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IL PROCESSO ARCAICO
Per tutelare le posizioni giuridiche soggettive si faceva ricorso ad un mezzo di tutela chiamato sacramentum, quasi a ricordare che sull'onorabilità della propria parola ci si impegna nella sfera sacra, assumendosi le conseguenze che ne possano derivare in caso di perdita. Sacramentum perché chi non lo avesse rispettato sarebbe stato spergiuro.
La sua struttura merita di essere analizzata. L'attore, cioè colui che agisce in giudizio perché vanta un diritto (in rem, se reale; ovvero in personam, se di obbligazione) nei confronti di chi gliene impedisce il pacifico godimento o addirittura glielo nega. Nel caso in cui un soggetto non fosse riuscito a dimostrare che quanto aveva asserito era vero, rischiava la multa sacramenti.
Il convenuto cioè colui che è stato chiamato in giudizio per contraddire fa altrettanto. Per contraddire intendiamo dicere contra, cioè affermare in positivo una cosa uguale e contraria.
Allaprima. La precisazione va fatta perché il sacramentum per molti secoli fu l'unico mezzo di tutela per difendere ogni tipo di posizione soggettiva. Risulta naturale che tanto l'attore quanto il convenuto, si impegnino a dimostrare la propria asserzione. L'azione di entrambi deve essere allo stesso tempo attiva e passiva, ossia di attacco e di difesa, per vincere.
Per i diritti di obbligazione esisteva il sacramentum in personam. In questo caso il creditore avanzava la sua pretesa e il debitore la negava, con quanto ne seguiva nel caso in cui l'affermazione del creditore fosse stata dimostrata come vera.
Abbiamo notato che nel sacramentum in rem le due parti pronunciavano frasi contrarie e uguali, quindi questo ci fa supporre che il sacramentum in personam sia nato dopo. Ancora successivo sembra essere il ricorso alla tutela giudiziaria per le obbligazioni nate da atto illecito, per le quali si sarebbe tollerato, per un certo tempo, un componimento totalmente privato.
compreso trail fare pace ed il ricorso alla vendetta.Durante questa celebrazione vi è uno scambio di affermazioni, il conserere manus,l'individuazione dell'oggetto della controversia, la verifica dei sacramenta e quindi la pronuncia definitiva dello stato del diritto. Il tutto non davanti ad un re o a un suo delegato ma davanti ad una autorità in grado di prendere atto della perdita della promessa e di pronunciare solennemente l'atto conclusivo. La parte vittoriosa aveva "scommesso" col cielo che era così come lui diceva, cioè il fatto è proposto in giudizio già qualificato giuridicamente, e chi giudica, senza creare nulla ex auctoritate sua, deve semplicemente verificare se ciò che è stato detto è così o no. Si ritiene che per un certo tempo il cittadino in cui favore si è risolta la lite sia stato legittimato a riprendersi da sé quanto era suo o quanto era stato detto che glispettava; così come avrà proceduto anche da solo contro la persona (in personam) che era stata indicata come garanzia del suo credito oppure come valore intrinseco del danno che doveva essergli risarcito.
Rimane ancora da esaminare chi dava la qualificazione giuridica ai fatti dedotti in giudizio, e chi suggeriva alle parti il modo di esporre quanto accaduto nel modo più corretto per ottenere una efficace istruttoria ed arrivare così alla pronuncia finale.
In Gaio troviamo scritto che prima che si usassero le formulae, i processi si svolgevano utilizzando le cosiddette legis actiones. LE LEGIS ACTIONES
Esistevano cinque modi di procedere con tali azioni.
Abbiamo il sacramentum, la iudicis arbitrive postulatio, la condictio, la manus iniectio e la pignoris capio, che hanno dato la legis actio sacramenti, la legis actio per iudicis arbitrive postulationem, la legis actio per condictionem, la legis actio per manus iniectionem e la legis actio per pignoris captionem.
Legis
actio sacramenti: risale oltre le 12 Tavole. La caratteristica è la scommessa (sacramentum) di una somma di denaro (multa o summa sacramenti) che il soccombente avrebbe dovuto pagare all'erario pubblico. Le 12 Tavole avevano fissato la multa in 50 o in 500 assi, a seconda che la cosa controversa fosse maggiore o minore di 1.000 assi, mentre quando si discuteva della libertà di una persona la tassa era fissa a 50 assi. Per quanto riguarda la procedura, come dice Gaio, bisogna distinguere in rem o in personam. Per quanto riguarda il concetto di azione in personam sappiamo che i soggetti si susseguivano davanti al magistrato in alcune solenni dichiarazioni, arrivando poi alla scommessa. Trascorsi 30 giorni ci si ripresentava davanti al magistrato per l'assegnazione del giudice, presso il quale si sarebbe svolta la seconda parte del processo, dopo aver espresso nuovamente e sinteticamente quanto si era fatto davanti al magistrato. Per il concetto di azione in rem disponiamo
della trattazione di Gaio (vedi pag. 151). Se si trattava di un bene mobile questo veniva portato davanti al pretore e le parti rivendicavano il diritto sul bene. Ciascuno afferrava la cosa e la toccavano simbolicamente con la festuca, ossia una bacchetta, affermando solennemente che essa gli apparteneva in conformità al diritto. A questo punto il pretore intimava ai litiganti di lasciare l'oggetto della lite. I contendenti erano chiamati a giustificare la propria affermazione e si sfidavano al sacramentum. Il pretore affidava temporaneamente la cosa a chi dei contendenti fornisse praedes litis et vindiciarum, cioè dei garanti della restituzione tanto dell'oggetto della lite, quanto dei frutti che avesse eventualmente maturato nel frattempo; ed imponeva ad entrambe le parti di dare ancora altri garanti per il pagamento della summa sacramenti. Se era un bene immobile, se ne portava una parte simbolica e su di essa si realizzavano le solenni vindicationes. Ora non rimanevaaltro che verificare quale sacramentofosse iustum e quale iniustum. Il processo si concludeva con unapronuncia che dichiarava solo chi avesse asserito il vero;Legis actio per iudicis arbitrive postulationem: si utilizzava quando lo avesse stabilito la legge, ele 12 Tavole lo prescrivevano per i creditinascenti da stipulatio oltre che per la divisionedell'eredità fra più coeredi. Il processo che nenasceva era basato sull'affermazione formaledell'attore che vantava in iure un proprio creditoderivante da stipulatio. Tale affermazione eracontraddetta dal convenuto. Contro questanegazione l'attore chiedeva formalmente alpretore l'assegnazione di un giudice, mentre se ilgiudizio era divisorio o di eredità o di comunioneè probabile che si fosse chiesta la nomina di unarbitro. Forse, precedentemente, non vi era lapossibilità di scegliere tra arbitro e giudice. Perquesto la necessità di nominare un giudice cuiaffidareL'onere di valutare la quantificazione di una pretesa che ha ragione di esistere, in quanto oggetto di un contratto; ma di cui non si sa ancora la reale consistenza o il reale valore, perché non materialmente esistente all'atto della stipula del contratto stesso;
Legis actio per condictionem: è caratterizzata dall'invito formale a presentarsi davanti al pretore: condicio deriva da condicere che vuol dire dare appuntamento, per cui l'attore, di fronte alla negazione in iure del debitore lo invitava a ripresentarsi davanti al pretore dopo 30 giorni per l'assegnazione del giudice (intervallo che prendeva il nome di spatium deliberandi, contemplato dalla lex Pinaria anche per la legis actio sacramenti. Tale spazio serviva al convenuto per pensare se fosse stato meglio resistere o cessare la difesa, conscio del fatto che, nel caso in cui fosse stato considerato colpevole, sarebbe stato condannato alla pena del doppio.). Essa fu introdotta 2 o 3 secoli dopo le
12 Tavole, grazie alla lex Silia per i crediti di una determinata somma di denaro e la lex Calpurnia per quelli di ogni altra quantità determinata di cose fungibili;Legis actio per manus iniectionem: la dottrina romanistica ha considerato le tre leggi actiones precedenti come dichiarative, o di accertamento; mentre sia la manus iniectio, sia la pignoris capio, come azioni esecutive. Forse la manus iniectio serviva proprio per sottrarre il debitore insolvente alla vendetta privata. Essa era applicata contro il convenuto condannato che non ha eseguito la sentenza ed era chiamata manus iniectio iudicati. La procedura prevedeva che, passati 30 giorni dalla sentenza di condanna, il creditore insoddisfatto pronunciasse una formula solenne (vedi pag. 156) e quindi che una volta posta la mano su una qualunque parte del corpo dell'esecutato, intervenisse un vindex a contestare il suo stato debitorio, oppure a liberarlo dalla presa del debitore. Se nessuno fosse intervenuto a difesa del debitore,il creditore poteva portarlo a casa e legarlo con ceppi del peso di 15 libbre, alimentandolo con una libbra di farro al giorno, massimo per 60 giorni. Entro questo termine poteva portarlo a 3 mercati successivi (trinundinum) alla ricerca di qualcuno che lo riscatti pagando. Consumata inutilmente questa fase poteva essere impunemente ucciso, o venduto come schiavo fuori del territorio della città, cioè trans Tiberim però gre &Legis actio per pignoris captionem: si è discusso se fosse realmente stata una legis actio. Infatti posta in essere con la pronuncia di certa verba, cioè di quelle determinate parole che sono la caratteristica della solennità delle legis actiones, si poteva compiere anche non a spetto del magistrato, in assenza dell’avversario e perfino.