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Guardini scorge, nel passaggio dalle culture del passato all’età moderna, una
dialettica limite-illimitato: mentre in età classica il concetto di definito aveva una
valenza positiva a dispetto dell’indefinito, il che certamente qualificava una certa
visione del mondo, nell’età moderna il mondo e il soggetto tendono ad affermarsi
come totalità, di porre in modo assoluto i «fattori costitutivi dell’esistenza», cioè il
mondo ed il soggetto.
L’uomo moderno è persuaso che non esista alcunché di sovra-mondano, mentre la
coscienza religiosa anteriore all’epoca moderna ammetteva uno «spazio vuoto di
mondo», «intorno al mondo» (Rinascimento, panteismo moderno di Giordano
Bruno→Dio è il mondo).
L’espressione più compiuta di questa auto-chiusura religiosa del mondo la si ha
laddove il moderno spinge la propria sete di conquista anche sulla morte.
Il primo tentativo in questo senso, secondo Guardini, è quello di Hölderlin, per il
poeta la morte e l’aldilà rappresentano una forma reale dell’essere rispetto alla
quale la vita terrena è l’altra forma non meno reale e significante. Si tratta, per
Guardini, di un tentativo di trasformare la religiosità antica secondo l’esperienza
religiosa cristiana.
Anche la poetica di Rilke si gioca sul recupero della morte alla vita: a suo avviso non
c’è un aldiquà e tantomeno un aldilà, ma una grande unità, un assoluto, quindi un
infinito che titanicamente «cattura» il finito.
Il declino dell’età moderna coincide con la crisi di quest’idea: la percezione che il
tutto è finito si impone in termini sempre più netti, perciò si parla di un «finitismo
tragico».
Secondo Guardini l’infinito moderno non è altro che un finito elevato a totalità,
perciò egli può indicare un concetto complementare, un vero infinito che in quanto
tale non può subire quell’inversione, non può avere un contro-polo.
Il finitismo tragico trova il suo primo e più coerente interprete in Nietzsche: la realtà
non è più natura ma radicale finitezza e la dottrina dell’eterno ritorno è il tentativo
di disciplinare l’uomo puramente mondano, che non vuole altro se non ciò che è
finito e perciò non sente più la protesta contro di esso. Questo volere il finito può
motivarsi solo a partire da un rifiuto di Dio come altro dal mondo.
Ma prima Nietzsche anche Dostoevskij, che aveva colto questo fenomeno, scagliava
il suo Karamazov contro Dio: non mosso dall’ateismo, egli riduce il problema
metafisico ad una dialettica finito-finito, dove è il mondo a trionfare, un trionfo che
è solo apparente perché l’annientamento dell’altro polo distrugge la sua specifica
posizione nell’esistenza.
Ma Guardini cala il discorso anche nella storia: nella volontà di colmare il vuoto del
Dio assente, il nazismo sostituisce, nella sua funzione simbolico-religiosa, il mito
della razza. Il nesso tra potere totalitario e manipolazione religiosa di una
soggettività in crisi rende palese la necessità umana di una possibilità idolatrica.
Con il rifiuto di Dio, Nietzsche preannuncia la fine dell’età moderna: si è ormai
estinto il sentimento del tutto-infinito e l’essere si definisce solo in relazione al nulla,
che riempie lo spazio reso vuoto lasciato dal rifiuto di Dio.
VI. Tecnica e potere nell’era post moderna
Secondo Guardini l’avvento della tecnica sostituisce alla soggettività di cui la natura
ad essere un oggetto, il che gli si
aveva goduto in età moderna ad una oggettualità,
ribellerà contro con l’uso dell’atomica.
Ma l’accresciuto potere dell’uomo sulla natura apre la possibilità ad un profondo
dominio dell’uomo sull’uomo, attraverso il moderno sistema tecnico-economico
della vita. L’oggettivazione del mondo diventa oggettivazione degli uomini.
La tentazione insita nella macchina sta nell’estremizzare la tendenza di risolvere la
natura nella storia, con la conseguente recisione del legame tra cultura e natura.
In (1925) Guardini ritiene che l’unica strada possibile è
Pensieri sulla tecnologia
quella di non irrigidirci verso il nuovo, perché il nostro posto è nel divenire. A noi è
imposto il compito di dare forma a questa evoluzione e possiamo assolvere a tale
compito solo aderendovi onestamente ma rimanendo sensibili a tutto ciò che di
inumano è in esso.
La decisione per il tempo e non contro il tempo assume il significato del tutto
positivo di umanizzare l’età della tecnica, senza per questo rifiutarne i risultati
pratici e le grandi acquisizioni teoriche. L’epoca futura in definitiva non dovrà
affrontare il problema dell’aumento del potere ma quello del suo dominio: si tratta
di passare dal potere sulle cose al potere sul proprio potere.
Occorrerebbe all’uomo un punto archimedeo: una posizione di appoggio “fuori” dal
mondo potrebbe sussistere solo se qualcosa di sovra-mondano si elevasse
all’interno delle realtà date. Solo nel rapporto con l’avvenimento di Cristo, con il
«Dio in» e «al di sopra» del mondo, diviene possibile per Guardini quel distacco dal
mondo che è condizione trascendentale della libertà.
Cristo spezza, alla radice, la potenza che la natura esercita sull’uomo asservendolo
mediante il laccio della propria condizione mortale. Solo Cristo, come punto
archimedeo rivela che c’è l’altro, essendo lui stesso l’Altro.
VII. Cattolicesimo e dialettica non basta una religiosità puramente
La Chiesa deve avere anche un ruolo politico:
religiosa, una spiritualità intimista, senza mondo.
Guardini è d’accordo con il giudizio di Scheler: il limite del protestantesimo luterano
è di aver diviso Dio e il mondo, mentre la Chiesa non deve concepire Cristo o il
Cristianesimo come affare privato e puramente interiore, ma farne anzi una
istituzione formale e visibile.
la tentazione del cristianesimo moderno può essere espressa con
Secondo Schmitt
efficacia attraverso la di Dostoevskij: una sua
Leggenda del grande inquisitore
conclamata purezza che coincide con la sua estraneazione dal mondo e dalla sfera
del potere. In questa figura il fatto cristiano è sentito come un’esigenza di
responsabilità totale e insieme come qualcosa di assolutamente fuori del comune.
Guardini rifiuta un’idea del cristianesimo teso unicamente verso ciò che è alto e
profondo, incapace di misurarsi con la realtà, che è una delle cause dell’ateismo
moderno, il volto speculare di una interiorizzazione del cristiano.
Guardini condivide la concezione di Muhler secondo cui la chiesa deve accogliere
poli opposti (come la personalità individuale e la vita comunitaria) all’interno
dell’unità della fede, cioè deve farsi perché solo se
coincidentia oppositorum
comprende in sé opposti il cattolicesimo è vivo. Non dev’essere complexio
cioè somma di parti aggiunte senza alcuna relazione interiore, ma
oppositorum,
perché è l’unità viva, profonda e originale dei poli opposti.
coincidentia
A dispetto delle tendenze degli anni 20, che riproducendo l’antico Antiromischer
(effetto antiromano) sottolineavano il dissidio tra spirito e istituzione della
Affekt
Chiesa, Guardini sostiene che va riconsiderata la relazione tra Chiesa e personalità:
la personalità non è un’opposizione contraddittoria rispetto la Chiesa ma il suo
vivente polo opposto.
Negli stessi Guardini è impegnato anche a raffigurare la fisionomia cristiana in un
atteggiamento di resistenza, a partire da una «decisione» radicale, che riaffermi la
fede in una realtà secolarizzata che rende sempre più obsoleta la tradizione
e la Chiesa di
cristiana. Il cristiano ha il compito di rendersi manifestazione di Cristo
farsi luogo in cui è possibile «vedere, udire e toccare» la realtà di Cristo.
3. Nagel - Mente e cosmo
In Nagel si chiede con quale probabilità le forme di vita possano aver
Mente e cosmo
spontaneamente avuto origine sulla terra, per effetto delle leggi della fisica e della
chimica, quanto è verosimile che eventi fisici casuali possano aver dato luogo ad
organismi così complessi.
Lo scetticismo di Nagel non è fondato su una credenza religiosa ma sul fatto che tali
questioni lascino spazio all’incredulità del senso comune. Né la possibilità che ci sia
un architetto, né che la vita si sia evoluta per mutazioni casuali ad opera delle leggi
fisiche si prestano come tesi inoppugnabili.
Il problema posto Nagel è quello insito nel riduzionismo della mente alla sfera
biologica: egli è persuaso dalla convinzione che la mente sia un aspetto
fondamentale della natura e non un evento accidentale. L’intelligibilità del mondo
non è accidentale: la natura origina creature dotate di una mente ed è tale da essere
da esse comprensibile, così come queste creature dovrebbero essere comprensibili
a se stesse. Ma da cos’ha avuto origine la coscienza?
I valori sono un’altra di quelle cose, come la coscienza, che sembrano incompatibili
con il naturalismo evoluzionistico nella sua consueta forma materialistica.
Nel tentare di comprendere la coscienza come fenomeno biologico è facile
dimenticare quanto sia radicale la differenza tra soggettivo e oggettivo e cadere
nell’errore di pensare al mentale basandoci sul nostro modo di concepire gli eventi e
i processi fisici. Bisogna continuare a cercare una comprensione sistematica del
posto che occupiamo nel mondo.
4. Habermas - Il futuro della natura umana. I rischi di una genetica liberale
Nell’era della tecnica la possibilità di manipolare, cambiare, utilizzare la realtà
materiale, la natura esterna si è oggi allargata anche alla realtà vivente, cioè alla
La scoperta del codice genetico e i progressi della biochimica e
natura interna.
dell’ingegneria genetica aprono la strada a nuove avventure, impensabili nel
passato. Si possono pre-selezionare embrioni sani, scartando quelli portatori di
malattie ereditarie, come è accaduto recentemente in Inghilterra. Si può clonare un
essere vivente. Si possono congelare embrioni, ritardarne lo sviluppo.
Tutto ciò implica conseguenze, sul piano esistenziale, di cui la biologia e la medicina
non si curano. Quale cos