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Estratto del documento

Europa, fino a che (verso la fine del secolo) si formano

correnti come l’Illuminismo ed eventi come la Rivoluzione

francese, e si iniziano a formare i primi codici nazionali. Il

primo codice europeo fu il Codice Civile Napoleonico

(1804), molto legato al diritto romano; questo codice fu

introdotto anche in Italia. Nel 1811, in contrapposizione con

il Codice Civile francese, fu emanato il Codice Generale

austriaco; 1 gennaio 1900 entra in vigore il Codice Civile

tedesco, e così via.

Il diritto romano viene quindi codificato in altri codici che lo

prendono da modello; in alcuni Paesi il diritto romano

continua ad essere vigente (in Grecia, San Marino e

Andorra). Il Common Law deriva meno però dal diritto

romano: il Civil Law è basato sui Codici e su tutte le fonti

scritte, mentre il Common Law è basato su esperienze

giurisdizionali precedenti (essendo che le codificazioni

romane sono presenti dal V secolo, prima nulla era scritto e

veniva tutto imparato a memoria).

Il diritto romano nasce con la fondazione di Roma (754-753

a.C.) e finisce con la morte di Giustiniano, il grande

codificatore (565 d.C.). Per convenzione il diritto romano

viene distribuito su un arco temporale:

- il periodo arcaico, iniziato con la fondazione di Roma

fino alle Leggi Liciniae Sestiae (367 a.C.); queste leggi

creano una nuova figura di magistrato: il praetor, che fa la

parte del “curcus honorum”, in quanto prevedeva la

copertura della procura. Questa figura diventa un fattore di

evoluzione del diritto, si pone come creatore per la

trasformazione giuridica poiché Roma stava diventando

sempre più una grande potenza mondiale. Più tardi si

istituisce il preator peregrinus (per le leggi sugli stranieri

241 a.C.). Lo stato arcaico nel quale si passa da monarchia

a repubblica si fonda su un’economia rurale. Il diritto si

fonda sulle usanze (mores maiorum), garanti

dell’interpretazione della classe sacerdotale. Le fonti sono

scarse, si rammenta solo la legge delle XII tavole e ci si

confronta con una realtà agro-pastorale, dove gli scambi

commerciali sono limitati e Roma è ancora un piccolo

villaggio.

– il periodo preclassico, dal 242 a.C. fino alla nascita

dell’Impero, instaurato da Augusto nel 27 a.C. Roma è una

potenza che domina nel Mediterraneo e l’economia dei

traffici e dei commerci richiede nuovi istituti giuridici.

L’attività giurisdizionale del pretore permette il

superamento dei limiti imposti dall’antico ius civile. Ai

mores miorum si affiancano le leges publicae, leggi

votate dal popolo riunito nei comizi e proposte dai

magistrati, gli edicta magistratum, editti che i magistrati

emettevano al momento della loro entrata in carica e le

interpretatio prudentium, cioè le interpretazioni dei

giuristi. Il primo manuale di argomento giuridico è stato

scritto da Pomponio circa nel 150 a.C.

– il periodo classico, che va da Augusto (27 a.C.) fino alla

fine della dinastia dei Severi (235 d.C). Questo periodo

inizia con la silenziosa rivoluzione di Augusto che pone le

basi per la trasformazione da istituzioni repubblicane

all’affermarsi di un nuovo organo, il princeps. Il periodo

classico a sua volta si divide in protoclassico,

medioclassico e tardoclassico.

– il periodo del tardo impero, che inizia con l’ascesa di

Diocleziano (284 d.C.) fino al 565 d.C. con la morte di

Giustiniano.

Per Gaio, il diritto romano risulta composto da: fonti di

cognizione, che è lo strumento che ci permette la

materiale conoscenza della norma (es. scritti, documenti) e

da fonti di produzione, che sono dei meccanismi che

pongono in essere la norma. Queste fonti, in particolare nel

diritto romano, non coincidono spesso: ad esempio la legge

delle XII tavole per noi non è una fonte di cognizione in

quanto non è reperibile (ma solo riprodotta da altre

persone perché le XII tavole di per sé non sono più

disponibili). Gaio dice quindi che le fonti di produzione

sono: - le leggi;

- i plebisciti;

- gli editti dei magistrati;

- i senato consulti;

- le costituzioni imperiali;

- i responsa prudentium.

In conclusione, per Gaio non vi sono fonti subordinate ad

altre e non si applica alcun tipo di gerarchia tra le fonti ma

sono tutte poste allo stesso livello.

Le leggi sono le regole di comportamento condivise dalla

società perché applicate da tempi memorabili. I mores

(=usanze) affondano le loro radici in una realtà non molto

conosciuta dai romani; questi hanno un diritto non scritto,

ma consuetudinario. Nel periodo arcaico i mores dominano

la scena, l’evento che determina l’idea di mores è la

codificazione delle XII tavole (tra il 451 e il 450 a.C. vi è lo

scontro tra patrizi e plebei ed è proprio questo scontro tra

classi che darà luogo all’emanazione delle XII tavole). Sul

contenuto dei mores non vi è alcuna certezza e i

responsabili di questi sono i pontefici, ossia collegi

sacerdotali tra cui il Collegio Pontificale composto dai

patrizi.

Essendo che i plebei si sentono messi da parte e per poter

“tutelare i loro diritti” tendono verso la codificazione scritta.

I patrizi sono i componenti a cui si rifà la fondazione di

Roma: i plebei non possono vantare di origini antiche in

quanto vengono considerati stranieri arrivati a Roma in un

periodo successivo.

Il mos maiorum consiste nel nominare un gruppo di 10

uomini con il compito di codificare il diritto: si ebbe così la

prima legge scritta, ma la diffusione avveniva ancora in

modo orale.

All’inizio del IV secolo quando arrivarono i Galli a Roma

distrussero tutto, comprese le XII tavole; i romani

pensarono di riscriverle ma non lo fecero mai. La

conservazione delle XII tavole da quel momento passa a

una diffusione orale (gli studenti devono impararla a

memoria). Quando si parla di legge

però non c’erano solo le XII tavole (che sono un diritto

statico), ma anche le leggi comiziali: i comizi sono le

moderne assemblee popolari, secondo un sistema di

democrazia diretta. I romani hanno tre comizi:

- i curiati, quelli più antichi che non votavano le leggi;

- i centurati, assemblea popolare unita per centurie, era

destinato ad un numero ristretto di persone e fu stato

creato da Servo Tullio; questa assemblea nasce con una

funzione militare e diventando poi un’assemblea politica. I

cittadini devono essere divisi in classi, a seconda

dell’armamento che si dovevano procurare; visto che

questi cittadini andavano a comporre le 193 centurie,

vinceva sempre la maggioranza (con 98 censurie).

- i tributi, assemblea più democratica perché il popolo

viene diviso in tribù territoriali (in base ai territori che

ognuno possiede); le tribù sono 35, 4 urbane e 31 rustiche:

quelli delle tribù urbane avendo poco e niente venivano

considerati di meno e si facevano prevalere quasi sempre

le decisioni delle tribù rustiche.

La rogatio è la proposta di legge che viene prodotta da un

magistrato o console che redige un testo e lo sottopone ai

comizi. Il cittadino può dire si, no o mi astengo, ma non la

può modificare in alcuna delle sue parti tecniche; le leggi

comiziali ci sono dall’epoca repubblicana e muoiono con

l’ultima legge agraria di Nerva (I secolo d.C.).

La prospettiva cambia con un dato molto rilevante: la

cittadinanza romana viene data a sempre più persone e

questo porterà a un cambiamento costituzionale.

I plebisciti sono le deliberazioni dell’assemblea plebea

(concilia plebis tributa): a quell’assemblea composta da

plebei farà delle leggi valide solo per loro. Il conflitto

patrizio-plebeo si attutisce e si forma la nobilitas

patrizio-plebea.

Con la Lex Hortensia nel 287 d.C. si stabilisce che i

plebisciti diventino legge.

Gli editti dei magistrati sono dotati della facoltà di

emanare gli editti: il praetor ha il compito di amministrare

la giustizia. Esso assume la funzione di essere il detentore

del sommo potere e si creano attorno a lui degli edili

curuli, con il compito di amministrare la giustizia nei

mercati. L’editto è il programma che il

magistrato emana all’inizio dell’anno di carica ed indica le

modalità attraverso le quali il magistrato stesso

amministrerà la giustizia.

Il processo romano è bifasico: processo delle legis

actionis (in iure= davanti al magistrato e apud in

iudicem= risoluzione delle controversia davanti al giudice).

Nella fase “in iure” i magistrati fanno poco perché le legis

actionis erano molto rigide e vi erano dei formulari che

dovevano essere recitati passivamente a memoria. Il

pretore individua delle relazioni di fatto che per lui devono

ricevere tutela così che egli possa cambiare le regole del

processo e modificare quel diritto vigente. Dal processo

delle legis actionis si passa ai formulari: il pretore ascolta

la ricostruzione di quanto è avvenuto, parlando

liberamente con parole proprie, e il pretore redige una

“formula” ossia una descrizione in forma ipotetica

dell’oggetto in questione nella controversia.

Nella fase “apud in iudicem”, il giudice deve verificare i dati

che gli sono stati forniti e poi in caso emette la condanna.

Emana così l’editto repentino, in modo che quella

determinata cosa venga disciplinata, mentre i pretori

nell’editto perpetuo iniziano a regolamentare tutto fino

ad arrivare all’editto dei magistrati.

In alcune fonti si dice che il compito del magistrato o

pretore è quello di supplere, adiuvare e corigere (ossia

supplire, rafforzare e correggere) il ius civile (= il diritto

civile, delle leggi e dei plebisciti).

L’editto travatizio è l’editto che si tramanda di pretore in

pretore senza subire modifiche di nessun tipo.

Classificazione dei tipi di azione che i magistrati possono

concedere: - azioni in ius concepte, ossia azioni

formulate con riferimento al diritto delle XII tavole;

- azioni in factum concepte, realizzate in rapporto al caso

concreto e hanno il loro fondamento nell’attività del

pretore. Vi sono però altri tipi di

azioni che si pongono in una posizione intermedia tra quei

due tipi di azioni opposte:

- azioni utili, nelle quali si utilizza una norma anche se

essa non si accorda direttamente a ciò che è accaduto (es.

disposizione della Lex Aquilia 286 a.C.);

- azioni fittizie, si finge qualcosa che in realtà non ha

avuto luogo fingendo che sia avvenuto lo stesso. Il pretore

finge che lo straniero sia cittadino romano e in questo

modo

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Publisher
A.A. 2012-2013
10 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Chiara2409 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Luchetti Giovanni.