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IL PROCESSO: LA FASE IN IURE
Si apre la procedura del processo con la vocatio in ius , il creditore diventa attore nel convocare il
debitore, che diventa allora convenuto. La prassi voleva che ci si recasse dal convenuto indicando
verbalmente la formula preposta al recupero della somma di denaro , nel nostro esempio , e lo si
conducesse fino all’albo pretorio intercettandolo per la strada. Questo si faceva per mettere il
convenuto nelle condizioni di sapere la propria posizione e pensare ad eventuali eccezioni. Poteva
accadere che il processo avvenisse subito, oppure che si svolgesse in un momento successivo,
fissata una data. In quel caso però il convenuto doveva essere affiancato da un garante, in caso
contrario il convenuto poteva incappare nella missio in possessionem su tutti i beni del convenuto e
se l’assenza perdurava il pretore poteva anche permettere che si vendessero i suoi beni (bonorum
venditio: vedi libro). Il vadimonium è un istituto che sostituisce la vocatio in ius, per cui avviene
una stipulatio , un contratto verbale, con cui il convenuto promette all’attore che pagherà una certa
somma di denaro se non si presenterà in giudizio.
La confessio in iure Se il convenuto “si spaventa” e confessa gli effetti della sua confessione sono
molto gravi: se l’oggetto della pretesa è una somma di denaro si arriva a una sentenza di esecuzione,
se invece è una cosa ne si fa la valutazione e c’è la condanna al pagamento del valore stimato.
D’altro canto nemmeno il comportamento passivo del convenuto è consigliabile: se l’azione è in
personam c’è la missio in possessionem e la bonorum venditio , mentre se è in rem il pretore può
autorizzare a portare via la cosa che , se non presente in giudizio viene portata e il pretore attua i
provvedimenti per l’entrata in possesso.
La litis contestatio
In questa fase il pretore ascolta le parti e congiuntamente con esse procede alla condensazione nella
formula. Parlando in termini giuridici potremmo definire questa fase una sorta di valutazione
preliminare, una valutazione circa la verisimiglianza del diritto, un fumus di fondatezza sulla
pretesa dell’attore, che poi propriamente sarà valutata dal giudice, all’esito della valutazione delle
prove. Il pretore fa questa valutazione per capire se c’è un fondamento alla pretesa attorea dal punto
di vista fattuale: in caso tale fondamento non sussista non si va nemmeno davanti al giudice.
Redigere la formula significa riempire quei modelli delle formule presenti nell’editto in relazione
alla fattispecie concreta. Sia l’attore che le parti possono riconoscere quale sia l’azione più adatta a
una determinata situazione. Il pretore può trovarsi di fronte a una situazione nuova, per cui con le
parti e con l’ausilio dei giuristi, procede a tutelare una situazione nuova. Il passo successivo è la litis
contestatio. Nella cronistoria processuale è la fase conclusiva della fase in iure: dopo che il pretore
concede la formula l’attore chiede formalmente al convenuto di accettarla, davanti al magistrato. La
litis contestatio è fondamentale perché se non c’è l’accordo del convenuto non si arriva nemmeno
davanti al giudice, si paralizza tutto.
Il convenuto che non accetta la formula senza adeguate motivazioni dal punto di vista giuridco o
fattuale, però, viene penalizzato con conseguenze simili alla sua mancata comparizione (missa in
mora…) quindi tendenzialmente il convenuto accettava la formula.
Gli effetti della litis contestatio
Effetto conservativo: in linea di massima la formula come è stata scritta viene accettata dal giudice
e non è più modificabile.
Effetto preclusivo: a seguito dell’accettazione della formula non era più possibile esperire la stessa
azione per lo stesso oggetto verso la stessa persona, salvo prescrizione , cioè la parte accidentale
con funzione di riservarsi di agire sullo stesso oggetto in futuro (solitamente si fa questo esempio
sull’interesse.
Effetto novativo: posto che Gaio pensava che le fonti delle obbligazioni fossero quelle attualmente
contemplate dal codice civile, se io esperisco un’azione di risarcimento ex lege aquilia e poi faccio
la litis contestatio , la somma che si deve non si deve più a titolo di risarcimento del danno ma a
titolo di processo: potremmo dire che l’obbligazione è novata perché il convenuto è obbligato ad
essere condannato, e solo dopo sarà obbligato a eseguire la sentenza. Si estingue l’obbligazione ed
essa inizia a sussistere sotto una nuova specie. Teniamo presente che una delle caratteristiche delle
azioni penali è l’intrasmissibilità passiva; l’obbligazione così novata, in linea teorica potrebbe
essere esperita anche nei confronti degli eredi e quindi c’è un vantaggio giuridico sostanziale, non
solo un aspetto formale. In questo modo finisce la fase in iure.
La fase apud iudicem
Le parti compaiono munite di formula davanti al giudice privato, due giorni dopo. Teniamo presente
che all’epoca l’avvocato era un retore che esperiva le proprie orazioni in favore delle parti presso il
giudice, non necessariamente era un giurista. In questa fase il giudice prende in esame le formule e
nelle condemnatio vede le direttive programmatiche del pretore. Il giudice avvia allora la fase
dell’istruttoria, quella fase endoprocedimentale nella quale le parti instano per l’introduzione nel
processo delle prove a fondamento delle loro pretese. Teniamo presente che all’epoca le prove
testimoniali erano considerate meglio di quelle documentali, perché queste ultime potevano essere
sofisticata o alterate. Il giudice stabilisce se acquisire le prove o meno e può anche fissare
un’udienza per acquisirle. Si parla di ripartizione dell’onere della prova: l’attore deve provare i fatti
che stanno alla base della pretesa, e lo stesso il convenuto deve fare per le proprie eccezioni. Le
prove sono discrezionalmente apprezzate dal giudice, che valuta il livello di incidenza delle prove
sul proprio convincimento. Esperita l’istruzione probatoria (da istanza di valutazione a valutazione
delle prove stesse, di cui oggi si dà conto nella motivazione della sentenza) si dava una sentenza,
che non veniva motivata e quindi c’era meno garanzia; la sentenza non poteva essere nemmeno
appellata. Se si è ravvisata la fondatezza della pretesa attorea il giudice emanerà una sentenza di
condanna al pagamento di una somma di denaro, se non la ravvisa , assolve il convenuto. Il giudice,
che è stato opportunamente incaricato dal magistrato, è obbligato ad addivenire a una sentenza, a
meno che non dica che la situazione non gli è chiara e pronunci quindi il “non liquet”e allora il
giudice privato può essere sostituito. Un sentenza che può essere diversa sia dalla condanna che
dall’assoluzione è quella che riguarda una situazione in cui le parti non agiscono l’una contro l’altra
, ma insieme, per dividere una cosa comune. Il giudice addiviene dunque all’aggiudicazione di una
proprietà che prima era indivisa (comparirà infatti l’adgiudicatio). Riassumendo la sentenza è:
definitiva, subito esecutiva, inappellabile, doveva essere eseguita a prescindere.
Se il convenuto non eseguiva la sentenza dopo 30 giorni poteva essere esperita l’actio iudicati, per
effetto della quale il convenuto viene condannato a pagare il doppio di quello che era condannato a
pagare il doppio della somma a cui era condannato nella prima sentenza, a cui può seguire, se
perdura l’inadempimento , un’azione di esecuzione.
PARTE ANALITICA SULLE FORMULE
Nella parte iniziale della formula troviamo scritto che Tizio giudica una determinata cosa, per cui le
parti hanno preso visione dell’albo dei giudici e ne hanno scelto uno. Troviamo poi Aulo Agerio e
Numerio Negidio: ricordiamo che c’è sempre un impulso di parte, anche nella fase probatoria,
l’onere grava sulle parti.
Prima formula: rei vendicatio
Si tratta di un’actio in rem, preposto alla tutela di un diritto reale, che può essere fatto valere erga
omnes. Nell’intentio c’è soltanto il nome dell’attore, quindi non c’è un convenuto particolare. Infatti
il convenuto compare solo nella condemnatio (è necessario che nella pratica ci sia uno specifico
convenuto). Sintatticamente, troviamo la condemnatio nell’apodosi. In questo caso non compaiono
che le parti obbligatorie della formula, ma si deve notare che c’è la clausola arbitrale di restituzione,
che assume una rilevanza notevole, specie nell’azione di rivendica, in cui l’interesse dell’attore è
ottenere indietro la cosa, per cui il giudice privato, dopo aver valutato la fondatezza della pretesa
attorea, invita il convenuto a restituire la cosa. Se il convenuto lo fa, non si va a processo, che
prevede solo come condanna possibile il pagamento di una somma di denaro.
La rei vendicatio è allora uno strumento processuale per ottenere indietro la cosa indebitamente
sottratta o perlomeno una somma di denaro. A seconda del periodo era un’azione che poteva essere
esperita con una legis actio, con il processo formulare e infine con la cognitio extra ordinem.
Quando erano in vigore le legis actiones si poteva esperire la legis actio sacramento in rem. Si tratta
di un’azione introdotta per esigenze sociali con le dodici tavole. Sappiamo che queste servono a
codificare le antiche forme di autogiustizia e autodifesa in veri e propri procedimenti giuridici al
fine di contenere il fenomeno dell’autogiustizia e anche ai fini di certezza del diritto. Si dice la
parola sacramento perché nel giuramento viene coinvolta anche una sfera divina, si tratta in un certo
senso di una scommessa fatta davanti al magistrato e riguardante un diritto erga omnes (in rem).
Nella legis actio sacramento in rem ci sono due contendenti che rivendicano la proprietà sul
medesimo oggetto e si presentano davanti al magistrato. Dei due, chi è detentore materiale della
cosa la porta davanti al magistrato (o porta un simbolo). Ognuno dei due tocca con una vindicta
l’oggetto e giura di esserne proprietario; il magistrato ordina allora di non toccare la cosa e ciascuna
parte giura che l’altra abbia affermato (abbia fatto una vindicatio) di essere proprietario della res
senza fondamento giuridica. A questo punto le parti si sfidano al sacramentum, dandosi
eventualmente anche dei garanti. A questo punto il magistrato assegna il possesso provvisorio della
res e c’è la litis contestatio (diversa da quella formulare) e finisce la fase in iure. A questo punto c’è
la fase dell’acquisizione delle prove (siamo nella fase apud iudicem) e la condan