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XXXVII.
Ulpiano fu assai attento alle problematiche della famiglia: a lui dobbiamo la defvizione di famiglia
contenuto nel titolo de verborum significatione del libro L del digesto (D. 50, 16, 195).
Terminologia: cura e venter
A) Cura curator e custodia
Nelle fonti romane ricorrono le locuzioni curator ventri datus o curator ventris; in D. 26, 10, 3, 3 si trova
il termine cura riguardo al ventre. Il Code napoleon adopererà la locuzione curateur au ventre; il codice
civile italiano del 1865 curatore al ventre; mentre il codice attuale del 1942 curatore del nascituro.
Nel libro XXV dei digesta, titolo IV, sotto la rubrica de inspiciendo ventre custodiendoque partu
vengono analizzati l’inspectio ventris, la custodia ventris e la custodia partus. Questi istituti sono diretti
ad evitare la soppressione, la supposizione di parto o la sostituzione di neonato.
B) Venter
Numerosi sono i passi nei quali ricorre il termine venter. Esso è utilizzato particolarmente in materia
ereditaria: es. a proposito di exheredeatio, missio in possessionem e appunto, di cura.
L’uso di venter (cosi come di uterus) analogamente al termine quod in utero est, indica che viene in
considerazione l’indeterminatezza del numero e del genere.
I giuristi adoperano anche il termine partus, mentre per gli animale viene usato fetus.
Finalità della cura ventris
La cura è un istituto che acquista le più svariate applicazioni… che trascendono il campo del diritto
familiare e del diritto privato… la cura è nata come uno schietto istituto protettivo e destinata sin dalle
origini a scopi altruistici.
Con la cura ventris si vogliono proteggere gli interessi, per dir così pubblici e privati. Le attribuzioni del
curator ventris sono definite in funzione della res publica, della donna, del concepito. 40
Vengono esplicitate le due posizioni distinte da tutelare: quella della donna (mulier) e quella del
concepito (qui in utero est) (Gaio D. 37, 9, 5).
La nascita è presa in considerazione soltanto come termine entro il quale si esaurisce il compito affidato
al curator ventris.
A) La difesa degli interessi pubblici e privati e la crescita della res publica
L’interesse della res publica alla protezione del concepito, affidata al curator ventris, risulta
esplicitamente.
Vengono indicati i motivi per i quali devono essere assicurati gli alimenti al concepito (D. 37, 9, 1). La
causa de partus è più da favorirsi persino rispetto al figlio (puer) nato poiché egli nasce non solo per la
famiglia, ma in verità anche per la res publica: non dubitiamo che il pretore debba venire in aiuto anche
del concepito, tanto più che la sua causa è più da favorirsi che quella del fanciullo: il concepito infatti
viene favorito affinché venga alla luce, il fanciullo affinché sia introdotto nella famiglia; questo concepito
infatti i deve alimentare perché nasce non solo per il genitore, qui si dice appartenere, ma invero anche
per la repubblica (D. 37, 9, 1, 15).
L’aumento del popolo è principio ribadito sia nella giurisprudenza (Pomponio civitas augenscens) sia
nella legislazione (Giustiniano civitas ampliando).
B) La dignitas della donna
Quanto all’interesse della donna, si tratta in particolare della sua dignitas ed anche della di lei “qualità
della vita”. Dignitas si riferisce anche alla donna, nonostante l’antica differenza tra la dignitàs dell’uomo
e quella della donna (Ulpiano). Dignitas è concetto strettamente connesso a iustitia (Cicerone).
Il curator ventris deve dare alla donna cibum, potum, vestitum, tectum, anche al fine di tutelare la dignitas
di lei.
È evidente il primario scopo alimentare della missio in possessionem e dell’istituzione del curatore. La
posizione giuridica della donna (mulier) viene analizzata anche in quanto uxor e mulier pregnans
(Ulpiano e Gaio).
Il curator ventris deve fissare gli alimenti per la donna a prescindere dalla dote con la quale ella potrebbe
mantenersi. Ciò implica che la dignitas della donna, che il curator deve tutelare, riguardi non tanto
l’aspetto economico della vita, ma l’importante funzione procreativa della donna in quanto tale ancor
prima che della madre o della moglie, per l’aumento del popolo.
C) La persona del concepito
Il diritto del concepito alla vita (di venire alla luce ut in lucem producatur) e quindi il diritto agli alimenti
è posto in evidenza dal passo di Ulpiano che analizza interessi attuali del concepito. Il concepito è
considerato così come il nato (sicuti liberorum eorum, qui iam in rebus humanis sunt D. 37, 9, 1).
L’editto del pretore protegge sia i figli nati sia i concepiti e li ha protetti anche attraverso la concessione
della missio in possessionem. Il concetto di spes nascendi implica un riconoscimento del diritto alla vita
del concepito e non si riferisce ad un essere eventuale.
Viene poi spiegata la ragione della missio in possessionem: perché è miglior cosa (satius est),
nell’indeterminatezza di chi nascerà (filia, plures filii, filius et filia), che sia alimentato anceh colui che fu
diseredato, anziché far morire di fame chi non sia stato diseredato (D. 37, 9, 1, 3).
L’esigenza di garantire il sostentamento al concepito è dunque primaria. Viene ribadita l’utilità di
alimentare il concepito al di là di ogni incertezza circa il suo status.
Il diritto di qui in utero est algi alimenti è esplicitato: il curatore del ventre deve stabilire gli alimento per
la donna, e non importa se ella abbia la dote onde si possa sostentare, perchè sembra che quelle cose che
così si danno, siano date a quelli che sta nell’utero (D. 37, 9, 5).
I protagonisti sono dunque il curator ventris, la mulier e qui in utero est; ma nel concepito è propriamente
posta la finalità dell’istituto a prescindere dai mezzi che la donna ha a sua disposzione.
Nelle fonti giuridiche romane il concetto di persona è adoperato anche per il concepito. Già nelle
Institutiones di Gaio II, 242 e quindi in quelle di Giustiniano e nel Codex Iustinanius in materia ereditaria
si trova persona nata vel concepta.
Nomina del curator ventris 41
Il curator ventris viene nominato dal magistrato del popolo romano in vista della difesa dell’interesse
pubblico della res publica, della donna e del concepito (Modestino). Normalmente il curator ventris viene
richiesto dalla donna incinta (Ulpiano).
Code napoleon codificazioni e legislazioni italiane
Code napoleon
L’art. 393 del Code Napoleon riguarda il curateur au ventre.
L’edizione del codice civile di Napoleone il grande con il confronto delle leggi romane, approvato dalla
direzione generale di pubblica istruzione, presenta il seguente commento all’articolo 393: Il pretore
concedeva al ventre pregnante il possesso dei beni del defunto padre, e dava un curatore al ventre
medesimo, il quale ad un tempo amministrava i beni, dava gli alimenti alla madre a misura delle sostanze
del marito e della di lei dignità, e cessava allorché la mamma aveva partorito, o abortito, o si rendeva
certo ch’essa non eraincinta.
Seguono i riferimenti al digesto.
Codice civile del 1865
L’art. 236 del codice civile del 185 era così formulato: se alla morte del marito la moglie si trova incinta,
il tribunale, sull’istanza di persona interessata, può nominare un curatore al ventre (titolo VIII della patria
podestà).
Esso riportava dal diritto romano l’istituzione del curatore al ventre spogliata di ogni carattere di interesse
pubblico e resa unicamente di ragion privata.
Codice civile del 1942 e legge “Riforma del diritto di famiglia” del 1975
L’istituto del curator ventris è disciplinato nel codice civile del 1942 sotto la rubrica “curatore del
nascituro”, nel titolo IX della patria potestà. All’art. 339 si legge: se alla morte del marito la moglie si
trova incita, il tribunale, su istanza di chiunque vi abbia interesse o del pubblico ministero, può nominare
un curatore per la protezione del nascituro, e occorrendo, per l’amministrazione dei beni di lui.
L’art. è stato abrogato dall’art. 159 della legge 19 maggio 1975, n. 151, la cosiddetta “Riforma del diritto
di famiglia”.
L’ultimo comma dell’art. 235 dispone inoltre: dalla stessa data (dell’entrata in vigore della legge) il
curatore del nascituro cessa di diritto dal suo ufficio.
I giudici possono utilizzare uno strumento antico che ancora oggi adempia alla funzione di tutela del
concepito, della donna e della res publica. 42
DIRITTO ROMANO
Alcuni principi del diritto romano per la difesa dell’uomo nella globalizzazione
Introduzione: principi, astrazioni ed Europa
Nella compilazione dell’imperatore Giustiniano si trovano principi fondamentali, mentre con Ulpiano
possiamo parlare di precepta iuris i quali usano concetti concreti quali homo, civis, populus romanus e
conceptus.
Proprio a questa terminologia bisogna prestare attenzione tanto che il romanista Biondo Biondi ha
dedicato nella metà del secolo XX un lavoro alla terminologia romana, poiché oggi non sono pochi gli
inconvenienti derivanti appunto da un rigore terminologico.
Così il disagio del giurista è forte e in più da qualche decennio i cultori delle diverse discipline giuridiche,
abdicando al ruolo di giuristi, si sono limitati a fotografare la realtà dei fatti, proponendoli poi ai
legislatori e ai giudici.
Altresì l’uso crescente di concetti astratti, cioè l’astrattismo moderno, serve a nascondere manipolazioni
concettuali e a costruire docili strumenti in mano di poteri privati, pensiamo ad esempio a metafore
illogiche quali la legge che tutela la maternità fin dal concepimento a alla disciplina dell’aborto.
Contro questo antiumanesimo sta l’ars boni et aequi dei romani: cioè uno ius universale e concreto, che
gli uomini ancora oggi possono utilizzare, e quindi principale obiettivo odierno dei romanisti deve essere
quello di ricostruire la memoria storica dei giuristi tornando alle fonti.
Come è noto poi, il tema dei principi generali del diritto ha suscitato ampi dibattiti nei quali abbiamo
assistito ad un progresso della tecnica e, al tempo stesso ad una cancellazione dei principi.
L’unico dato certo oggi è l’insufficenza del diritto territoriale e di quello degli Stati in geneale a
governare la globalizzazione. Si avverte dunque la necessità di ritrovare un piano di principi che assicuri
la convivenza possibile cioè una comunione di uomini e di popoli.
Il populus romanus quindi non è una razza ma una moltitudine di uomini unita dal consensus iuris e dalla
communio utilitatis. Il consensus iuris disvela così la dimensione specifica del diritto, si tratta di tornare
a