto a
una quota di liquidazione alla fine del rapporto.
Ritornando al concetto di persona giuridica, perché si possa parlare di persona giuridica
occorre essere in presenza di un PATRIMONIO che sia staccato dal patrimonio di qualsiasi
persona fisica e sia sottoposto a vicende autonome dirette a realizzare un determinato scopo.
Per ciò si parla di AUTONOMIA PATRIMONIALE: patrimonio che subisce solo le
operazioni deliberate e attuate dagli organi dell’ente, ma non le vicende dei singoli soggetti.
L’autonomia può essere:
PERFETTA: separazione patrimoniale è netta e completa. I soci non rispondono dei debiti
della società e il patrimonio non è assoggettato alle pretese dei creditori particolari dei
singoli soci. Questo tipo d’autonomia la troviamo, in particolar modo, nelle società per
azioni;
ATTENUATA: il patrimonio non è del tutto insensibile alle vicende patrimoniali dei singoli
partecipanti ed è soggetto a disgregazioni a causa delle pretese dei creditori di questi.
Quanto più netta è la separazione tanto più è rigorosa la disciplina di legge intesa ad
assicurare la tutela dei creditori sociali, degli interessati e del pubblico in generale. Quindi si
accentuano gli obblighi di pubblicità, controlli pubblici, formalità e cautele per le operazioni
che possono pregiudicare i creditori sociali, tipicità delle strutture organizzative.
L’autonomia patrimoniale, infine, implica che l’ente operi nel mondo del diritto come un
soggetto giuridico distinto. Esso ha una denominazione, può stipulare contratti, acquistare
diritti e assumere obblighi e stare in giudizio.
ORGANO AMMINISTRATIVO: elemento essenziale in tutte queste organizzazioni.
Costituito da una o più persone che hanno il compito di amministrare il patrimonio
dell’ente.
ASSEMBLEA GENERALE: presente essenzialmente nelle corporazioni ed ha il compito
di deliberare qualsiasi decisione. E’ costituita dai membri dell’ente.
ORGANI DI CONTROLLO: presenti nelle società per azioni.
ULTERIORI ORGANI: compito di rappresentare e difendere particolari interessi, art.
2415 cod. civ. SEZIONE TERZA
NOZIONI PRELIMINARI SUI BENI
E SUI DIRITTI PATRIMONIALI
Capitolo 10 e 11 e 12
Il diritto soggettivo attribuisce e garantisce al suo titolare determinate utilità. Esse derivano
talvolta dall’uso (entro limiti più o meno ampi) di una cosa o di un’energia che abbia valore
economico. Altre volte derivano da un comportamento altrui: la PRESTAZIONE, la quale
può essere positiva o negativa: può cioè consistere in un’azione (dare o fare) o in
un’astensione.
A questa diversità d’oggetto si collega la distinzione tra i diversi tipi di DIRITTI
PATRIMONIALI:
- DIRITTI REALI: diritto di trarre da una cosa le sue utilità economiche legalmente
garantite o alcune di esse. Correlativo al diritto reale è il dovere di chiunque di astenersi
dall’impedirne o turbarne l’esercizio. Classificazione dei diritti reali:
1. PROPRIETA’: principale e consente di godere e disporre della cosa in modo pieno ed
esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento: art 832
cod. civ;
2. DIRITTI REALI DI GODIMENTO: diritti di trarre determinate utilità dall’uso della
cosa altrui e sono:
- USUFRUTTO: usare la cosa altrui e trarne i frutti, rispettando però la destinazione
economica;
- USO: simile all’usufrutto, ma con contenuto più limitato, in quanto chi la usa può
usufruire solo nella misura dei propri bisogni e della sua famiglia;
- ABITAZIONE: abitare una casa limitatamente ai bisogni propri e della famiglia;
- SUPERFICIE: utilizzare il suolo altrui per una costruzione;
- SERVITU’: peso imposto sopra un fondo (servente) per l’utilità di un altro fondo
(dominante) appartenente a diverso proprietario;
- ENFITEUSI: utilizzare un fondo e farne propri i frutti, in perpetuo o per lunga durata, con
l’obbligo di migliorare il fondo stesso e pagare al proprietario un canone periodico.
3. DIRITTI REALI DI GARANZIA: attribuiscono il potere di disporre di una determinata
cosa qualora il credito, che con essa si è voluto garantire, non venga soddisfatto dal
debitore. E consistono in:
- PEGNO: oggetto cosa mobile non iscritta al pubblico registro;
- IPOTECA: oggetto cosa immobile e altri beni iscritti al pubblico registro.
- DIRITTI DI CREDITO: l’oggetto immediato è il comportamento del debitore. Questo
diritto attribuisce al creditore la pretesa di esigere una prestazione da una o più persone
determinate. Il rapporto tra creditore e debitore è detto: OBBLIGAZIONE o RAPPORTO
OBBLIGATORIO. Il contenuto di quest’ultima può essere il più vario. Occorre però che si
tratti di una prestazione suscettibile di valutazione economica, ovvero di una prestazione di
carattere patrimoniale: art. 1174 cod. civ.
Questo tipo di rapporto ha una struttura assai complessa ed è soggetto a sviluppi e
mutamenti. Se la prestazione primariamente dovuta non viene adempiuta esattamente,
sorgono obblighi di restituzione, riparazione o risarcimento del danno che si affiancano a
quello iniziale.
L’obbligazione ha una duplice rilevanza giuridica: è giusta causa e dà azione al creditore per
conseguire ciò che gli spetta. Qualora, infatti, il debitore non adempie il creditore può
rivolgersi all’autorità giudiziaria: AZIONE. Però vi sono delle obbligazioni, dette
IMPERFETTE, che hanno un solo aspetto e le manca quello dell’azione. Esempio i debiti di
gioco. Debiti che non derivano da un comando giuridico, ma esclusivamente da un
imperativo di coscienza e di onore e quindi la loro attuazione forzata non è considerata
necessaria per il bene della società.;
- DIRITTI SULLE OPERE DELL’INGEGNO: diritti d’autore, il brevetto per invenzioni e
modelli. Questi diritti tutelano la creazione intellettuale dalla concorrenza.
Per la comprensione di tutto il discorso sui beni e i diritti patrimoniali, che si sta
affrontando, è necessario porre delle definizioni e distinzioni sul concetto di BENI
MATERIALI: cose e energie suscettibili ad appropriazione e che possono formare oggetto
di diritti: art. 810 e 814 cod. civ.
MOBILI E IMMOBILI: gli ultimi sono i terreni e tutto ciò che sia materialmente
incorporato al suolo. Ad essi si aggiungono i mulini, i bagni e altri edifici galleggianti,
quando siano saldamente assicurati alla riva e siano destinati ad esserlo in modo
permanente. I primi, invece, sono tutti gli altri (art. 812 cod. civ). L’esercizio dei diritti di
proprietà immobiliare è assoggettato a maggiori restrizioni di diritto pubblico, sia perché
può influire su condizioni ambientali di interesse generale, sia perché il suolo può
presentare in alcune zone particolari problemi di scarsità, infine, anche perché una
regolamentazione di diritto pubblico su tali beni risulta essere più efficace i quali, così,
risultano essere maggiormente controllati. Questo perché è possibile compiere una
registrazione dei trasferimenti e delle altre vicende giuridiche in pubblici registri in modo da
ottenere una PUBBLICITA’ IMMOBILIARE: art. 2643 cod. civ. Una pubblicità simile la
si può avere anche per navi, aeromobili e auto: BENI MOBILI REGISTRATI. Per i beni
mobili in generale ciò non può avvenire, quindi i trasferimenti possono manifestarsi ai terzi
solo attraverso lo spostamento effettivo della PROPRIETA’, ovvero del potere di fatto
esercitato sulla cosa. Infine, importante da sottolineare è il fatto che i beni immobili hanno
un valore notevole a differenza di quelli mobili, i quali generalmente sono cose di valore
modesto. Di conseguenza il loro trasferimento può avvenire senza seguire forme particolari
come l’atto scritto: art. 1350 cod.civ.
FUNGIBILI E INFUNGIBILI: i primi sono quelle cose che si possono sostituire
indifferentemente, perché uguali quantità di cose del medesimo genere sono del tutto
equivalenti ai fini dell’utilizzazione. A questa categoria appartengono i prodotti
dell’agricoltura, delle miniere, i generi alimentari, sostanze chimiche e i prodotti di serie
finchè nuovi. Fungibili sono anche i soldi, in quanto essi valgono solo come simbolo di
un’astratta somma di denaro. I secondi sono le cose prodotte in esemplari unici e tutte le
cose usate. Sono infungibili gli immobili. Tuttavia tale distinzione deve essere fatta in
relazione alle circostanza concrete e valutata dalle parti.
CONSUMABILI E NON: le prime sono suscettibili di un uso continuativo o ripetuto,
perché vengono consumate dal primo atto di utilizzazione, come il cibo e il denaro. Per cose
non consumabili, invece, si intende quelle cose in suscettibili di utilizzazione ripetuta, anche
se questa finica per deteriorarle, come i vestiti e le macchine.
PERTINENZE: cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa,
senza esserne parte costitutiva. La destinazione può essere operata dal proprietario della
cosa principale o da chi ne ha un diritto reale sulla medesima: art 817 cod. civ.
UNIVERSALITA’ DI MOBILI: pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e
hanno una destinazione unitaria come un gregge. Anche qui, come nelle pertinenze la
destinazione dipende dalla volontà del possessore. Gli atti e i rapporti giuridici possono
avere per oggetto l’universalità, ma anche un singolo oggetto: si può vendere l’intero
gregge, ma anche la singola pecora.
FRUTTI: vi è la distinzione tra:
NATURALI: provengono direttamente dalla cosa, come i prodotti agricoli, parti di animali,
prodotti di miniere, cave: art 820 comma 1 cod.civ. Essi appartengono al proprietario della
cosa che li produce.
CIVILI: si ritraggono da una cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia, per
esempio corrispettivo di una locazione o di un affitto: art 820 comma 3 cod. civ.
SEZIONE QUARTA
ATTI ILLECITI E RESPONSABILITA’ CIVILE
Capitolo 13
ATTO ILLECITO: atto dannoso vietato. Può venire preventivamente impedito se possibile
ed una volta commesso dà luogo a responsabilità per i danni.
RESPONSABILITA’: ha la funzione di risarcire il danneggiato e costituisce, al tempo
stesso, una sanzione che colpisce chi si è comportato in modo vietato e la cui minaccia
dovrebbe scoraggiare il compimento di atti illeciti.
L’articolo 2043 del codice civile offre una precisa definizione di atto illecito:
QUALUNQUE FATTO DOLOSO O COLPOSO CHE CAGIONA AD ALTRI UN
DANNO INGIUSTO.
Tale definizione rende aperto l’elenco degli atti da considerare illeciti, in modo che si
possano aggiungere altre figure a quelle espressamente indicate in norme specifiche. Il
compito di valutare un atto come illecito spetta all’interprete, il quale, appunto, deve
specificare come meglio ritiene opportuno il concetto “danno ingiusto”. Per arrivare a una
soluzione corretta di ciò il criterio più adeguato è quello della VALUTAZIONE
COMPARATIVA DI DUE INTERESSI CONTRAPPOSTI: l’interesse minacciato da un
certo tipo di condotta e l’interesse che l’agente con quella condotta realizza o tende a
realizzare.
Il criterio in base al quale tale valutazione deve essere eseguita è quello della PUBBLICA
UTILITA’. Il quale risulta particolarmente evidente dove il diritto regola le attività dei
consociati e in specifico la concorrenza economica.
FIGURE DI ATTI ILLECITI: sono considerati illeciti:
atti lesivi della vita, dell’integrità fisica, della salute e della libertà altrui. Una lesione
della saluta può essere non solo materiale, ma anche dovuta a parole o atti che procurino
uno shock nervoso o turbamento d’animo di una certa gravità. La libertà della persona è
tutelata sia contro la costrizione fisica, ma anche minaccia e inganno. In caso di uccisione di
una persona ai famigliari spetta un determinato risarcimento. Esso può essere patrimoniale
nel caso in cui la vittima provvedeva al mantenimento dei famigliari e non patrimoniale per
il dolore derivante dalla perdita;
illeciti contro l’onore, la riservatezza e la verità della persona (vedi anche cap.6).
Costituiscono DIFFAMAZIONE e sono illecite le comunicazioni di notizie, voci,
apprezzamenti che offendono la reputazione altrui. La responsabilità civile può derivare
anche per colpa, ovvero per negligenza (vedi di seguito): si pensi alla pubblicazione per
errore. La tutelala dell’onore si può trovare in conflitto con la libertà di parola e opinione
quindi la legge, talvolta, pone delle giustificazioni necessarie per mantenere vivo il dibattito
e la critica in ambiti come quello politico, scientifico, storiografico e altri. Quindi sono
riconosciute: immunità dei membri del parlamento nell’esercizio delle loro funzioni;
esercizio di funzioni giurisdizionali e l’esercizio di funzioni amministrative. Inoltre vi è
giustificazione per l’esercizio della cronaca e della critica di fatti di pubblico interesse,
comunicazioni di notizie nello svolgimento di un rapporto professionale purchè i giudizi sia
veri e proporzionati allo scopo che li giustifica. Qualora le notizie riferite sui riguardi di una
determinata persona le quali non siano vere anche se non diffamatorie costituisce lesione del
suo diritto d’identità e verità personale se ciò comporta un danno patrimoniale o ideale di
sufficiente rilevanza. Ne segue la responsabilità per il danno patrimoniale quando sussiste.
Mentre per ciò che concerne il danno non patrimoniale esso è dovuto solo nei casi
espressamente indicati dalla legge: art. 2059 cod. civ. Il danneggiato può richiedere la
pubblicazione della sentenza per far si che venga ripristinata la sua situazione precedente.
Infine si è parlato di riservatezza alla vita privata, cioè ad una sfera personale sottratta alla
curiosità di estranei. La violazione di ciò può portare sia a sanzioni penali che a quelle civili.
La legge civile vieta di esporre e pubblicare l’immagine di una persona senza il consenso di
questa e ciò viene applicato analogicamente anche alla voce registrata su nastri o dischi.
Però questo diventa lecito nel caso si tratti di una persona nota o comunque per scopi
giuridici, politici, scientifici, didattici o culturali. Importante da porre in evidenza è la
limitazione che la legge pone alla raccolta dei dati personali nei confronti della banche dei
dati. Infatti la gestione di qualsiasi tipo d’informazione relativa ad una persona necessita del
consenso di quest’ultima;
lesione dei diritti reali: atti che danneggiano materialmente la cosa o la distruggono. Il
diritto reale può essere leso anche con l’impossessamento o la disposizione della cosa. In tal
caso la responsabilità si ha solo nel caso in cui vi sia malafede o colpa grave: colui che ha
agito in buona fede è obbligato al risarcimento solo nei limiti di un proprio risarcimento.
Questo deriva dalla necessità di non intralciare la disposizione e lo sfruttamento dei beni
economici;
danni all’ambiente: ovvero danni causati alla situazione generale dello spazio in cui si
svolge la vita di tutti, con le sue caratteristiche di sobrietà, il suo equilibrio ecologico e i
pregi estetici e culturali del paesaggio. I mezzi principali di tutela di ciò sono offerti
principalmente dal diritto pubblico. La responsabilità comporta un risarcimento che
comprende il costo utile per il ripristino della situazione precedente all’atto illecito;
pregiudizio a posizioni contrattuali: la più ovvia consiste quando il debitore non adempi
la prestazione dovuta o lo faccia con ritardo o in malo modo. In oltre ciò può essere causato
anche da un terzo quando egli agisca in cooperazione con il debitore nell’inadempimento.
Egli non diviene responsabile, ma lo è solo il debitore. Il terzo, però, sarà soggetto a
responsabilità quando è mosso dall’intento di cagionare danno al creditore;
concorrenza sleale e illeciti contro l’impresa: la prima si ha quando l’imprenditore
compia atti idonei a creare confusione della propria attività e dei propri prodotti con attività e
prodotti del concorrente, oppure diffonda notizie ed apprezzamenti idonei a determinare il
discredito dei prodotti e dell’attività del concorrente, o ancora, si appropri di pregi
dell’impresa del concorrente. Art. 2598 cod. civ;
falsa informazione: illecito civile quando colposa, ma quando si tratti di un’informazione
di cortesia non può far scaturire responsabilità se non per dolo o colpa grave. Questo si
giustifica con l’esigenza di non scoraggiare gli atti di cortesia;
illeciti connessi con l’amministrazione della giustizia: il primo consiste nella
DENUNCIA PENALE DELL’INNOCENTE: essa è colpita con sanzione solo se vi è
malafede del denunciante, in quanto non si vuole scoraggiare la collaborazione dei cittadini
nell’attuazione del diritto. Inoltre vi è l’AGIRE O RESISTERE IN GIUDIZIO CIVILE
AVENDO TORTO: fonte di responsabilità per i danni solo se risulta che la parte
soccombente era in malafede o in colpa grave: art. 96 comma 1 doc. civ. Infine vi sono i
DANNI CAGIONATI DAL GIUDICE PER INGIUSTA SENTENZA: ciò è un
problema delicato e importante. Mettere il giudice sotto a responsabilità per le sue decisioni
lo porterebbe ad una situazione di sottopressione e di timore quotidiano. Quindi la legge
limita la responsabilità del giudice solo in caso di dolo e particolari ipotesi ben definite di
colpa grave. Il danneggiato non può agire contro il giudice, ma deve chiedere un
risarcimento allo stato, il quale in seguito eserciterà un’azione di rivalsa contro il magistrato
in questione per una misura non superiore ad un terzo del suo stipendio annuale;
omissione: illecita quando costituisca la violazione di un specifico dovere giuridico d’agire,
il quale può derivare dalla legge o da un contratto o da un precedente comportamento attivo;
responsabilità dei genitori: la madre e il padre sono responsabili del danno cagionato dal
fatto illecito dei figli minori non emancipati che abitano con loro: 2048 cod. civ. Ciò trova il
fondamento nella presunzione di una colpa nella sorveglianza, la quale può venire eliminata
con la prova di non aver potuto impedire il fatto. Inoltre si deve provare di aver impartito al
figlio un’educazione adeguata. La responsabilità viene a meno anche quando il figlio non
coabiti con i genitori, a meno che ciò non sia dovuto proprio per colpa di essi. Le stesse
regole valgono pure per il tutore e analoghe sono le regole per i precettori e coloro ce
insegnano un mestiere.
CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE: alcuni atti che in realtà possono essere considerati
antigiuridici trovano una giustificazione in particolari situazioni, come si è già osservato.
Tra le più importanti ritroviamo:
esercizio di un diritto: per esempio nello svolgimento di un rapporto commerciale è
consentito fornire informazioni vere su fatti che diminuiscano il prestigio o l’onore di una
persona, senza incorrere in responsabilità per diffamazione;
consenso dell’avente diritto: non è responsabile chi lede un diritto con il consenso della
persona che può validamente disporne;
legittima difesa: non è colpevole chi ha commesso l’illecito per esservi stato costretto dalla
necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale, purchè la difesa
sia proporzionata all’offesa;
stato di necessità: agire per salvare sé o altri da un pericolo, salvo che il pericolo non sai
stato causato da lui volontariamente ne era altrimenti evitabile. Inoltre vale solo se il pericolo
consisteva in un qualcosa di grave che riguardava la persona. Esempio per evitare di
investire un passante colui che guida la macchina sale sul marciapiede e sfonda la vetrina di
un negozio.
Per poter imputare all’agente un particolare atto illecito è necessario il presupposto della
capacità di intendere a di volere nel momento in cui l’ha commesso. Qui si parla
esclusivamente di capacità naturale. Quindi la responsabilità viene eliminata in mancanza di
questa dovuta a insufficiente maturità per la giovane età, malattia mentale, altre minorazioni,
stati ipnotici, ubriachezze e intossicazione di sostanze stupefacenti. Tuttavia, risulta ovvio
che se gli ultimi due stati avvengono per colpa dell’agente la responsabilità resta.
Fondamentali da chiarire sono il concetto di DOLO e COLPA differenza fornita
dall’articolo 2043 cod. civ. DOLO
Il dolo consiste nella coscienza e nella volontà di cagionare l’evento dannoso.
Il dolo non può essere escluso per ignoranza della norma che vieta il comportamento: per
esempio l’imprenditore che organizzi il boicottaggio di un concorrente agisce con dolo
anche se è convinto che ciò non sia vietato.
COLPA
L’illecito è colposo quando l’evento dannoso non è voluto dall’agente e si verifica a causa
di negligenza, imprudenza o imperizia.
L’evento si può imputare all’agente per colpa solo nelle ipotesi in cui lui avrebbe potuto e
dovuto evitare il fatto, oppure ridurre i danni. Inoltre si deve tener conto delle menomazioni
fisiche: età, malattia.
La colpa può consistere anche nel fatto di aver affrontato volontariamente una particolare
situazione pur sapendo di non essere in grado di portarla a termine senza causare danno ad
altri.
Perché si possa parlare di colpa occorre che il rischi vada oltre la misura che si considera
socialmente giustificata e tollerabile. Questa non dipende solo dalla probabilità dell’evento
dannoso, ma anche dalla gravità del danno che risulta. Inoltre questi vanno confrontati con
l’utilità sociale del tipo di condotta in questione. Quanto maggiore è l’utilità tanto maggiore
è il rischio che si p disposti a correre. Infine è necessario anche tenere conto delle spese
delle misure idonee per ridurre o eliminare il rischio.
Capitolo 14
RESPONSABILITA’ OGGETTIVA: attività che sono consentite, ma obbligano al
risarcimento dei danni che ne derivano. Per esempio il proprietario di un fondo non può
impedire immissioni di fumo, calore, rumore o esalazioni, quando sono giustificate da
esigenze della produzione che abbiano importanza prevalente, ma in tal caso ha diritto al
risarcimento dei danni. Inoltre vi sono numerose attività che sono rischiose anche quando
vengono condotte con le ragionevoli cautele e tuttavia sono consentite per la loro utilità
sociale, come il traffico aereo e automobilistico. Ma coloro che esercitano tali attività sono
responsabili dei danni causati anche se ad essi non si possa rimproverare alcuna
imprudenza o negligenza. Da tutte queste attività sorge, appunto, tale responsabilità detta
anche RESPONSABILITA’ SENZA COLPA.
La responsabilità oggettiva, come appena detto, non è fondata sulla colpa, ma bensì sulla
PRESUNZIONE DI COLPA.
Una simili responsabilità è prevista dalla legge in particolari ipotesi:
art. 2049 cod. civ. dice che i padroni e i committenti sono responsabili per i danni
arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze
a cui sono adibiti. Qui il datore di lavoro non si può liberare della responsabilità provando
di non avere colpa, né si può pretendere che il fatto illecito commesso dal dipendente
dimostri la colpa del datore di lavoro. Ma si può pretendere che egli dia buone istruzioni ai
propri dipendenti ed esegua alcuni controlli, ma ciò non lo esonera dalla responsabilità
oggettiva;
analogamente funziona l’art. 2054 cod. civ. responsabilità del proprietario di un veicolo
per i danni cagionati dal conducente;
responsabilità oggettiva per i danni cagionati da cose. Si stabilisce che il proprietario o
altri particolari soggetti indicati dalla legge sono responsabili se l’incidente è dovuto a vizio
di costruzione o a difetto di manutenzione. In relazione al difetto di costruzione è chiaro che
la responsabilità può operare indipendentemente dalla colpa, perché può accadere che il
difetto sia occulto. Invece per ciò che riguarda il difetto di manutenzione sarà spesso
imputabile a trascuratezza del proprietario, ma può anche accadere che essa sia mancata
senza colpa. Come nel caso in cui si affidi la propria macchina al meccanico per una
riparazione del freno, ma questa venga svolta in malo modo e in tal modo si causa un
incidente, il proprietario è responsabile senza colpa;
nel diritto aeronautico l’esercente risponde di qualsiasi danno che l’aeromobile abbia
cagionato a persone e beni sulla superficie anche per causa di forza maggiore, con la sola
eccezione dei danni dovuti al fatto doloso di un terzo e dei danni causati esclusivamente da
colpa del danneggiato;
uso dell’energia nucleare: l’esercente di una centrale nucleare è responsabile di ogni
danno alle persone o cosa quando sia provato che il danno è causato da un incidente
nucleare avvenuto nell’impianto nucleare o connesso con questo. Da simile responsabilità è
possibile liberarsi solo se vi è la dimostrazione che l’incidente sia causato da un conflitto
armato, guerra civile, insurrezione o cataclisma naturale;
danno causato da cose e animali: art. 2051 e 2052 cod. civ. La dimostrazione di aver
adottato tutte le precauzioni necessarie ad impedire il fatto non è necessario per escludere la
responsabilità. Questa responsabilità si estende fino al CASO FORTUITO: il danno è
dovuto a un evento imprevedibile e inevitabile, estraneo alla cosa o all’animale e alla sfera
del proprietario. Capitolo 15
Il DANNO può essere:
PATRIMONIALE: perdita, distruzione o danneggiamento di un bene patrimoniale, perdita
di un guadagno o sopravvenuta necessità di compiere determinate spese. In questo ambito
si possono distinguere in primo luogo il DANNO EMERGENTE, ovvero la diminuzione
del patrimonio e poi il LUCRO CESSANTE, il quale consiste nell’esclusione di un
incremento patrimoniale che si sarebbe verificato in mancanza del fatto dannoso. Per
esempio viene danneggiato un taxi: le spese per le riparazioni costituiscono il danno
emergente, mentre il guadagno mancato nel periodo in cui il veicolo è fermo costituisce il
lucro cessante;
NON PATRIMONIALE: perdita o lesione di un bene personale che non possa essere
oggetto di scambio e di valutazione economica, come la salute, la libertà, l’onore. Spesso
indirettamente determina anche un danno patrimoniale, spese di cura, mancati guadagni a
causa di una malattia.
In entrambi i casi il danno è risarcibile se deriva esclusivamente dalla lesione di un interesse
lecito e degno di tutela. Quindi solo se consiste nella conseguenza di un atto illecito o fatto
fonte di responsabilità oggettiva perciò di grande importanza è il rapporto di causalità, detto
anche CAUSALITA’ DEL FATTO. L’atto illecito è condizione necessaria dell’evento
dannoso.
La vittima non ha alcun diritto a essere risarcita se il danno sarebbe potuto accedere anche
senza l’avvento del fatto illecito. Esempio: A ferisce B che viene ricoverato in ospedale per
un certo periodo di tempo. B il giorno della sua dimissione esce e dopo pochi metri viene
investito. Qui A è responsabile del primo illecito, ma non risponde dell’incidente
successivo all’uscita dall’ospedale, in quanto il rischi per B di essere investito per strada
sarebbe stato uguale anche se non fosse stato ferito.
Può accadere che un atto illecito possa cambiare tutto il corso della vita della vittima e
quindi essere condizione di tutti gli altri eventi dannosi che ne possano seguire ( le calunnie
di A costringono B a licenziarsi e a cambiare città), ma in tal caso la responsabilità
dell’autore dell’illecito non deve estendersi ad essi tutti, altrimenti ne deriverebbe una sorta
di assicurazione per il danneggiato.
Da ciò si può desumere un criterio particolare di CAUSALITA’ GIURDICIA: la
responsabilità è esclusa per i rischi ai quali il danneggiato sarebbe stato sostanzialmente
esposto comunque.
Un altro criterio consiste nel fatto che il danno non è risarcibile se non è la realizzazione di
quel rischio in considerazione del quale la condotta è illecita. Esempio: chi ha parcheggiato
in una zona di sosta vietata non è responsabile nei confronti di coloro che siano andati a
cozzare contro, se la sosta era vietata per una ragione differente dal pericolo di incidenti. Al
contrario egli diventa responsabile se il divieto di sosta era per tutelare una fonte di pericolo
della circolazione.
CONCORSO DI RESPONSABILI: se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte
sono obbligate al risarcimento del danno. La loro responsabilità è SOLIDALE. Questo vuol
dire che il danneggiato può pretendere il risarcimento per intero anche da un solo dei
danneggianti, il quale successivamente potrà rivalersi nei confronti dei corresponsabili, nella
misura determinata dalla gravità della colpa di ciascuno e dell’entità delle conseguenze che
ne sono derivate: art. 2055 cod. civ. Il concorso può consistere anche semplicemente nel
partecipare all’elaborazione del piano o all’istigare a commettere l’atto illecito. Ma può
anche accadere che più persone concorrano a cagionare il medesimo danno operando
indipendentemente l’una dall’altra (l’imprudenza di due automobilisti provoca un incidente,
che procura danno a un passante).
Una regola simile a questa vale anche nel caso in cui il danno sia realizzazione di più rischi
concorrenti sottoposti al regime della responsabilità oggettiva. Come nell’ipotesi che, a
causa di un improvviso e imprevedibile guasto ai freni, un autoveicolo si scontri con un
altro che trasporti un carico di benzina, così che questo si incendi e propaghi fuoco alla zona
circostante. Qui il danno provocato dall’incendio è riconducibile tanto alla responsabilità
oggettiva del custode della benzina, quanto alla responsabilità oggettiva del proprietario
della macchina. Di conseguenza ciascuno il danno si ripartisce in proporzione dell’entità del
rischio creato da ciascuno.
Infine possono concorrere anche colpe e in tal caso il risarcimento dovrà essere ripartito in
modo adeguato sia alla gravità delle colpa, sia all’entità dei rischi creati.
CONCORSO DI COLPA DEL DANNEGGIATO: il risarcimento può venire ridotto o
abolito quando la negligenza o l’imprudenza del danneggiato abbia concorso a cagionare il
danno. Questo perché il diritto non solo impone a ciascuno il dovere di astenersi dal
danneggiare ingiustamente altri, ma impone anche l’onere di usare una ragionevole
diligenza per tutelare se stessi e gli altri.
Il risarcimento viene diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze
che ne sono derivate: art. 2056 comma 1 cod. civ. e il risarcimento non è dovuto per tutti
quei danni ulteriori che sono conseguiti al primo fatto e che il danneggiato può benissimo
evitare usando l’ordinaria diligenza. Quindi se viene danneggiata una macchina il
risarcimento è pari al lucro cessante pari al tempo necessario per le riparazione, ma se il
proprietario per sua negligenza allunga i tempi di riparazione i danni che ne conseguono
rimangono totalmente a suo carico.
La disposizione sul concorso di colpa la si applica anche nel caso in cui sia il rappresentante
legale, il dipendente o ausiliario del danneggiato a commettere la negligenza.
Tutto ciò però non può essere invocato dal danneggiante che abbia agito con dolo.
Dalla concorso per colpa vengono esclusi, anche, coloro che possiedono l’incapacità
naturale, in quanto l’ordinaria diligenza la si può pretendere solo da coloro che possiedono
la capacità di intendere e di volere.
RISARCIMENTO: per lo più esso avviene pagando al danneggiato una somma di denaro
equivalente al danno patrimoniale che egli ha subito. Può avvenire che si chieda il
risarcimento per un danno non ancora accaduto alla condizione che sia ragionevolmente
certo. Infatti il risarcimento del danno d’invalidità permanente deve coprire anche le ulteriori
spese di cura che prevedibilmente si renderanno necessarie e la diminuzione dei guadagni
professionali. Ciò, tuttavia, non è facile da determinare e la legge stabilisce che il giudice
debba compiere una VALUTAZIONE EQUITATIVA. Tale forma di risarcimento può non
dare soddisfazione al danneggiato, il quale può chiedere che venga ristabilita la situazione
che si sarebbe avuta in mancanza del fatto dannoso: REINTEGRAZIONE IN FORMA
SPECIFICA.
Oltre al danno patrimoniale può anche essere risarcito quello non patrimoniale. Nel diritto
italiano la riparazione del danno non patrimoniale non è imposta dalla legge, salvo in alcuni
casi particolari:
danno che deriva da un reato;
danno che deriva dalla lesione di diritti della personalità che godono di tutela costituzionale;
danno alla vita di relazione;
danno esistenziale.
AZIONE INIBITORIA: azione con la quale si chiede giudizialmente che venga impedito il
fatto lesivo. E’ espressamente concessa in una serie di particolari situazioni:
tutela del nome contro l’uso che altri indebitamente ne faccia;
tutela dell’immagine contro la sua esposizione e pubblicazione abusiva;
tutela del proprietario il quale abbia ragione di temere pregiudizio dall’altrui affermazione di
inesistenti diritti sulla cosa;
tutela contro atti di concorrenza sleale;
contro violazioni di diritti di brevetto, marchio d’impresa e diritto d’autore.
Per la concessione di tale azione la legge richiede che un atto illecito sia già stato compiuto e
se ne tema la ripetizione o la continuazione. Altre volte invece si considera sufficiente
l’esistenza di atti preparatori diretti in modo non equivoco al compimento dell’illecito.
Una forma di tutela che si attua durante l’azione consiste nei PROVVEDIMENTI
CAUTELARI concesse qualora vi siano fondati motivi per temere che durante il tempo
necessario per l’azione il diritto in questione sia minacciato.
SEZIONE QUINTA
IL NEGOZIO GIURIDICO E IL CONTRATTO
Capitolo 16
AUTONOMIA PRIVATA: possibilità per i singoli di regolare da sé nel modo voluto i
rapporti giuridici con altre persone. Strumento per ciò è il NEGOZIO GIURIDICO: atto, o
insieme di atti di più persone rivolto a produrre effetti riconosciuti e garantiti
dall’ordinamento giuridico. Tali atti consistono in DICHIARAZIONI. Talvolta possono
essere comportamenti che diano materialmente attuazione a un assetto negoziale di interessi.
Si pensi al comportamento di chi sale sul tram e con ciò conclude un contratto di trasporto.
La volontà non basta a giustificare l’efficacia del negozio. Ciò che crea il vincolo è la
posizione di un regolamento di interessi nei confronti di altre persone attraverso la
dichiarazione o l’attuazione negoziale: assunzione di un impegno, trasferimento di un
diritto.
Quindi la DICHIARAZIONE NEGOZIALE corrisponde a ciò che il dichiarante vuole. A
volte accade che il dichiarante abbia nel proprio intimo un’intenzione differente da quella
dichiarata effettivamente: riserva mentale, la quale tuttavia resta irrilevante.
Tale potere di ciascuno di regolare i propri interessi trova dei limiti nell’esigenza che tali
interessi non siano in contrasto con gli interessi altrui e con quelli della società. Di
conseguenza una serie di limiti dell’autonomia privata:
l’ordinamento giuridico, in alcuni casi, consente solo la scelta fra determinati tipi di negozi
giuridici. Nel diritto di famiglia esiste un numero chiuso di negozi tipici: matrimonio,
adozione. Questo principio lo si incontra anche in ambito patrimoniale: titoli di credito,
negozi in materia di successione ereditaria, costituzioni di persone giuridiche;
in alcuni casi la legge determina rigidamente tutti gli effetti del negozio tipico.
Al di fuori di queste particolari situazioni vi è il grande campo dei negozi ATIPICI:
contratti: negozio giuridico con il quale due o più parti costituiscono, regolano o
estinguono rapporti giuridici patrimoniali.
Il codice civile designa alcuni tipi che sono i più frequenti e importanti: compravendita,
locazione, appalto, ma le parti possono liberamente determinare il contenuto e possono
concludere anche contratti che non rientrano in questi tipi.
Normalmente chi stipula un negozio giuridico non pensa a regolarne tutti gli effetti. Due
persone possono stipulare una compravendita accordandosi sulla cosa e sul prezzo, ma
senza determinare il luogo, le ipotesi di patologia, difetti o distruzione durante il trasporto.
In questi casi la lacuna del regolamento negoziale è colmata dalle disposizioni di legge, la
quale si muove con il principio di EQUITA’. Ovviamente ciò può avvenire solo per i
particolari meno importanti, infatti, le parti hanno l’obbligo di decidere dettagliatamente le
parti essenziali del negozio, le quali costituiscono il nucleo di esso. Se le parti non hanno
raggiunto un accordo sulle questioni principali il negozio sarà nullo.
I negozi possono essere:
- unilaterali: costituito dalla dichiarazione di volontà o dal comportamento negoziale di una
sola parte: testamento o abbandono della cosa mobile. Anche se si deve specificare che il
termine “parte” può designare non solo una singola persona, ma anche un gruppo di
persone che si pone rispetto al negozio come un unico centro di interessi. Questi atti
riguardano direttamente il solo patrimonio di chi li compie. Inoltre vi sono atti unilaterali che
determinano modificazioni anche sfavorevoli di un patrimonio altrui: recesso di un contratto
o da un’associazione;
- bilaterali o plurilaterale: costituito dalla dichiarazione di volontà o dai comportamenti
negoziali di due o più parti. Qui risulta evidente che è necessario il consenso di tutti i
partecipanti qualora si conclude un negozio giuridico con il quale ciascuno assume
obbligazioni o disposizioni di propri diritti. Tale necessità viene a meno nelle attribuzioni a
titolo gratuito o nelle ipotesi in cui una sola parte dà, promette o rinuncia in favore dell’altra
parte. Un’eccezione è rappresentata dalla DONAZIONE, infatti, qui è richiesta
l’accettazione. Essa consiste nell’aumentare il patrimonio del donatario per spirito di
liberalità attribuendogli un diritto proveniente dal patrimonio del donante. Dal bisogno di
accettazione restano esclusi particolari atti come la promessa di pagare un debito, di
prestazione gratuita di un servizio, remissione di un debito. Per essi la legge non richiede
l’accettazione, ma consente al beneficiario il rifiuto nel termine richiesto. In mancanza di tale
rifiuto il contratto è concluso.
DELIBERAZIONI: dichiarazioni negoziali approvate, all’unanimità o maggioranza,
dall’organo collegiale di una persona giuridica o di un gruppo organizzato: assemblea di
soci, assemblea di condominio. Esse valgono come regolamento negoziale del gruppo e
quindi si considerano unilaterali. Capitolo 17
DICHIARAZIONE DI VOLONTA’ a seconda che la loro efficacia giuridica sia
subordinata alla ricezione nella sfera di particolari soggetti oppure no si distingue in:
RECETTIZIE: produce effetto dal momento in cui perviene a conoscenza della persona alla
quale è destinata. Se questi non prova di essere stato senza colpa nell’impossibilità di
averne notizia essa si reputa conosciuta nel momento in cui raggiunge l’indirizzo del
destinatario. Nel negozio bilaterale o plurilaterale la dichiarazione è destinata alla controparte
e quindi è sempre recettizia. Tali possono essere anche alcuni tipi di negozi unilaterali come
il recesso unilaterale da una società;
NON RECETTIZIE: negozi la cui dichiarazione di volontà non deve essere destinata a
nessuno. Pare ovvio che si tratta di negozi unilaterali in particolare testamento, accettazione
d’eredità e promessa in pubblico.
Inoltre vi è anche un’altra distinzione:
ESPRESSA: per mezzo della parola scritta o parlata o con qualsiasi altro segno che valga
come mezzo di comunicazione: gesto affermativo, negativo, levare il braccio per votare….;
TACITA: con il silenzio o attraverso un COMPORTAMENTO CONCLUDENTE,
ovvero un comportamento che non costituisce direttamente un mezzo di espressione e di
comunicazione, ma che presuppone e realizza una volontà e così indirettamente la manifesta.
Se in un negozio self-service un cliente si serve di una cosa posta in vendita conclude in tal
modo un contratto d’acquisto. A volte il significato del comportamento è posto dalla legge:
la volontaria esecuzione di un contratto annullabile, da parte del contraente cui spettava
l’azione di annullamento e che conosceva il motivo dell’annullabilità, costituisce la
convalida del contratto stesso. Ancora se il creditore restituisce al debitore il documento con
il quale quest’ultimo si era impegnato nei suoi confronti, ciò presuppone e manifesta la
volontà di liberarlo. In altri casi, invece, sono le circostanze concrete che attribuiscono ad un
comportamento un significato negoziale: un commerciante avendo ricevuto la richiesta di
fornitura la esegua immediatamente senza un’espressa dichiarazione di accettazione.
Per quanto riguarda il primo aspetto, quello del silenzio esso in particolari
circostanze può assumere un valore dichiarativo: presidente di un’assemblea
domanda chi sia contrario alla deliberazione, qui il silenzio di fronte alla domanda
vale come espressione di un voto favorevole. Un simile significato deriva solo dalla
legge: art 1333 cod. civ., oppure da un precedente accordo tra le parti o ancora dal
principio di buona fede nelle trattative tenendo conto degli usi di una particolare
cerchia di persone e di un gruppo sociale. In particolari casi la legge stabilisce che il
silenzio produca un risultato analogo a quello della rinuncia: acquisto di un diritto
alla condizione che l’interessato emetta una corrispondente dichiarazione entro un
termine stabilito, trascorso il quale l’acquisto è precluso. Ciò anche se la mancata
dichiarazione sia dovuta a forza maggiore, dimenticanza o incapacità di intendere e
di volere. Capitolo 18
INTERPRETAZIONE DEL NEGOZIO GIURDICO: anche qui vi è il medesimo
problema che esiste per la singola norma. Le parole e gli altri segni variano il loro
significato a seconda del contesto e delle circostanze. Di conseguenza può accadere che la
dichiarazione negoziale non abbia un significato univoco e quindi esse viene intesa
diversamente dal dichiarante, dal destinatario e dai terzi eventualmente interessati. Da qui la
grande importanza, ancora una volta, dell’interpretazione. Essa non si riduce alla ricerca
empirica di ciò che ciascuno voleva intendere, ma richiede anche una scelta giuridica fra i
diversi significati possibili.
In materia contrattuale i criteri di scelta sono forniti dalla legge e tali disposizioni sono
applicabili anche ai negozi unilaterali tra vivi e per certi aspetti anche per il testamento.
In primo luogo è necessario fare la distinzione tra:
INTERPRETAZIONE SOGGETTIVA: significato concordamente attribuito alle
dichiarazioni dalle parti al tempo della conclusione del contratto, posto che tale comune
intenzione sia esistita e sia accertabile: art. 1362 cod. civ. Così se le parti si sono accordate
per la compravendita di azioni della Fiat senza, però, specificare se si tratti di azioni
ordinarie o privilegiate, ma risulta che entrambe intendevano riferirsi alle azioni privilegiate,
il contratto avrà valore secondo la comune intenzione della parti. Questo risulta dall’articolo
1362 che determina che il contratto deve essere interpretato in base alla comune intenzione
delle parti e non limitandosi al senso letterale delle parole. Inoltre di fondamentale
importanza risulta essere il comportamento complessivo delle parti. Infatti si terrà conto
delle trattative, di ciò che le parti usavano praticare nei loro rapporti precedenti, il loro
comportamento posteriore alla conclusione del contratto;
INTERPRETAZIONE OGGETTIVA: scelta del significato più ragionevole. Tale
interpretazione si attua qualora le parti non attribuiscono il medesimo significato alla
dichiarazione negoziale, quindi è necessario stabilire se ad uno di essi spetta la prevalenza.
E sarà tale il significato che appaia meglio giustificato e dunque il più ragionevole. Per tale
scelta la legge indica alcuni criteri:
il contratto o le singole clausole debbano essere interpretate nel senso in cui possono avere
qualche effetto;
ha prevalenza ciò che si pratica generalmente: art. 1368 cod. civ;
quello che appare più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto: art. 1369 cod. civ;
se si tratta di una clausola inserita nelle condizioni generali di contratto da uno dei contraenti
essa va interpretata a favore della controparte: art. 1370 cod. civ;
se nonostante questi criteri il negozio rimane oscuro deve essere inteso nel senso meno
gravoso per l’obbligato, se è a titolo gratuito, e nel senso che realizzi l’equo
contemperamento degli interessi delle parti, se invece è a titolo oneroso: art. 1371 cod. civ.
Un limite alla prevalenza del significato oggettivamente più ragionevole è rappresentato dal
principio della buona fede.
Tali regole sono ordinate secondo un criterio di gerarchia:
l’interpretazione soggettiva ha prevalenza su quella oggettiva e fra questa la
buona fede prevale su tutte, mentre la legge 1371 cod. civ. chiude la gerarchia.
Capitolo 19
SIMULAZIONE: il dichiarante e il destinatario sono d’accordo nel non volere gli effetti
della loro dichiarazione negoziale. Essa costituisce una vera e propria finzione destinata ad
ingannare i terzi. Dietro tale dichiarazione vi è una CONTRODICHIARAZIONE
OCCULTA, che esprime la volontà effettiva delle parti. La simulazione è possibile nei
contratti, nei negozi unilaterali recettivi, come la promessa di pagamento. Invece essa è
esclusa quando si tratta di dichiarazioni negoziali non recettizie. Il suo scopo è quello di
recare pregiudizio ai diritti di terzi o di occultare la violazione di norme imperative. Spesso,
inoltre, il motivo principale di simulazione consiste nella frode fiscale. Tuttavia può anche
avere uno scopo lecito.
Essa può essere:
ASSOLUTA: le parti fingono di porre in essere un negozio, ma in realtà non ne vogliono
nessuno: un debitore finge di vendere alcuni beni ad un amico, col quale è d’accordo, al fine
di sottrarli all’imminente azione esecutiva di creditori;
RELATIVA: le parti fingono di porre in essere un negozio, ma in realtà ne vogliono un
altro risultante dalla controdichiarazione. La diversità tra il negozio apparente, quello
simulato, e quello effettivo, dissimulato, può stare nella natura del negozio: donazione
dissimulata dietro apparente compravendita. Oppure nell’oggetto: si dichiara di vendere a
1000, invece il prezzo reale è 2000. Oppure può riguardare il soggetto: A finge di vendere
a B, ma in realtà vende a C. In questo caso alla controdichiarazione devono partecipare tutti
e tre: INTERPOSIZIONE FITTIZIA DI PERSONA.
EFFETTI: l’atto simulato non produce alcun effetto fra le parti per la ragione che
esso non è effettivamente voluto. Quindi se si tratta di una compravendita e si tratta di una
simulazione assoluta, la proprietà della cosa venduta non si trasmette realmente al vero
compratore ne egli diviene il debitore del prezzo.
Invece se si tratta di una simulazione relativa, fra le parti ha effetto il diverso
contratto che esse hanno voluto effettivamente concludere, purchè tale atto sia lecito.
Un appartamento è venduto per 300.000 euro, ma è dichiarato un prezzo apparente di
150.000 euro a scopo di evasione fiscale, la simulazione è illecita, ma la compravendita al
prezzo effettivamente voluto è perfettamente lecita e valida.
Per ciò che concerne i terzi, essi hanno sempre il diritto di far valere la realtà nascosta del
negozio simulato: art. 1415 cod. civ. Quindi il creditore potrà sottoporre a esecuzione
forzata anche qui beni che il debitore abbia finto di alienare ad altri.
Tuttavia vi sono anche terzi che hanno l’interesse a far prevalere l’apparenza. Qui gli effetti
rispetto ad essi sono regolati in maniera differente a seconda che essi siano:
AVENTI CAUSA: A alieni simulatamene un bene a B e questo, approfittando
disonestamente della falsa apparenza, lo vende a un terzo in buona fede. Il proprietario
effettivo rimane A, il quale potrebbe far valere il suo diritto anche contro il terzo. Ma una
simile conseguenza che va a precludere la TUTELA DELL’AFFIDAMENTO non è
accettabile. Di conseguenza a pagare di questa situazione non deve essere il terzo estraneo
alla simulazione, ma entrambe le parti di essa, ovvero A e B. A perde la proprietà della cosa
e potrò rivolgersi solo contro B per ottenere il risarcimento del danno. La simulazione non
può essere opposta ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare
apparente;
CREDITORI: il creditore del simulato alienante può far dichiarare la simulazione al fine di
sottoporre ad esecuzione forzata il bene uscito dal patrimonio del suo debitore. Al contrario
il creditore del simulato acquirente ha l’interesse a far prevalere la simulazione, in modo da
potersi soddisfare sul bene apparentemente appartenente al suo debitore. Se il creditore ha
acquistato in buona fede il suo affidamento è tutelato. Ma se non ha acquistato
nessuna garanzia reale la simulazione può essergli opposta.
NEGOZIO FIDUCIARIO: il fiduciante trasferisce al fiduciario la proprietà di una cosa o
un altro diritto, imponendogli, o di trasferirlo ad un terzo o di farne un uso determinato. La
sua caratteristica sta proprio in tale LIMITAZIONE OBBLIGATORIA. Il bene viene
trasferito con l’intesa che il fiduciario lo utilizzi o lo venda e a richiesta egli lo restituirà al
fiduciante o in caso di vendita gli dia il ricavato. Se il fiduciario non rispetta gli impegni
assunti il sfiduciante potrà agire in giudizio nei suoi confronti per ottenere il risarcimento
del danno. Se la cosa viene trasferita ad un terzo senza che ciò sia consentito entra in gioco
la tutela dell’affidamento e quindi l’acquisto del terzo è salvo. Il sfiduciante potrà solo
chiedere il risarcimento danni al fiduciario, sempre che il terzo abbia agito in buona fede.
Altrimenti egli diviene complice del fiduciario e quindi sarà tenuto alla restituzione della
cosa e al risarcimento del danno causato.
Questo tipo di negozio è particolarmente usato come garanzia: la proprietà della cosa viene
trasferita al creditore, con l’intesa che questi la restituirà quando il debito sia pagato.
Capitolo 20
ERRORE NELLA FORMAZIONE DI UN NEGOZIO: l’errore consiste in una falsa
conoscenza o nell’ignoranza di situazioni, qualità, rapporti. Esso può influire sulla
formazione in diversi modi:
può ricadere sulla dichiarazione: ERRORE OSTATIVO. Questo avviene per distrazione o
per ignoranza del significato delle parole o dei segni usati, si dichiara una cosa differente da
quella che si vorrebbe: scrivo 650 invece vorrei scrivere 560, ho male inteso il presidente
che aveva invitato ad alzare la mano a coloro che erano favorevoli alla delibera, io l’ho
alzata anche se contrario,
può ricadere su circostanza che influenzano la volontà: ERRORE VIZIO. Accetto di
acquistare l’oggetto che mi è stato offerto, perché credo che sia d’oro, ma in realtà è di altro
metallo. Quindi non vi è errore nella dichiarazione, ho dichiarato ciò che voglio, ma la mia
volontà si è formata sulla base di un errore. Di tale errore si può parlare solo quando ci si
riferisce a fatti passati o presenti.
L’errore determina la formazione di un negozio non idoneo alla funzione che gli è propria:
tutelare gli interessi delle parti che l’hanno creato. Quindi vi è la necessità di negare efficacia
al negozio viziato da errore.
Tuttavia occorre considerare che con il negozio si vanno a regolare i propri interessi nei
rapporti con altre persone, le quali fanno affidamento sull’assetto negoziale creato.
Conseguentemente negando efficacia al negozio giuridico si va a deludere l’affidamento
fatto su di esso, da qui nasce la TUTELA DELL’AFFIDAMENTO, di cui si è già
accennato nei capitoli precedenti.
Riguardo quest’aspetto vi è un differente trattamento a seconda che si tratti di:
contratto a titolo ONEROSO: solitamente prevale la tutela dell’affidamento. Tuttavia se
l’errore è stato rilevato dall’altra parte, non vi è alcun affidamento da tutelare e il contratto
viene annullato. Questo in quanto la legge impone a ciascun contraente un onere di
attenzione all’esistenza di eventuali vizi della volontà o della dichiarazione e di conseguenza
solo l’affidamento sorto nonostante tale attenzione merita di essere tutelato. A tale proposito
si parla di ERRORE RICONOSCIBILE: è tale quando, in relazione al contenuto, alle
circostanze, una persona di normale diligenza l’avrebbe potuto rilevare. Ma non basta,
infatti, esso deve essere pure ESSENZIALE: per esempio nel caso in cui una persona
acquisti dell’alcool denaturato credendo che fosse alcool puro: l’errore è determinante del
consenso, in quanto cade sull’oggetto ed è perciò essenziale. Se risulta anche essere
riconoscibile dal venditore il contratto verrà annullato. L’articolo 1429 cod. civ. indica i
diversi tipi di errore essenziale e sono:
errore sulla natura o sull’oggetto del contratto: voglio prendere in locazione un
appartamento, ma per cattiva conoscenza della lingua finisco per concludere un contratto di
acquisto;
errore sull’identità o sulle qualità dell’oggetto: credo che il terreno che mi viene offerto
in vendita sia quello che ho visitato ieri, metre si tratta di un terreno diverso (errore identità).
Credo di comprare olio d’oliva, invece si tratta di olio di semi (errore qualità). Tale errore
deve potersi considerare determinante del consenso, altrimenti l’errore resta irrilevante;
errore sull’identità o sulle qualità della persona contraente: sempre che siano
determinanti del consenso, altrimenti, come sopra, rimane irrilevante. Ciò avviene sempre
nel contratto di società, nel mandato e nell’appalto. In altri casi, invece, l’importanza di
simili errori dipende dalle circostanze. Per esempio nella vendita la persona del compratore
non ha alcuna importanza se il pagamento è immediato, mentre può risultare determinante se
essa viene fatta a credito;
errore di fatto: il quale cade su circostanze di fatto;
errore di diritto: il quale cade sull’esistenza o sull’interpretazione di una regola di diritto;
errore sul regime giuridico del contratto stipulato: esso è radicale da terminare un
fraintendimento completo della natura e dello scopo pratico del contratto. Si risolve in un
vero e proprio errore di linguaggio giuridico e dunque un errore sulla dichiarazione, il
contratto è annullabile.
negozi a titolo GRATUITO: in essi l’affidamento non trova tutela. L’errore è causa di
invalidità anche se non è riconoscibile e riconoscibile. Ovviamente occorre che esso abbia
avuto un’efficacia causale determinante, quindi il negozio resta valido nel caso in cui
sarebbe stato stipulato anche in mancanza dell’errore. Inoltre l’errore deve risultare
dall’atto;
errore nei negozi unilaterali tra vivi: la legge in questo campo non dà disposizioni
specifiche. Quindi si dovranno applicare analogicamente le norme relative ai contratti a
titolo oneroso e alla donazione: art. 1324 cod. civ. perciò si devono distinguere:
quelli che danno luogo alla tutela dell’affidamento: assoggettati allo stesso regime dei
contratti a titolo oneroso;
quelli che operano attribuzioni gratuite: applicata la regola sull’errore della donazione.
CONSEGUENZE DELL’ERRORE: il negozio viziato da errore giuridicamente rilevante,
come abbiamo già detto, è annullabile. Tuttavia la parte in errore non può domandare
l’annullamento del contratto se l’altre offre di eseguirlo in modo conforme al contenuto e
alle modalità del contratto che voleva concludere.
L’accettazione e la rinuncia dell’eredità e il contratto di divisione non sono
impugnabili per errore. La transazione non è impugnabile per errore di diritto.
In tema di formazione del negozio giuridico importante da esaminare è il DOLO, ovvero
inganno.
In tale ambito costituisce dolo: il raggiro, l’artificio ingannevole o anche la semplice
menzogna usata per indurre una persona in errore e determinarla così a stipulare un
negozio. In alcune circostanze può risultare dolo anche il silenzio, il quale deve essere
considerato SLEALE RETICENZA.
Perché il dolo sia giuridicamente rilevante occorre che sia idoneo a indurre in errore una
persona sensata e quindi devono essere tenute presenti le particolari condizioni
psicologiche, culturali e sociali dell’ingannato. Il dolo risulta DETERMINANTE quando
senza di esso il negozio non sarebbe stato stipulato. In questo caso esso è annullabile.
Nella circostanza che il negozio sia un contratto il dolo deve provenire dalla controparte, se
invece proviene da terzi e la controparte che trae vantaggio dal contratto ne è a
conoscenza, l’ingannato potrà impugnare il contratto per dolo. Altrimenti entra in
gioco la tutela dell’affidamento.
La differenza tra dolo ed errore sta nel fatto che il primo rende invalido un contratto a titolo
oneroso anche se ha provocato un errore non essenziale e rende invalido un negozio a titolo
gratuito anche se ha provocato errore su non risultante dall’atto.
Le sue conseguenze non si esauriscono nell’invalidità. Ad essa si aggiunge anche la
responsabilità dell’autore del dolo, tenuto a risarcire il danno.
DOLO INCIDENTE: non determina la stipulazione del negozio, ma si limita ad
influenzare sul suo contenuto. Il soggetto avrebbe comunque stipulato il negozio
giuridico, ma se non fosse stato ingannato lo avrebbe concluso con condizioni differenti.
Esempio: l’acquirente della casa era deciso ad acquistarla in ogni caso, ma se non fosse
stato ingannato circa il suo stato di manutenzione, non avrebbe accettato di pagare un prezzo
così alto. Qui il negozio risulta essere valido, ma l’autore del raggiro deve risarcire il danno.
Un altro aspetto importante è la VIOLENZA. Di tale termine nel linguaggio giuridico
sussistono due significati:
designa l’impiego diretto della forza per costringere altri: VIOLENZA FISICA Il negozio è
nullo;
pressione psicologica esercitata allo scopo di costringere un soggetto ad emettere una
dichiarazione negoziale altrimenti inesistente: MINACCIA. Il negozio è annullabile per
vizio del consenso.
La legge in caso di violenza esercitata da terzi non richiede la consapevolezza della
controparte e l’esigenza della tutela dell’affidamento cede di fronte all’esigenza di tutelare la
persona contro l’estorsione.
CARATTERI DELLE VIOLENZA: deve essere di natura tale da fare impressionare una
persona sensata e da farle temere per sé, i suoi beni e i suoi famigliari. Nel valutare
l’intensità e l’efficacia della minaccia si deve tenere presente l’età, il sesso e la condizione
del minacciato: art. 1435 cod. civ.
Inoltre deve essere ingiusta. Oggi questo tipo di minaccia è raro. Più frequente è un ricatto
più sottile, attraverso un comportamento che in realtà è lecito. Un creditore approfitta di un
momento di difficoltà finanziaria del suo debitore e lo minaccia di un’esecuzione forzata,
che avrebbe gravi ripercussioni, ameno che egli non acconsenta a vendergli un terreno, che
fino a quel momento si era sempre rifiutato di vendere. Qui si ha violenza e quindi causa di
annullabilità, anche se ciò non sembrerebbe.
Una simile minaccia di far valere un diritto risulta lecita quando sia diretta ad ottenere la
stipulazione di un negozio strumentale per la realizzazione del diritto stesso. E’ lecito valersi
della minaccia dell’esecuzione forzata, come sopra, per ottenere che il debitore costituisca
un pegno o un’ipoteca a garanzia del suo debito. Questo perché il debitore mira ad
assicurarsi il pagamento di ciò che gli spetta.
Capitolo 21
OGGETTO: consiste nelle prestazioni negoziali: il comportamento promesso, il
trasferimento della proprietà o di altro diritto. Esso deve essere:
POSSIBILE. L’impossibilità iniziale dell’oggetto rende nullo il negozio: art. 1418. Si deve
trattare di un’impossibilità oggettiva e assoluta, nel senso che la prestazione non possa
essere resa da nessuno. Se una parte conclude il contratto pur sapendo dell’impossibilità
dell’oggetto deve risarcire il danno per aver confidato nel negozio alla controparte;
LECITO. Le prestazioni contrattuali non devono essere contrarie a norme imperative,
all’ordine pubblico e al buon costume;
DETERMINATO o DETERMINABILE. L’oggetto è determinato quando è definito
direttamente dalle parti. Invece determinabile quando le parti si sono limitate a definire il
criterio per la sua determinazione: facendo riferimento al prezzo corrente di mercato.
Oppure ne hanno rimesso la determinazione a un terzo. Egli viene definito
ARBITRATORE. Procede con equo apprezzamento. Contro un suo eventuale abuso deve
venire concessa una tutela giurisdizionale. In simile caso deve essere provata la sua
malafede. In mancanza di tale figura non potrà essere sostituita dal giudice e il contratto sarà
nullo.
CAUSA: scopo immediato ed essenziale del dichiarante. E’ la ragione giustificatrice del
negozio. Senza di essa la disposizione negoziale perderebbe ogni giustificazione: scambio,
prestazione di garanzia. Essa ha importanza sotto due aspetti principali:
se risultasse mutilata di una delle sue parti costitutive, anche le rimanenti perderebbero
senso e giustificazione. Per esempio nella compravendita il compratore promette di pagare
un certo prezzo per ottenere una determinata cosa. Ma se risultasse che tale cosa già gli
appartiene il contratto non gli ha fatto acquistare nulla. Quindi il compratore potrebbe
pretendere di non pagare il prezzo o di ottenerne la restituzione se lo ha già pagato;
è importante valutare la natura dell’operazione negoziale perché l’ordinamento giuridico non
può riconoscere ne tutelare se non i negozi diretti a realizzare operazioni lecite e che siano
degne di tutela.
MOTIVO: ogni scopo ulteriore ed estraneo alla causa: la causa della compravendita di
una casa è quello di diventare proprietario della casa. Il motivo potrà essere quello di
rivenderla a maggior prezzo, oppure di darla in locazione, o ancora di andarci ad abitare.
Nello stesso contratto la causa del venditore sarà quella di conseguire il prezzo. Mentre il
motivo, lo scopo ulteriore, potrà essere quello di utilizzare la somma ottenuta per comprare
una nuova proprietà, oppure per pagare un debito.
Da qui si vede come entrambi le parti si propongono la medesima causa, ma hanno dei
motivi differenti. Tuttavia può accadere che le parti abbiano un motivo comune: concedo
un mutuo a un mio socio, per consentirgli di sottoscrivere un aumento di capitale della
società alla quale entrambi partecipiamo.
L’importanza del motivo illecito o colpito da errore vi è solo in situazioni circoscritte.
Ovvero per ogni negozio il quale tenda a realizzare immediatamente un risultato vietato.
La causa è lo schema che definisce un certo tipo di negozio: la locazione è il contratto
con il quale una parte si obbliga a far godere all’atra una cosa mobile o immobile per un
dato tempo in cambio di un corrispettivo determinato: art. 1571 cod. civ.
NEGOZIO INDIRETTO: caratterizzato dalla divergenza fra lo scopo immediato della parti
e la funzione tipica del tipo di negozio adottato.
MANCANZA DI CAUSA: se uno degli effetti essenziali del negozio non può
assolutamente verificarsi, per mancanza di un suo presupposto logicamente necessario,
l’operazione negoziale risulta mutilata e ingiustificata. Quindi il negozio manca di causa.
Ciò si ha ogni volta che sia inesistente un’obbligazione che il negozio intende eseguire,
garantire o modificare. Quindi se A promette a B una somma, dichiarando che essa dovrà
servire ad estinguere il debito di C, ma risulterà che tale debito non esiste, allora il negozio
sarà senza causa.
La mancanza di causa comporta la nullità del negozio stesso, anche qualora esso sia stato
stipulato con l’erronea convinzione che la causa sussisteva.
CAUSA ILLECITA: quando sia contraria a norme imperative, all’ordine pubblico e
al buon costume. Questo concetto può risultare un doppione di quello di oggetto illecito.
Infatti, l’illiceità dell’oggetto si ripercuote sulla causa rendendo illecita anch’essa.
Vi sono delle ipotesi nelle quali la causa in sé risulta essere lecita, ma diviene illecita nella
combinazione degli altri aspetti della prestazione contrattuale: pormela di una somma di
denaro da parte di un privato nei confronti di un pubblico funzionario perché compia un atto
conforme ai doveri del suo ufficio: la promessa di denaro è in se e per sé lecita ed è anche
lecita la prestazione del funzionario, ma è illecito il porre questi due atti in rapporto di
corrispettività.
CAUSA DEGNA DI TUTELA: l’operazione negoziale deve avere un’utilità sufficiente
a giustificare che lo stato cooperi alla sua attuazione. Altrimenti il negozio sarà nullo.
NEGOZI CAUSALI: sono quei negozi in cui la mancanza di una causa degna di
tutela porta sempre alla negazione di ogni effetto giuridico. Sempre causali sono i
trasferimenti di proprietà o altri diritti e la costituzione di diritti reali. Tali sono anche i
negozi obbligatori.
NEGOZI ASTRATTI: producono effetto indipendentemente dalla validità della
causa. Infatti qui in caso di mancanza di una causa degna di tutela la reazione
giuridica non colpisce il negozio, ma alcune delle conseguenza che ne derivano. Uno
degli esempi più importanti di questo tipo di negozio è quello della CAMBIALE:
documento redatto con l’osservanza di forme particolare, che contiene l’impegno
dell’emittente di pagare una somma determinata al legittimo possessore della
cambiale stessa. Essa viene consegnata al primo prenditore e può successivamente
essere trasferita mediante la consegna e l’apposizione, sul retro, di una firma di
girata. Quindi si supponga che A rilasci a un venditore B una cambiale, recante il suo
impegno di pagare una somma pari al prezzo. B potrà girare la cambiale a C. Nei confronti
di questo A non potrà rifiutare il pagamento sostenendo che il negozio era nullo e quindi
l’emissione della cambiale era priva di causa. In tale ipotesi B si troverebbe arricchito senza
giusta causa e quindi A potrà rivalersi su di lui per ottenere la restituzione del prezzo.
Oltre alla cambiale sono astratti la promessa del delegato e le promesse relative a situazioni
triangolari.
La funzione di questa caratteristica consiste nel rendere più sicuro, semplice e spedito il
traffico giuridico.
Talvolta accade di imbattersi in promesse che non manifestano la causa per la quale sono
state fatte. Fuori dalle ipotesi in cui la legge prevede astrazione della causa, queste promesse
non hanno alcun effetto. Però si ammette che il promissorio possa farle valere in giudizio
senza provare la causa, la cui esistenza si presume se il promettente non dà la prova del
contrario: ASTRAZIONE PROCESSUALE.
NEGOZIO ILLECITO: si dice illecito quando tende a realizzare un risultato vietato da
norme o principi inderogabili: 1343 cod. civ. Esso non è riconosciuto e nemmeno tutelato
dal diritto e il negozio o la singola clausola illecita sono nulli.
Si è già accennato più volte che l’illiceità dipende dal contrasto con:
norme imperative: norme contenute nel codice civile, nel codice penale, leggi speciali che
integrano la struttura dell’ordinamento. Tale norma limita l’autonomia del privato per
realizzare interessi generali e per proteggerlo. Inoltre essa limita l’autonomia del singolo
quando la possibilità di disporre del proprio diritto contrasterebbe con convinzioni eriche
fondamentali. La norma è imperativa quando dispone la nullità dell’atto compiuto. A
differenza di quella dispositiva che invece fa salva una diversa volontà delle parti;
ordine pubblico: insieme di principi di struttura politica ed economica della società. Si
distingue in:
ordine pubblico politico: attiene alla difesa della struttura dello stato e della famiglia e alla
difesa della libertà e dell’integrità dell’individuo. Quindi sono illeciti i negozi che possono
turbare il funzionamento dell’organizzazione dello stato. Contrari all’ordine della famiglia e
tutti quelli che minano la libertà e l’integrità dell’individuo: accordo di boicottaggio contro
gli appartenenti ad una particolare confessione religiosa o associazione, impegni limitativi
che il soggetto stesso prende. In questo ultimo ambito la legge prevede la stipulazione di
contratti di lavoro a tempo determinato, purchè la durata del contratto non sia superiore a
cinque anni. E’ prevista la nullità di atti che prevedono la disposizione del proprio corpo e
che possano cagionare danno all’integrità fisica;
ordine pubblico economico: in esso si possono ritrovare:
°ordine pubblico di protezione: scopo di proteggere la parte economicamente debole che
abbia subito l’imposizione di condizioni contrattuali inique, o la parte che possa aver
stipulato il contratto senza sufficiente ponderazione, non rendendosi conto del carattere
vessatorio di certe clausole o sottovalutandolo;
°ordine pubblico di struttura e di direzione economica: costituito da criteri secondo i
quali va condotta l’attività economica degli operatori privati e pubblici. Norme e principi
che regolano la concorrenza per assicurarne la libertà e la correttezza.
buon costume: insieme di regole di comportamento sociale, la cui violazione è ritenuta
immorale e scandalosa dalla generalità dei consociati. Esse sono storicamente determinate e
variano con il tempo. Sono più numerose e accertabili in società stabili, omogenee e unite.
Capitolo 22
Di regola la volontà negoziale può essere manifestata in un modo qualsiasi. Il solo requisito
richiesto è che la dichiarazione risulti comprensibile ai soggetti ai quali è destinata.
Tuttavia vi sono casi in cui la legge prescrive che questa sia espresse in una FORMA
determinata. Per lo più questa è scritta e può consistere in:
scrittura privata: può trovarsi sia in un negozio bilaterale che in uno unilaterale e può
consistere anche in un semplice scambio di lettere, documento informatico purchè siano
presenti i requisiti previsti a garanzia di autenticità;
scritta pubblica, ovvero atto pubblico: è richiesto in ipotesi eccezionali. La dichiarazione
viene espressa davanti ad un notaio, il quale ne redige un documento, detto ROGITO,
destinato ad essere conservato a disposizione di chiunque ne voglia prendere visione.
Oltre a ciò la legge prescrive in alcune circostanze che la forma debba contenere anche delle
particolari indicazioni: FORMA-CONTENUTO.
FUNZIONE: in passato la forma aveva la funzione di distinguere l’impegno giuridico da
quello semplicemente sociale o morale. Oggi può avere più funzioni:
- In primo luogo la forma segna una netta distinzione tra l’accordo definitivo e vincolante e
gli accordi di massima che costituiscono solo un momento non definitivo di una trattativa;
- Altra funzione è quella di indurre alla riflessione nei negozi giuridici di particolare
importanza, escludendo che l’effetto giuridico possa derivare da parole dette affrettatamente
o con leggerezza;
- Inoltre la forma scritta induce le parti ad esprimersi con maggiore chiarezza ed esattezza;
- Essa può svolgere anche una funzione di prova documentale del negozio;
- facilita il controllo di certi atti o di renderli conoscibili ai terzi interessati.
INCONVENIENTE: il formalismo può consistere in un impaccio in quei settori in cui la
trattazione deve essere agile e spedita. Inoltre un eccessivo formalismo potrebbe non essere
più utile e strumento di protezione, in quanto l’esclusiva rilevanza dello scritto rispetto ai
dati extra testuali potrebbe consentire approfittamenti della parte più abile nella formulazione
dello scritto stesso.
Nel diritto moderno il formalismo è particolarmente ridotto e quindi vi è la necessità da
parte della giustizia di imporre che gli impegni assunti anche senza formalità siano
vincolanti allo stesso modo.
NEGOZI FORMALI: vi sono differenti categorie di negozi a forma vincolata:
creazione, trasferimento, modificazione, estinzione di beni immobili o negozi che su
tali beni costituiscono diritti personali di godimento superiore a 9 anni: è richiesta la
forma scritta. Lo stesso vale anche per il contratto preliminare che impegni le parti a
stipulare successivamente i contratti appena detti;
contratti con banche e società di investimento, contratti di credito al consumo,
contratti di vendita di pacchetti turistici, vendita di diritti di multiproprietà
immobiliare stipulati da imprenditori con persone che non agiscono in ambito
professionale: sono tutti particolari ipotesi di AFFARI IMMOBILIARI per i quali è
richiesta la forma scritta per assicurare la chiarezza e la consapevole accettazione delle
condizioni contrattuali. Ma in genere per questi tipi di contratti è lasciata la libertà formale;
titoli di credito: pure per essi è richiesta la forma scritta. Qui il formalismo assume la
funzione di trasformare un ente astratto come il credito, in una cosa materiale, ovvero il
documento, che circoli secondo la legge di circolazione delle cose mobili;
contratti con enti pubblici: stipulati per iscritto per facilitare il loro controllo;
donazione: stipulata attraverso una atto pubblico con la presenza di due testimoni. Questo
allo scopo di indurre a riflessione il donante;
società per azioni e a responsabilità limitata: anche loro con un atto pubblico;
testamento: redatto nella forma OLOGRAFA, ovvero scritto a mano dal testatore, oppure
in quella di atto pubblico, o, infine, nella forma SEGRETA, deposito della scheda nelle
mani del notaio che redige il verbale dell’operazione.
Per particolari clausole, considerate particolarmente onerose, predisposte da una parte per la
stipulazione di contratti in serie, la legge richiede la SPECIFICA APPROVAZIONE PER
ISCRITTO: art. 1341 comma 2 cod. civ. Quindi per la loro validità non è sufficiente la
forma scritta, ma occorre che il modulo contrattuale abbia due sottoscrizioni, una riferita al
contratto nel complesso e una riferita invece alle singole clausole.
La mancata adozione della forma prescritta dalla legge implica l’invalidità del
negozio giuridico.
FORME CONVENZIONALI: dichiarazioni negoziali espresse in una forma determinata
che per legge non sarebbe necessaria. Questo avviene quando le parti sentono un’esigenza
di maggior chiarezza e certezza.
Le parti possono, talvolta, impegnarsi di compiere la loro dichiarazione negoziale futura con
una particolare forma. Ciò deve avvenire tramite un patto, il quale deve essere in forma
scritta.
La forma si può distinguere in:
forma ad probationem: quando la legge prescrive che il negozio debba essere provato per
iscritto. Se non si osserva tale forma il contratto non è nullo, ma sarà particolarmente
difficile alla parte interessata di farlo valere in giudizio. Questo perché si ha una
LIMITAZIONE DEI POSSIBILI MEZZI DI PROVA. Il contratto non può venire
provato per testimoni e nemmeno per presunzioni. Inoltre colui che ha eseguito la
prestazione non può pretenderne la restituzione;
forma ad substantiam: forma richiesta per la validità del negozio. Se essa non è osservata, a
differenza di prima, vi è la nullità del negozio. Inoltre colui che ha eseguito la prestazione
può ottenere la sua restituzione. Capitolo 23
CONDIZIONE: negozio giuridico dispone che i suoi effetti si producono o vengano meno
al verificarsi di un avvenimento futuro e incerto: art. 1353 cod. civ.
La condizione può essere:
sospensiva: effetto negoziale ad essa subordinato manca in un primo tempo, ed è destinato
a prodursi nel caso che la condizione si avveri (esempio pag 213). La legge dispone che
l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo subordinata a tale condizione che
dipende dalla mera volontà dell’alienante o da quella del debitore risulta essere nulla;
risolutiva: effetto negoziale si produce immediatamente, ma è destinato a venir meno nel
caso che la condizione si avveri(esempio pag 213). E’ valido il trasferimento subordinato ad
una condizione risolutiva che dipenda dalla mera volontà dell’alienante, perché il
trasferimento stesso si verifica immediatamente, anche se è suscettibile di venir meno in
seguito all’eventuale manifestazione della volontà risolutiva (vendita con patto di riscatto,
nella quale il venditore si riserva il diritto di riavere la proprietà della cosa venduta, se vorrà,
mediante la restituzione del prezzo e del rimborso delle spese. Invece è nulla l’assunzione di
un obbligo la cui risoluzione dipenda dalla mera volontà dell’obbligato.
Inoltre la condizione può essere:
causale: condizione indipendente dalla volontà delle parti (se cadrà la grandine);
potestativa: se essa dipende dalla volontà di una delle parti ( se mi trasferirò all’estero). In
ambito di essa si trovano:
meramente potestativa: dipende dal mero arbitrio di una delle parti o dalla sua valutazione
dell’opportunità del negozio (pagherò se vorrò, comprerò se la cosa mi piacerà);
potestativa ordinaria: dipende dal comportamento di una delle parti, se tale comportamento
presenta vantaggi o svantaggi indipendenti dal negozio assoggettato alla condizione (se
inizierò un’impresa di costruzione di macchine acquisterò da voi le parti staccate).
mista: se il suo avveramento richiede il concorso della volontà di una parte e di circostanze
indipendenti da tale volontà (se otterrò un finanziamento).
CONDIZIONE ILLECITA: rende immediatamente illecita l’operazione negoziale, quando
tende a remunerare o comunque a incoraggiare il compimento di atti illeciti, o quando tende
a influenzare con incentivi non appropriati l’esercizio di libertà fondamentali dell’individuo.
L’illiceità della condizione determina la nullità del contratto o del negozio unilaterale tra vivi.
Se, invece, la condizione di riferisce a una singola clausola del negozio la nullità sarà
limitata solo ad essa.
CONDIZIONE IMPOSSIBILE: le conseguenze di ciò sono differenti a seconda del tipo di
condizione. Infatti:
sospensiva impossibile: rinvia l’efficacia del negozio ad un momento che non verrà mai.
Dunque il negozio è totalmente e definitivamente privo di effetti: è nullo;
risolutiva impossibile: dispone che gli effetti del negozio debbano cadere in un momento
che non verrà mai. Dunque gli effetti del negozio sono definitivi: la condizione si ha come
non apposta.
PENDENZA DELLA CONDIZIONE: si ha fintantoché è incerto se questa si avvererà
oppure no. Quindi se la condizione è che taluno inizi un’attività commerciale entro 5 anni la
pendenza la si ha fino allo scadere dei 5 anni, oppure nel momento in cui l’attività abbia
inizio.
Durante la pendenza l’acquirente non ha il diritto che costituisce l’oggetto della alienazione,
ha però un diritto in formazione: ASPETTATIVA. Ad egli la legge permette di compiere
degli atti conservativi nel momento in cui si temi un pregiudizio alle sue ragioni.
L’aspettativa può essere alienata ad un terzo, il quale subentra nella titolarità del negozio.
L’alienante non ha l’esercizio pieno e illimitato del diritto, in quanto deve astenersi da ogni
atto che possa pregiudicare l’aspettativa della controparte, egli ha un DIRITTO
CONDIZIONATO. Egli deve comportarsi quindi secondo correttezza. La violazione di
ciò è sanzionata con l’obbligo di risarcire il danno sempre che la condizione si avveri.
Qualora l’alienazione è sottoposta a una condizione risolutiva i ruoli sono invertiti. Un
discorso analogo va fatto anche per quanto riguarda l’assunzione di un obbligo.
Sempre secondo il principio della buona fede non è permesso di impedire l’avverarsi della
condizione, altrimenti la condizione si considera avverata ugualmente: finzione di
avveramento della condizione.
RETROATTIVITA’ DELLA CONDIZIONE: art. 1360 cod. civ. Gli atti di disposizione
compiuti durante la pendenza dal titolare dell’aspettativa si consolidano, mentre si caducano
quelli compiuti dal titolare del diritto condizionato. Essa viene detta reale o assoluta in
quanto opera anche contro i terzi.
Attraverso l’utilizzo di clausole condizionali il negozio viene meglio adattato alle circostanze
ancora incerte.
Vi sono dei negozi che non tollerano l’apposizione di condizioni fra i più importanti
troviamo:
matrimonio e gli altri negozi del diritto di famiglia;
emissione e girata dell’assegno;
girata dei titoli di credito;
accettazione e rinuncia dell’eredità.
In questi casi l’inapplicabilità delle condizioni è per un’esigenza di chiarezza e univocità
della situazione giuridica. Talvolta la condizione si considera non apposta, oppure, rende
nullo l’intero negozio.
Non si possono considerare condizioni in senso tecnico quei presupposti di efficacia
previsti dalla legge e non dalla volontà delle parti. Questi vengono spesso indicati con il
termine: CONDICIO IURIS.
TERMINE: limita nel tempo l’efficacia del negozio. Può essere:
iniziale: stabilisce l’inizio dell’effetto del negozio (a partire da…..)
finale: stabilisce la fine dell’effetto del negozio (fino a…..);
adempimento: si riferisce a uno solo degli effetti. Determina il momento in cui
l’obbligazione deve essere eseguita. Solitamente è stabilito a favore del debitore. Di
conseguenza il creditore non può esigere la prestazione prima della scadenza, mentre il
debitore può offrire l’esecuzione della prestazione prima del termine. Tale termine può
anche essere a favore del creditore, il quale può pretendere l’esecuzione della prestazione
anche prima del termine, mentre il debitore non la può offrire validamente prima dello
scadere del termine. Infine può essere in favore di entrambi e quindi possono validamente
pretendere di ottenere e di eseguire la prestazione anche prima della scadenza.
Il debitore decade dal termine fissato in suo favore quando sia divenuto insolvente o
abbia diminuito per fatto proprio le garanzie che aveva dato, o non abbia dato le
garanzie che aveva promesso. Il creditore in questo caso può esigere
immediatamente la prestazione.
A differenza della condizione qui la nascita e la fine dell’effetto è certa. Tuttavia può esserci
incertezza circa il momento, perché accanto ai termini determinati(12 giugno) sono
possibili termini che lasciano indeterminato il quando(il giorno in cui cesserà il governo
attuale).
MODO: disposizione che può essere apposta solo ai negozi a titolo gratuito. Essa limita il
vantaggio economico del beneficiario imponendogli un obbligo. Proprio qua sta la
differenza con la condizione, in quanto il modo costituisce un obbligo: donazione di un
capitale a un istituto scientifico con l’onere di destinarlo ad una particolare ricerca.
Capitolo 24
RAPPRESENTANZA: istituto giuridico per il quale la volontà negoziale è formata e
dichiarata da un soggetto, RAPPRESENTANTE, mentre gli effetti del negozio fanno
capo a un soggetto diverso, RAPPRESENTATO.
In alcuni casi specifici questo istituto è imposto dalla legge, come in caso della gestione del
patrimonio dei soggetti incapaci.
La rappresentanza è ammissibile in tutto il campo dei contratti e dei negozi patrimoniali tra
vivi. Però è esclusa per il testamento e per i negozi di diritto famigliare: atti per i quali sono
riservati esclusivamente alla persona interessata.
La rappresentanza può essere:
volontaria: conferita dall’interessato. Il rappresentante deve attenersi alle istruzioni del
rappresentato, dal quale può venire revocato in ogni momento. Questa viene conferita
dall’interessato tramite un atto chiamato procura;
legale: imposta dalla legge. Il rappresentante ha il potere di gestire il patrimonio del
rappresentato per realizzare gli interessi di quest’ultimo, il quale è considerato incapace.
Per le persone giuridiche e i soggetti collettivi l’esistenza di almeno una persona fisica
munita del potere di rappresentarli costituisce una necessità. L’investitura deriva
dalla nomina alla carica sociale alla quale la rappresentanza è attribuita dall’atto
costitutivo o dalla legge.
Di regola nessuno può attribuirsi da sé il potere di rappresentare altri. Eccezionalmente,
però, ciò è consentito a chi prende utilmente iniziativa di curare l’interesse di una persona
che per assenza o per impedimento non vi possa provvedere da se stessa.
Il connotato essenziale di essa consiste nella stipulazione del negozio giuridico in nome di
altri, con la conseguenza che gli effetti negoziali si producono direttamente sul patrimonio
del rappresentato.
PROCURA: negozio unilaterale con il quale una persona attribuisce ad altri il potere di
rappresentarla. Esso è un potere strumentale per la realizzazione di un interesse per lo più
del rappresentato, ma che talvolta può anche essere del rappresentante o di terzi. La natura
di tale interesse dipendono dal RAPPORTO DI BASE al quale la rappresentanza accede.
Essa va nettamente distinta dal contratto che è fonte del rapporto di base, in quanto sono
diverse le regole applicabili all’uno e all’altro negozio. In particolare la procura può essere
revocata dal rappresentato, anche quando non vi sia un’analoga possibilità di sciogliere il
rapporto di base. Viceversa lo scioglimento del contratto di base porta in maniera
automatica quello della procura.
Essa si distingue:
speciale: si riferisce a uno o più affari determinati;
generale: si riferisce a tutti gli affari del rappresentato.
Inoltre può contenere dei limiti ai poteri del rappresentante.
Essa, poiché non produce alcun obbligo, produce i suoi effetti senza bisogno di accettazione
da parte del rappresentante.
Per la sua validità non si richiedono forme particolari, salvo che essa sia conferita per la
stipulazione di un negozio formale. E può essere concessa anche tacitamente per fatti
concludenti.
ESTINZIONE PROCURA: essa si estingue per:
scadenza del termine;
verificarsi della condizione risolutiva;
compimento dell’affare;
estinzione del rapporto di base;
morte, interdizione o inabilitazione del rappresentante o del rappresentato;
rinuncia del rappresentante;
fallimento del rappresentato.
La morte non è causa di estinzione della procura conferita per atti relativi all’esercizio di
un’impresa, salvo il diritto di revoca da parte degli eredi. Ciò vale anche nelle ipotesi di
interdizione e inabilitazione. Essa non si estingue in questi casi nemmeno se è stata conferita
in favore di terzi o del rappresentante.
REVOCA PROCURA: negozio unilaterale, che non richiede alcuna forma. La volontà di
revoca può essere manifestata anche tacitamente, con un comportamento concludente, come
la nomina di un altro rappresentante. Essa non può essere revocata quando sia stata
conferita nell’interesse del rappresentante stesso o di terzi, se non per giusta causa. Se la
revoca è ingiustificata il diritto del rappresentante può venire soddisfatto attribuendogli il
compenso ugualmente.
Essa deve essere portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, ciò vale pure per le
modificazioni. Se ciò non avviene la legge tutela l’affidamento dei terzi che ignorando le
modifiche o la revoca abbiano continuato a trattare con il rappresentante, quindi i negozi
stipulati sono pienamente efficaci e vincolanti per il rappresentato. Tuttavia egli può
pretendere il risarcimento del danno dal rappresentante apparente il quale dopo la revoca
abbia continuato ad agire. Nel campo delle società la tutela dell’affidamento dei terzi è molto
più intenso: le limitazioni al potere di rappresentanza degli amministratori non sono
opponibili ai terzi in alcun caso, ad eccezione che si provi che questi abbiano agito
intenzionalmente a danno della società.
La capacità di diventare titolare dei rapporti giuridici deve essere valutata con riferimento
alla persona rappresentata. Quindi se essa non può acquistare un certo diritto, non potrà
acquistarlo nemmeno per mezzo di un rappresentante. Invece per stabilire la validità della
dichiarazione negoziale si deve far riferimento alla persona del rappresentante, perché è egli
che decide la stipulazione del contratto e il suo contenuto. Però può accadere che alcuni
elementi sono prestabiliti dal rappresentato e per questi aspetti si deve guardare la persona
di quest’ultimo. Il rappresentante è sufficiente che abbia la capacità naturale. Per questo la
procura può essere conferita anche ad un minorenne, se questo abbia raggiunto la maturità
sufficiente.
Il diritto tutela il rappresentato nel caso in cui il rappresentante approfitti del potere per
creare abusivamente interessi propri o di terzi estranei al suo compito.
Un’ipotesi particolare è quella del CONFLITTO DI INTERESSI: rappresentante entra
in collusione con l’altra parte. Un esempio: il rappresentante si fa pagare dalla controparte
per avvantaggiarla nella contrattazione. Quindi egli si fa portatore di un interesse in
contrasto con quelli del rappresentato. Questa situazione è oggettiva, ravvisabile ogni volta
che dalla stipulazione di un determinato contratto possa derivare un profitto anche
indiretto del rappresentante con danno del rappresentato. In questo caso il contratto è
viziato e quindi annullabile. Un limite all’annullamento è posto per la tutela dell’affidamento
dell’altra parte, nel caso che questa ignori, senza colpa, di avere a che fare con un conflitto
di interessi.
Una situazione estrema del conflitto di interessi è rappresentata dal CONTRATTO CON
SE STESSO: quando nel contratto concluso dal rappresentante in nome e per conto del
rappresentato, la controparte non è altro che il rappresentante stesso, operante in proprio o
come rappresentante di un terzo.
Nel caso in cui taluno agisca come rappresentante senza esserlo o eccedendo dai limiti
impostogli il negozio non vincola in alcun modo il rappresentato. Tuttavia è consentito che
quest’ultimo si assume il negozio attraverso la RATIFICA: negozio analogo alla procura,
data con l’osservanza delle forme prescritte per il negozio a cui si riferisce e nel caso in cui
vi sia libertà di forma può essere anche tacita, attraverso un comportamento concludente.
Essa si riferisce non al rappresentante, come la procura, ma alla controparte del contratto.
Inoltre ha effetto retroattivo. Se la ratifica non avviene il negozio rimane INNEFICACIE.
Se da ciò derivano dei danni al terzo il finto rappresentante dovrà risarcirli secondo le
norme relative alla RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE (cap29). Tale
responsabilità presuppone la colpa di chi ha agito come rappresentante, quindi egli doveva
essere consapevole di non avere il potere di rappresentanza.
DISTINZIONE da altre figure:
rappresentante: ha un potere di decisione circa la stipulazione del negozio. Egli quindi
forma e dichiara una volontà propria, anche se gli vengono posti dei limiti e impartite delle
istruzioni;
nuncius: si limita a trasmettere una dichiarazione altrui già completa (Tizio mi ha incaricato
di dirle che accetta la sua proposta). Non è necessario che egli abbia la capacità d’agire è
sufficiente che sia in grado di riferire il messaggio;
interposizione gestoria o rappresentanza indiretta: cooperazione giuridica nella quale il
gestore agisce per conto altrui, ma stipula il negozio in nome proprio. Gli effetti del negozio
si producono in capo al gestore, il quale dovrà poi trasmetterne il risultato economico nel
patrimonio di colui per conto del quale ha agito. Questo tipo di rappresentanza si ha nel
mandato e nella gestione di affari altrui;
procacciatori di affari: certi collaboratori dell’imprenditore, anche quando essi non
stipulano contratti, ma si limitano a promuovere la conclusione cercando clienti, facendo
opera di persuasione e raccogliendo le ordinazioni, che spetterà poi all’imprenditore di
accettare oppure no. Capitolo 25
NULLITA’: il negozio è privo dei suoi effetti e non può essere convalidato. Il negozio è
nullo quando:
il regolamento di interessi manchi del tutto, ovvero quando manca la dichiarazione
negoziale che possa essere presa sul serio, oppure quando essa non può essere attribuita al
suo preteso autore, oppure ancora vi sia difformità tra la proposta e l’accettazione. Il
negozio è ugualmente nullo quando vi è simulazione di un negozio ed anche quando
l’oggetto non sia determinato o determinabile;
il regolamento di interessi è irrealizzabile, ovvero l’oggetto è impossibile. Oppure
quando manca la causa;
non sia rivestito della forma richiesta;
sia illecito o immeritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, poiché lo stato non
può cooperare alla realizzazione di simili operazioni.
La nullità può essere fatta valere da qualunque interessato, anche da terzi che vi abbiano
interesse: NULLITA’ ASSOLUTA. Inoltre può essere rilevata d’ufficio dal giudice
quando debba decidere una lite la cui soluzione dipenda dalla validità del negozio. In casi
particolari la nullità può farsi valere solo da una parte a protezione della quale la nullità è
disposta: NULLITA’ RELATIVA.
Non può essere convalidato il negozio nullo, ma è possibile creare un nuovo negozio esente
da nullità: RINNOVAZIONE. Esso può avere anche efficacia retroattiva alla data del primo
negozio, ma vi è un limite per la necessità di tutelare i terzi. Infatti se la cosa oggetto è stata,
nel frattempo, validamente alienata ad un terzo non è ammissibile che la rinnovazione operi
retroattivamente.
Se il negozio nullo ha avuto esecuzione, le prestazioni, essendo prive di causa, vanno
restituite secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito(cap 34). Se il negozio
prevedeva il trasferimento di una proprietà e ciò non si è verificato il proprietario può
rivendicarlo, così per qualsiasi tipo di diritto reale. Tale azione di rivendicazione sarà
paralizzata se, con il passare del tempo, l’altra parte ha finito per usucapire la proprietà della
cosa. Inoltre, con il passare di un termine di prescrizione di 10 anni si estingue il credito per
la restituzione delle prestazioni eseguite senza causa.
CONSEGUENZE: il negozio non produce alcun effetto negoziale. Produce conseguenze
non negoziali, così se il negozio costituisce un atto illecito determinerà l’applicazione delle
relative sanzioni e responsabilità.
OPPONIBILITA’: il negozio nullo è opponibile ai terzi.
NULLITA’ PARZIALE: la causa di nullità riguarda solo una o più clausole del negozio
stesso. La clausola è nulla quando è in contrasto con norme imperative. Tale nullità
comporta la nullità dell’intero negozio in caso che le parti non avessero concluso l’accordo
senza le clausole in questione.
Lo stesso si può avere se si tratta di un contratto plurilaterale e sia nullo solo il vincolo di
un’unica parte.
SOSTITUZIONE LEGALE DI CLAUSOLE: quando ci si trova dinnanzi ad un contratto
che si può annullare, talvolta, la legge impone un regolamento negoziale difforme da quello
stabilito dalle parti, anziché stabilire la nullità. Ciò è stabilito dall’art. 1339 del cod. civ. il
quale prevede che le clausole, i prezzi di beni e servizi imposti dalla legge sono inseriti di
diritto nel negozio.
La parte danneggiata da tale modifica non potrà chiedere l’annullamento per errore per
ignoranza della regola imperativa di legge. Ciò ha lo scopo di tutelare una delle parti contro
approfittamento e sfruttamento.
CONVERSIONE DEL NEGOZIO NULLO: essa determina il prodursi di effetti giuridici
diversi da quelli del negozio che le parti hanno stipulato, ma tali da realizzare il risultato
economico da esse voluto. Non è ammissibile che la conversione implichi degli effetti
maggiori di quelli che le parti si aspettavano.
ANNULLABILITA’: il negozio è annullabile quando, trattandosi di tutelare interessi
disponibili di una parte del negozio, si ritiene opportuno far dipendere dalla sua iniziativa
l’eliminazione del negozio. Questo si ha nelle ipotesi di errore, violenza, dolo, incapacità
d’agire, conflitto di interessi.
L’annullamento può essere domandato solo dalla parte a protezione della quale esso è
stabilito dalla legge sempre che essa non abbia convalidato il negozio e non può essere
domandato da terzi e neppure dalla controparte e non può essere pronunciato d’ufficio dal
giudice.
L’azione di annullamento è soggetta ad un termine di prescrizione di cinque anni. A
questo termine si aggiungono i termini generali di usucapione e prescrizione. Ma se il
negozio non è stato eseguito allora la parte in favore della quale è disposto l’annullamento
potrà sempre rifiutarne l’esecuzione senza limiti di tempo: si prescrive l’azione, ma non
l’eccezione di annullamento.
Il soggetto tutelato può convalidare il negozio rinunciando alla possibilità d’annullamento.
CONSEGUENZE: rende prive di causa le prestazioni negoziali, anche quelle già eseguite,
in quanto ha effetto retroattivo. Produce conseguenze non negoziali, così se il negozio
costituisce un atto illecito determinerà l’applicazione delle relative sanzioni e responsabilità.
CONVALIDA: è un negozio unilaterale. Può farsi in modo espresso, con un atto che
contenga la menzione del negozio e del motivo di annullabilità e la dichiarazione che si
intende convalidarlo. Oppure può essere effettuata in modo tacito dando volontariamente
esecuzione al negozio. Vi è la necessità che il negozio di convalida, ovviamente, non sia
colpito dal medesimo vizio del negozio annullabile.
OPPONIBILITA’: il negozio annullato può essere opponibile ai terzi in caso che:
il terzo sapeva dell’invalidità;
se ha acquistato a titolo gratuito;
se si tratta di beni immobili oppure iscritti in pubblici registri, il che permette ai terzi in
questione di conoscere la pendenza della lite tramite la trascrizione;
se l’annullamento dipende da incapacità legale.
INNEFICACIA: il negozio può essere temporaneamente inefficacie finchè non
sopravvenga una certa circostanza estrinseca. Nell’attesa il negozio può comunque produrre
alcuni effetti preliminari: efficacia sospesa. Una delle ipotesi principali di questo tipo di
inefficacia è quella del negozio la cui efficacia è subordinata a un’autorizzazione
amministrativa.
Inoltre può accadere che un negozio sia inefficacie nei confronti di terzi: inefficacia
relativa.
Per esempio il debitore vende una cosa che gli è stata pignorata, la vendita è valida ed
efficace fra le parti, essa è però inefficacie nei confronti dei creditori che procedono
all’esecuzione forzata. Capitolo 26
CONTRATTO NEL LIBERISMO CLASSICO: nell’ottocento il contratto è visto come un
importante strumento di libertà, per mezzo del quale ciascun individuo può realizzare la sua
autonomia nella vita privata e nell’attività produttiva. In tal modo ciascuno regola i propri
rapporti con gli altri e diviene legislatore nella propria sfera. In questo contesto il compito
dello stato è esclusivamente quello di garantire tale libertà, salva che essa non vada a
danneggiare gli altri. Questa concezione di contratto sta alla base del sistema economico
capitalista, infatti, è l’unico mezzo per permettere a ciascuno di inserire la propria attività nel
gioco della libera concorrenza.
Le norme imperative non imponevano contenuti contrattuali particolari, ma si limitavano a
segnare gli ampi confini entro i quali l’autonomia privata poteva svolgersi liberamente senza
ledere interessi altrui. Inoltre vi erano norme protettive in favore di coloro che non
potessero formare una volontà libera e consapevole: infermi di mente, minori d’età, vittime
dell’inganno, della violenza e dell’errore.
CONTRATTO NEL DIRITTO CONTEMPORANEO: in passato l’ideologia giuridica su
cui si basava la libertà contrattuale non dava alcun peso alle disuguaglianze economiche e
sociali, aspetto estremamente importante, poiché la parte economicamente più forte può
imporre condizioni inique alla parte debole, la cui libertà contrattuale risulta essere
puramente formale. Tale aspetto compare in particolar modo a seguito dello sviluppo della
concentrazione industriale. Così quando un bene o un servizio di prima necessità sia
offerto in condizioni non concorrenziali da una grossa impresa, la libertà contrattuale del
consumatore o dell’utente è limitata, egli non può che acquistare che alle condizioni
propostegli: contratto di adesione. Da queste squilibri si è mossa la trasformazione del
contratto.
Un'altra causa di tale trasformazione è scaturita dalla necessità di controllare giuridicamente
lo svolgimento delle attività.
Si arrivò ad avere schemi contrattuali uniformi sui quali non si ammette trattativa e ai quali i
clienti prestano adesione per lo più senza darsi cura di conoscere esattamente il contenuto di
essi. Inoltre si deve tener presente che sempre più spesso i contratti, ora, non vengono
conclusi per interesse proprio, ma in quanto rappresentanti di società, ente pubblico o in
generale della persona giuridica che rappresentano. Qui non vi è grande spazio per
l’applicabilità delle norme su violenza, errore e dolo, la difesa del cliente va affidata a norme
e principi di ordine pubblico che vietino clausole più gravemente inique.
L’altra importante trasformazione del contratto consiste nello sviluppo dell’ordine pubblico
di struttura e di direzione economica e quindi, talvolta, l’efficacia del contratto è subordinata
ad un’autorizzazione amministrativa.
Nella nuova mentalità si ritiene che la libertà contrattuale sia efficace solo fuori dal campo
economico.
CONTRATTI E RAPPORTI CONTRATTUALI IMPOSTI: vi sono diversi casi:
il contratto è liberamente stipulato dalle parti, ma il contenuto è modificato imperativamente
dalla legge attraverso l’aggiunta, sostituzione o soppressione di clausole;
casi in cui la legge impone ad una delle parti l’obbligo di contrattare e accompagna tale
obbligo con prescrizione di varia intensità circa il contenuto del contratto.
La legge impone l’obbligo all’imprenditore di contrattare con chiunque ne richieda le
prestazioni che formano oggetto della sua impresa, osservando la parità di trattamento. Egli
resta libero di determinare il contenuto del contratto senza però discriminare i vari clienti.
Il rapporto contrattuale vincola in quanto il legislatore lo ritiene giusto e adeguato al
particolare tipo di contratto economico che si è determinato tra le parti stesse.
Capitolo 27
CONTRATTI TIPICI: la legge prevede e regola una serie di figure contrattuali tipiche:
vendita;
mandato;
transazione;
così via.
CONTRATTI ATIPICI: contratti che non appartengono ai tipi aventi disciplina particolare,
purchè siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela. Talvolta tale contratto deriva da
una combinazione di una serie di elementi di contratti tipici: contratto di portierato unisce
elementi del contratto di lavoro e di locazione. Altre volte il distacco da essi è notevole:
contratto di inserzione pubblicitaria.
Ai contratti atipici si applicano per analogia le stesse regole dei contratti tipici.
CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA STRUTTURA: sia i contratti tipici che quelli
atipici si possono classificare in base alla loro struttura:
a titolo oneroso: quando al sacrificio patrimoniale di ciascuna parte fa riscontro un
vantaggio corrispondente: il compratore paga per avere la cosa;
a titolo gratuito: colui che compie un simile contratto è assoggettato a una responsabilità
contrattuale meno rigorosa. I suoi interessi vengono tenuti in maggior considerazione e nel
dubbio il contratto viene inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato. L’affidamento di
chi acquista a titolo gratuito non è tutelato. L’esempio principale è la donazione;
unilaterali: solo una parte esegue o si obbliga ad eseguire una prestazione nei confronti
dell’altra: deposito gratuito, solo il depositario si obbliga a custodire e restituire la cosa.
Esso non va confuso con il negozio unilaterale, infatti questo l’unilateralità attiene agli
effetti, mentre nei contratti riguarda la dichiarazione di volontà, è di fatto un negozio
bilaterale;
a prestazioni corrispettive, SINALLAGMATICI: prestazione di una parte è
corrispettiva di quella della controparte: compravendita, permuta, locazione. Simili contratti
sono a titolo oneroso. L’illiceità o impossibilità di una prestazione rende nulla anche l’altra.
I rimedi concessi a ciascuna parte per inadempimento sono:
ciascuno può opporre all’altro l’eccezione di inadempimento, ovvero si rifiuta di adempire
la propria obbligazione se l’altro non la adempie contemporaneamente, salvo che le parti
abbiano disposto in precedenza termini differenti;
quando siano fissati termini differenti, colui che deve adempire per primo può esigere
immediatamente la controprestazione, se si verificano determinati fatti tali da far temere che
questa non sarà eseguita: decadenza del beneficio del termine. Se la controparte non
adempie si può far valere l’azione per inadempimento;
se una parte non adempie e la controparte non preferisca agire per ottenere l’adempimento si
può ottenere la risoluzione del contratto: risoluzione per inadempimento,
se una parte è liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione, anche l’altra parte
è liberata dall’obbligo e ha diritto di farsi restituire ciò che ha già eseguito: risoluzione per
impossibilità sopravvenuta.
Ci sono contratti nei quali ciascuna parte può pretendere una prestazione dall’altra senza
però che esse siano l’una il corrispettivo dell’altra: contratti bilaterali imperfetti. Un esempio
è rappresentato nel caso in cui durante il deposito gratuito il depositario abbia dovuto
affrontare delle spese, di conseguenza il depositante è obbligato a restituire il denaro speso.
contratti a struttura associativa: più persone conferiscono beni o servizi per uno scopo
comune. Si distinguono dai contratti di scambio, in quanto ciascun contraente si promette
un vantaggio, ma non consiste in una controprestazione, ma nella partecipazione ad
un’utilità o profitto comune. Il rimedio concesso al singolo in caso di irregolare consiste nel
RECESSO PER GIUSTA CAUSA;
commutativi: non implicano l’assunzione di un rischio;
aleatori: contratti in cui l’esistenza, l’estensione o il valore di una almeno delle prestazioni
corrispettive dipende da eventi incerti, così che ne derivano per ciascuna delle parti
possibilità di guadagno e rischi di perdita, che esse intendono accettare. Tipici contratti
aleatori sono quelli differenziali di borsa, borsa a termine, l’assicurazione, il giuoco e la
scommessa;
ad esecuzione continuata o periodica: contratti la cui esecuzione perdura nel tempo, con
prestazioni continuative o ripetute per soddisfare un bisogno del creditore che si estende nel
tempo: contratti di lavoro, locazione, deposito, assicurazione e altri. La risoluzione o il
recesso non estendono i loro effetti alle prestazioni già eseguite in quanto esse non
costituisco parti di una prestazione unitaria, ma hanno soddisfatto il bisogno del creditore
nel periodo in cui sono state eseguite. Il recesso può avvenire anche solo da una singola
parte con un necessario preavviso, salvo per giusta causa. Essi non vanno confusi con
quelli ad esecuzione differita: compravendita. Qui il differimento è concesso per rendere più
comodo ad una parte di eseguire la prestazione e di riceverla.
CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA FORMAZIONE: si distinguono:
consensuali: contratti che si perfezionano in base al semplice consenso manifestato.
Costituiscono la grande maggioranza dei contratti, in quanto vi è la libertà di forma;
formali: contratti che per la loro conclusione occorre il consenso manifestato in forme
particolari;
reali: contratti che non si perfezionano con il semplice consenso, ma si richiede anche la
consegna della cosa. Questo tipo di contratto non va confuso con i contratti ad effetti reali:
costituzione o trasmissione di diritti reali, come la compravendita.
Capitolo 28
PROMESSE UNILATERALI: consiste nella promessa di una prestazione la quale non
produce effetti obbligatori al di fuori dei casi ammessi dalla legge. I casi indicati sono:
promessa rivolta al pubblico: promessa, rivolta al pubblico, di una prestazione a favore di
chi si trovi in una determinata situazione o compia una determinata azione. Essa è vincolante
non appena è resa pubblica. E’ fondamentale per la sua validità la forma dell’atto pubblico.
Se non viene posto un termine il vincolo del promettente resta valido per un anno. E’
concessa la revoca prima del termine per giusta causa, purchè sia resa pubblica. La revoca
non ha alcun effetto se la situazione si è già verificata. Un esempio è la promessa di una
ricompensa a chi ritrovi e restituisca una cosa smarrita. Si possono distinguere:
a titolo oneroso: la prestazione a carico del promettente è il corrispettivo di una prestazione
in suo favore;
a titolo gratuito: dettate da spirito di liberalità. Esse non richiedono la forma dell’atto
pubblico.
promessa incorporata in un titolo di credito: come la cambiale e l’assegno.
Capitolo 29
CONCLUSIONE DEL CONTRATTO: esistono differenti modi per poter concludere un
contratto e sono:
scambio di dichiarazione: modo più ovvio ed eseguito. Una delle parti assume l’iniziativa
di proporre all’altra il testo completo del contratto e l’altra l’accetta. Quindi qui si
distinguono due sequenze:
la proposta: deve determinare gli elementi essenziali del contratto stesso. Se tali elementi
mancano si avrà un semplice invito a proporre. La proposta può essere rivolta a una
persona determinata oppure ad una cerchia più o meno ampia di persone o ancora al
pubblico in generale, ovvero l’offerta al pubblico. Essa può essere REVOCATA finchè
il contratto non sia stato concluso. Tuttavia se l’altra parte abbia già incominciato
l’esecuzione in buona fede si è costretti all’indennizzo delle spese effettuate e delle perdite
subite. In alcuni casi la legge prevede l’IRREVOCABILITA’: ogni volta che il proponente
si sia obbligato a mantenerla ferma per un certo tempo. Ciò può derivare anche da un
accordo fra le parti: PATTO DI OPZIONE.;
l’accettazione: deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello
ordinariamente necessario. L’accettazione può giungere all’indirizzo del proponente. Nei
contratti conclusi per via telematica è sufficiente che essa prevenga al server dell’offerente.
L’accettazione deve essere conforme alla proposta. Se contiene modifiche, ampliamenti,
limitazioni viene considerata come un rifiuto e di conseguenza come nuova proposta. Come
la proposta anche l’accettazione può essere REVOCATA prima della conclusione del
contratto, ma ciò deve giungere a conoscenza del proponente prima dell’accettazione;
Nel caso di trattative particolarmente complessi le parti possono redigere una
MINUTA: PUNTUAZIONE, per formulare l’accordo parziale raggiunto. Essa non è
vincolante ha solo il valore di promemoria e di documentazione dello svolgimento delle
trattative.
Se prima della conclusione del contratto le due parti diventano incapaci o muoiono sia la
proposta che l’accettazione perdono la loro efficacia.
dissenso: si ha quando proposta e accettazione non sono conformi l’una con l’altra e il
contratto non sorge.
comportamento concludente: comportamento cioè che non costituisce direttamente un
mezzo di espressione, ma che presuppone e realizza una volontà. Ciò può consistere
nell’esecuzione del contratto (scrivo ad un commerciante per chiedergli di inviarmi un
determinato prodotto e questo mi viene recapitato). Talvolta è il proponente stesso che
chiede di eseguire immediatamente la prestazione senza una risposta preventiva. Altre vote
ciò è richiesto dalla natura del contratto e del suo oggetto, ovvero nei casi in cui
l’esecuzione della prestazione sia urgente. In questi casi il contratto si conclude nel luogo e
nel momento in cui ha inizio l’esecuzione e una volta incominciata il proponente non può
più revocare la proposta. Tuttavia a quest’ultimo dovrà essere data subito notizia dell’inizio
dell’esecuzione, in modo tale che si possa regolare di conseguenza.;
senza necessità di accettazione dell’altra parte: ciò avviene se si tratta di un contratto con
obbligazioni del solo proponente. Questi regola è fondata sulla considerazione che il
beneficiari non ha alcuna ragione di respingere il contratto, in quanto porta a lui
esclusivamente dei vantaggi e quindi l’accettazione si presume. Un esempio di ciò si ha
quando si promette una determinata somma di denaro per tutti gli affari che l’altra parte ci
procura.
CONDIZIONI GENERALI DI CONTRATTO: sono condizioni che nascono
dall’esigenza di avere degli schemi contrattuali quando si devono stipulare ripetitivi contratti
con diversi clienti e consumatori e fornitori. Esse sono efficaci nel confronti del singolo non
solo se le ha espressamente approvate, ma anche in mancanza di un’espressa accettazione,
in quanto egli le avrebbe dovute conoscere usando l’ordinaria diligenza. Ciò deve,
comunque, essere valutato in modo diverso nei differenti settori di attività. In particolare si
deve valutare se la formula utilizzata risulta sufficientemente chiara.
Poiché da questa regola può derivare un’approfittamento da parte delle imprese sono vietate
le cosiddette: CLAUSOLE VESSATORIE, condizioni particolarmente gravose. Esse
sono valide solo se espressamente approvate per iscritto.
CONTRATTO PER PERSONA DA NOMINARE: nel momento della conclusione una
parte si riserva di nominare successivamente la persona che deve acquistare i diritti e
assumere gli obblighi nascenti dal contratto stesso. Tale nomina deve essere fatta entro il
termine stabilito dalle parti, oppure, in mancanza, entro tre giorni dalla stipulazione del
contratto. Se ciò non avviene il contratto produce i suoi effetti fra i contraenti originari.
La persona nominata acquista la posizione di parte del contratto ed è necessario
l’accettazione o che questa è stata autorizzata in precedenza. Questo contratto è con
SOGGETTO ALTERNATIVO.
Un simile contratto viene utilizzato quando non si voglia fare numerosi passaggi di
trasferimento di un bene e si voglia risparmiare sulle spese di trasferimento. Oppure quando
non si voglia apparire nel momento della formazione dell’accordo per timore che tale
presenza possa pregiudicare le trattative.
TRATTATIVE: le parti devono comportarsi secondo correttezza. La violazione di questo
dovere determina una responsabilità per i danni che ne derivano all’altra parte. Il
comportamento sleale può essere sia doloso, ma anche di natura colposa, in quanto per
correttezza si intende anche il dovere di diligenza e riguardo.
I casi in cui sorge la responsabilità sono:
- violenza di doveri di informazione: una parte pur essendo a conoscenza di cause di
invalidità del contratto non le abbia comunicate alla controparte e abbia portato a termine
ugualmente le trattative contrattuali. Qui nasce la responsabilità per i danni dovuti al fatto
che l’altra parte abbia fatto affidamento, senza sua colpa, nella validità del contratto;
- ingiustificato recesso: qui entrano i gioco due differenti principi. Il primo stabilisce che il
vincolo sorge solo con la conclusione del contratto e non prima. Mentre il secondo impone
la lealtà nelle trattative. Quindi non è ammissibile far credere concluso l’accordo raggiunto
sugli elementi essenziali e poi rifiutare la stipulazione del contratto. Chi intenda recedere
dalle trattative lo deve comunicare immediatamente alla controparte.
Si è già detto che in caso di revoca dal contratto si ha l’obbligo di risarcire alla controparte il
danno e per valutarne l’entità si deve distinguere:
interesse contrattuale positivo: rappresenta i vantaggi che sarebbero stati ottenuti e i danni
che sarebbero stati evitati ottenendo l’esecuzione del contratto. Non si può pretendere il
risarcimento di tale interesse;
interesse contrattuale negativo: rappresenta i vantaggi che sarebbero stati ottenuti e i
danni che sarebbero stati evitati non impegnandosi nelle trattative. Tale interesse è
risarcibile.
EFFETTI DEL CONTRATTO: una volta concluso esso vincola le parti. Esso non può
essere sciolto se non con un nuovo accordo, oppure per cause ammesse dalla legge. Di
regola non è consentito il RECESSO UNILATERALE, ovvero il diritto di sciogliersi dal
vincolo contrattuale mediante una dichiarazione comunicata all’altra parte. Ciò è consentito
solo in particolari casi, come nei contratti ad esecuzione continuata o periodica conclusi
per un tempo indeterminato. Qui ciascuna delle parti può porre fine al rapporto
contrattuale mediante una semplice dichiarazione con l’obbligo, però, di un giusto tempo di
preavviso. In tal caso per le prestazioni già eseguite il recesso non ha alcun effetto.
Il recesso, inoltre, è consentito ai consumatori e risparmiatori per proteggerli contro il
rischio di acquisti non meditati. Tale recesso deve avvenire entro un breve termine.
E’ consesso anche il RECESSO CONVENZIONALE, la facoltà di recesso è stabilita
dalle parti. Ciò può essere esercitata solo prima che si inizi l’esecuzione del contratto. La
parte a cui è stata data la possibilità di recesso al momento della conclusione del contratto da
all’altra parte una caparra in denaro: caparra penitenziale. Se il contratto avrà esecuzione
essa dovrà essere restituita, altrimenti verrà trattenuta come compenso. Infine, vi è anche
l’ipotesi che il recesso avvenga dalla parte che abbia ricevuto la caparra, i tal caso dovrà
restituire il doppio di essa. Le parti possono stabilire anche la multa penitenziale: una
determinata somma di denaro promessa in caso di recesso.
EFFETTI REALI: contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà oppure di
un altro diritto reale. Per rendere efficace un tale contratto è necessario il consenso delle
parti. Nella vendita la proprietà o il diverso diritto si trasmette e si acquista per effetto del
consenso delle parti. Il presupposto di ciò è che il bene esiste già e sia determinato. Se il
contratto si riferisce ad un bene futuro, il diritto si trasmetterà solo qualora tale bene verrà
ad esistenza. E ancora, se il contratto ha per oggetto il trasferimento di beni determinabili
solo per genere, l’effetto si avrà solo nel momento in cui ci sarà l’individuazione: può
avvenire con la consegna al compratore, oppure se devono essere trasportate con la
consegna al vettore o allo spedizioniere.
La determinazione del momento in cui il diritto si trasferisce è particolarmente importante in
relazione a:
con la proprietà passa all’acquirente il rischio di perimento fortuito della cosa e quindi se
ciò è avvenuto per cause non imputabili all’alienante e dopo il trasferimento del bene i
danni saranno a carico del nuovo proprietario;
l’acquisto della proprietà può determinare responsabilità particolari nei confronti di
terzi;
conseguenze nei rapporti con i terzi creditori, in quanto dopo che è avvenuto il
trasferimento i creditori dell’alienante non possono più rivalersi su tali beni;
dal momento in cui è avvenuto il trasferimento, l’alienante non ha più il potere di
disporne in favore di altri.
In determinati casi può accadere che il medesimo diritto venga trasferito a più persone. In
questo casi si deve fare la distinzione tra:
beni immobili: fra i più aventi causa prevale chi per primo trascrive nei registri immobiliari
il proprio titolo d’acquisto. Ciò vale anche per beni mobili iscritti in pubblici registri;
beni mobili: può prevalere anche colui che ha acquistato successivamente se in buona fede
ha ottenuto la consegna della cosa;
credito: prevale la cessione notificata per prima al debitore o quella che da egli è stata
accettata per prima con atto di data certa;
azioni e obbligazioni: prevale l’acquirente che in buona fede abbia ottenuto la registrazione
del trasferimento in proprio favore;
diritti personali di godimento: prevale colui che abbia goduto per primo. Se nessuno dei
aventi causa ha conseguito il godimento allora prevale colui che ha il titolo di data certa
anteriore. Esempio: locazione della casa al mare a due famiglie per il medesimo periodo.
CONTRATTO PRELIMINARE: con esso le parti si impegnano a concludere un futuro
contratto. Esso deve essere stipulato con la medesima forma che la legge eventualmente
prevede per la validità del contratto definitivo.
Un simile contratto si ha quando le parti hanno raggiunto un accordo sugli elementi
essenziali del contratto, ma vogliono rinviare la conclusione definitiva. Questa necessità può
nascere dalla necessità di una parte a compiere degli accertamenti, controlli sui presupposti
di validità e regolarità del contratto. Oppure quando il bisogno che si intende soddisfare non
sia immediato e quindi una delle parti intende cautelarsi assicurandosi una sorta di autotutela
più semplice e meno costosa delle possibilità di risoluzione o di recesso.
Se la parte che è obbligata a concludere il contratto definitivo si rifiuta di farlo e ciò è
illegittimo, l’altra parte può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non
concluso. Le lacune presenti nel contratto preliminare non impediscono la pronuncia di tale
sentenza, ma saranno colmate da norme dispositive. Ciò non può avvenire, tuttavia, se si
tratta di elementi essenziali, in tal caso il contratto sarà nullo.
Il contratto preliminare perde efficacia se il contratto definitivo non viene stipulato entro un
anno dal termine stabilito dalle parti, oppure entro tre anni dalla stipulazione del contratto
preliminare stesso.
Esso si distingue dalla minuta, in quanto quest’ultima costituisce non costituisce
obbligazione, ma è solo un documento per valutare la correttezza delle trattative, mentre il
contratto preliminare è un vero e proprio impegno preso fra le parti.
CONTRATTO PRELIMINARE UNILATERALE: vincola una sola parte, l’atra resta
libera di non concludere il contratto se non vorrà. In questo tipo rientra il patto di
prelazione, con il quale una parte promette all’altra di preferirla a qualsiasi terzo nella
stipulazione di un certo contratto.
CONTRATTO A FAVORE DI TERZI: un contraente ha interesse ad ottenere che l’altra
parte esegua una prestazione a un terzo beneficiario.
Il contratto a favore di terzi ha effetto senza che il terzo beneficiario abbia compiuto
l’accettazione. Tuttavia vi sono casi in cui al beneficiario non interessi ricevere la
prestazione in suo favore quindi egli ha la possibilità di rifiutare l’esecuzione del contratto.
DESCRIZIONE APPUNTO
Riassunti per l'esame di Diritto privato, basato su appunti personali e studio autonomo del testo consigliato dal docente Istituzioni di Diritto privato, Trimarchi con trattazione di questi temi: il diritto, norma giuridica, meccanismi sanzionatori, coazione diretta, esecuzione forzata, ordinamento giuridico, pena, invalidità.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Milano - Unimi o del prof Carnevali Ugo.
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