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CAUSE DI INVALIDITA’

Qualora mancasse uno dei presupposti (capacità di agire o legittimazione ad agire) il negozio era nullo

iure civili. In caso di volontà viziata da inganno o da violenza altrui o da errore nel procedimento di

formazione della volontà, gli effetti negoziali sul piano dello ius civile si realizzavano: vi era tuttavia la

possibilità di ricorrere al pretore per chiedere l’annullamento del negozio.

ERRORE: si tratta di una deviazione del vero inconsapevole e spontanea che può dipendere da una

svista, da un’incomprensione o da ignoranza su una circostanza inerente al negozio. Si distingue tra

errore ostativo ed errore vizio oggi, ma i giuristi romani, pur senza distinguere tra essi, si occuparono

dell’errore in generale. L’errore, inteso come vizio della volontà, è causa di annullabilità del negozio.

L’errore rende il negozio annullabile quando esso risulti “essenziale (1) e riconoscibile (2) dalla

controparte”.

1 Essenziale: il negozio non sarebbe stato concluso se non si fosse in forza dell’errore.

2 Riconoscibile: occorre che l’altra parte o lo riconosca o avrebbe potuto riconoscerlo usando l’ordinaria

diligenza.

L’errore era poi considerato rilevante qualora cadesse sul tipo di negozio (error in negotio), sull’identità

della controparte (error in persona), o ancora sull’oggetto del negozio e sulle sue qualità essenziali

(error in substantia). Al contrario, non era considerato rilevante l’errore che cadeva sull’esistenza o

sulla interpretazione di norme giuridiche (error iuris).

DOLO: è inquadrabile quale quell’atteggiamento ingannevole volto a raggirare la controparte, così che

questa compia un negozio a lei svantaggioso. Per tutelare la vittima del raggiro furono introdotte l’actio

de dolo e l’exceptio doli. La prima poteva essere esperito a quando il negozio era già stato eseguito, la

seconda era opponibile dalla vittima di raggiri citata in giudizio per l’adempimento.

65

VIOLENZA: Va intesa come la minaccia di un male ingiusto, che induca alla stipulazione dell’atto

negoziale. La dottrina moderna distingue tra violenza fisica e violenza morale a seconda che la vittima

sia stata fisicamente o psicologicamente indotta a sottoscrivere con la minaccia un determinato

negozio. Nel diritto romano, anche se le fonti non riportano casi di violenza fisica questa probabilmente

avrebbe comportato la nullità del questa probabilmente avrebbe comportato la nullità del negozio

mancando in questi casi non solo la volontà ma anche la sua vera manifestazione. Numerosi riferimenti

vengono invece fatti nell’ipotesi di violenza morale (metus), Cui si poteva porre rimedio ricorrendo ai

mezzi di tutela introdotte dal pretore. Se il negozio era già stato eseguito, il contraente vittima della

violenza poteva agire intentando “l’actio metus”; sempre nel caso in cui il negozio fosse già stato

eseguito, la vittima poteva eliminare gli effetti del negozio viziato mediante la restitutio in integrum.

Nel caso in cui il negozio non fosse stato ancora eseguito, colui che veniva convenuto per il suo

adempimento, poteva opporre un exceptio metus all’azione intentatagli.

Il diritto romano arcaico non conosceva il dolo e la violenza, forse dal momento che nella prassi della

contemporaneità, in termini di morale, non esistevano.

L’errore, invece, riconosciuto dallo ius civile, comportava l’annullabilità del negozio (errore sulle

qualità dell’altro contraente (solvibilità dell’altra parte), errore sulla qualità, sulla natura della

prestazione…etc.)

La violenza e il dolo furono introdotti dal pretore sul piano dello ius honorarium (adiuvandi vel

supplendi vel corrigendi iuris civilis gratia), mediante l’introduzione di specifiche azioni ed

eccezioni di dolo e di violenza (nel caso di volontà di opporsi alla chiamata in giudizio).

DEFINIZIONI:

Inefficacia: È inefficace il negozio giuridico che per qualsiasi motivo non produce i suoi effetti tipici.

L’inefficacia può essere momentanea, come nel caso di negozio sottoposto a termine iniziale, o

definitiva, come nel caso del negozio nullo.

Inesistenza: È inesistente l’atto negoziale che non può neppure essere considerato un negozio, in

quanto privo dei requisiti minimi necessari per rientrare in questa categoria.

DUE SONO I TIPI DI INVALIDITA’:

Nullità: può essere fatta valere sempre per vizio di un elemento essenziale e costitutivo del negozio.

Annullabilità: può essere fatta valere entro 5 anni, quando uno degli elementi del negozio risulta

viziato. Negozio è idoneo a produrre i suoi effetti, ma le parti possono intervenire o per impedire la loro

realizzazione o al contrario per sanare i vizi e convalidare il negozio.

I romani non avevano una distinzione così netta tra annullabilità e nullità, la quale era l’unica

riconosciuta (e poteva essere di Ius civile o all’interno dell’ambito pretorio).

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STRUTTURA DELLA FAMIGLIA

:

- Familia proprio iure era quella in cui si trovano il pater e tutti i suoi sottoposti.

All’interno di essa, il pater era l’unico individuo “sui iuris”, mentre i sottoposti,

ovviamente, erano soggetti “alieni iuris”.

In diritto romano esistevano due tipi di parentela:

1) : era la parentela giuridica, che aveva rilevanza per il diritto, anche ai fini della

Adgnatio

successione ereditaria.

Di essa si ricordano due tipi:

a) In linea retta : lega tra loro l’ascendente e il discendente (“agnati” in linea retta).

Dell’adgnatio si calcolano i gradi: ogni passaggio generazionale rappresenta un grado.

b) In linea collaterale : lega tra di loro coloro che sono sottoposti al capostipite comune più

vicino, o che sarebbero sottoposti al medesimo pater se egli fosse ancora in vita,

entro il limite del 6° grado. Per calcolare il grado di adgnatio tra agnati di linea

collaterale, occorre risalire al capostipite comune e ridiscendere; ogni passaggio

rappresenta un grado. (es figlio 1 e 2 sono agnati in secondo grado, F1 e N1 sono

agnati in 3 grado  figlio e nipote; i figli di cugini sono agnati di 6° grado, limite

massimo della parentela; due nipoti fratelli sono agnati di 2° grado)

Gli agnati entro il 6 grado formano una famiglia “communi Iure”; l’eredità si trasmette

con l’agnazione.

2) Cognatio: era la semplice parentela di sangue. Anche se in età arcaica non aveva

alcuna rilevanza, in età post – classica acquisirà sempre maggiore rilevanza, sino a

surclassare l’adgnatio.

Es: pater e figlio sono agnati e cognati; figlio 1 e 2 sono cognati e agnati in linea

collaterale in 2° grado.

Adgnatio e Cognatio in taluni circostanze non coesistono: se una figlia si

sposava, infatti, usciva dalla famiglia proprio iure ed entrava nella famiglia del

marito (rottura del legame agnatizio, per entrare nella famiglia del marito, divendendo

agnata del marito, pur mantenendo però il legame di cognatio con la famiglia

precedente). La figlia che si sposa non è più erede del padre, ma del marito, dal

momento che l’eredità si trasmetteva con l’adgnatio.

Un altro caso era quello dell’adoptio, quando un soggetto cambia potestà paterna;

ancora nell’emancipatio, dove il padre poteva liberare un figlio dalla patria potestàs,

rompendo così il legame agnatizio (rimanendo sempre cognato).

67

MATRIMONIO ROMANO (IUSTAE NUPTIAE)

(conformi al Ius)

Il matrimonio romano si basava su due elementi fondamentali:

- Coabitazione

- Affectio maritalis, intesa come l’intenzione di considerarsi reciprocamente marito e

moglie.

Rispetto al nostro matrimonio, tuttavia, mancava un atto costitutivo iniziale; il matrimonio moderno si

fonda su un atto fondativo del matrimonio, che non deve essere viziato.

Funzioni del matrimonio nel diritto romano:

1) La funzione primaria era volta a favorire i coniugi affinché generassero figli legittimi, in

modo che questi risultassero poi assoggettati alla patria potestàs della figura di

riferimento (marito o pater familias), trovandosi così nella famiglia proprio iure (agnato

di suo padre e dei suoi fratelli in primis).

Il figlio che nasceva era presunto essere il figlio del marito (presunzione di paternità).

NB: al momento della nascita, al padre spettava la scelta di accettare o esporre

(abbandonare) il figlio: questo potere era originariamente illimitato.

Tuttavia, successivamente, una legge regia (attribuita a Romolo) avrebbe limitato

poi questo potere, stabilendo che non si potessero più esporre i figli maschi e la

prima figlia femmina (la società non poteva infatti essere unicamente maschile), pena

importanti sanzioni di natura economica, ovvero la confisca di metà del patrimonio del

pater.

La ragione di questo provvedimento era dipesa dal fatto che Roma si trovava in uno

stato di guerra permanente e aveva bisogno di soldati per favorire l’espansione di

Roma.

Si potevano invece abbandonare senza limitazione i figli deformi (monstra), chiamando

a testimoniare almeno 5 persone (vicini); i figli ermafroditi, invece, dovevano essere

gettati in alto mare, in quanto ritenuti contro natura.

Una donna, alieni iuris, che genera un figlio senza essere sposata a quali

conseguenze lo sottopone? E quale status avrebbe acquisito?

Posto il fatto che era vietato avere rapporti sessuali al di fuori del matrimonio e che il

padre aveva il diritto di uccidere la figlia che tenesse tale comportamento, il neo –

nascituro avrebbe acquisito lo stato di “soggetto sui iuris”.

Infatti, nel caso di donna che generava un figlio senza essere sposata, la patria

potestas sul figlio non era esercitata né dalla donna né dal pater familias (della donna):

sarà pertanto un individuo non assoggettato ad alcuna potestàs, essendo egli stesso

soggetto sui iuris (che non ha agnazione con nessuno, ma cognatio con la madre e il

nonno).

Col padre, invece, non sussisteva alcun rapporto giuridico, nemmeno per

legittimazione (ottenimento dello stato di figlio legittimo col matrimonio).

Oggi, in virtù della recente riforma (2014), non vi è più alcuna differenza tra figli

68 legittimi e figli naturali (nati fuori dal matrimonio). Questi in precedentemente erano

differenziati in materia di eredità: i figli naturali erano relazionati coi soli ascendenti

(nonni e genitori), mentre non avevano relazione coi parenti collaterali. Inoltre, i figli

legittimi avevano diritto al patrimonio immobiliare liquidando con denaro i figli naturali.

Oggi il matrimonio ha, ad oggi, una funzione prettamente economica, oltre che quella

di creare una famiglia.

MATR

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A.A. 2017-2018
110 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mattefava di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano o del prof Pergami Federico.