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ANFREDINI
Istituzioni di diritto romano, rist. emendata della III ed., Torino 2007, pp. 329-352.
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7. OBBLIGAZIONI LITTERIS (CONTRATTI LETTERALI)
Il contenuto dell’unica obbligazione nascente da scritture (lìtteris) consiste sempre
in una prestazione di dare e si realizza tramite una operazione contabile, eseguita dal pf
nei libri della sua contabilità: il nomen transscripticium “credito trascritto”.
L’annotazione può essere compiuta in due modi (testo 37), che necessitano della collabo-
razione di tutti gli interessati:
Gaio 3.128: L’obbligazione mediante scritture (litteris) si ha nei crediti trascritti.
Il credito trascritto (nomen transscripticium) si fa in due modi: da cosa a persona o da persona a persona.
▪ Il primo – trascrizione “da cosa a persona”, a re in personam – riguarda un pf che sia già
creditore di una determinata somma di denaro, ad es., a titolo di mutuo (da cui un’obbli-
gazione re). Il pf creditore registra fra le entrate la somma che gli è dovuta come se
l’avesse incassata, ma – sùbito dopo – registra la stessa somma fra le uscite come data
in prestito al medesimo debitore.
A carico del debitore non esiste più il debito originario (da mutuo, nell’esempio); esiste
solamente l’obbligazione sórta da scritture, della quale al pf creditore è più agevole dare
prova in caso di contestazione processuale.
▪ Nel secondo modo – trascrizione “da persona a persona”, a persona in personam – un pf
compie una identica registrazione fra le entrate, ossia annota come incassata la somma
dovuta da un proprio debitore, ma – sùbito dopo – registra la somma fra le uscite come
data in prestito ad un terzo. Anche qui rimane soltanto l’obbligazione sórta da scritture,
a carico però del terzo, col medesimo vantaggio probatorio.
In ambedue le situazioni descritte, si verifica una novazione (novatio), cioè la trasfusione
del contenuto economico di una precedente obbligazione, che viene estinta [→ n. 12.1, sub c],
in un’altra obbligazione avente qualcosa di nuovo.
* * *
Fra i sudditi stranieri (i peregrini sub imperio) delle province orientali sono diffusi due tipi
di documento, che, secondo Gaio, producono obbligazioni letterali fra i soli peregrini:
la sìngrafe e il chirògrafo, entrambi riconoscimento di un debito.
▪ La sìngrafe (greco syngraphé “scritto insieme”) è redatta in terza persona e in duplice
esemplare, uno per ciascuna parte. 2
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▪ Il chirògrafo (greco cheirógraphon “scritto di propria mano”) è redatto in prima persona
singolare dal debitore e in unico esemplare per il creditore.
Nella prassi, però, se ne avvalgono anche i romani, quando concedono prestiti di denaro
ai provinciali.
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8. OBBLIGAZIONI CONSENSU (CONTRATTI CONSENSUALI)
8.1. Compravendita
● Le obbligazioni consensu “da consenso” si affermano in séguito allo sviluppo economico
portato dalla espansione nel Mediterraneo, dagli inizi del II periodo: l’intensa trama
dei rapporti commerciali sollecita la riflessione dei giuristi, i quali individuano nuovi schemi
fondati sulla buona fede, che deve caratterizzare i rapporti di commercio, soprattutto
con gli stranieri.
Dai nuovi schemi, emergenti da quell’àmbito che sarà definito ius gentium [← mod. I, n.
13.1], l’obbligazione si fa sorgere dal solo consenso delle parti comunque manifestato
(anche con gesti o tramite un nuncius “messaggero”) e quindi libero da forme.
Quattro sono le figure, che, a sviluppo compiuto, riceveranno tutela con azioni tipiche di
buona fede [← Priv. II “Processo”, n. 2.4, sub d, con l’esempio F3]:
▪ compravendita; ▪ locazione conduzione; ▪ società; ▪ mandato.
Va sùbito notato che nella società e nel mandato il consenso deve essere non solo iniziale
(come nelle altre due figure), ma anche continuativo (persèverans), perché in questi
rapporti il venir meno della volontà di una delle parti determina l’estinzione dell’obbliga-
zione; mentre tutte le obbligazioni consensu si estinguono per contrario consenso (= dissenso),
purché nessuna delle parti abbia iniziato ad adempiere.
Tranne che nel mandato, in cui la bilateralità è eventuale (anche se frequente), si tratta
di contratti bilaterali (o plurilaterali), nel senso che ne sorgono due o più obbligazioni
reciproche e interdipendenti. * * *
● Nella compravendita (emptio venditio), il venditore si obbliga a far conseguire
al compratore il pacifico godimento di una cosa, detta merce (merx).
Il compratore si obbliga a trasferire, come corrispettivo, la proprietà di una somma di
denaro, detta prezzo (pretium).
Merce e prezzo sono gli elementi essenziali della compravendita.
● Per la essenzialità della merce si veda, a contrario, spec. il testo 38, nel quale l’errore
sulla integrità dell’oggetto del contratto (casa bruciata) rende nulla la compravendita:
Paolo, D. Ho comprato una casa che sia io (compratore) sia il venditore ignoravamo fosse bruciata.
Nerva, Sabino e Cassio affermano che, sebbene sia rimasta l’area, nulla è stato venduto e si può ripetere
il prezzo già pagato. 2
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La merce può anche non essere in proprietà del venditore (perciò il suo obbligo riguarda
il solo pacifico godimento) e può consistere anche di una cosa incorporale (cosa che non
si tocca), come un credito o una eredità.
E’ ammessa la compravendita di cose future, in due modi, come risulta dal testo 39 di
■
Pomponio, D. [1] Né compera né vendita possono aversi senza la cosa che è venduta.
[2] Tuttavia, si comprano validamente i frutti e i parti futuri, di modo che, quando il prodotto sia
nato, la vendita s’intende avvenuta allorché fu concluso il negozio.
Se però il venditore avrà fatto in modo che il frutto non nasca o non venga a esistenza, il compratore
potrà agire contro di lui.
[3] Ma talvolta può aversi vendita anche senza la cosa, come quando si compra, per così dire, l’àlea:
ciò avviene allorché si compra quanto sarà pescato o cacciato ...; infatti, la compera è conclusa anche se
nulla si cattura, giacché è compera della speranza (emptio spei).
▪ Il primo modo è detto dai giuristi medievali “ compera di cosa sperata” (emptio
rei speratae), in cui l’accordo è concluso per un prezzo stabilito per ogni unità di
misura: ad es., il compratore s’impegna a pagare 10 per ogni agnello nato dalle pecore del
venditore: se non nasceranno agnelli, la compravendita non avrà effetti; se però il
venditore impedirà che la cosa (gli agnelli) venga ad esistenza, sarà chiamato a rispondere
per inadempimento.
▪ Il secondo modo è detto “compera della speranza” (emptio spei), quando le parti
si accordano su un prezzo globale, che è dovuto in ogni caso, anche se la cosa non verrà ad
esistenza: ad es., 1.000 come prezzo per il prodotto di una battuta di pesca o di caccia, o per
il raccolto di una vendemmia: evidente è il carattere aleatorio di questa compra-vendita.
● Quanto al prezzo, il suo pagamento è l’unico obbligo del compratore, che – se il contratto
è efficace – deve pagarlo anche qualora la cosa, prima che gli sia consegnata, sia perita
per caso fortuito o per forza maggiore: vale infatti la regola per cui “il rischio è del
compratore” (periculum est emptòris).
Il prezzo deve essere certo e – malgrado qualche perplessità giurisprudenziale ricordata da
Gaio (nel testo 40) – può anche essere determinato da un terzo, purché questi faccia la
stima secondo i criteri di un bonus vir “galantuomo” (cfr. art. 1349 c.c.):
Gaio 3.140. Il prezzo deve essere certo.
Se invece fra noi si è convenuto che la cosa sia comprata per quanto Tizio la stimerà, Labeone negò che
un tal negozio avesse effetti; e Cassio ne approva l’opinione.
Ma per Ofilio anche questa è compravendita; e Pròculo ne ha seguito il parere.
▪ Il diritto classico non conosce alcuna dottrina del giusto prezzo e interviene soltanto se
la sproporzione rispetto ai valori correnti è dovuta a dolo negoziale (raggiro, inganno).
Sarà nel III periodo, e soltanto per i beni immobili, che si affermerà, a salvaguardia del
venditore, il principio secondo cui il prezzo di un immobile non può essere inferiore alla
metà del valore corrente; altrimenti, si ha la laesio enormis “lesione abnorme”, e il venditore
può ottenere la rescissione del contratto, a meno che non riceva l’integrazione al giusto prezzo.
▪ Gaio afferma (ancora testo 40, § 141) che il prezzo deve consistere in denaro contante,
sebbene si ricordi il parere dei sabiniani (“i nostri maestri”), per i quali anche una cosa può
avere funzione di prezzo nei confronti di un’altra cosa:
Gaio 3.141. Inoltre, il prezzo deve consistere in denaro contante.
■ Che il prezzo possa consistere anche in altre cose e, ad es., uno schiavo o una toga o un fondo possa
essere prezzo di un’altra cosa, è assai discusso. 2
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▪ I nostri maestri ritengono che il prezzo possa consistere anche in altre cose: ne deriva l’opinione corrente
fra loro che con la permuta si compia una compravendita ...
▪ Gli autori della opposta scuola dissentono e ritengono che altro sia la permuta di cose, altro la compra-
vendita, e che, diversamente, in caso di permuta non si potrebbe individuare quale cosa sia stata venduta e
quale data a titolo di prezzo e, inoltre, che sarebbe assurdo considerare vendute e date a titolo di prezzo
entrambe le cose.
Per i sabiniani, dunque, anche la permuta (permutatio), ossia lo scambio di cosa contro
cosa, è compravendita e fruisce della relativa tutela con le azioni tipiche di buona fede,
per pretendere la prestazione della controparte inadempiente.
A prevalere è però l’opinione dei proculiani (“gli autori della opposta scuola”), che escludono
la permuta dai contratti tipici [→ n. 9, contratti innominati (o atipici)]; e pertanto la parte
che ha eseguito la prestazione può agire solo per riavere la cosa e non per la contro-
prestazione.
● Il venditore ha l’obbligo fondamentale di far conseguire il possesso della merce al
compratore e, nell’assetto finale, gli obblighi accessorî di dargli garanzia sia per la evizione,
sia