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FATTI, ATTI E NEGOZI GIURIDICI
Il ruolo del giurista è quello della qualificazione giuridica, di qualificare fatti eventi
azioni per attribuire a questi fatti una veste giuridica. Il rilievo giuridico prevede la
riconduzione del concreto all’astratto. Il fatto riceve una qualificazione giuridica.
Questa operazione di qualificazione della realtà è una lettura del reale utilizzando il
filtro del diritto (sub specie iuris). Il fatto giuridico è qualunque fatto che abbia
rilevanza per il diritto (nascita, morte, trascorrere del tempo, incidente stradale,
assunzione dell’obbligo di restituire denaro). Sono fatti giuridici se assumono
rilevanza. All’interno della categoria del fatto giuridico identifichiamo la categoria degli
atti giuridici. L’atto giuridico lo identifichiamo in un fatto compiuto con coscienza e
volontà dal soggetto, rispetto a tutti i fatti giuridici sono quelli che hanno un legame di
riconducibilità con coscienza e volontà di un soggetto. Gli atti sono una categoria
interna ai fatti. Io con coscienza e volontà concludo un contratto, esso è un atto,
mentre il fluire del tempo non dipende dalla mia volontà, dunque non lo è. Gli atti sono
anche fatti, ma non tutti i fatti sono atti. I fatti in senso stretto sono fatti non
riconducibili a coscienza e volontà del soggetto (non sono atti). Quindi differenziamo
tra fatti in senso lato e in senso stretto. All’interno degli atti giuridici abbiamo i negozi
giuridici, oggetto di discussioni inesauribili. Il negozio giuridico è una categoria
astratta, che non è oggetto di una definizione di legge. È una categoria elaborata in
via dottrinale e giurisprudenziale, gli studiosi e le sentenze che hanno recepito il
concetto di negozio giuridico introducendolo nell’ordinamento giuridico. È stato
elaborato dalla dottrina tedesca detta pandettistica, che lavorava sulle fonti romane. È
una categoria giuridica che si fonda sui testi dei giuristi romani. La dottrina,
principalmente autori tedeschi del secondo ‘800, ha approfondito questa categoria nei
frammenti dei giuristi classici, perché all’epoca i giuristi tedeschi non disponevano di
un codice e lavoravano direttamente sulla giurisprudenza romana, la quale era il
diritto attuale e vigente. Dalle pandette (digesto) estrapolano concetti rimasti
patrimonio a prescindere dalle scelte del legislatore. Il negozio giuridico (negotium),
è un atto riconducibile a coscienza e volontà del soggetto, è la quintessenza della
volontà del soggetto nell’ordinamento. È il privato a darsi la norma, non è un diritto
imposto dall’altro. Da qui il concetto di autonomia ( autos nomos , darsi la regola). Il
negozio giuridico è la massima espressione di autonomia. L’ordinamento giuridico
riconosce l’autonomia dei privati, riconosce vincolatività alle regole che i privati si
danno, che scaturiscono dalla loro volontà, il negozio giuridico è una manifestazione di
volontà cui si riconoscono effetti giuridici. L’essenza è la volontà che si manifesta e
che deve essere esternata. Se non lo fosse non sarebbe un fatto giuridico. Gli effetti
portati possono essere modificativi, creativi, estintivi. Il negozio giuridico, sta al centro
della categoria dell’atto giuridico, non è detto però che ogni atto giuridico sia negozio
giuridico, esistono atti in senso stretto che sono riconducibili a coscienza e volontà ma
non sono negozi giuridici. Questa manifestazione di volontà del negozio giuridico è
volta a produrre effetti giuridici, più precisamente a porre un regolamento giuridico di
interessi. Gli interessi alla base di tutti i diritti sono regolamentati attraverso il negozio
giuridico. Anche il passaggio dell’effetto modificativo, estintivo o costitutivo, il darsi
regola è regolamentare gli interessi, regula e norma, mi do la norma nel
regolamentare i miei interessi con un negozio giuridico. Nel negozio giuridico si
esprime l’autonomia privata.
X es. se Tizio e Caio fanno un contratto è un negozio giuridico. Il contratto è un
negozio giuridico. All’interno della categoria del negozio giuridico ho la categoria del
contratto, ma non ogni negozio giuridico è un contratto. Il contratto è il paradigma del
negozio giuridico.
Il negozio si differenzia dall’atto in senso stretto. Se io pago adempiendo
un’obbligazione, l’adempimento ha natura di atto dovuto che non ha natura negoziale,
ma non si può negare la natura di atto, tuttavia non è un negozio perché non è un
regolamento giuridico degli interessi, è un comportamento dovuto, non c’è autonomia
negoziale.
Il contratto è una nozione che proviene dal diritto romano, è un negozio giuridico, il
contratto è l’accordo di due o più parti, volto a costituire regolare o estinguere un
rapporto giuridico patrimoniale. Consiste in un accordo, quindi contempla la
manifestazione di volontà di almeno due soggetti che si incontrano e danno luogo ad
un accordo. Il testamento è un negozio giuridico ma non è un contratto, è un atto
mortis causa, produrrà i suoi effetti dopo la morte, è una manifestazione di volontà
che non contempla l’accordo con nessuno. Secondo la definizione di oggi “il contratto
è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto
giuridico patrimoniale” (Art. 1321) mentre per i romani il contratto era volto a produrre
effetti obbligatori, volto a produrre il sorgere di obbligazioni. Oggi i negozi giuridici
possono produrre effetti obbligatori o effetti reali: obbligatori quando producono il
sorgere di obbligazioni, reali quando incidono su diritti reali, mentre il contratto del
diritto romano è produttivo solo sugli effetti obbligatori, non incide sugli effetti reali,
quindi i romani per incidere sul piano dei diritti reali, avevano negozi giuridici che non
erano contratti.
Il negozio giuridico può anche produrre gli uni e gli altri insieme. Con un negozio
giuridico posso produrre tutti gli effetti giuridici. Per il diritto romano i contratti
producono solo effetti obbligatori, la compravendita non produce effetti reali. Con il
Code Napoleon si afferma il principio consensualistico (sancito dall’art. 1376, che non
è a base romanistica) in base a cui con l’accordo attraverso il contratto passa
automaticamente la proprietà. Il contratto per il diritto romano è l’accordo volto a
produrre effetti obbligatori. Nel nostro codice non si parla di negozio giuridico,
espressione della manifestazione della volontà, e quindi espressione dell’autonomia, di
cui all’art. 1322. L’art. 1324 sancisce che le norme sul contratto vanno applicate
anche al di fuori del contratto, per gli atti unilaterali tra vivi di contenuto patrimoniale
(escluso quindi il campo della famiglia), quindi le norme sul contratto si estendono a
un campo più vasto, tra vivi. Qui si introduce un’ulteriore distinzione: il negozio
giuridico può produrre effetti inter vivos o mortis causa, tra vivi o in ragione della
morte di un soggetto (x es. successioni).
X es. Il testamento è negozio giuridico con effetti mortis causa, dunque produrrà i
suoi effetti obbligatori e reali, dopo la morte del testatore.
Il negozio giuridico è una manifestazione di volontà che può essere unilaterale,
bilaterale, plurilaterale, la lateralità è in rapporto alle parti che lo pongono in
essere, a quanti soggetti manifestano la volontà rilevante per il prodursi degli effetti. Il
soggetto può essere persona fisica e giuridica, la parte è il centro di interessi,
dunque una parte può anche essere composta da più persone fisiche o giuridiche che
costituiscono un solo centro di interesse. Il testamento è unilaterale, mentre il
contratto è un negozio giuridico almeno bilaterale.
Il contratto è sempre un negozio giuridico bilaterale o plurilaterale, nel diritto romano
volto a conseguire effetti obbligatori, e a sua volta si può distinguere tra unilaterale,
bilaterale o plurilaterale. Ci spostiamo su un altro piano, in cui parliamo di una
lateralità che non guarda alle parti, bensì agli effetti che il contratto è in grado di
produrre, più precisamente a quanti sono i soggetti in capo ai quali si producono gli
effetti obbligatori.
X es. nell’ipotesi del mutuo, vi era un accordo tra due parti, l’effetto obbligatorio è
l’obbligo di restituire la somma, e ricade su un solo soggetto, quindi è unilaterale.
È necessario scindere il piano dei negozi giuridici dal piano dei contratti. Un contratto
bilaterale può essere la locatio conductio, per la quale un soggetto concede in
godimento un’immobile ed il conduttore deve pagare un canone. Se costituissimo una
società, porremmo in essere un negozio giuridico plurilaterale che anche sotto il
profilo del contratto è plurilaterale.
L’art. 1372 sancisce che il contratto ha forza di legge tra le parti, i romani parlavano di
lex conctractus come la “legge del contratto”, per indicare che la forza del contratto è
la forza di legge.
Il negozio giuridico consta di elementi o effetti essenziali, naturali e accidentali.
Quasta classificazione appartiene a una dogmatica elaborata su base romanistica,
anche se i romani non classificavano in maniera così specifica il negozio. Queste
categorie erano identificate fin già dagli interpreti medievali e poi dai pandettisti. Gli
elementi essenziali (essentialia negotii) non possono mancare, (x es. l’art. 1325
definisce i requisiti del contratto) sono gli elementi senza di cui i negozi non sono tali,
se non vi sono tutti non è completa la fattispecie giuridica. Gli elementi o effetti
naturali (naturalia negotii) sono quelli che si producono a meno che non vi sia una
volontà di diverso segno da parte dei soggetti che manifestano la volontà.
X es. nel caso del contratto di compravendita un elemento naturale è la garanzia
per vizi o evizione, il venditore risponde per ipotesi di vizio o evizione (un problema di
mancata titolarità del bene da parte del venditore). Se non c’è stata una pattuizione
che ha escluso la responsabilità del venditore per i vizi e l’evizione, il venditore è
garante. Gli elementi accidentali, vi sono se viene manifestata la volontà che vi
siano. Gli elementi accidentali del negozio giuridico sono la condizione, il termine,
modus o onere.
IL PROCESSO
Il processo di cui ci occupiamo è quello civile in cui si fanno valere rapporti inter cive